Domiciliazione ex lege presso la cancelleria dell’autorità giudiziaria quando non viene indicato l’indirizzo di posta elettronica certificata

Corte di Cassazione, sezione lavoro, Sentenza 17 dicembre 2018, n. 32601

La massima estrapolata:

A partire dalla data di entrata in vigore della novella agli artt. 125 e 366 c.p.c., introdotta dalla L. 12 novembre 2011, n. 183, art. 25, applicabile ratione temporis, esigenze di coerenza sistematica e d’interpretazione costituzionalmente orientata inducono a ritenere che la domiciliazione ex lege presso la cancelleria dell’autorità giudiziaria, innanzi alla quale è in corso il giudizio, ai sensi del R.D. n. 37 del 1934, art. 82, consegue soltanto ove il difensore, non adempiendo all’obbligo prescritto dall’art. 125 c.p.c., per gli atti di parte e dall’art. 366 c.p.c., specificamente per il giudizio di cassazione, non abbia indicato l’indirizzo di posta elettronica certificata comunicato al proprio ordine

Sentenza 17 dicembre 2018, n. 32601

Data udienza 17 ottobre 2018

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE LAVORO

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. MANNA Antonio – Presidente

Dott. RIVERSO Roberto – Consigliere

Dott. MANCINO Rossana – rel. Consigliere

Dott. CALAFIORE Daniela – Consigliere

Dott. BELLE’ Roberto – Consigliere

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA
sul ricorso 18975/2013 proposto da:
(OMISSIS), (OMISSIS), elettivamente domiciliato in (OMISSIS), presso lo studio dell’avvocato (OMISSIS), che lo rappresenta e difende, giusta delega in atti;
– ricorrente –
contro
I.N.P.S. – ISTITUTO NAZIONALE PREVIDENZA SOCIALE, C.F. (OMISSIS), in persona del Presidente e legale rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliato in ROMA, VIA CESARE BECCARIA 29, presso l’Avvocatura Centrale dell’Istituto, rappresentato e difeso dagli Avvocati (OMISSIS), (OMISSIS), (OMISSIS), (OMISSIS), giusta delega in atti;
– controricorrente –
avverso la sentenza n. 270/2013 della CORTE D’APPELLO di L’AQUILA, depositata il 04/04/2013 R.G.N. 964/2012;
udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del 17/10/2018 dal Consigliere Dott. ROSSANA MANCINO;
udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott. VISONA’ Stefano, che ha concluso per l’accoglimento del ricorso;
udito l’Avvocato (OMISSIS).

FATTI DI CAUSA

1. La Corte d’appello di L’Aquila, con sentenza del 4 aprile 2013, in riforma della sentenza del Tribunale di Avezzano, ha dichiarato inammissibile il ricorso proposto da (OMISSIS) per il riconoscimento del beneficio contributivo per esposizione all’amianto, nel periodo lavorativo dal marzo 1983 a dicembre 1997, per essere maturata la decadenza di cui al Decreto del Presidente della Repubblica n. 639 del 1970, articolo 47, nel testo modificato dal Decreto Legge n. 384 del 1992, articolo 4 comma 1, convertito nella L. n. 438 del 1992, per il decorso del termine triennale per la proposizione dell’azione giudiziaria (decorrente dalla presentazione della domanda all’INAIL,in data 15 giugno 2015); ha inoltre dichiarato assorbiti gli ulteriori motivi del gravame principale e l’unico motivo del gravame incidentale, incentrato sull’interpretazione della clausola di salvaguardia prevista dalla L. n. 350 del 2003, articolo 3, comma 132, ritenendolo, comunque, infondato.
2. Avverso tale sentenza ha proposto ricorso per cassazione (OMISSIS), affidandosi a due motivi, ulteriormente illustrati con memoria, cui resiste, con controricorso l’Inps che, preliminarmente, ha eccepito l’inammissibilita’ del ricorso per essere stato notificato oltre il termine di sessanta giorni dalla data di intervenuta notifica della sentenza di appello.

