Arresti domiciliari: ai fini dell’applicazione della misura cautelare

Corte di Cassazione, sezione sesta penale, Sentenza 3 dicembre 2018, n. 54072.

La massima estrapolata:

Ai fini dell’applicazione della misura cautelare degli arresti domiciliari è rilevante la concreta possibilità che l’Amministratore indagato per il reato di corruzione possa continuare a interferire, di fatto, nelle scelte operative dell’impresa appaltatrice.

Sentenza 3 dicembre 2018, n. 54072

Data udienza 12 novembre 2018

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SESTA PENALE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. PAOLONI Giacomo – Presidente

Dott. GIANESINI Maurizio – Consigliere

Dott. MOGINI Stefano – Consigliere

Dott. GIORDANO Emilia An – rel. Consigliere

Dott. BASSI Alessandra – Consigliere

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA
sul ricorso proposto da:
(OMISSIS), nato a (OMISSIS);
avverso la ordinanza del 21/5/2018 del Tribunale di Bari;
visti gli atti, il provvedimento denunziato e il ricorso;
udita la relazione svolta dal consigliere Emilia Anna Giordano;
udite le richieste del Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore generale, Dott. DALL’OLIO Marco, che ha concluso chiedendo il rigetto del ricorso.

RITENUTO IN FATTO

1. (OMISSIS) impugna l’ordinanza con la quale il Tribunale di Bari, su appello del pubblico ministero, ha applicato al ricorrente la misura degli arresti domiciliari in sostituzione della misura interdittiva del divieto di esercitare imprese e uffici direttivi delle persone giuridiche e delle imprese, per la durata di un anno. (OMISSIS), con ordinanza del 17 dicembre 2017, era stato sottoposto alla misura degli arresti domiciliari per il reato di corruzione essendo accusato di avere corrisposto, in qualita’ di amministratore di fatto della (OMISSIS) s.r.l. e dipendente e amministratore di fatto della (OMISSIS) s.r.l. denaro ed altre utilita’ a (OMISSIS), direttore generale dell’ (OMISSIS) per il compimento di atti contrari ai doveri di ufficio nell’ambito di lavori di appalto per i lavori di costruzione e ristrutturazione di alloggi di edilizia residenziale pubblica in due quartieri baresi, oggetto di distinte procedure.
2. Con i motivi di ricorso, di seguito sintetizzati ai sensi dell’articolo 173 disp. att. c.p.p., il ricorrente denuncia vizio di violazione di legge, in relazione all’articolo 274 c.p.p., per la ritenuta sussistenza della concretezza e attualita’ di esigenze cautelari e cumulativi vizi di motivazione. Deduce che il Tribunale non ha valorizzato nella giusta misura l’elemento di novita’ allegato – cioe’ le intervenute dimissioni – che hanno determinato una scissione formale e sostanziale tra l’indagato e le aziende, sottovalutazione che ha comportato, a cascata, la erronea conclusione del concreto pericolo di reiterazione. Errore vieppiu’ aggravato dal ritenuto coinvolgimento del ricorrente nella proprieta’ delle societa’, viceversa insussistente, con la conseguenza che a seguito delle dimissioni egli e’ soggetto completamente estraneo alle questioni aziendali non svolgendo alcun ruolo al quale era agganciata la qualifica di amministratore di fatto. Parimenti il Tribunale ha errato nel fondare il giudizio di concretezza ed attualita’ alla prosecuzione dei lavori di appalto, in quanto, per i lavori del quartiere (OMISSIS), mancano poche opere di completamento, che l’impresa appaltatrice e’ diffidata dall’eseguire, mentre per i lavori aggiuntivi ad eseguire nel quartiere S. Girolamo non si e’ mai pervenuti alla contrattualizzazione. Ne’, a seguito della intervenuta destituzione del (OMISSIS), si comprende quali accordi ulteriori potrebbero essere patrocinati con il concorso del funzionario e come il coinvolgimento in un procedimento, per fatto precedente e in relazione al quale il ricorrente non e’ attinto da misura, possa conferire sostanza al giudizio di attualita’ delle esigenze. Sono risalenti ad epoca precedente la spedizione della misura i rapporti con (OMISSIS), l’unico soggetto con il quale erano intervenuti contatti asseritamente illeciti. Sbrigativamente il Tribunale, ai fini del giudizio di attualita’ e concretezza, ha ritenuto irrilevante il decorso del tempo che, invece, andava valorizzato in una alla complessiva attuale condotta di vita dell’indagato (dimissioni; assenza di contatti con pubblici ufficiali) e dal complessivo giudizio sulla personalita’ anche ai fini di adeguatezza della misura interdittiva applicata in sostituzione a realizzare le esigenze special-preventive.

