Ai fini della configurabilità del delitto di frode nelle pubbliche forniture

Corte di Cassazione, penale, Sentenza 22 ottobre 2020, n. 29374.

Ai fini della configurabilità del delitto di frode nelle pubbliche forniture, non è sufficiente il semplice inadempimento doloso del contratto, richiedendo la norma incriminatrice una condotta qualificabile in termini di malafede contrattuale, consistente nel porre in essere un espediente malizioso o ingannevole, idoneo a far apparire l’esecuzione del contratto conforme agli obblighi assunti. (In motivazione, la Corte ha precisato che proprio il profilo relativo alla malafede contrattuale è l’elemento che distingue il reato di frode nelle pubbliche forniture dal meno grave reato di inadempimento nelle pubbliche forniture).

Sentenza 22 ottobre 2020, n. 29374

Data udienza 14 settembre 2020

Tag – parola chiave: Frode nelle pubbliche forniture – Dolo generico – Nozione di frode – Condotta che nei rapporti con la P.A. viola il principio della buona fede – Inadempimento parziale doloso dell’obbligazione – Non configurano il reato se non vi è malafede contrattuale

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SESTA PENALE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. FIDELBO Giorgio – Presidente

Dott. COSTANZO Angelo – Consigliere

Dott. CRISCUOLO Mauro – Consigliere

Dott. CALVANESE Ersilia – Consigliere

Dott. SILVESTRI Pietro – rel. Consigliere

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA
sul ricorso proposto da:
(OMISSIS), nato a (OMISSIS);
avverso la sentenza emessa dalla Corte di appello di Lecce il 28/01/2019;
visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso;
udita la relazione svolta dal Consigliere SILVESTRI Pietro;
udito il Sostituto Procuratore Generale, Dott.ssa DE MASELLIS Mariella, che ha concluso chiedendo l’inammissibilita’ del ricorso;
udita l’avv.ssa (OMISSIS), difensore della costituita parte civile, Comune di Torre Santa Susanna, che ha concluso chiedendo il rigetto del ricorso;
udito l’avv. (OMISSIS), difensore dell’imputato, che ha chiesto l’accoglimento dei motivi di ricorso.