RAGIONI DELLA DECISIONE

3. Con i motivi di ricorso la parte ricorrente deduce violazione e falsa applicazione del Decreto del Presidente della Repubblica n. 639 del 1970, articolo 47, nel testo modificato dal Decreto Legge n. 384 del 1992, articolo 4, comma 1, convertito nella L. n. 438 del 1992, della L. n. 257 del 1992, articolo 13, comma 8, del Decreto Legge n. 269 del 2003, articolo 47, convertito in L. n. 326 del 2003, della L. n. 350 del 2003, articolo 3, comma 132, per avere la Corte di merito fatto decorrere il termine di decadenza dall’azione giudiziaria dalla domanda inoltrata all’INAIL anziche’ dall’istanza amministrativa indirizzata all’INPS (nel 2009) (primo motivo) e reitera le dette censure in riferimento al coefficiente applicato, piu’ recente e penalizzante (1,25), rispetto a quello piu’ risalente e vantaggioso (1,5) che assume applicabile nella specie (secondo motivo).
4. Va preliminarmente delibata l’ammissibilita’ del ricorso.
5. Invero, nella memoria depositata ai sensi dell’articolo 378 c.p.c., nell’imminenza dell’adunanza camerale della sesta sezione della Corte (all’esito della quale, con ordinanza interlocutoria, e’ stata richiesta la trattazione in pubblica udienza), il ricorrente ha eccepito l’inidoneita’ della notifica della sentenza impugnata, effettuata in cancelleria, a far decorrere il termine breve di decadenza per essere stato indicato, da entrambi gli avvocati, nella memoria di costituzione in appello, l’indirizzo PEC.
6. L’INPS ha, dal suo canto, sostenuto la legittimita’ della notificazione della sentenza della Corte territoriale mediante deposito eseguito nella Cancelleria della Corte medesima, ai sensi del R.d. n. 34 del 1937, articolo 82, sul presupposto della domiciliazione del difensore della controparte, per il gravame, presso lo studio dell’avvocato (OMISSIS), in (OMISSIS), circoscrizione del Tribunale di Avezzano, nel cui ambito territoriale non ricade la sede della Corte territoriale, da cio’ traendo la convinzione, e la conseguenza, che l’appellato dovesse considerarsi domiciliato, ex lege, nella cancelleria della Corte.
7. Vale, al riguardo, premettere che il Regio Decreto 22 gennaio 1934, n. 37, articolo 82, – secondo cui gli avvocati, i quali esercitano il proprio ufficio in un giudizio che si svolge fuori della circoscrizione del tribunale al quale sono assegnati, devono, all’atto della costituzione nel giudizio stesso, eleggere domicilio nel luogo dove ha sede l’autorita’ giudiziaria presso la quale il giudizio e’ in corso, intendendosi, in caso di mancato adempimento di detto onere, lo stesso eletto presso la cancelleria dell’autorita’ giudiziaria adita – trova applicazione in ogni caso di esercizio dell’attivita’ forense fuori del circondario di assegnazione dell’avvocato, come derivante dall’iscrizione al relativo ordine professionale e, quindi, anche nel caso in cui il giudizio sia in corso innanzi alla Corte d’Appello e l’avvocato risulti essere iscritto all’Ordine di un Tribunale diverso da quello nella cui circoscrizione ricade la sede della Corte d’appello, ancorche’ appartenente allo stesso distretto di quest’ultima.
8. Tuttavia, a partire dalla data di entrata in vigore della novella agli articoli 125 e 366 c.p.c., introdotta dalla L. 12 novembre 2011, n. 183, articolo 25, applicabile ratione temporis (per essere la sentenza gravata successiva all’entrata in vigore della predetta modifica), esigenze di coerenza sistematica e d’interpretazione costituzionalmente orientata inducono a ritenere che, nel mutato contesto normativo, la domiciliazione ex lege presso la cancelleria dell’autorita’ giudiziaria, innanzi alla quale e’ in corso il giudizio, ai sensi del citato Regio Decreto n. 37 del 1934, articolo 82, consegue soltanto ove il difensore, non adempiendo all’obbligo prescritto dall’articolo 125 c.p.c., per gli atti di parte e dall’articolo 366 c.p.c., specificamente per il giudizio di cassazione, non abbia indicato l’indirizzo di posta elettronica certificata comunicato al proprio ordine.
9. In altri termini, secondo la giurisprudenza di questa Corte, se l’avvocato extra districtum ha indicato la PEC, allora tutte le comunicazioni e notificazioni di causa devono essergli fatte a quell’indirizzo e non in Cancelleria (v. Cass., Sez. U., 20 giugno 2012, n. 10143; cfr., fra le successive conformi, Cass. 11 ottobre 2017, n.23919, che, in riferimento alla diversa ipotesi, non ricorrente nel ricorso all’esame, dell’elezione di domicilio presso la cancelleria della Corte territoriale in aggiunta all’indicazione della PEC, ha ritenuto la volontaria elezione di domicilio prevalere sulla PEC perche’ frutto di una scelta volontaria del difensore).
10. La notifica della sentenza, agli effetti del decorso del termine breve d’impugnazione, avrebbe dovuto essere effettuata mediante la PEC indicata dal difensore e non, invece, presso la cancelleria del giudice adito con la conseguenza che, per l’inidoneita’ della notificazione della sentenza gravata, non risulta decorso il termine d’impugnazione.
11. Tanto premesso, il tema del decorso della decadenza nella materia oggetto dell’impugnazione e’ stato scandito in numerosissime decisioni di questa Corte che hanno contribuito a consolidare il principio alla stregua del quale la previa presentazione della domanda amministrativa all’INPS e’ sempre necessaria ai fini della proponibilita’ della domanda giudiziale intesa al conseguimento del beneficio della rivalutazione contributiva e il termine di decadenza Decreto del Presidente della Repubblica n. 639 del 1970, ex articolo 47, non puo’ che decorrere dalla data di presentazione dell’istanza amministrativa all’ente tenuto all’erogazione della prestazione in controversia che, nella specie, e’ indiscutibilmente l’INPS.
12. In base alle considerazioni che precedono la verifica del decorso del termine decadenziale doveva effettuarsi avuto riguardo alla data dell’istanza amministrativa all’INPS e non, come avvenuto, in riferimento all’istanza presentata all’INAIL e, nella specie, la decadenza non e’ maturata perche’ in riferimento a domanda amministrativa all’INPS in data 23 giugno 2009 il ricorso e’ stato depositato il 29 ottobre 2010 (cfr., fra le tante, Cass. 31 maggio 2016, n. 11201; Cass. 25 agosto 2016, n. 17332, Cass. 8 settembre 2015, n. 17798; Cass. 4 marzo 2014, n. 7934).
13. Rimane conseguentemente assorbita l’ulteriore censura incentrata sul coefficiente applicabile nella specie.
14. La sentenza va, pertanto, cassata in relazione al motivo accolto e, per essere necessari ulteriori accertamenti in fatto, la causa va rinviata alla Corte d’appello di Ancona che provvedera’ anche alla regolazione delle spese del giudizio di legittimita’.

P.Q.M.

La Corte accoglie il primo motivo del ricorso, assorbito il secondo; cassa la sentenza impugnata in relazione al motivo accolto e rinvia, anche per le spese del giudizio di legittimita’, alla Corte d’appello di Ancona.

Avv. Renato D’Isa

Leave a Reply

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *