Ai fini della distinzione tra retrocessione totale o parziale

Corte di Cassazione, sezione prima civile, Ordinanza 7 settembre 2020, n. 18581.

Ai fini della distinzione tra retrocessione totale o parziale, la valutazione dell’effettiva esecuzione dell’opera pubblica o di interesse pubblico deve essere compiuta con riferimento all’intero complesso di beni interessati dalla dichiarazione di pubblica utilità e non riguardo ai fondi di proprietà del privato, con la conseguenza che, quando l’opera programmata non abbia poi in concreto riguardato qualcuno di tali fondi o porzioni, ma sia stata comunque eseguita anche se in termini ridotti, la loro mancata utilizzazione non fa sorgere il diritto alla retrocessione, direttamente tutelabile innanzi al giudice ordinario, ma il mero interesse legittimo all’inservibilità dei beni, cui soltanto consegue il diritto alla restituzione.

Ordinanza 7 settembre 2020, n. 18581

Data udienza 9 luglio 2020

Tag/parola chiave: Espropri – Occupazione temporanea per la costruzione di un metanodotto – Indennità di asservimento

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE PRIMA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. CAMPANILE Pietro – Presidente

Dott. MARULLI Marco – Consigliere

Dott. NAZZICONE Loredana – Consigliere

Dott. SCALIA Laura – rel. Consigliere

Dott. DE MARZO Giuseppe – Consigliere

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA
sul ricorso 6469/2015 proposto da:
(OMISSIS), elettivamente domiciliato in (OMISSIS), presso lo studio dell’avvocato (OMISSIS) e rappresentato e difeso dagli avvocati (OMISSIS) e (OMISSIS), giusta procura speciale in calce al ricorso;
– ricorrente –
contro
(OMISSIS) S.p.A., in persona del legale rappresentante p.t., elettivamente domiciliato in (OMISSIS), presso lo studio dell’avvocato (OMISSIS), e rappresentato e difeso dall’avvocato (OMISSIS), giusta procura in calce al controricorso;
– controricorrente – ricorrente incidentale –
nonche’
MINISTERO DELLO SVILUPPO ECONOMICO, in persona del Ministro in carica, elettivamente domiciliato per legge in Roma Via dei Portoghesi, 12, presso l’Avvocatura Generale dello Stato;
– intimato –
avverso l’ordinanza della CORTE D’APPELLO di Venezia, depositata il 25/09/2014;
udita la relazione della causa svolta nella Camera di consiglio del 09/07/2020 dal Cons. Dott. Laura Scalia.

FATTI DI CAUSA

1. Con l’ordinanza in epigrafe indicata, la Corte di appello di Venezia a definizione del procedimento di opposizione alla stima introdotto Decreto del Presidente della Repubblica n. 327 del 2001, ex articolo 54, Decreto Legislativo n. 150 del 2011, articolo 29 e articolo 702-bis c.p.c., su ricorso di (OMISSIS) S.p.A. avverso la determinazione della Terna tecnica prevista dal Decreto Legislativo n. 327 del 2001, articolo 21, quantificava: in Euro 2.743,02 la giusta indennita’ di asservimento spettante a (OMISSIS), proprietario di beni ricadenti in area agricola destinata alla coltivazione del mais, siti in (OMISSIS), identificati in catasto al foglio (OMISSIS), p.lle (OMISSIS) ed interessati dalla servitu’ imposta per la realizzazione del metanodotto “Allacciamento stoccaggio (OMISSIS) di (OMISSIS) DN 600(24″)- DP 75 bar”; in Euro 907,37 la giusta indennita’ per il periodo di occupazione ed in relazione ai beni occupati: in Euro 1.430,64 l’indennizzo per il ristoro dei costi per il ripristino.
Il procedimento dinanzi alla Terna tecnica era stato introdotto dal privato proprietario che aveva ritenuto esigua la determinazione contenuta nel decreto di asservimento emesso in data 25 marzo 2011 dal Ministero dello sviluppo economico e la successiva determinazione era stata oggetto di ricorso in opposizione da parte di (OMISSIS) S.p.A., d’ora in poi anche e solo (OMISSIS), con un esito di parziale suo accoglimento e riduzione delle poste gia’ riconosciute dal collegio peritale.
2. Ricorre per la cassazione dell’ordinanza della Corte di appello di Venezia (OMISSIS) con due motivi cui resiste (OMISSIS) che propone, altresi’, impugnazione in via incidentale affidata ad un solo motivo.

