Appalto sussiste la concorrenza delle garanzie previste dagli artt. 1667 e 1669 cod. civ.

Corte di Cassazione, civile, Ordinanza|11 gennaio 2023| n. 520.

Appalto sussiste la concorrenza delle garanzie previste dagli artt. 1667 e 1669 cod. civ.

In tema di appalto, sussiste la concorrenza delle garanzie previste dagli artt. 1667 e 1669 cod. civ., in vista del rafforzamento della tutela del committente; ne consegue che, ove a fondamento della domanda siano dedotti difetti della costruzione così gravi da incidere sugli elementi essenziali dell’opera stessa, influendo sulla sua durata e compromettendone la conservazione, il giudice è sempre tenuto, ove le circostanze lo richiedano, a qualificare la domanda in termini di risarcimento per responsabilità extracontrattuale, ex art. 1669 cod. civ., ovvero contrattuale di adempimento o riduzione del prezzo e risoluzione, ex art. 1667 cod. civ. (Nel caso di specie, relativo ad una controversia insorta in sede di esecuzione di un contratto di appalto avente ad oggetto la fornitura di serre strutturate in acciaio ed ancorate al suolo di un terreno agricolo con plinti infossati in cemento armato, la Suprema Corte, accogliendo il ricorso proposto dal committente, ha cassato con rinvio la sentenza impugnata in quanto la corte territoriale, nel ritenere fondata l’eccezione di decadenza rispetto alla denunzia dei vizi sollevata dal ricorrente oltre il termine di sessanta giorni previsto dall’art. 1667 cod. civ., aveva tuttavia omesso di valutare se il termine predetto, alla luce della struttura delle serre nonché dei danni ad esse provocati, potesse essere invece quello previsto dall’art. 1669 cod. civ.)

Ordinanza|11 gennaio 2023| n. 520. Appalto sussiste la concorrenza delle garanzie previste dagli artt. 1667 e 1669 cod. civ.

Data udienza 7 dicembre 2022

Integrale

Tag/parola chiave: Appalto – Opere – Vizi – Garanzie ex artt. 1667 e 1669 cc – Responsabilità e risarcimento

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SECONDA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. DI VIRGILIO Rosa Maria – Presidente
Dott. MOCCI Mauro – rel. Consigliere

Dott. GRASSO Giuseppe – Consigliere

Dott. VARRONE Luca – Consigliere

Dott. OLIVA Stefano – Consigliere

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 1671/2018 R.G. proposto da:
(OMISSIS), elettivamente domiciliato in (OMISSIS), presso lo studio dell’avvocato (OMISSIS) ((OMISSIS)) rappresentato e difeso dall’avvocato (OMISSIS) ((OMISSIS));
– ricorrente –
contro
(OMISSIS) SRL, elettivamente domiciliata in (OMISSIS), presso lo studio dell’avvocato (OMISSIS) ((OMISSIS)) rappresentata e difesa dall’avvocato (OMISSIS) ((OMISSIS));
– controricorrente –
avverso SENTENZA di CORTE D’APPELLO BOLOGNA n. 1325/2017 depositata il 05/06/2017.
Udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 07/12/2022 dal Consigliere Dott. MOCCI MAURO.

