Appalto di manodopera e l’utilizzo di dipendenti solo formalmente soci di una cooperativa

Corte di Cassazione, sezione lavoro, Ordinanza 3 gennaio 2019, n. 19.

Le massime estrapolate:

Costituisce appalto di manodopera l’utilizzo di dipendenti solo formalmente soci di una società cooperativa se la cooperativa si limita alla mera gestione amministrativa dei rapporti di lavoro e il suo personale resta assoggettato al potere direttivo del soggetto appaltatore.

Ordinanza 3 gennaio 2019, n. 19

Data udienza 26 settembre 2018

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE LAVORO

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

 

Dott. D’ANTONIO Enrica – Presidente

 

Dott. BERRINO Umberto – Consigliere

 

Dott. RIVERSO Roberto – rel. Consigliere

 

Dott. MANCINO Rossana – Consigliere

Dott. CALAFIORE Daniela – Consigliere

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA
sul ricorso 6204/2013 proposto da:
(OMISSIS), (OMISSIS), in persona del legale rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliata in (OMISSIS), presso lo studio dell’avvocato (OMISSIS), che la rappresenta e difende unitamente all’avvocato (OMISSIS), giusta delega in atti;
– ricorrente –
contro
I.N.A.I.L – ISTITUTO NAZIONALE PER L’ASSICURAZIONE CONTRO GLI INFORTUNI SUL LAVORO, C.F. (OMISSIS), in persona del legale rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliato in (OMISSIS), presso lo studio degli avvocati (OMISSIS), RAFFAELLA FABBI, che lo rappresentano e difendono, giusta delega in atti;
– controricorrente –
avverso la sentenza n. 632/2012 della CORTE D’APPELLO di FIRENZE, depositata il 22/05/2012 R.G.N. 1011/2010.

RITENUTO

che:
la Corte d’Appello di Firenze, con sentenza n. 632/2012, in parziale riforma della sentenza impugnata, ha rigettato sotto ogni profilo l’opposizione proposta dall’ (OMISSIS) avverso il ruolo con il quale l’Inail reclamava il pagamento di Euro 13.923,71 per il periodo 1.12.1998-30.9.2003 per premi e somme aggiuntive, relativamente ad un certo numero di dipendenti che sebbene formalmente soci delle cooperative (OMISSIS) dovevano considerarsi, a detta dell’Istituto, dipendenti della stessa (OMISSIS) L. 23 ottobre 1960, n. 1369, ex articolo 1;
a fondamento della decisione la Corte fiorentina riteneva l’esistenza di un illecito appalto di manodopera, posto che, sulla base degli elementi di fatto acquisiti al processo, le due cooperative si erano limitate alla gestione amministrativa dei rapporti di lavoro e fornivano il personale occorrente in relazione all’attivita’ di conservazione, tutela e custodia della cattedrale, del battistero, del campanile, del camposanto e del museo nella area monumentale della (OMISSIS); personale che poi si metteva a disposizione e prestava l’attivita’ durante il turno giornaliero sotto la diretta sorveglianza del capo custode dell’Opera il quale controllava il regolare svolgersi del servizio; le due cooperative non fornivano percio’ alcun tipo di servizio che non fosse quello di inviare all’ora stabilita un certo numero di lavoratori nel luogo fissato concretando cosi’ la condotta vietata dalla L. n. 1369 del 1960;
propone ricorso per cassazione l’ (OMISSIS) con due motivi, illustrati da memoria, nei quali deduce: 1) la violazione o falsa applicazione della L. 23 ottobre 1960, n. 1369, articolo 1, in relazione all’articolo 2094 c.c. (articolo 360 c.p.c., n. 3); 2) l’omesso esame circa un fatto decisivo per il giudizio oggetto di discussione tra le parti (articolo 360 c.p.c., n. 5); sostenendo, ad illustrazione motivi, che la Corte d’Appello aveva omesso di indicare in che cosa avrebbe dovuto estrinsecarsi, nel caso di specie, il potere direttivo delle cooperative, ed in che cosa quest’ultimo avrebbe differito dalla pretesa “gestione amministrativa ” dei rapporti di lavoro; posto che la L. n. 1369 del 1960, legittima gli appalti di servizi elementari, ad alta intensita’ di manodopera con pressoche’ nullo impiego di beni strumentali e per i quali il potere direttivo si esprime in forme elementari; del resto la Corte non aveva spiegato come e perche’ il potere direttivo, escluso in capo alle cooperative, fosse stato viceversa da attribuirsi all’Opera e in particolare in cosa sarebbe consistito di diverso, ulteriore e piu’ penetrante rispetto a quella mera gestione amministrativa che la Corte aveva riferito alle cooperative;
l’INAIL ha resistito con controricorso.