RAGIONI DELLA DECISIONE

1. Con il primo motivo il ricorrente fa valere la violazione e/o falsa applicazione del Decreto del Presidente della Repubblica n. 327 del 2001, articoli 33 e 44, in relazione all’articolo 360 c.p.c., comma 1, n. 3 e l’omesso esame circa un fatto decisivo per il giudizio, in relazione all’articolo 360 c.p.c., comma 1, n. 5.
1.1. La Corte di appello aveva ritenuto erroneamente non operante il criterio del valore complementare e per l’effetto aveva stimato l’indennita’ di asservimento con riguardo al solo sedime direttamente interessato alla realizzazione del metanodotto e non all’area residua che doveva invece essere considerata, dovendo l’indennita’ di asservimento essere determinata secondo i parametri di quella di espropriazione, sia pure con i necessari adattamenti dovuti alla diversa incidenza sui diritti del proprietario e sull’utilizzazione del bene, ma comunque riconducibili alla categoria dell’espropriazione e quindi all’area di applicabilita’ dell’articolo 42 Cost..
Il ristoro per l’asservimento avrebbe dovuto tenere conto della diminuzione del valore del bene valutato nel suo complesso, sotto l’aspetto funzionale ed economico, con conferma dei parametri adottati dalla Terna peritale nella fase amministrativa, cosi’ ricomprendendo anche la porzione non asservita.
1.2. I giudici di merito con il ritenere in modo erroneo che la servitu’ imposta alla fascia di terreno interessata dal metanodotto non avrebbe condizionato, comportandone il deprezzamento, il resto del terreno che il proprietario avrebbe potuto utilizzare conformemente alla destinazione agricola, non avevano altresi’ considerato le argomentazioni rese dal nominato c.t.u. ed ignorato le deduzioni difensive del ricorrente e s erano posti in contrasto con proprie precedenti decisioni assunte rispetto ad altri proprietari di terreni interessati dal decreto di asservimento.
1.3. I giudici di appello avevano inoltre in modo immotivato ridotto della meta’ la quantificazione del deprezzamento effettuata dal ctu con riguardo al sedime di posa.
2. Con il secondo motivo il ricorrente denuncia violazione e/o falsa applicazione del Decreto del Presidente della Repubblica n. 327 del 2001, articolo 44, in riferimento all’articolo 360 c.p.c., comma 1, n. 3, nonche’ omesso esame di un fatto decisivo per il giudizio, in relazione all’articolo 360 c.p.c., comma 1, n. 5.
In ordine alla voce di stima relativa ai danni reclamati in conseguenza dell’esecuzione dell’opera, che si affiancava a quelle relative alla indennita’ di asservimento e di occupazione, la Corte di merito, ignorando le argomentazioni difensive di cui alle note del ctp del 26.03.2014 rese in sede di osservazioni alla bozza di ctu (su costi di ripristino della struttura dei suoli e della fertilita’ e minori redditi futuri) e senza fornire idonea motivazione, si era appiattita sull’apprezzamento operatone dal c.t.u. senza provvedere al loro integrale risarcimento, in violazione del Decreto del Presidente della Repubblica n. 327 del 2001, articolo 44.
3. (OMISSIS) S.p.A. secondo un’articolata posizione, sinterizzabile nei termini che seguono, deduce l’inammissibilita’ ed infondatezza dei motivi avversari perche’ finalizzati ad una diretta
rivisitazione del merito, portatori di una interpretazione del criterio del “valore complementare” o di “esproprio parziale” infondata non trovando il criterio applicazione nelle ipotesi di mero asservimento di un bene immobile, ma solo in caso di suo esproprio e comunque volti ad una tardiva contestazione del provvedimento del 4 giugno 2013 dichiarativo della incompetenza Decreto del Presidente della Repubblica n. 327 del 2011, ex articolo 54, della Corte di merito sui danni connessi alla non corretta esecuzione dei lavori di ripristino in favore della competenza del Tribunale di Treviso e non impugnato con regolamento di competenza.
4. I due motivi del ricorso principale si prestano a trattazione congiunta, presentando gli stessi profili di intima connessione.
