Acquisto di un immobile effettuato dopo il matrimonio da uno dei coniugi in regime di comunione legale

Corte di Cassazione, civile, Ordinanza|29 novembre 2022| n. 35086.

Acquisto di un immobile effettuato dopo il matrimonio da uno dei coniugi in regime di comunione legale

Nel caso di acquisto di un immobile effettuato dopo il matrimonio da uno dei coniugi in regime di comunione legale, la partecipazione all’atto di acquisto dell’altro coniuge non acquirente, prevista dall’articolo 179, secondo comma, codice civile non può assumere portata confessoria qualora la dichiarazione del coniuge acquirente, ai sensi dell’articolo 179, primo comma, lettera f), del codice civile, che i beni sono stati acquistati con il prezzo del trasferimento di beni personali non contenga l’esatta indicazione della provenienza del bene da una delle diverse fattispecie di cui alle lettere a), b), c), d) ed e) del medesimo articolo 179 del codice civile e in mancanza di tale indicazione, l’eventuale inesistenza dei presupposti che escludono il bene acquistato dalla comunione legale, può essere fatta valere con una successiva azione di accertamento della comunione, senza alcun valore confessorio della dichiarazione adesiva del coniuge non acquirente ex articolo 179, secondo comma, del codice civile.

Ordinanza|29 novembre 2022| n. 35086. Acquisto di un immobile effettuato dopo il matrimonio da uno dei coniugi in regime di comunione legale

Data udienza 17 novembre 2022

Integrale

Tag/parola chiave: Dichiarazione ex art. 179 c.c. – Portata confessoria – Dichiarazione descrittiva di una situazione di fatto esistente – Dichiarazione di intenti – Natura ricognitiva

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SECONDA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. DI VIRGILIO Rosa Maria – Presidente
Dott. VARRONE Luca – rel. Consigliere

Dott. ROLFI Federico – Consigliere

Dott. POLETTI Dianora – Consigliere

Dott. PIRARI Valeria – Consigliere

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 378/2018 R.G. proposto da:
(OMISSIS), elettivamente domiciliato in (OMISSIS), presso lo studio dell’avvocato (OMISSIS) ( (OMISSIS)) rappresentato e difeso dall’avvocato (OMISSIS) ( (OMISSIS));
– ricorrente –
contro
(OMISSIS), elettivamente domiciliata in (OMISSIS), presso lo studio dell’avvocato (OMISSIS) ( (OMISSIS)) che la rappresenta e difende;
– controricorrente –
avverso la sentenza n. 3295/2017 della CORTE D’APPELLO di ROMA, depositata il 16/05/2017;
udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del 17/11/2022 dal Consigliere Dott. LUCA VARRONE.

Acquisto di un immobile effettuato dopo il matrimonio da uno dei coniugi in regime di comunione legale

