Ai fini della confisca cd. allargata

Corte di Cassazione, penale, Sentenza|3 febbraio 2022| n. 3854.

Ai fini della confisca cd. “allargata” prevista dall’art. 240-bis cod. pen., a nulla rileva il “quantum” ricavato dalla commissione dei cd. “reati spia”, dovendosi unicamente avere riguardo al duplice presupposto che i beni da acquisire si trovino nella disponibilità diretta o indiretta dell’interessato, purché dichiarato responsabile di uno di tali reati, e che il loro valore sia sproporzionato rispetto al reddito dichiarato o all’attività economica esercitata.

Sentenza|3 febbraio 2022| n. 3854. Ai fini della confisca cd. “allargata”

Data udienza 30 novembre 2021

Integrale

Tag – parola: Sequestro preventivo – Confisca c.d. allargata – Impossibilità per il condannato per un reato spia di giustificare la legittima provenienza dei beni sul presupposto che il denaro utilizzato per acquistarli sia provento o reimpiego dell’evasione fiscale – Natura di norma processuale dell’art. 31 l. n. 161/2017 – Irretroattività – Omessa considerazione della documentazione relativa alla sussistenza di attività economiche lecite – Annullamento con rinvio

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SECONDA PENALE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. VERGA Giovanna – Presidente
Dott. BELTRANI Sergio – rel. Consigliere

Dott. PARDO Ignazio – Consigliere

Dott. PAZIENZA Vittorio – Consigliere

Dott. ARIOLLI Giovanni – Consigliere

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA
sul ricorso proposto da:
(OMISSIS), nato a (OMISSIS);
(OMISSIS), nata a (OMISSIS);
avverso l’ordinanza del 20/04/2021 del TRIBUNALE di NAPOLI – sez. riesame misure cautelari;
Udita la relazione svolta dal Consigliere Dott. BELTRANI SERGIO;
udite le conclusioni del sostituto Procuratore Generale Dott. ROMANO GIULIO, che ha chiesto il rigetto dei ricorsi;
uditi, per gli indagati, gli Avv. (OMISSIS) e (OMISSIS), i quali hanno concordemente chiesto, in accoglimento dei motivi di ricorso, ai quali si sono riportati, l’annullamento del provvedimento impugnato.

Ai fini della confisca cd. allargata

RITENUTO IN FATTO

1. Il Tribunale di Napoli, sezione riesame misure cautelari, ha accolto l’appello del P.m. contro l’ordinanza con la quale altra sezione dello stesso Tribunale, quale giudice procedente, aveva rigettato una richiesta di sequestro preventivo finalizzato alla confisca di beni (mobili ed immobili) e quote societarie intestate ad (OMISSIS) (dichiarato colpevole dal Tribunale procedente, con sentenza non irrevocabile, del reato di concorso in estorsione aggravata) ed alla moglie (OMISSIS).
La riforma dell’originario provvedimento di rigetto fonda essenzialmente su due rilievi:
– il periodo di c.d. “ragionevolezza temporale” da considerare al fine di ritenere “sospetti” gli incrementi patrimoniali non giustificati dell’imputato non doveva essere limitato al decennio 2000/2010 (come ritenuto dal Tribunale procedente, prendendo come punto di riferimento ad quem il tempus commissi delicti emergente dalla contestazione del reato ascritto all’imputato), ma doveva essere esteso fino alla data della decisione di condanna di primo grado, ovvero fino al 17/09/2020;
– con riguardo all’intero periodo da prendere in considerazione ai fini de quibus, sussisteva sproporzione tra gli incrementi patrimoniali documentati dal P.m. (dei quali si richiedeva il sequestro) e la situazione reddituale degli interessati.
2. Contro questo provvedimento, l’imputato e la moglie (OMISSIS) (terza interessata, ritualmente assistita da un procuratore speciale) ricorrono congiuntamente, deducendo i motivi che saranno di seguito riepilogati nei limiti strettamente necessari per la motivazione (come previsto dall’articolo 173 disp. att. c.p.p., comma 1).
2.1. In data 09/11/2021, sono stati depositati, nell’interesse dei ricorrenti, motivi nuovi, che reiterano nella sostanza quelli gia’ dedotti.

