In tema di appalto è necessario distinguere tra atto di consegna e atto di accettazione dell’opera

Corte di Cassazione, civile, Ordinanza|9 febbraio 2023| n. 4010.

In tema di appalto è necessario distinguere tra atto di consegna e atto di accettazione dell’opera

In tema di appalto, ai sensi dell’art. 1665, comma 4, cod. civ., è necessario distinguere tra atto di “consegna” e atto di “accettazione” dell’opera: la consegna costituisce un atto puramente materiale che si compie mediante la messa a disposizione del bene a favore del committente, mentre l’accettazione esige, al contrario, che il committente esprima (anche “per facta concludentia”) il gradimento dell’opera stessa, con conseguente manifestazione negoziale la quale comporta effetti ben determinati, quali l’esonero dell’appaltatore da ogni responsabilità per i vizi e le difformità ed il conseguente suo diritto al pagamento del prezzo

Ordinanza|9 febbraio 2023| n. 4010. In tema di appalto è necessario distinguere tra atto di consegna e atto di accettazione dell’opera

Data udienza 27 gennaio 2023

Integrale

Tag/parola chiave: Appalto – Atto di consegna – Atto di accettazione – Distinzione – Art. 1665 comma 4 cc – Responsabilità per vizi – Effetti

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SECONDA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. LOMBARDO Luigi Giovanni – Presidente
Dott. MOCCI Mauro – rel. Consigliere

Dott. GRASSO Giuseppe – Consigliere

Dott. TEDESCO Giuseppe – Consigliere

Dott. CRISCUOLO Mauro – Consigliere

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 12940-2022 R.G. proposto da:
(OMISSIS), elettivamente domiciliato in (OMISSIS), presso lo studio dell’avvocato (OMISSIS) ( (OMISSIS)) che lo rappresenta e difende unitamente all’avvocato (OMISSIS) ( (OMISSIS));
– ricorrente –
contro
(OMISSIS), elettivamente domiciliato in (OMISSIS), presso lo studio dell’avvocato (OMISSIS) ( (OMISSIS)) che lo rappresenta e difende;
-controricorrente-
avverso SENTENZA di CORTE D’APPELLO NAPOLI n. 4528/2021 depositata il 09/12/2021.
Udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 27/01/2023 dal Consigliere Dott. MAURO MOCCI.

FATTI DI CAUSA

Il Tribunale di Torre Annunziata revoco’ il decreto ingiuntivo, con il quale l’Impresa (OMISSIS) aveva richiesto a (OMISSIS) il pagamento della somma di Euro 64.861,40, relativa al corrispettivo di un contratto d’appalto per la ristrutturazione di un immobile rurale appartenente all’opponente.
Su impugnazione dell’Impresa (OMISSIS), la Corte d’appello di Napoli – disposto lo svolgimento di una nuova consulenza tecnica d’ufficio – riformo’ la sentenza del Tribunale, condannando il (OMISSIS) alla restituzione della somma di Euro 6.436,24, alla corresponsione di Euro 38.285,96 per i materiali forniti dalla ditta appaltatrice ed alla corresponsione della somma di Euro 14.116,79, quale credito residuale vantato dalla ditta appaltatrice nei confronti del committente.
Il giudice di secondo grado ritenne di accogliere le conclusioni del primo consulente tecnico di ufficio, con riguardo alla decadenza del committente dalla garanzia per i vizi dell’opera e quelle del secondo consulente tecnico con riguardo alla quantificazione del dovuto a favore dell’impresa appaltatrice.
Contro la predetta sentenza (n. 4528-2021) ricorre per cassazione (OMISSIS), affidandosi a due motivi.
Si e’ costituita l’Impresa (OMISSIS), depositando controricorso, illustrato da successiva memoria ex articolo 378 c.p.c..