FATTI DI CAUSA

1. (OMISSIS) citava in giudizio (OMISSIS) esponendo di aver acquistato il 25 febbraio 1997, insieme alla coniuge, un appartamento in Roma che era stato intestato alla convenuta quale suo bene personale e che le dichiarazioni contenute nell’atto di compravendita non erano idonee a sottrarre il bene della comunione in mancanza dell’indicazione specifica ed analitica della provenienza della provvista che, invece, era stata procurata interamente dal medesimo (OMISSIS) anche mediante l’acquisizione di un mutuo bancario.
2. Si era costituita in giudizio la convenuta chiedendo il rigetto della domanda e, in via subordinata, la condanna del (OMISSIS) al pagamento in suo favore della somma di Euro 46.930 pari alle spese sopportate per la ristrutturazione dell’immobile e dalla somma prestata al marito per ristrutturarne un altro di sua esclusiva proprieta’.
3. Il Tribunale respingeva la domanda attorea sul decisivo rilievo della valenza ed efficacia della dichiarazione contenuta nel contratto di compravendita in merito alla natura personale dell’acquisto effettuato dalla (OMISSIS) e, in particolare, al valore confessorio da riconoscersi alla stessa con la conseguente implicazione secondo cui la prova del fatto contrario avrebbe dovuto passare per la dimostrazione che la dichiarazione sottoscritta era in realta’ frutto di errore di fatto o di violenza, circostanze che l’attore non aveva allegato.
4. (OMISSIS) proponeva appello avverso la suddetta sentenza.
5. Resisteva all’appello (OMISSIS), in via subordinata riproponendo le domande gia’ avanzate in primo grado.
6. La Corte d’Appello, rigettata l’eccezione di inammissibilita’ ex articolo 342 c.p.c., riteneva infondato l’appello e confermava la sentenza di primo grado.
In particolare, il giudice del gravame evidenziava che la (OMISSIS), nel contratto di compravendita avente ad oggetto l’appartamento di via (OMISSIS), aveva dato atto che, pur trovandosi in regime di comunione legale di beni con il proprio coniuge (OMISSIS), quanto acquistato con l’atto era bene personale ai sensi dell’articolo 179 c.c., lettera f). Il (OMISSIS) aveva sottoscritto l’atto di compravendita dichiarando di essere intervenuto esclusivamente per tale dichiarazione a conferma di quanto dichiarato dal proprio coniuge ex articolo 179 c.c..
La Corte d’Appello, richiamata la giurisprudenza di legittimita’ circa la portata della dichiarazione, in un caso ricognitiva e nell’altro confessoria, dei presupposti dell’acquisto personale del coniuge in regime di comunione legale, evidenziava come il (OMISSIS) non avesse in alcun modo dedotto l’esistenza di una situazione di errore di fatto ovvero di violenza tale da inficiare la portata confessoria della dichiarazione da lui sottoscritta in calce all’atto di compravendita. Con l’appello egli si era limitato a ribadire come gli elementi documentali e di prova orale dimostravano la provenienza del denaro utilizzato per l’acquisto dell’appartamento dalle risorse personali sue e nell’affermare che avrebbe dovuto darsi rilievo alla destinazione del bene quale abitazione della famiglia.
In definitiva l’appellante aveva sviluppato argomentazioni non pertinenti rispetto alla motivazione con la quale il Tribunale era pervenuto al rigetto della domanda e, dunque, del tutto inidonee ad incidere sulla riformabilita’ della decisione.
7. (OMISSIS) ha proposto ricorso per cassazione avverso la suddetta sentenza sulla base di quattro motivi di ricorso.
8. (OMISSIS) ha resistito con controricorso.
9. Entrambe le parti con memoria depositata in prossimita’ dell’udienza hanno insistito nelle rispettive richieste.

Acquisto di un immobile effettuato dopo il matrimonio da uno dei coniugi in regime di comunione legale