Ai fini della confisca cd. allargata

CONSIDERATO IN DIRITTO
L’ordinanza impugnata va annullata, con rinvio per nuovo giudizio al Tribunale di Napoli, sezione riesame misure cautelari, perche’ il sesto motivo dei ricorsi congiunti e’ fondato; i motivi ulteriori sono in parte non consentiti, in parte privi della specificita’ richiesta dall’articolo 581 c.p.p., in parte manifestamente infondati.
1. Con il primo motivo, i ricorrenti deducono violazione di plurime disposizioni di legge, anche di natura convenzionale, e carenza assoluta di motivazione, dolendosi, nella sostanza, del fatto che il disposto sequestro avrebbe violato il principio di proporzione, risultando sequestrati beni e titoli di valore notevolmente eccedente il quantum in ipotesi ricavato dall’imputato (OMISSIS) dalla commissione, in concorso, del reato ascrittogli.
1.1. Il motivo e’ manifestamente infondato, poiche’ la disciplina dettata dall’articolo 240-bis c.p. non attribuisce alcun rilievo al quantum in ipotesi ricavato dall’imputato dalla commissione del c.d. “reato-spia” ascrittogli.
La confisca prevista dall’articolo 240-bis c.p., presuppone, infatti, unicamente che i beni da acquisire si trovino nella disponibilita’ diretta o indiretta dell’interessato, se questi sia stato dichiarato colpevole di uno dei cc.dd. “reati-spia” tassativamente indicati, e che detti beni presentino un valore sproporzionato rispetto al reddito da quest’ultimo dichiarato ovvero all’attivita’ economica dal medesimo esercitata (Sez. 1, n. 13242 del 10/11/2020, dep. 2021, Fortuna, Rv. 280986 – 01).
2. Con il secondo motivo, i ricorrenti deducono violazione di plurime disposizioni di legge, anche di natura convenzionale, e carenza assoluta di motivazione, dolendosi, nella sostanza, dell’estensione del periodo di ragionevolezza temporale operata dal Tribunale del riesame, diversamente da quanto ritenuto dal primo giudice, fino alla data del commesso reato, e quindi oltre il decennio 2000/2010.

 

Ai fini della confisca cd. allargata

2.1. Il motivo e’ manifestamente infondato.
Le Sezioni Unite di questa Corte, con decisione che il collegio condivide e ribadisce, hanno, infatti, recentemente chiarito che la confisca ex articolo 240-bis c.p. puo’ essere disposta in ordine ai beni che siano entrati nella disponibilita’ del condannato, fermo il criterio di “ragionevolezza temporale”, fino alla pronuncia della sentenza per il cd. “reato spia”, salva comunque la possibilita’ di confisca anche di beni acquistati in epoca posteriore alla sentenza, ma con risorse finanziarie possedute prima (Sez. U, n. 27421 del 25/02/2021, Crostella, Rv. 281561 – 01).
A tale orientamento risulta essersi correttamente conformato il Tribunale nell’ordinanza impugnata dai ricorrenti.
3. Con il terzo motivo, i ricorrenti deducono violazione di plurime disposizioni di legge, anche di natura convenzionale, e carenza assoluta di motivazione, dolendosi, nella sostanza, del fatto che la determinazione del periodo di ragionevolezza temporale operata dal Tribunale del riesame, come retrodatato, avrebbe essenzialmente valorizzato il coinvolgimento dell’imputato (OMISSIS) in una fattispecie di concorso esterno in associazione di tipo mafioso al contrario conclusivamente esclusa.
3.1. Il motivo e’ manifestamente infondato.
Il Tribunale, nell’ordinanza impugnata dai ricorrenti, valorizza, infatti, come necessario, l’intervenuta condanna per il “reato-spia” di estorsione ascritto all’ (OMISSIS), menzionando l’ulteriore vicenda soltanto in un passaggio argomentativo superfluo, e che risulta, comunque, non avere decisivamente inciso sulle determinazioni conclusivamente assunte.
4. Con il quarto, il quinto ed il settimo motivo, i ricorrenti deducono violazione di plurime disposizioni di legge, anche di natura convenzionale, e carenza assoluta di motivazione, dolendosi, nella sostanza, del fatto che la determinazione riguardante la necessaria “sproporzione” tra la situazione reddituale e la situazione patrimoniale operata dal Tribunale del riesame non avrebbe considerato quanto emergente dalla CTP del prof. (OMISSIS).
4.1. Con il sesto motivo, i ricorrenti lamentano carenza assoluta di motivazione in ordine alle disponibilita’ patrimoniali derivanti da attivita’ lecite, sebbene sottratte ad imposizione fiscale: sarebbe stata, infatti, trascurata la regolarizzazione tributaria intervenuta con riferimento ai periodi d’imposta 1997/2002, della quale emergeva prova documentale dall’elaborato del prof. (OMISSIS). Si aggiunge, a tal proposito, che, come gia’ ritenuto dalla giurisprudenza di legittimita’, il divieto di giustificare le proprie disponibilita’ invocando l’evasione fiscale non potrebbe retroagire rispetto alla data di entrata in vigore del Decreto Legislativo che per primo lo ha introdotto.

 

Ai fini della confisca cd. allargata

4.2. Il sesto motivo e’ fondato; gli altri sono, ad un tempo, non consentiti e privi della necessaria specificita’.
4.2.1. Deve premettersi che, come gia’ chiarito da questa Corte, in tema di riesame delle misure cautelari reali, nella nozione di “violazione di legge” (per la quale soltanto puo’ essere proposto ricorso per cassazione a norma dell’articolo 325 c.p.p., comma 1) rientrano la mancanza assoluta di motivazione o la presenza di motivazione meramente apparente, in quanto correlate all’inosservanza di precise norme processuali, non anche l’illogicita’ manifesta e la contraddittorieta’, le quali possono denunciarsi nel giudizio di legittimita’ soltanto tramite lo specifico e autonomo motivo di ricorso di cui all’articolo 606 c.p.p., comma 1, lettera e), (cosi’ Sez. U, n. 5876 del 28/01/2004, p.c. Ferazzi in proc. Bevilacqua, Rv. 226710 ss.; Sez. U, n. 25932 del 29/05/2008, Ivanov, Rv. 239692).
In epoca piu’ recente, Sez. 2, n. 18951 del 14/03/2017, Rv. 269656 – 01 ha ribadito che il ricorso per cassazione contro ordinanze emesse in materia di sequestro preventivo o probatorio e’ ammesso solo per violazione di legge, in tale nozione dovendosi comprendere sia gli errores in iudicando o in procedendo, sia quei vizi della motivazione cosi’ radicali da rendere l’apparato argomentativo posto a sostegno del provvedimento del tutto mancante o privo dei requisiti minimi di coerenza, completezza e ragionevolezza e quindi inidoneo a rendere comprensibile l’itinerario logico seguito dal giudice.
Nella fattispecie, che, come quella in esame, riguardava un sequestro preventivo finalizzato alla confisca Decreto Legge n. 306 del 1992, ex articolo 12-sexies, in applicazione del principio e’ stato dichiarato inammissibile un ricorso che, a fronte di una approfondita valutazione, da parte del tribunale del riesame, degli elementi reddituali del nucleo familiare interessato dal sequestro, aveva riproposto, sotto il profilo della omessa o carente motivazione, questioni riguardanti l’accertamento della sproporzione.
4.3. Cio’ premesso, deve rilevarsi che il sesto motivo e’ fondato.
4.3.1. I ricorrenti lamentano, con il motivo, carenza assoluta di motivazione quanto ad un elemento ben determinato, specificamente indicato in ricorso e puntualmente documentato, in ordine al quale il provvedimento impugnato risulta del tutto silente.
Il precedente giurisprudenziale in proposito citato in ricorso (Sez. 1, n. 1778 del 11/10/2019, dep. 2020, Rv. 278171 – 02) in ordine alla non retroattivita’ delle disposizioni di cui al Decreto Legislativo n. 161 del 2017 e’ stato cosi’ massimato: “In tema di confisca cd. allargata ai sensi del Decreto Legge 8 giugno 1992, n. 306, articolo 12-sexies, (ora articolo 240-bis c.p.), la previsione di cui alla L. 17 ottobre 2017, n. 161, articolo 31, secondo la quale il condannato per un reato-spia “non puo’ giustificare la legittima provenienza dei beni sul presupposto che il denaro utilizzato per acquistarli sia provento o reimpiego dell’evasione fiscale”, ha natura di norma processuale, giacche’ non eleva l’evasione fiscale a presupposto dell’ablazione, ma introduce, in capo al predetto, un divieto probatorio destinato ad operare nel contesto d’una ricostruzione delle sue capacita’ economiche da effettuarsi in termini scomposti, ossia in ragione d’anno con riferimento alle risorse necessarie per realizzare gli acquisti nel momento in cui gli stessi sono intervenuti, e non riassuntivi, secondo il metodo di un confronto globale; ne deriva che la suddetta previsione – in ossequio a criteri di ragionevolezza e tutela dell’affidamento – non puo’ trovare applicazione, anche nei procedimenti in corso, in relazione a ricostruzioni patrimoniali relative ad anni anteriori a quello di sua introduzione”.
In motivazione, la citata sentenza, quanto alle modalita’ di ricostruzione della sproporzione di valori tra redditi e investimenti, evidenzia la necessita’ di non confondere i piani del giudizio penale e di quello di prevenzione, poiche’ sarebbe impropria l’applicazione al primo di principi di diritto espressi da Sez. U, n. 33451 del 29/05/2014, Repaci, Rv. 260244 ss. in riferimento al secondo.

 

Ai fini della confisca cd. allargata

Si precisa, infatti, che il predetto arresto e’ infatti intervenuto nell’anno 2014 in tema di prevenzione patrimoniale, “ossia in un campo che (…) resta permeato da una diversa modalita’ ricostruttiva della condizione soggettiva di pericolosita’, nel senso che in prevenzione il principio di tassativita’ – pur presente – e’ declinato in modo in parte diverso, dato l’utilizzo – da parte del legislatore – di locuzioni piu’ ampie in tema di descrizione della pericolosita’ generica rilevante (in particolare si veda il testo del Decreto Legislativo n. 159 del 2011, articolo 1, comma 1, lettera B, disposizione rimasta in vigore anche dopo la decisione Corte Cost. n. 24 del 2019 che ha – per converso – espunto dall’ordinamento, proprio per deficit di tassativita’ la previsione di cui alla lettera A della medesima disposizione di legge. Da cio’ deriva che in sede di prevenzione e’ possibile fondare il presupposto di pericolosita’ soggettiva anche su condotte di sistematica e ricorrente evasione fiscale (se penalmente rilevanti) li’ dove il profitto di tali illeciti (ossia la quota di reddito risparmiato perche’ non destinato all’assolvimento degli obblighi tributari) sia sistematicamente, almeno in parte, utilizzato per fini di sostentamento. L’utilizzo probatorio, in sede di prevenzione, di una condotta contra legem come l’evasione fiscale – sia pure a fini di riequilibrio della sproporzione – finirebbe pertanto col rendere incoerente “quella” disciplina di legge, fondata sulla stigmatizzazione della condizione di pericolosita’ soggettiva che abbia aderenza concreta con i presupposti applicativi delle misure personali previste dalla legge. Da cio’ e’ essenzialmente derivata la regola juris, espressa nel citato arresto Repaci, per cui in sede di prevenzione – a differenza di quanto accade per la confisca estesa penale – non e’ consentito fare ricorso da parte del proposto alla dimostrazione in positivo di condotte di evasione degli obblighi tributari”.
Proprio tale affermazione di principio conferma, ex adverso, che, fino alla data di entrata in vigore della modifica normativa de qua, “la prova delle condotte di evasione fiscale, a fini di riequilibrio della sproporzione di valori tra redditi e investimenti, e’ da ritenersi consentita, anche in ragione del fatto che le condotte di evasione fiscale non sono ricomprese nel – pur numeroso – elenco dei reati sorgente (si tratta, pertanto, di una applicazione del principio di tassativita’ in campo patrimoniale)”.
Era, peraltro, in precedenza gia’ consolidato, in tema di sequestro e confisca ai sensi del Decreto Legge n. 306 del 1992, articolo 12-sexies, l’orientamento per il quale la presunzione di illegittima provenienza delle risorse patrimoniali oggetto di ablazione accumulate da un soggetto condannato per uno dei reati-spia deve escludersi in presenza di fonti lecite e proporzionate di produzione, sia che esse siano costituite dal reddito dichiarato ai fini fiscali sia che provengano dall’attivita’ economica svolta ma non evidenziata, in tutto o in parte, nella dichiarazione dei redditi, con la conseguenza che e’ onere dell’interessato dimostrare che i beni oggetto di sequestro sono stati acquistati con il provento di attivita’ economiche non denunziate al fisco e che, ove l’interessato soddisfi tale onere, il giudice ha l’obbligo di prendere in considerazione tutta la documentazione prodotta, in merito, dalla difesa, fornendo adeguata motivazione in ordine alle giustificazioni fornite dagli interessati in ordine alla lecita provenienza dei beni (Sez. 2, n. 45105 del 04/07/2019, in motivazione; Sez. 1, n. 9678 del 05/11/2013, dep. 2014, Rv. 259468 – 01; Sez. 2, n. 49498 del 11/11/2014, Rv. 261046 – 01).