RITENUTO IN FATTO

1. La Corte di appello di Lecce, in riforma della sentenza emessa dal Tribunale di Brindisi, ha dichiarato non doversi procedere nei confronti di (OMISSIS) in relazione al reato previsto dall’articolo 356 c.p., perche’ estinto per prescrizione ma ha confermato la sentenza impugnata quanto alle statuizioni civili.
(OMISSIS), nella qualita’ di amministratore della societa’ (OMISSIS) s.r.l., appaltatrice dei lavori di realizzazione del palazzetto dello Sport del comune di Torre Santa Susanna, avrebbe commesso frode della esecuzione del contratto, perche’ avrebbe fatto uso di materiali diversi da quelli promessi per la costruzione del tetto dell’immobile.
2. Hanno proposto ricorso per cassazione i difensori dell’imputato articolando otto motivi.
2.1. Con il primo si lamenta agli effetti penali violazione di legge processuale e vizio di motivazione; la sentenza sarebbe nulla per non avere considerato il motivo di appello relativo al proscioglimento nel merito con la formula perche’ il fatto non sussiste.
La difesa aveva evidenziato come dalla consulenza tecnica, conformemente alle dichiarazioni del teste (OMISSIS), procuratore speciale della societa’, emergessero una serie di elementi volti a dimostrare la insussistenza del fatto e la Corte avrebbe fornito una riposta assertiva ovvero avrebbe omesso di motivare.
2.2. Con il secondo motivo si deduce agli effetti penali violazione di legge processuale e vizio di motivazione.
La sentenza sarebbe nulla per non avere considerato il motivo di appello relativo al proscioglimento nel merito con la formula per non avere commesso il fatto; si era argomentato sul fatto che l’opera in esame sarebbe stata realizzata da un’altra societa’ – come da documentato contratto di subappalto- che prevedeva la fornitura e la messa in opera dei materiali previsti dal capitolato.
Anche sul punto, si assume, la motivazione sarebbe viziata non avendo la Corte spiegato perche’ la responsabilita’ per la divergenza della prestazione dovesse essere imputata alla sub appaltante e non alla subappaltatrice infedele.
2.3. Con il terzo motivo si lamenta agli effetti penali violazione di legge processuale e vizio di motivazione quanto alla configurabilita’ giuridica della fattispecie, ritenuta sussistente dai giudici di merito recependo l’indirizzo giurisprudenziale secondo cui sarebbe sufficiente il mero inadempimento contrattuale doloso e non il diverso orientamento secondo cui sarebbe invece necessaria anche la malafede contrattuale, ossia la presenza di un espediente malizioso o di un inganno, tali da far apparire l’esecuzione del contratto conforme agli obblighi assunti.
2.4. Con il quarto motivo di ricorso si deduce agli effetti penali violazione di legge processuale e vizio di motivazione; la sentenza sarebbe nulla per non avere considerato il motivo di appello relativo al proscioglimento nel merito con la formula perche’ il fatto non costituisce reato, tenuto conto della esistenza al piu’ di un inadempimento colposo, della esecuzione dei lavori da parte della ditta sub appaltatrice, della consapevolezza in capo all’appaltante dei materiali in concreto utilizzati.
2.5. Con il quinto motivo si lamenta agli effetti civili violazione di legge e vizio di motivazione; la sentenza sarebbe viziata nella parte in cui la Corte ha fatto automaticamente discendere dalla ritenuta impossibilita’ di addivenire ad una pronuncia assolutoria ai sensi dell’articolo 129 c.p., comma 2, la conferma delle statuizioni civili, anche con riguardo alla provvisionale.
2.6. Con il sesto motivo si deduce agli effetti civili violazione di legge e vizio di motivazione quanto alla mancata rilevazione della prescrizione, maturata gia’ durante il primo grado di giudizio. Si assume che il reato in esame si consumerebbe nel momento in cui la Pubblica amministrazione e’ messa in condizione di compiere l’attivita’ di verifica e controllo e che nel caso di specie detto momento si sarebbe verificato il (OMISSIS), cioe’ alla data di ultimazione dei lavori; dunque, il reato si sarebbe prescritto al piu’ tardi il 19.10.2014, prima della sentenza di primo grado, intervenuta il 9.12.2015.
2.7. Con il settimo e l’ottavo motivo si lamenta agli effetti civili vizio di motivazione e violazione di legge per non avere la Corte fornito risposta al motivo di impugnazione con cui si chiedeva la riduzione e la sospensione della condanna al pagamento della provvisionale.
3. Il 27 marzo 2020 e’ pervenuta una memoria nell’interesse della costituita parte civile – il Comune di Santa Susanna – con cui si ripercorrono i motivi di ricorso evidenziandone le ragioni di infondatezza.

