Affitto di ramo d’azienda il debito contrattuale dell’alienante si contrappone al credito del ceduto

Corte di Cassazione, civile, Ordinanza|10 febbraio 2023| n. 4248.

Affitto di ramo d’azienda il debito contrattuale dell’alienante si contrappone al credito del ceduto

Nell’ipotesi di trasferimento di azienda, l’alienante è liberato dai debiti derivanti dal contratto da lui stipulato per l’esercizio dell’azienda stessa, in forza del combinato disposto degli artt. 2558 e 2560 c.c., soltanto ove tali debiti siano corrispettivi a crediti in base allo stesso contratto, mentre deve rispondere solidalmente con l’acquirente di quei debiti a cui non si contrappongono, in un rapporto di sinallagma contrattuale, crediti attuali verso il contraente ceduto. (Nella specie, la S.C. ha confermato la sentenza di merito che aveva ricondotto all’art. 2560 c.c. il debito risarcitorio – nella misura prevista da una clausola penale – dell’affittuario di un ramo d’azienda, resosi inadempiente ad un contratto di somministrazione e locazione a fini pubblicitari in epoca anteriore alla retrocessione dell’azienda in favore dell’affittante derivante da risoluzione del contratto di affitto).

Ordinanza|10 febbraio 2023| n. 4248. Affitto di ramo d’azienda il debito contrattuale dell’alienante si contrappone al credito del ceduto

Data udienza 21 dicembre 2022

Integrale

Tag/parola chiave: Affitto di ramo d’azienda – Subentro in quello di somministrazione di alimenti e bevande – Debito contrattuale dell’alienante si contrappone al credito del ceduto – Contratti sinallagmatici – Applicazione dell’art. 2558 cc – Esecuzione della prestazione da parte del terzo – Applicazione dell’art. 2560 cc – Applicazione di penale stabilita prima della retrocessione e chiesta successivamente – Natura di debito puro – Applicazione dell’art. 2560 cc

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TERZA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. FRASCA Raffaele – Presidente

Dott. SCRIMA Antonietta – Consigliere

Dott. IANNELLO Emilio – Consigliere

Dott. DELL’UTRI Marco – Consigliere

Dott. CONDELLO Pasqualina A.P. – rel. Consigliere

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 13186/2019 R.G. proposto da:
(OMISSIS), rappresentato e difeso, giusta procura a margine del ricorso, dall’avv. (OMISSIS), elettivamente domiciliato presso lo studio dell’avv. (OMISSIS), in (OMISSIS);
– ricorrente –
contro
(OMISSIS) S.R.L., in persona del legale rappresentante, rappresentata e difesa, giusta procura in calce al controricorso, dall’avv. (OMISSIS) e dall’avv. (OMISSIS), elettivamente domiciliata presso lo studio del secondo, in (OMISSIS);
– controricorrente –
avverso la sentenza della Corte d’Appello di Firenze n. 371/2019, pubblicata in data 21 febbraio 2019;
udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del 21 dicembre 2022 dal Consigliere Dott.ssa Pasqualina A. P. Condello.

Affitto di ramo d’azienda il debito contrattuale dell’alienante si contrappone al credito del ceduto