CONSIDERATO IN DIRITTO

1. Il ricorso deve essere rigettato perche’ proposto per motivi infondati.
2. Il Tribunale ha ritenuto che non fossero stati acquisiti elementi nuovi tali da far ritenere affievolite le esigenze cautelari poste a fondamento dell’originario titolo cautelare e, ancor meno, elementi tali da far ritenere che la misura interdittiva fosse adeguata alla neutralizzazione del pericolo di reiterazione di condotte dello stesso genere.
3. Il giudizio espresso dal giudice cautelare non denota, ad avviso del Collegio, gli aspetti di manifesta illogicita’ della motivazione che legittimano l’intervento di questa Corte,che non ha il potere di revisione degli elementi materiali e fattuali delle vicende indagate ovvero di riconsiderazione delle caratteristiche soggettive dell’indagato e di apprezzamento delle esigenze cautelari e delle misure ritenute adeguate, trattandosi di valutazioni rientranti nel compito esclusivo e insindacabile del giudice cui e’ stata chiesta l’applicazione della misura cautelare nonche’ del tribunale del riesame. Il controllo di legittimita’ sui punti devoluti e’, percio’, circoscritto all’esclusivo esame dell’atto impugnato al fine di verificare che il testo di esso sia rispondente a due requisiti, uno di carattere positivo e l’altro negativo, la cui presenza rende l’atto incensurabile in sede di legittimita’ ovvero l’esposizione delle ragioni giuridicamente significative che lo hanno determinato e l’assenza di illogicita’ evidenti, ossia la congruita’ delle argomentazioni rispetto al fine giustificativo del provvedimento.
4.Nel ricorso presentato dal (OMISSIS) la contestazione investe tale ultimo aspetto con riguardo alla esistenza di esigenze concrete ed attuali idonee a fondare il pericolo di reiterazione ma, al riguardo, non ritiene il Collegio che si sia in presenza di motivazione manifestamente illogica tenuto conto dell’adeguata ricostruzione in fatto del ruolo rivestito dal ricorrente nelle vicende indagate in relazione alla sua posizione nell’ambito delle societa’ (OMISSIS) s.r.l. e Caementarius; della irrilevanza del grado di sviluppo dei rapporti contrattuali originati dagli appalti oggetto di accordo corruttivo e, infine, della proiezione nel tempo futuro degli illeciti contatti intrattenuti con il (OMISSIS), quale attestata dal contenuto di una conversazione intercorsa tra il ricorrente ed il (OMISSIS) nel corso della quale i due ragionavano della possibilita’ di avvalersi delle entrature e della rete di relazioni del funzionario nell’ambito di altri enti pubblici per conseguire nuovi appalti.
3. Il Tribunale, in particolare, ai fini della valutazione del novum posto a fondamento della intervenuta modifica dell’ordinanza cautelare da parte del giudice per le indagini preliminari e, quindi, delle conclusioni che il Tribunale ne ha tratto in relazione alla adeguatezza della misura, come sostituita, a realizzare le finalita’ cautelari, ha dato atto che il (OMISSIS) aveva allestito rapporti illeciti con il (OMISSIS) in relazione agli appalti affidati alla societa’ (OMISSIS), rispetto alla quale non aveva ne’ ruoli direttivi ne’ partecipazioni azionarie tali da giustificare il suo interessamento ed ha evidenziato che l’indagato aveva agito, con riguardo alla (OMISSIS) s.r.l. come amministratore di fatto, nel contesto di societa’ facenti capo a persone di famiglia e, dunque, valorizzando, con argomenti che non denotano alcuna caduta logica, il concreto ruolo rivestito dall’indagato nella commissione dei fatti illeciti onde inferirne il giudizio di irrilevanza delle intervenute dimissioni dagli incarichi formali (quello di direttore tecnico-commerciale della (OMISSIS) s.r.l. e di consulente tecnico commerciale della (OMISSIS)); incarichi che non corrispondevano al ruolo speso nella commissione degli illeciti, che, viceversa, era stato reso possibile dalla natura familiare delle compagini societarie che non hanno registrato modifiche tali da far ritenere in atto una presa di distanza dell’indagato dagli affari delle aziende di famiglia e, inoltre, in forza del rapporto con il fratello Amedeo, titolare della carica di amministratore della (OMISSIS), s.r.l., con il quale e’ coindagato nell’ambito di altro procedimento per reati della stessa indole, connessi all’appalto di lavori pubblici per la costruzione di una scuola in Corato. A questo riguardo non riveste l’importanza che la difesa vi annette la circostanza che l’indagato non possieda quote nella societa’ (OMISSIS) s.r.l. dal momento che cio’ che rileva, ai fini che ci occupano, e’ la possibilita’ che l’indagato continui ad interferire nelle scelte operative della societa’, interferenza che, come accertato dalla vicenda processuale, era resa possibile dalla natura essenzialmente familiare delle strutture aziendali della societa’ interessata agli appalti piuttosto, che dall’incarico formale in essa rivestito dall’indagato.