CONSIDERATO IN DIRITTO

1. Il ricorso e’ fondato quanto al terzo motivo di ricorso che ha valenza assorbente rispetto agli altri.
2. La questione attiene al se il mero inadempimento parziale doloso del programma obbligatorio sia sufficiente a configurare il reato per cui si procede.
Secondo un consolidato indirizzo giurisprudenziale, cui ha chiaramente aderito la Corte di appello di Lecce, ai fini della configurabilita’ del delitto di frode in pubbliche forniture e’ sufficiente il dolo generico, costituito dalla consapevolezza di consegnare cose in tutto od in parte difformi (per origine, provenienza, qualita’ o quantita’) in modo significativo dalle caratteristiche convenute, o disposte con legge o con atto amministrativo, non occorrendo necessariamente la dazione di “aliud pro alio” in senso civilistico o un comportamento subdolo o artificioso. (Sez. 6, n. 6905 del 25/10/2016, dep. 2017, Milesi, Rv. 269370 in cui in motivazione, la Corte ha precisato che la nozione di frode si riferisce ad ogni condotta che, nei rapporti con la P.A., viola il principio di buona fede nell’esecuzione del contratto, sancito dall’articolo 1375 c.c., e, trattandosi di un fatto oggettivo che danneggia l’interesse pubblico, sono irrilevanti le condizioni psicologiche dei contraenti, ma contano soltanto le modalita’ di presentazione del bene in relazione a quanto oggettivamente convenuto o disposto con legge o con atto amministrativo).
Si afferma, pertanto, che l’espressione “commette frode”, contenuta nell’articolo 356 c.p., non allude necessariamente a un comportamento subdolo o artificioso, ma si riferisce “ad ogni violazione contrattuale”, a prescindere dal proposito dell’autore di conseguire un indebito profitto o dal danno patrimoniale che possa derivare all’ente committente.
In senso conforme si collocano anche altre sentenze che interpretano la frode secondo una piu’ ampia accezione di malafede contrattuale che, pur non necessitando la dazione di un “aliud pro alio” in senso civilistico, si riferisce alla dolosa consegna di cose in tutto o in parte diverse (per origine, provenienza, qualita’ o quantita’) rispetto a quanto pattuito, a condizione che si tratti di una difformita’ significativa idonea ad incidere sullo svolgimento del rapporto con la pubblica amministrazione (Sez. 6, n. 28301 del 08/04/2016, Dolce, Rv. 267828; Sez. 6, n. 27992 del 20/05/2014, Peratello, Rv. 262538; Sez. 6, n. 42900 del 05/10/2010, Rugiano, Rv. 248806; Sez. 6, n. 1823 del 17/11/1999, Berardini, Rv. 217331; Sez. 6, n. 502 del 28/11/1997, Ferrari, Rv. 209242).
3. A tale indirizzo si contrappone altro orientamento di legittimita’ che pare maggiormente conforme al dato testuale della fattispecie incriminatrice, nonche’, sul piano sistematico, alla esatta definizione dei rapporti strutturali tra il reato previsto dall’articolo 356 c.p. e quello di inadempimento di contratti di pubbliche forniture previsto dall’articolo 355 c.p..
Quanto al profilo testuale, si e’ spiegato come, ai fini della configurabilita’ del delitto in esame, sia necessario un “quid pluris” rispetto al semplice inadempimento del contratto, che va individuato nella malafede contrattuale, intesa questa pero’ come espediente malizioso o inganno, tali da far apparire l’esecuzione del contratto conforme agli obblighi assunti (Sez. 6, n. 5317 del 10/01/2011, Incatasciato, Rv. 249448; Sez. 6, n. 11144 del 25/02/2010, Semeraro, Rv. 246544; Sez. 6, n. 26231 del 12/04/2006, Cento, Rv. 235171; Sez. 6, n. 13904 del 23/01/2004, Barone, non massimata sul punto; Sez. 6, n. 36567 del 09/05/2001, Nervoso, Rv. 220296; piu’ recentemente, in tal senso Sez. 6, n. 9081, del 23/11/2017, dep. 2018, Aviano, Rv. 272384).
Si e’ chiarito in maniera condivisibile come, sul piano testuale, la norma incrimini il “commettere frode” ed a tal fine assuma decisiva valenza la creazione di una situazione di “apparenza ingannatoria” ai danni della pubblica amministrazione, frutto di una condotta difforme dal principio di buona fede nell’esecuzione del contratto (articolo 1375 c.c.), che impone alle parti di adempiere scrupolosamente i rispettivi obblighi.
La sentenza “Cento”, in precedenza richiamata, individua correttamente la ratio dell’articolo 356 c.p., nella necessita’ di porre il contratto al riparo da comportamenti fraudolenti del fornitore, rafforzando con la sanzione penale la corretta e leale esecuzione del contratto di pubbliche forniture.
Ne discende che sono estranei al paradigma criminoso di cui all’articolo 356 c.p., le condotte di mero inadempimento del contratto, qualora non siano frutto di un perseguito proposito fraudolento; il comportamento fraudolento, si aggiunge, non deve necessariamente estrinsecarsi nell’uso di artifici o raggiri, propri del delitto di truffa, ne’ determinare un evento di danno per la pubblica amministrazione, essendo a tal fine sufficiente la semplice malafede contrattuale, ovvero, come detto, la presenza di un espediente malizioso o ingannevole idoneo a far apparire l’esecuzione del contratto conforme agli obblighi assunti.