Fatti di causa

1. La societa’ (OMISSIS) s.r.l. propose appello avverso la sentenza del Tribunale di Pistoia che, accogliendo l’opposizione a decreto ingiuntivo – con il quale era stato ingiunto il pagamento della somma di Euro 27.469,98 – aveva condannato l’opponente (OMISSIS) a corrispondere la minore somma di Euro 1.275,50, oltre interessi.
A fondamento della ingiunzione la opposta aveva dedotto che il (OMISSIS) – cha aveva concluso, in data (OMISSIS), con (OMISSIS) s.r.l. un contratto di affitto di ramo d’azienda avente ad oggetto l’attivita’ di bar, ristorante e pizzeria – era subentrato nel contratto di somministrazione di caffe’ e convenzione di locazione a fini pubblicitari del (OMISSIS), da essa stipulato con la (OMISSIS) s.r.l., poi divenuta (OMISSIS) s.r.l., che prevedeva l’applicazione di clausole penali nel caso in cui la parte somministrata fosse rimasta inadempiente, nonche’ l’obbligo, in caso di risoluzione, di restituire la somma consegnata a titolo di “controprestazione” anticipata per l’utilizzazione dello spazio di un metro quadrato del locale a fini pubblicitari; essendosi il (OMISSIS) reso inadempiente, la opposta aveva richiesto il pagamento di somme a titolo di penale ed a titolo di rimborso della controprestazione anticipata per la disponibilita’ di spazi a fini pubblicitari.
Il giudice di primo grado, nell’evidenziare che la societa’ (OMISSIS) s.r.l. aveva comunicato al (OMISSIS) di volersi valere della clausola risolutiva espressa, diffidandolo al pagamento di quanto dovuto per le forniture di caffe’ e per le penali, con raccomandata del (OMISSIS), ricevuta dal destinatario in data (OMISSIS), ritenne che l’effetto risolutivo si fosse verificato quando il (OMISSIS) non era piu’ parte sostanziale del contratto di affitto di ramo d’azienda, che era stato risolto con atto del (OMISSIS), avente effetti dal (OMISSIS), con conseguente riconsegna dell’azienda alla sua originaria proprietaria (OMISSIS) s.r.l..
2. La Corte d’appello di Firenze, accogliendo il gravame, ha rigettato l’opposizione a decreto ingiuntivo e, in riforma della decisione impugnata, ha condannato (OMISSIS) al pagamento in favore della (OMISSIS) s.r.l. della somma di Euro 26.193,38, oltre interessi moratori dalla data del 1 gennaio 2010 al saldo.
In sintesi, i giudici di appello, dopo avere rilevato che, verificatosi l’inadempimento, il creditore aveva diritto a ricevere la penale quale forma di risarcimento forfettario del danno preventivato al momento della stipulazione a prescindere dalla domanda di risoluzione del contratto, hanno osservato che, nel caso di specie, la risoluzione si era verificata ipso iure essendo stata inserita nel contratto una clausola risolutiva espressa, che prescindeva anche dalla gravita’ dell’inadempimento. Hanno, quindi, evidenziato che la clausola apposta al contratto di somministrazione e di convenzione di locazione prevedeva anche l’effetto retroattivo della risoluzione con l’assunzione dell’obbligo al rimborso, a semplice richiesta di “quella parte del canone pagato in un’unica soluzione ed anticipatamente per l’intera durata della concessione” e che le inadempienze contrattuali erano state poste in essere dal (OMISSIS) in data anteriore alla retrocessione dell’azienda affittata, per cui dovevano essere imputate allo stesso perche’ afferenti ad obbligazioni contratte prima della retrocessione dell’azienda affittata, come peraltro stabilito espressamente all’articolo 14 del contratto di affitto di ramo d’azienda. Hanno, pertanto, concluso che dalle accertate inadempienze doveva conseguire la condanna al pagamento di quanto dovuto in virtu’ dell’accordo sottoscritto.
3. (OMISSIS) propone ricorso per la cassazione della suddetta decisione, sulla base di un unico motivo.
La societa’ (OMISSIS) s.r.l. resiste con controricorso.
4. La trattazione e’ stata fissata in camera di consiglio ai sensi dell’articolo 380-bis.1. cod. proc civ..
Non sono state depositate conclusioni dal Pubblico Ministero. Entrambe le parti hanno depositato memoria ex articolo 380-bis.1. c.p.c..