FATTI DI CAUSA

(OMISSIS) s.r.l. otteneva un decreto ingiuntivo dal Tribunale di Modena, nei confronti di (OMISSIS), per il pagamento di Euro 21.691,19, quale saldo del corrispettivo per la fornitura di sette serre posate presso un terreno agricolo di San Donaci. Il (OMISSIS) si opponeva e svolgeva domanda riconvenzionale, affermando che i manufatti erano stati distrutti a causa di fenomeni atmosferici, perche’ presentavano gravi errori progettuali e difformita’ nell’esecuzione delle opere. In esito all’istruttoria il Tribunale accoglieva l’opposizione, dichiarando risolto il contratto e condannando parte opposta alla restituzione delle somme gia’ ricevute dall’acquirente, nonche’ al pagamento di Euro 64.067,88, a titolo di risarcimento del danno.
Su gravame principale della (OMISSIS) ed incidentale del (OMISSIS), con sentenza n. 1325, depositata il 5 giugno 2017, la Corte d’appello di Bologna accoglieva l’impugnazione principale, rigettando l’opposizione a decreto ingiuntivo e condannando il (OMISSIS) a restituire le somme ricevute in esecuzione della sentenza di primo grado.
A parere del giudice di appello, sarebbe stata fondata l’eccezione di decadenza rispetto alla denunzia dei vizi, intervenuta solo mediante l’atto di citazione in opposizione, ben oltre il termine di sessanta giorni previsto a pena di decadenza dall’articolo 1667 c.c.. Tale eccezione sarebbe stata formulata tempestivamente e reiterata nel corso del giudizio di primo grado.
(OMISSIS) ha proposto ricorso per cassazione, sulla scorta di quattro motivi. Resiste con controricorso (OMISSIS) s.r.l..