Il tema sotteso ad entrambi le proposte censure e’ quello relativo alla determinazione della indennita’ di asservimento di un fondo privato su cui sia stata realizzata una opera pubblica consistente in un metanodotto e del ristoro degli ulteriori pregiudizi sofferti dalla proprieta’ in esito alla sua realizzazione.
La norma che viene in applicazione e’ il Decreto del Presidente della Repubblica n. 327 del 2001, articolo 44, contenente il “Testo unico delle disposizioni legislative e regolamentari in materia di espropriazione per pubblica utilita’” che titolato “indennita’ per l’imposizione di servitu'” e ricompreso nel Capo VIII rubricato “indennita’ dovuta al titolare del bene non espropriato”, stabilisce al comma 1 che, “e’ dovuta una indennita’ al proprietario del fondo che, dalla esecuzione dell’opera pubblica o di pubblica utilita’, sia gravato da una servitu’ o subisca una permanente diminuzione di valore per la perdita o la ridotta possibilita’ di esercizio del diritto di proprieta’”.
La disposizione non si applica, come previsto al successivo comma 4, per quanto in questa sede rileva, alle servitu’ disciplinate da leggi speciali.
La previsione indicata mutua i propri contenuti dall’articolo 46 della legge fondamentale sull’espropriazione, la L. n. 2359 del 1865, che stabiliva al comma 1 che “e’ dovuta una indennita’ ai proprietari dei fondi, i quali dall’esecuzione dell’opera di pubblica utilita’ vengano gravati di servitu’, o vengano a soffrire un danno permanente derivante dalla perdita o dalla diminuzione di un diritto”.
Nella giurisprudenza di questa Corte di legittimita’ formatasi sulla disposizione da ultimo indicata chiara e’ la presenza nelle previsioni della norma di due distinte fattispecie, segnate da differenze di effetti e struttura risultando, segnatamente:
a) l’una relativa all’asservimento del fondo mediante decreto impositivo della servitu’ che, strutturalmente, ne costituisce condizione indispensabile;
b) l’altra riferita al danno permanente che derivi dalla perdita o diminuzione di facolta’ inerenti al diritto dominicale in conseguenza dell’esecuzione di un’opera pubblica a soggetti estranei al procedimento espropriativo, proprietari di suoli contigui a quelli sui quali e’ stata eseguita l’opera (ex multis sulla distinzione: Cass. 23/11/2015, n. 23865).
Alle descritte fattispecie si accompagnano differenze di sistematiche e negli effetti nei termini di seguito precisati.
4.1. Nella seconda delle indicate fattispecie, alla quale vuol qui da subito farsi riferimento e tanto al solo fine di individuare quanto e’ per contro lo stretto oggetto del giudizio, l’indennizzo non mira a compensare integralmente l’obiettiva diminuzione del valore di uso a di scambio della proprieta’ per l’avvenuta costruzione nelle vicinanze di un’opera pubblica, ma si fonda su un principio di giustizia distributiva, sicche’ non e’ consentito soddisfare l’interesse generale attraverso il sacrificio del singolo senza che questi venga indennizzato di una significativa compressione del diritto di proprieta’ (Cass. 06/06/2019 n. 15401; Cass. 26/05/2017 n. 13368; Cass. n. 23865 cit.; Cass. SU 11/06/2003, n. 9341; Cass. SU 26/06/2003 n. 10163).
L’indennizzo relativo ad una ipotesi di “espropriazione larvata” riguarda quei soggetti che, anche la’ dove un procedimento espropriativo vi sia stato, ne siano rimasti completamente estranei, in quanto proprietari di suoli contigui a quelli sui quali e’ stata eseguita l’opera, e siano rimasti gravati da una servitu’, od abbiano subito un danno, non per effetto della mera separazione, per esproprio subito, di una parte di suolo, ma in conseguenza dell’opera eseguita sulla parte non espropriata ed indipendentemente dall’espropriazione stessa.
L’indennizzo dovuto a tale specifico titolo non compete, pertanto, al proprietario del fondo espropriato, ma esclusivamente ai proprietari degli immobili circostanti l’opera pubblica, non assoggettati alla procedura espropriativa (Cass. n. 6926/2016; Cass. n. 19972/2009).