RAGIONI DELLA DECISIONE

1. Il primo motivo di ricorso e’ cosi’ rubricato: violazione o falsa applicazione dell’articolo 179 c.c., comma 1, lettera f), in relazione alla provenienza personale delle sostanze economiche utilizzate per l’acquisto dell’immobile.
La Corte d’Appello avrebbe fatto erronea applicazione delle norme citate in rubrica, soffermandosi solo sul requisito formale della dichiarazione ed omettendo di considerare l’ulteriore requisito richiesto quale la provenienza delle sostanze personali del coniuge e dallo stesso utilizzato per l’acquisto dell’immobile. La Corte d’appello avrebbe dovuto correttamente ritenere che la fattispecie di cui all’articolo 179 c.c., puo’ ritenersi integrata se ricorre il duplice requisito espressamente previsto, l’uno formale, ovvero la dichiarazione del coniuge acquirente unitamente alla partecipazione all’atto di compravendita dell’altro coniuge, e l’altro di ordine sostanziale, ossia la provenienza dalle sostanze economiche personali del coniuge acquirente. Detti elementi non sussisterebbero nel caso di specie, essendo stato il prezzo del trasferimento del bene interamente corrisposto dal ricorrente.
2. Il secondo motivo di ricorso e’ cosi’ rubricato: omesso esame circa un fatto decisivo del giudizio oggetto di discussione tra le parti con riferimento ai presupposti di fatto di cui all’articolo 179, comma 1, lettera f), c.c.
La censura e’ logicamente conseguente alla precedente e si sofferma sulla ritenuta omissione da parte della Corte d’Appello dell’esame delle risultanze istruttorie con le quali il ricorrente aveva dimostrato la provenienza del denaro utilizzato per l’acquisto dell’appartamento riconducibile alla sua persona oltre al fatto relativo alla destinazione del bene quale abitazione di famiglia. Il ricorrente, nell’atto di citazione in appello e nei successivi scritti difensivi, non si e’ limitato ad argomentare esclusivamente in ordine alla provenienza del denaro utilizzato per l’acquisto dell’immobile ma ha sviluppato precise considerazioni anche in ordine alla natura giuridica della dichiarazione adesiva resa nel contratto di compravendita. Secondo il ricorrente sarebbe necessaria la sussistenza di entrambi i requisiti previsti dall’articolo 179 c.c., lettera f), per sottrarre l’acquisto di un bene alla comunione ovvero che i beni siano acquistati con il prezzo del trasferimento dei beni elencati nel medesimo articolo 179 c.c., e che risulti nell’atto di acquisto la dichiarazione adesiva del coniuge. Dunque, del tutto legittimamente il ricorrente ha richiesto alla Corte d’Appello di valutare le risultanze istruttorie e i documenti prodotti in giudizio per accertare l’insussistenza di uno dei due requisiti richiesti per legge ai fini dell’esclusione dell’acquisto di un bene dalla comunione legale dei coniugi. Dunque, la Corte d’Appello, essendo provata documentalmente la provenienza del denaro per l’acquisto del bene, avrebbe omesso di pronunciarsi su tale fatto decisivo.
3. Il terzo motivo di ricorso e’ cosi’ rubricato: violazione o falsa applicazione dell’articolo 179 c.c., comma 2, in relazione alla natura giuridica ed efficacia della dichiarazione del coniuge non acquirente ai fini dell’esclusione del bene dalla comunione.
Il ricorrente ritiene che la corte d’appello abbia erroneamente applicato la sentenza n. 22755 del 2009 resa dalle Sezioni Unite. Da un’attenta lettura della motivazione della suddetta sentenza si evince che puo’ ammettersi che la dichiarazione prevista dall’articolo 179 c.c., abbia portata confessoria quando risulti descrittiva di una situazione di fatto esistente, diversamente, quando – come nel caso di specie – e’ espressione di una mera dichiarazione di intenti allora ha natura ricognitiva e non ha il valore probatorio della confessione. Dunque, l’evento dirimente al fine di comprendere se l’acquisto effettuato in costanza di matrimonio dai coniugi in regime di comunione appartenga alla medesima comunione, in presenza di una dichiarazione del coniuge non acquirente circa la destinazione ad uso personale del bene, e’ costituito dall’effettivo impiego dello stesso. Solo la natura effettivamente personale del bene determina l’esclusione dalla comunione. Nel caso di specie all’atto della dichiarazione l’immobile non si trovava nella disponibilita’ della (OMISSIS) e neanche successivamente e’ stato destinato a bene personale, di conseguenza alla dichiarazione resa non puo’ attribuirsi valore ricognitivo ne’ portata confessoria dell’esclusione del bene dalla comunione.
