Al fine di riconoscere al mediatore il diritto alla provvigione

Corte di Cassazione, sezione sesta (seconda) civile, Ordinanza 10 aprile 2020, n. 7781.

La massima estrapolata:

Al fine di riconoscere al mediatore il diritto alla provvigione, l’affare deve ritenersi concluso quando, tra le parti poste in relazione dal mediatore medesimo, si sia costituito un vincolo giuridico che abiliti ciascuna di esse ad agire per la esecuzione specifica del negozio, nelle forme di cui all’art. 2932 cod. civ. ovvero per il risarcimento del danno derivante dal mancato conseguimento del risultato utile del negozio programmato. Va, invece, escluso il diritto alla provvigione qualora tra le parti non sia stato concluso un “affare” in senso economico–giuridico, ma si sia soltanto costituito un vincolo idoneo a regolare le successive articolazioni del procedimento formativo dello stesso, come nel caso in cui sia stato stipulato un patto di opzione, idoneo a vincolare una parte soltanto, ovvero un cd. “preliminare di preliminare”, costituente un contratto ad effetti esclusivamente obbligatori non assistito dall’esecuzione in forma specifica ex art. 2932 cod. civ. in caso di inadempimento. Tale ultimo negozio, pur essendo di per sé stesso valido ed efficace, ove sia configurabile un interesse delle parti meritevole di tutela alla formazione progressiva del contratto fondata sulla differenziazione dei contenuti negoziali delle varie fasi in cui si articola il procedimento formativo, non legittima, tuttavia, la parte non inadempiente ad esercitare gli strumenti di tutela finalizzati a realizzare, in forma specifica o per equivalente, l’oggetto finale del progetto negoziale abortito, ma soltanto ad invocare la responsabilità contrattuale della parte inadempiente per il risarcimento dell’autonomo danno derivante dalla violazione, contraria a buona fede, della specifica obbligazione endoprocedimentale contenuta nell’accordo interlocutorio 

Ordinanza 10 aprile 2020, n. 7781

Data udienza 24 settembre 2019

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SESTA CIVILE

SOTTOSEZIONE SECONDA

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. D’ASCOLA Pasquale – Presidente

Dott. COSENTINO Antonello – rel. Consigliere

Dott. TEDESCO Giuseppe – Consigliere

Dott. FORTUNATO Giuseppe – Consigliere

Dott. OLIVA Stefano – Consigliere

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA
sul ricorso 9462-2018 proposto da:
(OMISSIS), nella qualita’ di titolare della Ditta Individuale (OMISSIS), elettivamente domiciliato in ROMA, VICOLO ORBITELLI 31, presso lo studio dell’avvocato (OMISSIS), che lo rappresenta e difende unitamente all’avvocato (OMISSIS);
– ricorrente –
contro
(OMISSIS), (OMISSIS), elettivamente domiciliati in (OMISSIS), presso lo studio dell’avvocato (OMISSIS), rappresentati e difesi dall’avvocato (OMISSIS);
– controricorrenti –
(OMISSIS), elettivamente domiciliato in ROMA, VIA PIEMONTE 39, presso lo studio dell’avvocato ANTONIO GRIECO, che lo rappresenta e difende;
– controricorrente –
avverso la sentenza n. 1394/2017 della CORTE D’APPELLO di GENOVA, depositata il 06/11/2017;
udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio non partecipata del 24/09/2019 dal Consigliere Relatore Dott. ANTONELLO COSENTINO.