Il principio presuppone un atto legittimo della p.A., che, attraverso l’opera pubblica, persegua i fini della collettivita’ ed esclude la natura illecita ex articolo 2043 c.c., della condotta dell’Amministrazione e conferma la natura non aquiliana della responsabilita’ indennitaria prevista di cui al Decreto del Presidente della Repubblica n. 327 del 2001, articolo 44.
4.2. Nel primo caso, invece, integrato dall’ipotesi di specie, l’indennita’ di asservimento spetta al proprietario gravato dall’imposizione dovuta alla realizzazione dell’opera pubblica e si colloca all’interno della categoria dell’espropriazione, nell’ambito di applicazione dell’articolo 42 Cost. (Cass. n. 23865 cit.) ove il provvedimento impositivo diviene fonte del credito indennitario per un rapporto mutuato da quello esistente tra decreto di esproprio e relativa indennita’ (in ordine a quest’ultimo rapporto ed alla qualificazione del decreto ablativo quale condizione dell’azione: Cass. 31/05/2016 n. 11261).
4.2.1. Su siffatto presupposto il criterio di calcolo dell’indennita’, dovuta al privato il cui fondo sia gravato, giusta decreto di asservimento, da una servitu’ permanente che consegua alla
realizzazione di una opera pubblica o di pubblica utilita’, consiste in una misura percentuale della indennita’ di espropriazione il cui ammontare integra il limite oltre il quale la prima non puo’ spingersi (Cass. n. 23865 cit.; Cass. 04/11/2005 n. 21401; Cass. 30/09/2004, n. 19643; Cass. SU 18/12/1998 n. 12700; Cass. 09/10/1998 n. 10012).
La riconduzione della indennita’ di asservimento a quella di esproprio ai fini del suo calcolo lascia ferma, nelle premesse dell’indicato indirizzo, la distinzione tra i due istituti sia sotto il profilo dogmatico che sul piano oggettivo.
L’indennita’ di espropriazione e’ infatti diretta ad attribuire al proprietario un serio ristoro per la perdita del bene oggetto di ablazione la’ dove invece l’indennita’ di asservimento e’ destinata a ristorare il pregiudizio effettivo ed attuale subito, a causa dell’esecuzione dell’opera pubblica, dal proprietario non espropriato, che rimane pur sempre tale (Cass. n. 19643 cit.; Cass. 30/11/2007, n. 25011).
4.2.2. L’applicazione del canone dell’analogia nei rapporti tra indennita’ di esproprio ed indennita’ di asservimento consente a questo punto di rimarcare il costante principio affermato dalla giurisprudenza di questa Corte che vuole che la’ dove si assista ad una unica vicenda espropriativa non sono concepibili due distinti erediti, l’uno a titolo di indennita’ di espropriazione e l’altro a titolo di risarcimento del danno per il deprezzamento che abbiano subito le parti residue del bene espropriato.
Con la conclusione che qualora si tratti di un compendio a destinazione unitaria di un unico proprietario, il danno alla residua proprieta’, non attinta direttamente dal decreto di esproprio o di asservimento, trova riconoscimento solo nel quadro della perdita di valore della parte non interessata dal provvedimento ablativo o impositivo avuto riguardo al valore venale residuo.
Si tratta del criterio che, dapprima stabilito in materia di cd. esproprio parziale dalla L. 25 giugno 1865, n. 2359, articolo 44 (Cass. S.U. n. 10502/2012, Cass. n. 6926/2016), resta successivamente regolamentato dal Decreto del Presidente della Repubblica n. 327 del 2001, articolo 33 e secondo il quale si riconosce al soggetto espropriato una indennita’ commisurata non solo al valore venale della porzione fondiaria ablata, ma anche alla perdita di valore della porzione residua e tanto per effetto del provocato venir meno dell’originaria unita’ economica e funzionale del compendio.