Ragioni della decisione
1. Con l’unico motivo di ricorso si deduce “violazione e falsa applicazione (articolo 360 c.p.c., comma 1, n. 3) dell’articolo 2560 c.c. in luogo dell’articolo 2558 c.c.”.
Sostiene il ricorrente che la Corte d’appello avrebbe erroneamente applicato la prima disposizione evocata, anziche’ la seconda, sebbene l’articolo 2560 c.c. possa trovare applicazione solo quando si tratti di debiti in se’ soli considerati e non quando, invece, essi si ricolleghino a posizioni contrattuali non ancora definite, che seguono la sorte del contratto.
Evidenzia che al momento della retrocessione dell’azienda il contratto di somministrazione e convenzione di locazione a fini pubblicitari era ancora in essere, dal momento che la retrocessione alla (OMISSIS) s.r.l. era avvenuta con la risoluzione del contratto di affitto di ramo d’azienda mediante scrittura privata autenticata datata (OMISSIS), con effetti decorrenti dal (OMISSIS), mentre la contestazione dell’inadempimento era avvenuta mediante l’invio, in data (OMISSIS), di una raccomandata, da lui ricevuta in data (OMISSIS).
Soggiunge che il comma 3 dell’articolo 2558 c.c. rende applicabili le disposizioni dei precedenti commi in tema di successione nei contratti anche all’affittuario, ma solo per la “durata dell’affitto”, lasciando in tal modo intendere che, cessato l’affitto, anche la situazione di detti contratti debba ritornare allo stato originario. Sottolinea, pure, che nel contratto di risoluzione di affitto di ramo d’azienda era previsto che “Per effetto della riconsegna dell’azienda … la societa’ a responsabilita’ limitata ” (OMISSIS) rientra(va) nella titolarita’ di tutti i contratti in corso relativi alla azienda gia’ affittata” e che, in applicazione della disciplina dell’articolo 2558 c.c., gli effetti del contratto di somministrazione e della convenzione di locazione a fini pubblicitari dovevano ricadere, per effetto della natura continuativa e periodica del contratto di somministrazione, in capo alla societa’ (OMISSIS) s.r.l., rientrata nella titolarita’ dei contratti in corso relativi all’azienda affittata.
2. Il motivo e’ infondato.
2.1. L’articolo 2558 c.c. stabilisce che “se non e’ pattuito diversamente, l’acquirente dell’azienda subentra nei contratti stipulati per l’esercizio dell’azienda stessa che non abbiano carattere personale”.
Secondo l’articolo 2560 c.c., “l’alienante non e’ liberato dai debiti, inerenti l’esercizio dell’azienda ceduta anteriori al trasferimento, se non risulta che i creditori vi hanno consentito”, con la precisazione dettata dal comma 2 secondo cui “nel trasferimento di un’azienda commerciale risponde dei debiti suddetti anche l’acquirente dell’azienda, se essi risultano dai libri contabili obbligatori”.
L’interpretazione coordinata delle due norme, come chiarito da questa Corte (Cass., sez. 2, 20/07/1991, n. 8121), porta a ritenere che quella dell’articolo 2558 c.c. debba applicarsi ogni qual volta al debito contrattuale di colui che trasferisce l’azienda si contrappone, in rapporto di sinallagmaticita’, un credito attuale, derivante dallo stesso negozio giuridico, nei confronti del contraente ceduto, e che, invece, la disposizione dell’articolo 2560 c.c. riguardi il caso in cui il debito contrattuale non sia bilanciato da un credito corrispondente.
Dal combinato disposto delle due norme emerge che la successione nei contratti di cui all’articolo 2558 c.c. trova applicazione in caso di negozi a prestazioni corrispettive non integralmente eseguiti da entrambe le parti al momento del trasferimento dell’azienda, mentre, ove il terzo contraente abbia gia’ eseguito la propria prestazione, residua un mero debito la cui sorte e’ regolata dall’articolo 2560 c.c.