RAGIONI DELLA DECISIONE

1) La Corte deve prioritariamente esaminare l’eccezione contenuta nel controricorso, attraverso la quale (OMISSIS) s.r.l. eccepisce l’inammissibilita’ del ricorso avversario per tardivita’. Assume che il ricorso per cassazione sarebbe stato notificato l’8 gennaio 2018, mentre il termine per l’impugnazione sarebbe spirato il precedente 26 ottobre 2017, a seguito della notifica della sentenza di appello, avvenuta il 27 luglio 2017, e notificata alla parte personalmente, in conseguenza della comunicazione di revoca del mandato, da parte del procuratore costituito in secondo grado.
L’eccezione non e’ meritevole di accoglimento.
1.1) Ai sensi dell’articolo 85 c.p.c., la revoca della procura e la rinuncia al mandato non hanno effetto nei confronti dell’altra parte fino alla sostituzione del difensore, sicche’ la notifica dell’impugnazione deve, in siffatta situazione, essere compiuta al difensore non ancora sostituito e non alla parte personalmente (Sez. 2, n. 11504 del 3 giugno 2016; Sez. lav. n. 2677 del 30 gennaio 2019). Conseguentemente, la notifica eseguita personalmente nelle mani del (OMISSIS) non e’ idonea a far decorrere il termine breve di impugnazione.
2) Con la prima doglianza, proposta ai sensi dell’articolo 360 c.p.c., nn. 3 e 5, il ricorrente deduce la violazione e falsa applicazione degli articoli 166 e 167 c.p.c.. La difesa avversaria avrebbe eccepito la decadenza dall’azione per tardiva denunzia dei vizi, ma lo avrebbe fatto oltre il termine previsto dall’articolo 166 c.p.c., incorrendo cosi’, a sua volta, nella relativa decadenza. Infatti, l’inammissibilita’ dell’eccezione avversaria, tempestivamente denunciata nei precedenti gradi di giudizio, sarebbe derivata dalla preclusione processuale di cui all’articolo 167 c.p.c., comma 2.
Il rilievo e’ infondato.
2.1) L’eccezione di tardivita’ dell’altrui denuncia e’ stata sollevata da (OMISSIS) s.r.l. mediante la comparsa di costituzione e risposta avanti il Tribunale di Modena, entro venti giorni antecedenti l’udienza differita dal Giudice Istruttore, ai sensi dell’articolo 168 c.p.c., comma 5 (al 15 ottobre 2003). Ed e’ a tale data che occorre fare riferimento, per valutare la tempestivita’ dell’eccezione (Sez. 3, n. 16526 del 4 novembre 2003). E siccome la costituzione risulta depositata il 25 settembre 2003, l’eccezione deve essere reputata tempestiva.
3) Attraverso la seconda censura, il (OMISSIS) assume la violazione e falsa applicazione degli articoli 1667 e 1669 c.c., in relazione all’articolo 360 c.p.c., n. 3. La fattispecie sarebbe stata inquadrabile nell’ambito degli articoli 1667 e 1669 c.c., ricorrendo un’ipotesi di rovina di cose immobili, destinate per loro natura a lunga durata, essendo le serre strutturate in acciaio ed ancorate al suolo con plinti infossati in cemento armato. Da cio’ l’applicazione dell’articolo 1669 c.c., con la possibilita’ di procedere alla denunzia dei vizi entro un anno dalla scoperta.
Il motivo e’ fondato.
3.1) Come risulta dalla dizione testuale della norma, l’articolo 1669 c.c., ha riguardo ad edifici o altre cose immobili destinate per la loro natura a lunga durata. In tal senso, gli immobili menzionati dall’articolo 1669 c.c. sono suscettibili di identificazione attraverso il riferimento all’articolo 812 c.c., che rimanda a immobili e costruzioni incorporate al suolo non a scopo transitorio (Sez. 2, n. 18289 del 3 settembre 2020).
3.2) Le serre fisse sono, in genere, dei manufatti a supporto di attivita’ agricole e commerciali. Costruite per soddisfare esigenze continuative connesse alla coltivazione, la loro installazione prevede una modifica permanente dello stato dei luoghi, sicche’ occorre l’autorizzazione del Comune anche se i locali si trovano su un’area a destinazione agricola. Pertanto, rientrano nell’ambito dei manufatti destinati, per loro natura, a lunga durata.
E, d’altronde, in tema di appalto sussiste la concorrenza delle garanzie previste dagli articoli 1667 e 1669 c.c., in vista del rafforzamento della tutela del committente; ne consegue che, ove a fondamento della domanda siano dedotti difetti della costruzione cosi’ gravi da incidere sugli elementi essenziali dell’opera stessa, influendo sulla sua durata e compromettendone la conservazione, il giudice e’ sempre tenuto, ove le circostanze lo richiedano, a qualificare la domanda in termini di risarcimento per responsabilita’ extracontrattuale, ex articolo 1669 c.c., ovvero contrattuale di adempimento o riduzione del prezzo e risoluzione, ex articolo 1667 c.c. (Sez. 2, n. 20184 del 25 luglio 2019).
La Corte distrettuale ha dunque mancato di valutare se il termine di decadenza per la denunzia dei vizi – alla luce della struttura delle serre e dei danni ad esse provocati – potesse essere quello previsto dall’articolo 1669 c.c..
4) Con il terzo mezzo di impugnazione, il ricorrente lamenta violazione e falsa applicazione dell’articolo 1668 c.c., ai sensi dell’articolo 360 c.p.c., n. 3, giacche’ – in via subordinata – essendo l’opera palesemente inidonea all’utilizzazione destinata e pattuita, secondo le stesse risultanze della CTU espletata in primo grado, avrebbe dovuto trovare applicazione la disciplina della vendita di aliud pro alio, con la conseguente risoluzione del contratto.
5) Da ultimo, il (OMISSIS) denuncia violazione e falsa applicazione dell’articolo 1669 c.c. ed, in subordine, dell’articolo 1667 c.c., in relazione all’articolo 360 c.p.c., nn. 3 e 5. Afferma che le sue contestazioni sarebbero state da considerare tempestive, in quanto la scoperta dei vizi sarebbe intervenuta per effetto dell’esperimento della consulenza tecnica d’ufficio, che avrebbe costituito il dies a quo per la relativa denuncia. Infatti, solo con la consegna della relazione peritale, il 22 aprile 2003, egli aveva avuto la piena consapevolezza che la rovina delle serre non era imputabile al vento ma ai difetti di progettazione e costruzione, nonche’ all’inidoneita’ dei materiali impiegati.
Tali ultimi motivi restano assorbiti dall’accoglimento del secondo.
Conseguentemente, la sentenza va cassata e rinviata alla Corte d’appello di Bologna, in diversa composizione, affinche’ riesamini la vicenda oggetto di causa alla luce dei principi di cui sopra.

P.Q.M.

La Corte rigetta il primo motivo, accoglie il secondo motivo, dichiara assorbiti il terzo ed il quarto motivo di ricorso, cassa la sentenza impugnata in relazione alla censura accolta e rinvia alla Corte d’appello di Bologna, in diversa composizione, cui demanda di provvedere anche sulle spese del giudizio di legittimita’.

 

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