L’accostamento in via analogica della disciplina dell’indennizzo espropriativo a quello esito della imposizione di una servitu’ fa si’ che la posta di cui all’articolo 33 cit. trovi applicazione anche rispetto ad un fondo appartenente ad unico proprietario che si trovi svilito nel suo valore anche quanto alla parte non attinta dal provvedimento, impositivo di servitu’ in ragione della originaria unitarieta’ del bene.
5. Ferma l’indicata precisazione, si ha che seppure la Corte di appello di Venezia e’ incorsa nella errata interpretazione del Decreto del Presidente della Repubblica n. 327 del 2001, articolo 33, nella parte in cui ha ritenuto che, nella stretta sua letteralita’, la norma “opera con riferimento esclusivo all’ipotesi espropriazione del bene immobile, non anche al suo mero asservimento” (p. 3 ordinanza), pur tuttavia l’errore non e’ produttivo della illegittimita’ della decisione assunta e fermo il dispositivo puo’ darsi soltanto correzione alla motivazione ai sensi dell’articolo 384 c.p.c., u.c., nei termini che seguono.
5.1. La Corte territoriale, colta la ratio che presiede il meccanismo di riconoscimento dell’indennita’ che segue all’imposizione di una servitu’ prediale, Decreto del Presidente della Repubblica n. 327 cit., ex articolo 44, comma 1, prima parte e per la quale la posta riconosciuta deve ristorare il privato il cui terreno sia stato asservito della perdita del valore venale del bene, ha valorizzato di quest’ultimo il complessivo rilievo “sotto l’aspetto funzionale ed economico” (p. 3).
In tal modo i giudici di appello hanno fatto applicazione di un criterio che, sorto e sviluppatosi nelle ipotesi di ablazione di un fondo (articolo 33 Decreto del Presidente della Repubblica cit. e prima articolo 40 legge fondamentale esproprio), trova applicazione in via analogica anche rispetto alla imposizione di una servitu’, per una graduata quantificazione del dovuto destinata a tenere conto della diversa e piu’ contenuta compressione del diritto di proprieta’ che la misura reale comporta rispetto al piu’ radicale esproprio.
5.1.1. L’accertamento svolto in concreto resta, pertanto correttamente improntato all’osservanza del criterio guida di determinazione del valore venale del fondo, declinato come valore complementare o del cd. esproprio parziale, che si accompagna anche alle ipotesi in cui il privato sia destinatario della imposizione di una servitu’ e, quale unico proprietario, risenta, per l’effetto dell’asservimento, di un pregiudizio anche rispetto a quella parte del bene non direttamente toccata dalla misura, in quanto funzionalmente raccordata alla prima.
5.1.2. Il valore complementare, inteso quale valore attribuibile ad un bene riguardato come parte di un insieme di beni economicamente sinergici, e’ infatti destinato a ricorrere la’ dove una porzione di immobile separata da un maggiore complesso provochi il deprezzamento del residuo e trova applicazione nell’ipotesi in cui il dissolvimento dell’unitarieta’-economico funzionale del bene consegua all’esproprio o, ancora, alla imposizione di una servitu’ per la differenza tra il valore di mercato prima e dopo l’ablazione o l’imposizione della servitu’.
La’ dove alla imposizione di una servitu’ si accompagni la perdita di utilizzo del fondo per il passaggio di opere lineari – quali reti di acquedotti, oleodotti o gasdotti – la stima dell’indennita’ viene operata per la differenza tra il valore di mercato posseduto dal terreno, secondo sua vocazione, prima dell’imposizione della servitu’ e quello successivo all’imposizione; siffatto criterio guida la stima anche nel caso in cui alla realizzazione dell’opera consegua la perdita di valore di mercato di area diversa da quella direttamente asservita, in quanto funzionalmente ed economicamente correlata alla stessa (Cass. n. 17112 del 27/08/2004; Cass. n. 2812 del 2006; Cass. n. 17679 del 2010; Cass. n. 27195 del 2019).