 

Ai fini della confisca cd. allargata

4.3.2. E’, pertanto, evidente che, avendo i ricorrenti documentato, attraverso l’intervenuta regolarizzazione tributaria intervenuta con riferimento ai periodi d’imposta 1997-2002, che i beni oggetto di sequestro potevano almeno in parte essere stati acquistati con il provento di attivita’ economiche lecite pur se inizialmente non denunziate al fisco, il Tribunale avrebbe avuto l’obbligo di prendere in considerazione tutta la documentazione prodotta, in merito, dalla difesa, fornendo adeguata motivazione in ordine alle giustificazioni fornite dagli interessati in ordine alla lecita provenienza quanto meno di parte dei beni de quibus.
4.4. Le residue doglianze sono inaccoglibili, sia perche’ difettano di specificita’ (i residui motivi si limitano a dolersi della mancata considerazione di ulteriori allegazioni difensive asseritamente emergenti dall’elaborato del prof. (OMISSIS), senza compiutamente indicarle ed illustrarne la presunta decisivita’), sia perche’ si concretizzano in non consentite censure all’apparato motivazionale posto nel resto a giustificazione delle contestate statuizioni: se si eccettua la lacuna innanzi evidenziata, infatti, a fronte di una approfondita valutazione, da parte del Tribunale del riesame, degli elementi reddituali del nucleo familiare interessato dal sequestro (cfr., in particolare ff. 12 ss. dell’ordinanza impugnata) risultano riproposte, sotto il profilo della omessa o carente motivazione, questioni riguardanti l’accertamento della sproporzione adeguatamente esaminate, dal che consegue la non enucleabilita’ di quella carenza assoluta di motivazione che, come premesso, sola risulta deducibile in sede di legittimita’.

 

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5. Per le medesime ragioni (cfr. ff. 27 s. dell’ordinanza impugnata) sono inaccoglibili le doglianze di cui all’ottavo motivo (omessa valutazione di una nota riguardante la situazione patrimoniale della (OMISSIS)), che a loro volta si concretizzano in non consentite censure all’apparato motivazionale posto nel resto a giustificazione delle contestate statuizioni dal Tribunale.
6. Il nono motivo (con il quale i ricorrenti lamentano che indebitamente il Tribunale avrebbe valorizzato elementi emergenti da una informativa datata 04/03/2021, sopravvenuta rispetto alla data di presentazione dell’appello) e’ manifestamente infondato.
Questa Corte (Sez. U, n. 18339 del 31/03/2004, Donelli, Rv. 227357 – 01), con orientamento che il collegio condivide e ribadisce, ha gia’ chiarito che, nel procedimento conseguente all’appello proposto dal P.M. contro l’ordinanza reiettiva della richiesta di misura cautelare personale, e’ legittima la produzione di documentazione relativa ad elementi probatori “nuovi”, preesistenti o sopravvenuti, sempre che, nell’ambito dei confini segnati dal devolutum, quelli prodotti dal P.M. riguardino lo stesso fatto contestato con l’originaria richiesta cautelare e in ordine ad essi sia assicurato nel procedimento camerale il contraddittorio delle parti, anche mediante la concessione di un congruo termine a difesa.
In argomento, successivamente Sez. 5, n. 17970 del 07/02/2020, Rv. 279398 – 01 ha precisato che, nel procedimento conseguente all’appello proposto dal pubblico ministero avverso il provvedimento reiettivo della richiesta di misura cautelare personale, il pubblico ministero ha facolta’ di produrre elementi probatori “nuovi”, preesistenti o sopravvenuti, in relazione ad ogni profilo, anche non oggetto del gravame, rilevante ai fini della decisione sulla cautela, i quali non devono necessariamente essere indicati nell’atto di impugnazione, stante la non applicabilita’ dell’articolo 603 c.p.p..
6.1. Detti principi, pur enunciati in riferimento alle misure cautelari personali, appaiono ben mutuabili anche in riferimento a quelle reali, attesa la medesimezza del quadro normativo di riferimento.
7. L’ordinanza impugnata va, quindi, annullata con rinvio per il giudizio al Tribunale di Napoli, competente ai sensi dell’articolo 324 c.p.p., comma 5, che colmera’ le lacune motivazionali evidenziate in riferimento alle doglianze oggetto del sesto motivo.

P.Q.M.

annulla l’ordinanza impugnata e rinvia per nuovo giudizio al Tribunale di Napoli, competente ai sensi dell’articolo 324 c.p.p., comma 5.

 

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In caso di diffusione omettere le generalità e gli altri dati identificativi dei soggetti interessati nei termini indicati.

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