4. Neppure connota il vizio di manifesta illogicita’, ai fini della ritenuta sussistenza del concreto ed attuale pericolo di reiterazione di condotte illecite, la ritenuta irrilevanza del concreto status dei lavori e dei rapporti contrattuali in relazione agli appalti oggetto delle contestate corruzioni, valorizzati dalla difesa, poiche’ cio’ che assume rilevanza non e’ la verifica dello stato di avanzamento dei lavori, ovvero la ricostruzione delle vicende contrattuali che vedono le societa’ in rapporto con l’ARCA ma la circostanza obiettiva che le societa’ per le quali si e’ dispiegato l’intervento corruttivo del ricorrente sono ancora formalmente impegnate nelle procedure per il completamento delle iniziative economiche, impegno che, in un contesto di acclarata corruzione, si configura come situazione evocativa di occasioni prossime favorevoli alla reiterazione degli illeciti tanto piu’ che, come innanzi anticipato, dalle intercettazioni emerge la disponibilita’ manifestata dal coindagato (OMISSIS) a favorire le imprese del (OMISSIS) anche al di fuori delle sue competenze funzionali. E, tale proiezione futura e verso enti pubblici nei quali il (OMISSIS) non rivestiva alcuna carica formale, rende irrilevante anche la intervenuta sospensione di detto funzionario che, evidentemente si giovava della rete di rapporti e relazioni costruite negli anni dal funzionario e non dei poteri relativi all’incarico ricoperto nell'(OMISSIS).
5. Questa Corte ha in piu’ occasioni affermato che in tema di presupposti per l’applicazione delle misure cautelari personali (ma principi analoghi valgono, nel caso di sostituzione della misura con altra meno afflittiva) essenziale e’ il requisito dell’attualita’ oltre che di concretezza del pericolo di reiterazione del reato, che deve fondarsi su dati concreti ed oggettivi, non meramente congetturali e che rendono tale esigenza reale ovvero effettiva nel momento della scelta della misura cautelare (cfr., Sez. 6, n. 8211 del 11/02/2016, Ferrante).
E, nel caso in esame, con argomentazioni per nulla illogiche, il Tribunale ha ritenuto che il fatto nuovo allegato, costituito dalle dimissioni del ricorrente e dallo sviluppo dei rapporti contrattuali con la pubblica amministrazione, non fosse in grado di incidere sulla ritenuta sussistenza di esigenze, concrete e attuali di special prevenzione, e quindi idonea a realizzare la finalita’ cautelare la misura interdittiva, valorizzando la circostanza che tale misura, in quanto strettamente correlata ai casi in cui le qualita’ soggettive sospese assumono un ruolo specifico nella realizzazione della condotta criminosa, non era in grado di incidere sui sottostanti interessi economici che hanno indotto il (OMISSIS) alla commissione del reato.
6. Le conclusioni raggiunte dal Tribunale, anche sulla irrilevanza del tempo trascorso in esecuzione della misura degli arresti domiciliari, non si prestano a censura poiche’, anche in caso di misura custodiale, il mero decorso di un pur lungo periodo di tempo non assume di per se’ rilievo come fattore di attenuazione delle esigenze cautelari, esaurendo la sua valenza soltanto nell’ambito della disciplina dei termini di durata massima della custodia (Sez. 1, n. 19818 del 23/03/2018, Ben Aicha, Rv. 273139).
7. Rileva, infine, il Collegio che correttamente il giudice della cautela ha valorizzato la pendenza di altro procedimento, per reato dello stesso genere, a carico del ricorrente e del fratello, amministratore di una delle societa’ beneficiarie degli appalti oggetto di interventi corruttivi, poiche’ tali pendenze penali pur se non qualificabili come “precedenti penali” in senso stretto, sono tuttavia sempre riferibili a “comportamenti o atti concreti” che si assumono posti in essere dall’imputato o indagato e sono pertanto valutabili sotto tale profilo, sulla base del testuale tenore della suindicata disposizione normativa, senza che ne derivi contrasto alcuno con il principio di non colpevolezza di cui all’articolo 27 Cost., comma 2, atteso che tale principio vieta di assumere la “colpevolezza” a base di qualsivoglia provvedimento, fino a quando essa non sia stata definitivamente accertata, ma non vieta affatto di trarre elementi di valutazione sulla personalita’ dell’accusato dal fatto obiettivo della pendenza, a suo carico, di altri procedimenti penali (Sez. 6, n. 45934 del 22/10/2015 – dep. 19/11/2015, Perricciolo, Rv. 265069).
8. Consegue al rigetto del ricorso la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali. La cancelleria eseguira’ le comunicazioni di rito.

P.Q.M.

Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali. Manda alla cancelleria per gli adempimenti di cui all’articolo 28 reg. esec. c.p.p..

Avv. Renato D’Isa

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