4. Il quarto motivo di ricorso e’ cosi’ rubricato: violazione o falsa applicazione dell’articolo 342 c.p.c., commi 1 e 2, nn. 1 e 2.
La sentenza sarebbe erronea nella parte in cui afferma di aver sviluppato con l’appello argomentazioni non pertinenti rispetto alle motivazioni con le quali il Tribunale era pervenuto al rigetto della domanda e, dunque, del tutto inidonee ad incidere sulla riformabilita’ della decisione. Tale affermazione integrerebbe una violazione e falsa applicazione dell’articolo 342 c.p.c. in quanto il ricorrente aveva rispettato tutti i requisiti di specificita’ dell’appello tanto che la stessa Corte ha rigettato l’eccezione di inammissibilita’ formulata dalla controparte.
5. I primi tre motivi di ricorso, che stante la loro evidente connessione possono essere trattati congiuntamente, sono fondati e il loro accoglimento determina l’assorbimento del quarto.
La Corte d’Appello ha ritenuto che il ricorrente non si sia confrontato con la decisione del Tribunale circa la portata confessoria della dichiarazione del (OMISSIS) resa nel contratto di compravendita stipulato in data 25 febbraio 1997 dalla moglie (OMISSIS) in qualita’ di acquirente dell’appartamento sito in via (OMISSIS).
In tale contratto, infatti, la (OMISSIS) ha dichiarato che, pur trovandosi in regime di comunione legale dei beni con il proprio coniuge, (OMISSIS), quanto da lei ha acquistato con il suddetto contratto e’ bene personale ai sensi dell’articolo 179 c.c., lettera f). Il (OMISSIS), a sua volta, ha dichiarato nel medesimo atto di compravendita di essere intervenuto esclusivamente al fine di confermare quanto dichiarato dal proprio coniuge ai sensi del citato articolo 179 c.c., u.c..
La Corte d’Appello, quanto alla natura giuridica e ai limiti di efficacia della dichiarazione del coniuge non acquirente ma partecipe all’atto di compravendita ex articolo 179 c.c., comma 2, ha evidenziato che il giudice di primo grado aveva fatto riferimento alla sentenza n. 22755 del 2009 delle Sezioni Unite di questa Corte secondo cui tale dichiarazione si atteggia diversamente a seconda che la personalita’ del bene dipenda dal pagamento del prezzo con i proventi del trasferimento di beni personali o alternativamente dalla destinazione del bene all’esercizio della professione dell’acquirente.
In tale sentenza si legge che: la natura personale del bene non e’ sufficiente a escludere di per se’ il bene dalla comunione, se non risulti concordemente riconosciuta dai coniugi. E tuttavia l’intervento adesivo del coniuge non acquirente e’ richiesto solo in funzione di necessaria documentazione della natura personale del bene, unico presupposto sostanziale della sua esclusione dalla comunione. Anche in questo caso il coniuge non acquirente puo’ successivamente proporre domanda di accertamento della comunione legale anche rispetto a beni che siano stati acquistati come personali dall’altro coniuge, non risultando precluso tale accertamento dal fatto che il coniuge non acquirente sia intervenuto nel contratto per aderirvi. Tuttavia, se l’intervento adesivo ex articolo 179 c.c., comma 2 assume il significato di riconoscimento dei gia’ esistenti presupposti di fatto dell’esclusione del bene dalla comunione, l’azione di accertamento presupporra’ la revoca di quella confessione stragiudiziale, nei limiti in cui e’ ammessa dall’articolo 2732 c.c.. Se invece, come nel caso allora deciso dalle sezioni unite, l’intervento adesivo ex articolo 179 c.c., comma 2, assume il significato di mera manifestazione dei comuni intenti dei coniugi circa la destinazione del bene, occorre accertare quale sia stata l’effettiva destinazione del bene, indipendentemente da ogni indagine sulla sincerita’ degli intenti cosi’ manifestati.
Successivamente alla citata sentenza delle Sezioni Unite, questa Corte ha avuto modo di precisare che, affinche’ si possa assegnare alla dichiarazione del coniuge non acquirente, verbalizzata nell’atto pubblico di compravendita valore di confessione di un fatto storico (pagamento del prezzo con il ricavato del trasferimento di beni personali), come tale, revocabile successivamente solo per errore di fatto o violenza (articolo 2732 c.c.), e’ necessario che sia fornita una indicazione precisa della provenienza dei fondi utilizzati per l’acquisto dal prezzo ricavato dal trasferimento di beni personali ai sensi delle lettere a), b), c), d), e) ed f) dell’articolo 179 c.c., comma 1, (Sez. 1, Sent. n. 18114 del 2010 e Sez. 2, Ord. n. 29342 del 2018, entrambe non massimate).