Si tratta di considerazioni condivisibili, atteso che “frode” significa avvantaggiarsi con qualche inganno; si tratta di una specificita’ della condotta che peraltro si riflette sul dolo, per cui l’autore del reato deve voler “ingannare” il soggetto passivo, non essendo sufficiente la consapevolezza di consegnare una cosa per un’altra o una cosa significativamente difforme da quella pattuita. La connotazione dell’elemento soggettivo in termini di “mala fede” puo’, in astratto, correttamente integrare la frode, ma non puo’ tramutarsi in una vuota formula di stile attraverso la quale si giunge a far coincidere la frode con il mero consapevole inadempimento.
Il tema ha un suo profilo probatorio e di accertamento processuale, atteso che, in presenza di vizi, e’ necessario distinguere, al fine della prova della malafede- intesa nel senso indicato-, tra vizi riconosciuti, riconoscibili ovvero in mala fede taciuti dall’appaltatore.
Si e’ correttamente affermato come in quest’ultimo caso sia sufficiente, perche’ operi la garanzia, il semplice silenzio dell’appaltatore, senza che occorra che questi abbia esplicitamente dichiarato che l’opera era esente da vizi, ne’ che sia attivamente ricorso a veri e propri raggiri per occultare i vizi (cfr., Sez. 6, Cento, cit.)
Una interpretazione della norma incriminatrice prevista dall’articolo 356 c.p., che, come detto, e’ anche maggiormente idonea a delineare in modo piu’ nitido i rapporti tra il reato di frode in pubbliche forniture e quello di inadempimento di contratti di pubbliche forniture, di cui all’articolo 355 c.p..
Se il delitto di frode nelle pubbliche forniture fosse integrato per effetto del solo obiettivo inadempimento, ancorche’ doloso, di parte del programma contrattuale, verrebbe dilatata oltre misura la fattispecie di cui all’articolo 356 c.p., rispetto a quella di cui all’articolo 355 c.p., che risulterebbe sostanzialmente assorbita nella prima norma incriminatrice.
Di cio’ la giurisprudenza della Corte di cassazione gia’ in passato era consapevole, avendo affermato che il reato di frode nelle pubbliche forniture si differenzia da quello di inadempimento di contratti di pubbliche forniture per la presenza dell’elemento della frode che si presenta come astuzia o malizia diretta ad ingannare; con la conseguenza che e’ configurabile il delitto di cui all’articolo 356 c.p., quando l’opera venga compiuta, non solo in dispregio ed in violazione delle clausole dell’appalto e delle norme regolatrici delle clausole stesse, bensi’ anche con il proposito (fraudolento) di rappresentare una situazione apparente che sia conforme alle dette clausole ed alla legge (Sez. 6,n. 2291 del 6/111985, dep. 1986, Grassia, Rv. 172189).
4. La Corte di appello di Lecce non ha fatto corretta applicazione dei principi indicati.
Non e’ in contestazione che ci sia stato un inadempimento di una parte del programma obbligatorio, atteso che per la copertura del palazzetto fu utilizzato materiale diverso da quello promesso e sarebbe stato fatto uso di chiodi e di guaine impermeabilizzanti diverse da quelle pattuite.
E tuttavia, al di la’ del fatto oggettivo dell’inadempimento, la Corte di appello, a fronte di un motivo specifico sulla questione giuridica devoluta, si e’ limitata a richiamare l’indirizzo secondo cui non sarebbe necessaria nessuna componente di frode ai fini della integrazione del reato; emerge in realta’ dalla sentenza di primo grado come i vizi furono riconoscibili e riconosciuti sin da subito (si erano verificate nel corso della realizzazione dell’opera infiltrazioni di acqua, gia’ prima dello scoperchiamento della struttura per l’azione del vento) e furono prontamente contestati alla ditta appaltatrice che, a sua volta, cerco’ di porre rimedio agli inconvenienti segnalati, senza peraltro ricevere in seguito ulteriori contestazioni da parte del Comune appaltante.
A fronte di vizi sostanzialmente riconosciuti nella immediatezza e riconoscibili (diversamente da quanto ritenuto dal Tribunale, gia’ nel momento in cui si comprese che vi erano infiltrazioni di acqua si sarebbe potuto comprendere la causa di detti fenomeni), la ditta appaltatrice intervenne cercando di eliminare il vizio denunciato, senza ricevere successivamente ulteriori appunti, ne’ nella immediatezza, ne’ al momento della conclusione dell’opera: dunque, salvo a non voler far coincidere il “quid pluris” di frode richiesto dalla noma incriminatrice con l’inadempimento parziale doloso del contratto, nessun vizio occulto e nessun espediente malizioso o ingannevole fu posto in essere al fine di far apparire l’esecuzione del contratto come fosse conforme agli obblighi assunti.
Nella specie, vi fu una obiettiva difformita’ della prestazione eseguita rispetto a quella pattuita, un inadempimento rilevato, contestato e sostanzialmente riconosciuto dalla impresa appaltatrice, che cerco’ di eliminare il vizio denunciato, senza ricevere ulteriori contestazioni.
Ne discende che, alla luce delle considerazioni esposte, la sentenza impugnata deve essere annullate senza rinvio perche’ il fatto non sussiste.

P.Q.M.

Annulla senza rinvio la sentenza impugnata perche’ il fatto non sussiste.

 

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