RAGIONI IN FATTO ED IN DIRITTO DELLA DECISIONE

Il sig. (OMISSIS), in qualita’ di titolare della ditta individuale (OMISSIS), ha proposto ricorso, sulla scorta di due motivi, per la cassazione della sentenza con cui la corte d’appello di Genova, confermando integralmente la decisione del tribunale della stessa citta’, ha rigettato la domanda di pagamento della provvigione dal medesimo avanzata in relazione all’incarico conferitogli dai sigg.ri (OMISSIS) e (OMISSIS) per la vendita di un appartamento di loro proprieta’.
La corte territoriale, disattendendo la tesi dell’odierno ricorrente, ha escluso che fosse sorto il diritto dell’agente alla provvigione, ritenendo che la proposta irrevocabile di acquisto formulata dall’acquirente reperito dal sig. (OMISSIS) – il prof. (OMISSIS) – non integrasse quella “conclusione dell’affare” cui l’articolo 1755 c.c. ricollega la nascita del diritto del mediatore alla provvigione.
Al riguardo, nell’impugnata sentenza si sottolinea che le parti non avevano sottoscritto alcun contratto preliminare di compravendita.
Per quanto in particolare concerne la proposta di acquisto del prof. (OMISSIS) del 9.11.2007, accettata dai coniugi (OMISSIS) e (OMISSIS), la corte distrettuale ha escluso espressamente la possibilita’ di qualificarla come contratto preliminare, argomentando che tale atto aveva l’unico scopo di fissare gli accordi di massima gia’ raggiunti, nella prospettiva della sottoscrizione di un contratto preliminare in un momento successivo.
La corte ligure, in particolare, ha escluso che tra le parti sia sorto un impegno giuridicamente vincolante sulla base delle seguenti argomentazioni:
– i proprietari dell’immobile avevano accompagnato la restituzione della proposta del 9/11/2007 con fax in cui chiedevano al proponente un incontro al fine di “addivenire ad un accordo tra loro leggermente piu’ gradito”;
– tra le parti era intercorsa una copiosa corrispondenza dalla quale poteva desumersi che queste non avevano “trovato un accordo sulla conclusione dell’affare”;
– le parti avevano fissato una data proprio per la stipula del contratto preliminare.
La negazione del diritto del ricorrente alla provvigione viene poi supportata dalla corte d’appello sul rilievo che nell’atto di conferimento dell’incarico era contenuta una clausola che collegava espressamente tale diritto alla stipula del contratto preliminare (“tale somma vi sara’ integralmente pagata contestualmente alla sottoscrizione del contratto preliminare”). I due motivi di ricorso, rispettivamente riferiti all’articolo 360 c.p.c., nn. 3 e 5, sono sviluppati in un tessuto argomentativo unitario, cosi’ da risultare, in sostanza, un unico motivo, promiscuamente riferito tanto al vizio di violazione di legge (in relazione agli articoli 1754 – 1755 c.c. e 1326 c.c. e 1362 e segg. c.c.) quanto al vizio di omesso esame di fatto decisivo che abbia formato oggetto di discussione tra le parti.
In sostanza il ricorrente – premesso che la proposta formulata dal prof. (OMISSIS) conteneva tutti gli elementi essenziali, e quasi tutti gli elementi accessori, del futuro negozio giuridico traslativo – sostiene che la corte territoriale avrebbe errato nel qualificare la stessa come una minuta o accordo di massima costituendo essa, per contro, un accordo gia’ vincolante fra le parti stipulanti, secondo lo schema proposta-accettazione.
Quanto alla clausola con la quale si prevede la contestualita’ tra versamento della provvigione e sottoscrizione del preliminare, il ricorrente argomenta che, alla stregua dei canoni ermeneutici di buona fede nell’esecuzione del contratto e di conservazione degli effetti del negozio giuridico, il riferimento ivi contenuto alla “sottoscrizione del contratto preliminare” andrebbe inteso come genericamente riferito alla “conclusione dell’affare”, perfezionatasi, nella specie, con l’accettazione da parte dei convenuti della proposta di acquisto del prof. (OMISSIS).
I coniugi (OMISSIS) e (OMISSIS) hanno presentato controricorso. Parimenti, si e’ costituito in giudizio e ha depositato controricorso il prof. (OMISSIS) (presente in causa fin dal primo grado, per esservi stato chiamato in maniera dai convenuti). La causa e’ stata chiamata all’adunanza di camera di consiglio del 24 settembre 2019, per la quale il sig. (OMISSIS) ha presentato una memoria.
Il ricorso non puo’ trovare accoglimento.
I due motivi in cui esso si articola si risolvono, in sostanza, in una critica di merito all’apprezzamento delle risultanze istruttorie operato dalla Corte territoriale, con particolare riguardo all’interpretazione della proposta di acquisto del prof. (OMISSIS) del 9.11.2007 e dell’atto di conferimento dell’incarico all’agenzia immobiliare del ricorrente.
L’ermeneusi negoziale della corte territoriale, tuttavia, non e’ stata censurata adeguatamente.
Va qui ribadito, infatti, che il sindacato di legittimita’ non puo’ investire il risultato interpretativo in se’, che appartiene all’ambito dei giudizi di fatto riservati al giudice di merito, ma afferisce solo alla verifica del rispetto dei canoni legali di ermeneutica e della coerenza e logicita’ della motivazione addotta, con conseguente inammissibilita’ di ogni critica alla ricostruzione della volonta’ negoziale operata dal giudice di merito che si traduca in una diversa valutazione degli stessi elementi di fatto da questi esaminati (Cass. n. 2465/15).