Si e’ gia’ detto che nel caso di specie, come risulta dagli atti, la (OMISSIS) si e’ limitata a dichiarare che: pur trovandosi in regime di comunione legale dei beni con il proprio coniuge (OMISSIS), quanto acquistato cin il presente atto e’ bene personale ai sensi dell’articolo 179 c.c., lettera f), e il (OMISSIS) e’ intervenuto esclusivamente per tale dichiarazione confermando quanto dichiarato dall’altro coniuge (pag. 5 della sentenza impugnata).
La dichiarazione formulata dalla (OMISSIS) nell’atto di acquisto, al fine di sottrarre il bene alla comunione legale, come sopra riportata, non soddisfa il requisito richiesto dalla legge, essendo del tutto generica e facendo riferimento esclusivamente alla lettera f) dell’articolo 179 c.c. senza alcuna indicazione effettiva di quale sia la natura personale dei beni venduti al fine di utilizzarne il prezzo per il nuovo acquisto personale. Manca perfino un’indicazione generica della lettera tra quelle ricomprese tra a) ed e) del comma 1 dell’articolo 179 c.c. cui fare riferimento.
In altri termini, manca un puntuale riferimento al fatto costitutivo del preteso diritto esclusivo della (OMISSIS) sul denaro utilizzato per il pagamento: e cioe’, quantomeno, un riferimento ad una delle tipologie di beni personali descritte nelle lettera a, b, c, d, e) – testualmente richiamate nella fattispecie di cui all’articolo 179 c.c., lettera f), pertinente al caso in esame – dalla cui vendita (o dal cui scambio) abbia tratto origine la provvista utilizzata per l’acquisto esclusivo. Definire sic et simpliciter personale il denaro
con cui si e’ adempiuta l’obbligazione del prezzo non identifica un fatto, bensi’ esprime una qualificazione giuridica; come tale, insuscettibile di confessione, oltre che non vincolante per l’interprete, potendo anche discendere da un errore di diritto del dichiarante. Non si puo’ pertanto assegnare alla dichiarazione del (OMISSIS), adesiva a quella della (OMISSIS), formalizzata nell’atto pubblico di compravendita e riportata per esteso nel presente ricorso, valore di confessione di un fatto storico (pagamento del prezzo con il ricavato del trasferimento di beni personali): come tale, revocabile successivamente solo per errore di fatto o violenza (articolo 2732 c.c.).
L’espressione adottata dalla (OMISSIS) e confermata dal (OMISSIS) non indica quale sia la provenienza personale dei beni il cui trasferimento ha procurato la provvista per il nuovo acquisto, potendosi, infatti, riferire a beni di cui, prima del matrimonio, la (OMISSIS) era proprietaria o rispetto ai quali era titolare di un diritto reale di godimento oppure a beni acquisiti successivamente al matrimonio per effetto di donazione o successione o, ancora, a beni di uso strettamente personale o, infine, a beni ottenuti a titolo di risarcimento del danno. In tal caso e’ ammissibile l’azione di accertamento della comunione legale senza che la dichiarazione ex articolo 179 c.c., comma 2, del coniuge non acquirente assuma portata confessoria della provenienza personale dei beni trasferiti per l’acquisto dell’altro coniuge fuori dalla comunione.
Si impone pertanto l’accoglimento dei primi tre motivi di ricorso con assorbimento del quarto, la cassazione della sentenza impugnata e il rinvio ad alla Corte d’Appello di Roma in diversa composizione che fara’ applicazione dei seguenti principio di diritto: Nel caso di acquisto di un immobile effettuato dopo il matrimonio da uno dei coniugi in regime di comunione legale, la partecipazione all’atto di acquisto dell’altro coniuge non acquirente, prevista dall’articolo 179 c.c., comma 2, non puo’ assumere portata confessoria qualora la dichiarazione del coniuge acquirente, ai sensi dell’articolo 179 c.c., comma 1, lettera f), che i beni sono stati acquistati con il prezzo del trasferimento di beni personali non contenga l’esatta indicazione della provenienza del bene da una delle diverse fattispecie di cui alle lettere a), b), c), d, e, del medesimo articolo 179 c.c.. In mancanza di tale indicazione, l’eventuale inesistenza dei presupposti che escludono il bene acquistato dalla comunione legale puo’ essere fatta valere con una successiva azione di accertamento della comunione, senza alcun valore confessorio della dichiarazione adesiva del coniuge non acquirente ex articolo 179 c.c., comma 2.
Il giudice del rinvio provvedera’ anche alla liquidazione delle spese del giudizio di legittimita’.

P.Q.M.

La Corte accoglie i primi tre motivi di ricorso, dichiara assorbito il quarto, cassa la sentenza impugnata e rinvia alla Corte d’Appello di Roma in diversa composizione anche per le spese del giudizio di legittimita’.

 

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