E’ dunque principio condiviso (in questo senso Cass., sez. 1, 16/06/2004, n. 11318), quello in forza del quale il congegno stabilito dall’articolo 2560, comma 2, c.c., con riferimento ai debiti relativi all’azienda ceduta, e’ destinato ad essere applicato quando si tratti di debiti in se’ soli considerati, e non anche quando, viceversa, essi si ricolleghino a posizioni contrattuali non ancora definite, in cui il cessionario sia subentrato a norma dell’articolo 2558 c.c. (Cass., sez. 2, 20/07/1991, n. 8121; Cass., sez. 08/05/1981, n. 3027; Cass., sez. 1, 09/10/2017, n. 23581), posizioni, queste, che seguono la sorte del contratto.
2.2. La regola posta dal comma 1 dell’articolo 2558 c.c. e’, dunque, applicabile soltanto ai contratti con prestazioni corrispettive non ancora interamente eseguite da alcuna delle parti, mentre non rientrano nella previsione di tale norma, ma in quella dell’articolo 2560 c.c., sia i rapporti obbligatori sorti da contratti a prestazioni corrispettive di cui quella o quelle poste a carico di uno dei contraenti siano state gia’ interamente eseguite, sia quelli aventi la propria fattispecie costitutiva in un contratto con prestazioni a carico di una sola parte.
2.3. La previsione dettata dal comma 1 dell’articolo 2560 c.c., concernente la permanente responsabilita’ dell’alienante in ordine ai debiti inerenti l’esercizio dell’azienda maturati anteriormente al trasferimento, e’ completata nel comma 2, che cumula alla responsabilita’ del cedente anche quella del cessionario, sempre che il debito risulti dai libri contabili obbligatori. Si realizza in tal modo una responsabilita’ del cessionario sotto forma di accollo cumulativo ex lege, con conseguente solidarieta’ tra cedente e cessionario dell’azienda commerciale, solidarieta’ peraltro sui generis, dal momento che, nei rapporti tra loro, il debito rimane a carico del cedente, senza che questi possa ripetere dal secondo, neppure in parte, quanto versato al terzo creditore (Cass., sez, 1, 25/02/1987, n. 1990; Cass., sez. 2, 03/03/1994, n. 2108; Cass., sez. 1, 04/10/2010, n. 20577). Ne discende, sul piano della ratio della norma, che la solidarieta’ del cessionario dell’azienda per i debiti concernenti l’esercizio dell’azienda ceduta e’ posta a tutela dei creditori di questa, e non dell’alienante e, per questo, essa non determina alcun trasferimento della posizione debitoria sostanziale. Perseguendo una finalita’ di tutela dei creditori aziendali, la norma e’ percio’ dalla dottrina giudicata inderogabile in conformita’ ad un accordo fra alienante e acquirente, mentre si riconosce ammissibile l’esclusione della sua operativita’ in forza di un accordo fra acquirente e terzi creditori (Cass., n. 23581/2017, cit.).
3. Tanto premesso, nel caso di specie, la Corte d’appello ha acclarato, in fatto:
a) che l’odierno ricorrente e’ subentrato nel contratto di somministrazione e convenzione di locazione a fini pubblicitari stipulato in data (OMISSIS) dalla odierna contrcricorrente con la (OMISSIS) s.r.l., poi divenuta (OMISSIS) s.r.l. – che prevedeva la risoluzione per l’ipotesi di “mancato pagamento e/o mancato prelievo della merce e/o il mancato rispetto del patto di esclusiva e/o limitazioni o ostacoli al libero uso dello spazio concesso a disposizione per fini pubblicitari”, con obbligo a carico della parte somministrata “in caso di risoluzione”, stante l’effetto retroattivo della stessa, di rimborsare al somministrante, a semplice richiesta, “quella parte del canone” pagato in un’unica soluzione ed anticipatamente per l’intera durata della concessione pubblicitaria;
b) che la odierna controricorrente ha pagato anticipatamente, come comprovato dalle fatture, la somma dovuta per la locazione;
c) che il (OMISSIS), in data (OMISSIS), ha “interrotto la fornitura di caffe’ che costituisce proprio l’elemento costitutivo del credito alla clausola penale ed al rimborso del corrispettivo pubblicitario di cui al provvedimento monitorio”.