Nella specie, quanto alla proposta del 9.11.2007, il ricorrente non ha chiarito perche’ la corte territoriale avrebbe violato le regole legali di ermeneutica negoziale valorizzando l’affermazione – svolta nel fax di accompagnamento della restituzione della proposta accettata – con cui i sigg.ri (OMISSIS) e (OMISSIS) dichiaravano di confidare nella “possibilita’ di addivenire insieme ad un accordo tra loro leggermente piu’ gradito”.
Quanto all’atto di conferimento dell’incarico, deve giudicarsi del tutto apodittica l’affermazione che si legge alla pag. 17 del ricorso, secondo cui l’applicazione dei criteri ermeneutici della buona fede e della conservazione degli effetti del negozio avrebbe dovuto indurre la corte territoriale ad attribuire alla clausola che ancorava il pagamento della provvigione alla sottoscrizione del contratto preliminare il significato, palesemente disallineato rispetto al tenore letterale della clausola stessa, secondo cui il diritto del sig. (OMISSIS) alla provvigione sarebbe sorto anche in mancanza della stipula del preliminare.
L’evocazione del vizio di cui all’articolo 360 c.p.c., n. 5, non risulta poi sviluppata con l’indicazione di alcuno specifico fatto, decisivo e controverso, di cui la corte territoriale avrebbe omesso l’esame.
Va da ultimo precisato che l’orientamento giurisprudenziale richiamato dal ricorrente, che collega alla conclusione di un contratto preliminare di preliminare l’insorgenza del diritto del mediatore alla provvigione (Cass. n. 24397/15, Cass. n. 923/17) e’ stato superato dalla piu’ recedente giurisprudenza di questa Corte.
In particolare, con la sentenza n. 30083/19, la Seconda Sezione civile ha avuto modo di chiarire che, poiche’ il diritto del mediatore alla provvigione deriva dalla conclusione dell’affare, ai fini della relativa insorgenza non e’ sufficiente un accordo preparatorio, destinato a regolamentare il successivo svolgimento del procedimento formativo del programmato contratto definitivo. In detta sentenza e’ stato quindi enunciato il seguente principio di diritto, al quale il Collegio ritiene doversi dare conferma e seguito: “Al fine di riconoscere al mediatore il diritto alla provvigione, l’affare deve ritenersi concluso quando, tra le parti poste in relazione dal mediatore medesimo, si sia costituito un vincolo giuridico che abiliti ciascuna di esse ad agire per la esecuzione specifica del negozio, nelle forme di cui all’articolo 2932 c.c., ovvero per il risarcimento del danno derivante dal mancato conseguimento del risultato utile del negozio programmato. Va invece escluso il diritto alla provvigione qualora tra le parti non sia stato concluso un “affare” in senso economico-giuridico, ma si sia soltanto costituito un vincolo idoneo a regolare le successive articolazioni del procedimento formativo dell’affare, come nel caso in cui sia stato stipulato un patto di opzione, idoneo a vincolare una parte soltanto, ovvero un cd. “preliminare di preliminare”, costituente un contratto ad effetti esclusivamente obbligatori non assistito dall’esecuzione in forma specifica ex articolo 2932 c.c. in caso di inadempimento che, pur essendo di per se’ stesso valido ed efficace e non nullo per difetto di causa, ove sia configurabile un interesse delle parti meritevole di tutela alla formazione progressiva del contratto fondata sulla differenziazione dei contenuti negoziali delle varie fasi in cui si articola il procedimento formativo (Cass. Sez. U, Sentenza n. 4628 del 06/03/2015), non legittima tuttavia la parte non inadempiente ad esercitare gli strumenti di tutela finalizzati a realizzare, in forma specifica o per equivalente, l’oggetto finale del progetto negoziale abortito, ma soltanto ad invocare la responsabilita’ contrattuale della parte inadempiente per il risarcimento dell’autonomo danno derivante dalla violazione, contraria a buona fede, della specifica obbligazione endoprocedimentale contenuta nell’accordo interlocutorio”.
Il ricorso va dunque rigettato.
Le spese seguono la soccombenza.
Deve altresi’ darsi atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte del ricorrente, del raddoppio del contributo unificato ai sensi del Decreto del Presidente della Repubblica n. 115 del 2002, ex articolo 13, comma 1-quater, se dovuto.

P.Q.M.

La Corte rigetta il ricorso.
Condanna il ricorrente a rifondere ai controricorrenti le spese del giudizio di cassazione, che liquida in Euro 2.000, oltre Euro 200 per esborsi e accessori di legge, tanto per i coniugi (OMISSIS) (OMISSIS) quanto per il prof. (OMISSIS).
Si da’ atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso principale, a norma dello stesso articolo 13, comma 1 bis, se dovuto.

 

In caso di diffusione omettere le generalità e gli altri dati identificativi dei soggetti interessati nei termini indicati.

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