CONSIDERATO

che:
i motivi di ricorso sono infondati atteso che, come risulta dalla sentenza impugnata, la Corte d’Appello ha anzitutto accertato che il capo custode dell’Opera “curava personalmente il servizio da svolgere e la vigilanza sul rispetto degli orari” e che nella Piazza (OMISSIS) non c’era un responsabile delle cooperative; affermando inoltre che una lavoratrice inizio’ il lavoro di custodia dei monumenti con una cooperativa per passare poi stabilmente negli uffici amministrativi dell’Opera; mentre un lavoratore era stato munito di radiotrasmittente fornita dall’Opera per il suo compito di sorveglianza; osservando infine che era stato pure accertato in giudizio che ben poteva accadere che i soci delle cooperative andassero a sostituire i guardiani dell’ (OMISSIS) assenti per malattia o per altra causa;
sulla scorta di tali elementi, la Corte d’Appello ne ha tratto la conclusione che il personale inviato sul luogo “si metteva a disposizione” e prestava poi l’attivita’ sotto la diretta sorveglianza del capo custode dell’Opera il quale controllava il regolare svolgersi del servizio;
si tratta di un iter argomentativo esaustivo e immune da vizi logici e giuridici in quanto, in relazione al dedotto vizio motivazionale, le valutazioni svolte e le conclusioni che ne sono state tratte configurano un’opzione interpretativa del materiale probatorio del tutto ragionevole che e’ espressione di una potesta’ propria del giudice del merito e che non puo’ essere sindacata nel suo esercizio in sede di legittimita’;
vanno inoltre esclusi i vizi giuridici, sollevati con le censure di cui ai motivi di ricorso, posto che, come si evince dalle circostanze prima indicate, la Corte non ha omesso alcun accertamento essenziale ai fini dell’individuazione della fattispecie vietata; atteso che non ha solo affermato che le Cooperative si fossero limitate alla mera gestione amministrativa dei rapporti di lavoro, ma ha bensi’ accertato in positivo, ed in modo esplicito, che nell’esecuzione della prestazione il personale delle cooperative fosse rimasto assoggettato al potere direttivo, richiesto dalla natura delle prestazioni ed esercitato dall’ (OMISSIS); posto che quest’ultima “curava” il servizio da svolgere attraverso il capo custode presente in loco, sottoponeva i lavoratori a vigilanza sul rispetto degli orari, forniva loro i mezzi all’uopo necessari, disponeva il loro utilizzo in sostituzione dei propri dipendenti assenti;
ne’ allo scopo era necessario argomentare esplicitamente la differenza tra gestione amministrativa del personale ed esercizio del potere direttivo, come si pretende nel ricorso, trattandosi di aspetti differenti che non sono destinati a confondersi nell’accertamento di un appalto di manodopera ai sensi della L. n. 1369 del 1960, articolo 1; nemmeno in relazione a quelli endoaziendali o ad alta intensita’ di manodopera che non richiedono una complessa organizzazione strumentale; posto che, per quanto possa apparire piu’ o meno penetrante in relazione alle esigenze del servizio dedotto in contratto, non vi e’ rapporto di lavoro subordinato che non implichi l’esercizio del potere direttivo in relazione alla concreta prestazione lavorativa; mentre tale non e’ mai la mera gestione amministrativa del personale;
tutto cio’ preclude ogni possibilita’ di ravvisare i connotati richiesti dall’articolo 2094 c.c. e riconduce invece la vicenda processuale nell’alveo della fattispecie vietata ai sensi della L. n. 1369 del 1960, articolo 1, secondo cui “E’ vietato all’imprenditore di affidare in appalto o in subappalto o in qualsiasi altra forma, anche a societa’ cooperative, l’esecuzione di mere prestazioni di lavoro mediante impiego di manodopera assunta e retribuita dall’appaltatore o dall’intermediario, qualunque sia la natura dell’opera o del servizio cui le prestazioni si riferiscono”;
in forza delle ragioni esposte il ricorso deve essere respinto, con condanna del ricorrente al pagamento delle spese del giudizio. Esistono i presupposti per il versamento da parte del ricorrente dell’ulteriore importo dovuto a titolo di contributo unificato come in dispositivo.

P.Q.M.

La Corte rigetta il ricorso e condanna la ricorrente al pagamento delle spese processuali liquidate in complessive Euro 3700, di cui Euro 3000 per compensi professionali, oltre al 15% per spese generali ed oneri accessori di legge. Ai sensi del Decreto del Presidente della Repubblica n. 115 del 2002, articolo 13, comma 1 quater, da’ atto della sussistenza dei presupposti per versamento da parte del ricorrente dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso a norma dello stesso articolo 13, comma 1 bis.

Avv. Renato D’Isa

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