5.1.3. Ne’ l’evidenziato argomentare e’ tacciabile di illogicita’ per intima sua contraddizione, come censurato nel controricorso – in cui si denuncia che i giudici di appello dopo avere escluso l’applicabilita’ ai sensi del Decreto del Presidente della Repubblica n. 327 del 2001, articolo 33, del criterio del cd. esproprio parziale lo hanno poi ritenuto in applicazione del diverso articolo 44 Decreto del Presidente della Repubblica cit. – ove resti chiara, nelle premesse di ogni successivo sviluppo logico-argomentativo, la comune appartenenza dell’indennita’ di asservimento e di quella di esproprio alla disciplina della proprieta’ nell’assolta sua funzione sociale (articolo 42 Cost.).
5.2. Ogni altra censura portata in ricorso a sostegno del primo motivo si presta ad una lettura di inammissibilita’ ora perche’ destinata a risolversi in un accertamento in fatto precluso a questa Corte di cassazione (tanto la’ dove si denuncia nell’atto introduttivo il malgoverno delle argomentazioni rese dal c.t.u. e delle deduzioni difensive), o comunque perche’ portatrice di una alternativa lettura degli elementi di merito non censurabili nel giudizio di legittimita’ (cosi’ per i cartelli segnalatori; le opere sussidiarie necessarie ai fini della sicurezza; l’obbligo di non costruire a distanza inferiore ai 20 metri dalle tubazioni), ora perche’ propositiva di evidenze la cui tempestiva allegazione dinanzi ai giudici di merito non risulta comprovata in atti (cosi’ per la ridotta appetibilita’ del bene nella percepita sua pericolosita’ dovuta al passaggio delle tubature del gas) e la cui decisivita’, in ogni caso, non si confronta con la motivazione impugnata nella parte in cui la Corte di appello ne ha escluso il rilievo nella incapacita’ di integrare un pregiudizio “effettivo” (tanto in ragione: della destinazione agricola del fondo, non intralciata dalla mancata amenita’ dei luoghi incisa dalla presenza di segnaletica sul terreno; della genericita’ della deduzione difensiva, quanto ai problemi alla irrigazione delle colture).
5.3. La censura sulla assertiva riduzione operata dalla Corte di merito, nella misura del 50% rispetto a quella stimata dal ctu, quanto alla indennita’ relativa al pregiudizio sofferto dall’area di sedime su cui posano le tubazioni non si confronta con la motivazione resa, con cui i giudici di appello dichiarano di non condividere la stima del consulente di ufficio sulla indennizzabilita’ dell’area di sedime pari a quella di esproprio, nel rilievo che il proprietario potra’ “continuare ad utilizzare detto sedime per le sue esigenze di coltivazione” (p. 5), risultando la condotta interrata a circa un metro di profondita’ (p. 4).
6. Il secondo motivo di ricorso e’ inammissibile.
6.1. L’indennita’ di asservimento deve apportare un ristoro integrale ed effettivo del pregiudizio arrecato all’immobile privato e come tale puo’ – in concreto – essere commisurata al costo dei lavori necessari ad eliminare o contenere il pregiudizio, sempre con il limite che non superi il valore venale del fondo per il criterio estensivamente inteso (Decreto del Presidente della Repubblica n. 327 cit., articolo 33, gia’ L. n. 2359 del 1865, articolo 40) nel rilievo che l’unicita’ della vicenda impositiva non vale ad escludere la configurabilita’ del correlato diritto al ristoro la’ dove non vi sia stata da parte del privato un’accettazione alla indennita’ integralmente satisfattiva e preclusiva come tale della richiesta di ulteriori poste (vd. Cass. SU n. 10502 del 25/06/2012).
6.2. Tanto esposto, in adesione ai rilievi contenuti sul punto nel controricorso, si ha che vanno esclusi dall’indicata voce i danni legati ad una non corretta esecuzione dei lavori di ripristino dei luoghi (p. 18 ricorso danni da utilizzo di un maglio vagliatore da parte della ditta esecutrice), destinati a rientrare nell’ambito della responsabilita’ del l’appaltatore.
Il Decreto del Presidente della Repubblica n. 327 del 2001, articolo 54, stabilisce che il giudizio di opposizione alla stima di competenza funzionale della Corte di appello ha ad oggetto gli atti dei procedimenti di nomina dei periti e di determinazione dell’indennita’, la stima dei tecnici, la liquidazione delle spese di stima e la determinazione giudiziale dell’indennita’, ma non il risarcimento dei danni che resta, invece, oggetto di un giudizio di cognizione da introdursi nelle forme ordinarie e secondo ordinaria competenza.