Dalla vicenda fattuale cosi’ ricostruita i giudici di appello hanno tratto la conseguenza che, verificatosi l’inadempimento da parte del (OMISSIS), la parte creditrice, odierna controricorrente, ha visto sorgere il proprio diritto di ottenere la penale, prevista nel contratto di somministrazione e di locazione a fini pubblicitari, quale forma di risarcimento forfettario del danno preventivato al momento della stipulazione, e che le “inadempienze contrattuali”, essendo state poste in essere “dall’opponente in data anteriore alla retrocessione dell’azienda affittata”, debbano essere imputate all’odierno ricorrente, perche’ “afferenti a obbligazioni contratte prima della retrocessione”.
L’approdo a cui pervengono i giudici di appello non incorre nella violazione denunciata.
Considerato che la richiesta di applicazione di una clausola penale contrattualmente prevista per il caso di inadempimento sorge nel momento in cui si verifica l’inadempimento e non presuppone la pronuncia di risoluzione del contratto a cui essa e’ stata apposta (Cass., sez. 1, 06/06/1968, n. 1702; Cass., sez. 2, 17/01/2003, n. 625), trattandosi di domanda autonoma, l’obbligazione risarcitoria a carico del (OMISSIS), prevista per il caso di inadempimento ed il cui ammontare e’ stato predeterminato dalle parti mediante la clausola penale, deve farsi rientrare nell’ambito della disciphla di cui all’articolo 2560 c.c., in quanto integra un cd. “debito puro”, non collegato sinallagmaticamente con una controprestazione e venuto ad esistenza in data anteriore, per quanto accertato dalla Corte d’appello, alla retrocessione dell’azienda affittata.
Anche se la volonta’ di avvalersi della clausola risolutiva espressa e’ stata manifestata dopo la retrocessione e, dunque, dopo il trasferimento del contratto di somministrazione ai sensi dell’articolo 2558 c.c., cio’ non toglie che il debito nascente dall’applicazione della clausola penale era insorto prima del trasferimento e che, dunque, si trattava di cd. debito puro.
A diversa conclusione non puo’, d’altro canto, pervenirsi in ragione della natura “continuativa e periodica” del contratto di somministrazione. Infatti, nel contratto di somministrazione, la periodicita’ o la continuita’ delle prestazioni si pongono come elementi essenziali del contratto stesso, in funzione di un fabbisogno del somministrato, sicche’ ogni singola prestazione e’ distinta ed autonoma rispetto alle altre (Cass., sez. 3, 11/11/2021, n 33559); cio’ comporta che occorre avere riguardo alle singole prestazioni, e non al contratto complessivamente considerato, al fine di stabilire se debba applicarsi la regola di cui all’articolo 2558 c.c. o piuttosto quella di cui all’articolo 2560 c.c..
Deve, pertanto, ritenersi che nel caso di retrocessione dell’azienda affittata, si trasferisce al cessionario solo la parte del rapporto relativa alle prestazioni rimaste ineseguite da entrambi i contraenti, mentre, laddove una sola delle due parti contraenti ha eseguito la propria prestazione, rimane un mero debito in capo al cedente, ferma restando la possibilita’ di applicare l’articolo 2560, comma 2, c.c., che prevede, tuttavia, una responsabilita’ del cessionario che si aggiunge a quella del cedente, ma che non comporta la liberazione del cedente.

Affitto di ramo d’azienda il debito contrattuale dell’alienante si contrappone al credito del ceduto

Alla stregua delle considerazioni svolte, la sentenza impugnata ha correttamente affermato che le accertate “inadempienze contrattuali” devono gravare sull’odierno ricorrente.
4. In conclusione, il ricorso va rigettato.
Le spese del giudizio di legittimita’ seguono la soccombenza e sono liquidate come da dispositivo.

P.Q.M.

La Corte rigetta il ricorso.
Condanna il ricorrente al pagamento, in favore della controricorrente, delle spese del giudizio di legittimita’ che liquida in Euro 4.000,00 per compensi, oltre alle spese forfettarie nella misura del 15 per cento, agli esborsi, liquidati in Euro 200,00, ed agli accessori di legge. Ai sensi del Decreto del Presidente della Repubblica n. 115 del 2002, articolo 13, comma 1-quater, inserito dalla L. n. 228 del 2012, articolo 1, comma 17, da’ atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso, a norma del comma 1-bis, dello stesso articolo 13, se dovuto.

 

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