RAGIONI DI DIRITTO

1) Attraverso la prima censura, il ricorrente deduce la violazione dell’articolo 360 c.p.c., n. 5 per aver erroneamente valutato ed omesso l’esame di fatti decisivi documentali, in violazione e falsa applicazione di norme di diritto, ai sensi dell’articolo 360 c.p.c., n. 3 La Corte d’appello non avrebbe fornito alcun elemento in grado di fissare l’epoca della consegna, tanto piu’ che il ricorrente non avrebbe abitato in loco e le chiavi dell’immobile sarebbero state nelle mani dell’impresa appaltante. L’unico documento in atti riguarderebbe il sollecito di pagamento del 7 marzo 2006, a cui sarebbe seguita la tempestiva denuncia dei vizi da parte del committente.
2) Con il secondo mezzo, il (OMISSIS) si duole di “omesso esame, insufficiente motivazione e vizio di ultra petizione”. I giudici di secondo grado avrebbero erroneamente riconosciuto un corrispettivo di Euro 38.285,96 – per il pagamento di materiali mai forniti – indimostrato e non contenuto nel computo metrico consuntivo, tanto che neppure il decreto ingiuntivo ne avrebbe fatto cenno. Inoltre, il vizio di ultra petizione sarebbe stato determinato dal fatto che, a fronte di un provvedimento monitorio per poco piu’ di 60.000 Euro, l’originario opponente avrebbe finito per pagare 89.000 Euro.
Il primo motivo e’ fondato.
Secondo la giurisprudenza di questa Suprema Corte, in tema di appalto, ai sensi dell’articolo 1665, comma 4 c.c., e’ necessario distinguere tra atto di “consegna” e atto di “accettazione” dell’opera: la consegna costituisce un atto puramente materiale che si compie mediante la messa a disposizione del bene a favore del committente, mentre l’accettazione esige, al contrario, che il committente esprima (anche “per facta concludentia”) il gradimento dell’opera stessa, con conseguente manifestazione negoziale la quale comporta effetti ben determinati, quali l’esonero dell’appaltatore da ogni responsabilita’ per i vizi e le difformita’ ed il conseguente suo diritto al pagamento del prezzo (Sez. 1, n. 19019 del 31 luglio 2017).
In particolare, il presupposto dell’accettazione tacita e’ costituito dalla consegna dell’opera al committente (alla quale e’ parificabile l’immissione nel possesso) e, come fatto concludente, la ricezione senza riserve da parte di quest’ultimo, anche se non si sia proceduto alla verifica (Sez. 2, n. 10452 del 3 giugno 2020; Sez. 2, n. 13224 del 16 maggio 2019).
La sentenza impugnata, dopo una lunga premessa sugli orientamenti di questa Suprema Corte in subjecta materia e dopo aver accennato alle due contrapposte tesi propugnate dalle parti, ha testualmente affermato “Sul punto e’ stata espletata una articolata prova testimoniale ma i testi in contrapposizione netta tra loro non hanno fornito utili elementi per addivenire ad una conclusione soddisfacente. Sicuramente piu’ utile appaiono le conclusioni cui giunge il consulente tecnico di ufficio nominato in primo grado, arch. (OMISSIS), al quale il primo giudice aveva formulato specifico quesito di verificare la completezza dei lavori eseguiti. Ebbene il CTU rileva testualmente (cfr. pag. 7 relazione di consulenza tecnica di ufficio) che “…Le lavorazioni, anche quelle non a regola d’arte, sembrano essere state tutte completate, male ma completate…In conclusione il CTU ritiene che la ditta (OMISSIS) non ha lasciato lavorazioni incomplete, anche se alcune delle quali non a regola d’arte”. Pertanto accogliendo le conclusioni del primo consulente tecnico di ufficio, motivate ed anche suffragate dalla circostanza che il CTU ha operato quasi nell’immediatezza del contenzioso depositando la relazione il 9.7.2009, deve ritenersi che il committente/appellato sia decaduto dalla garanzia dei vizi dell’opera.”
E’ evidente come le suddette affermazioni non indichino elementi idonei, in se’, a supportare l’assunto della sussistenza della intervenuta accettazione tacita dell’opera, neppure per “facta concludentia”, in assenza di qualunque richiamo a una effettiva consegna dell’opera medesima.
In sostanza, la Corte napoletana – avendo affermato che la decadenza consegue all’accertamento da parte del CTU della conclusione dei lavori – incorre in un sofisma (post hoc, ergo propter hoc), pretendendo che se un avvenimento e’ seguito da un altro, allora il primo deve essere necessariamente la causa del secondo. Ed invece, il dato costituito dal “come” e dal “quando” dell’accettazione non e’ stato mai concretamente valutato ed esplicitato.
La Corte d’appello non si e’ dunque attenuta ai principi che, in materia di appalto, regolano l’accettazione dell’opera da parte del committente.
Il secondo motivo resta assorbito.
Pertanto, la sentenza va cassata e rinviata alla Corte d’appello di Napoli, in diversa composizione, affinche’ riesamini la vicenda oggetto di causa alla luce delle considerazioni sopra esposte.

P.Q.M.

La Corte Suprema di Cassazione accoglie il ricorso, cassa la sentenza impugnata in relazione alla censura accolta e rinvia alla Corte d’appello di Napoli, in diversa composizione, cui demanda di provvedere anche sulle spese del giudizio di legittimita’.

 

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