6.3. Il motivo, nel resto, non censura puntualmente la decisione impugnata la’ dove la Corte di merito qualifica come “prive di riscontro” le maggiori spese che il privato assume necessarie per il ripristino dello stato dei luoghi e non allega una tempestiva deduzione delle circostanze di fatto dinanzi alla Corte di appello di Venezia (spese per le opere di assestamento del suolo nella zona interessata dal passaggio del metanodotto), in tal modo chiamando questa Corte di legittimita’ ad un inammissibile nuovo giudizio sul fatto.
7. Il motivo introdotto con il ricorso incidentale con cui (OMISSIS) S.p.A. denuncia la violazione e/o falsa applicazione del Decreto del Presidente della Repubblica n. 327 del 2001, articolo 50, in riferimento all’articolo 360 c.p.c., comma 1, n. 3, presenta profili di infondatezza e di inammissibilita’.
(OMISSIS) deduce che ai sensi del Decreto del Presidente della Repubblica n. 327 cit., articolo 52-octies, l’Autorita’ espropriante ha disposto sia l’asservimento che l’occupazione temporanea delle aree necessarie alla realizzazione del metanodotto dopo aver riconosciuto il carattere di urgenza dei lavori agli effetti dell’articolo 22 Decreto del Presidente della Repubblica cit. e che pertanto, cio’ posto, erroneamente la Corte di merito aveva calcolato l’indennita’ di occupazione temporanea in applicazione invece dell’articolo 50, comma 1, richiamato dall’articolo 22-bis Decreto del Presidente della Repubblica cit. relativo invece alla diversa ipotesi dell’occupazione in cui l’avvio dei lavori dell’opera di pubblica utilita’ rivesta “particolare urgenza” che risulta preordinata ed anticipata rispetto all’esproprio-asservimento di aree ancora non attinte dal provvedimento ablativo-impositivo.
Il provvedimento di asservimento del 25 marzo 2011 era stato emanato in forza dell’articolo 22 cit. relativo ad ipotesi in cui il decreto di esproprio-asservimento viene emesso in via di urgenza sulla base della determinazione di una indennita’ provvisoria di espropriazione-asservimento su cui il proprietario e’ chiamato ad esprimere la propria condivisione.
In tal modo l’occupazione interessa i terreni sui quali e’ gia’ stata imposta la servitu’ e l’occupazione temporanea non anticipa la perdita del bene che e’ gia’ asservito. L’evidenza che solo l’articolo 22-bis richiami l’articolo 50 D.P.R., ai fini della stima dell’indennita’ temporanea fa si’ che tale norma trovi applicazione nel caso di beni che non sono gia’ aggetto di procedura ablativa.
La Corte di appello avrebbe al fine previsto in ordine al medesimo fatto due indennita’: l’una in base ai parametri dell’articolo 50 cit., e quindi in misura fissa senza nulla dire in ordine agli eventuali danni causati dall’occupazione, cosi’ riconoscendo la somma di Euro 907,37; l’altra per il ristoro dei danni cagionati nello stesso periodo di occupazione per costi di ripristino, minori redditi futuri e riposizionamento dei tombini, per la somma di Euro 1.430,64.
Il ricorrente chiede quindi la cassazione del provvedimento impugnato in via incidentale con l’eliminazione della relativa voce aggiuntiva.
7.1 L’articolo 52-octies, inserito nel Capo II del Decreto del Presidente della Repubblica n. 32 del 2001, contenente “Disposizioni in materia di infrastrutture lineari energetiche”, rubricato “Decreto di imposizione di servitu'” stabilisce che: “Il decreto di imposizione di servitu’ relativo alle infrastrutture lineari energetiche, oltre ai contenuti previsti dall’articolo 23, dispone l’occupazione temporanea delle aree necessarie alla realizzazione delle opere e la costituzione del diritto di servitu’, indica l’ammontare delle relative indennita’, e ha esecuzione secondo le disposizioni dell’articolo 24”.
Si tratta di disciplina precipuamente che riferita all’istituto della servitu’ per la realizzazione delle opere lineari energetiche, come i gasdotti e gli elettrodotti, vale ad ampliare i riferimenti di cui all’articolo 23 Decreto del Presidente della Repubblica cit., dettato a definizione di contenuti ed effetti del decreto di esproprio e del diverso fenomeno dell’ablazione del diritto di proprieta’.
La disposizione precisa infatti che il decreto di imposizione della servitu’ per la realizzazione delle infrastrutture lineari energetiche, oltre ai contenuti di cui all’articolo 23, prevede l’occupazione temporanea delle aree necessarie alla realizzazione delle opere e la costituzione del diritto di servitu’.
Il decreto indica quindi, segnatamente, secondo l’articolo 52-octies cit., le indennita’ che si accompagnano all’asservimento dell’area e che consistono: nella indennita’ dovuta per l’occupazione temporanea dei fondi, ovverosia del tempo intercorrente tra l’esecuzione dei lavori e la riconsegna delle aree a ripristini effettuati; nel risarcimento del danno cagionato alle colture ed a quanto insista sul Fondo; nella indennita’ di servitu’.
Non viene utile pertanto al riconoscimento dell’indicata posta la differente disciplina di cui all’articolo 22-bis che dettata in materia di esproprio riconosce l’indennita’ di occupazione solo la’ dove, in ipotesi di particolare urgenza, l’occupazione preceda l’ablazione del bene.
7.2. Il motivo sortisce pure l’effetto di non confrontarsi con la motivazione impugnata la’ dove la Corte veneziana valorizza che l’area occupata temporaneamente era piu’ estesa del sedime su cui era stata apposta la servitu’ e che il bene era stato “assolutamente indisponibile per il privato” per sette mesi (pp. 6 e 7).
Il primo rilevante argomento da’ infatti conto della diversa consistenza tra le aree occupate in via temporanea per l’esecuzione dell’infrastruttura e quelle invece asservite.
Il successivo rilievo circa l’assoluta indisponibilita’ del bene durante il periodo di occupazione temporanea vale a segnare la diversa e piu’ pregnante consistenza rispetto a quella propria dell’asservimento – cui risulta sovrapponibile nei contenuti di limitazione del diritto del privato e distinta invece per il tempo di incidenza – che viene, come tale, ritenuta meritevole di una diversa e separata stima.
Il motivo di ricorso incidentale va pertanto rigettato.
8. In ragione degli esiti della lite le relative spese devono trovare compensazione tra le parti nella misura del 50% e devono essere liquidate, per il residuo, in favore di (OMISSIS) S.p.A. come da dispositivo.
Ai sensi del Decreto del Presidente della Repubblica n. 115 del 2002, articolo 13, comma 1 quater, inserito dalla L. n. 228 del 2012, articolo 1, comma 17, da’ atto (secondo la formula da ultimo indicata in Cass. SU n. 23535 del 2019) della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente principale ed incidentale, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso, a norma dello stesso articolo 13, comma 1 bis.

P.Q.M.

Rigetta i ricorsi proposti in via principale ed incidentale rispettivamente da (OMISSIS) e (OMISSIS) S.p.A. e compensate le spese di lite nella misura del 50%, condanna, per il residuo, il ricorrente principale a rifonderle in favore di (OMISSIS) S.p.A. nella misura di Euro 1.500,00 comprensiva di esborsi oltre spese generali al 15% forfettario sul compenso ed accessori di legge.
Ai sensi del Decreto del Presidente della Repubblica n. 115 del 2002, articolo 13, comma 1 quater, inserito dalla L. n. 228 del 2012, articolo 1, comma 17, da’ atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente principale ed incidentale, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso, a
norma dello stesso articolo 13, comma 1- bis.

 

In caso di diffusione omettere le generalità e gli altri dati identificativi dei soggetti interessati nei termini indicati.

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