Avvocato in caso di mancato compimento dell’incarico stragiudiziale affidatogli ha diritto di ricevere il compenso

Corte di Cassazione, civile, Ordinanza|31 gennaio 2023| n. 2788.

Avvocato in caso di mancato compimento dell’incarico stragiudiziale affidatogli ha diritto di ricevere il compenso

L’avvocato, in caso di mancato compimento dell’incarico stragiudiziale affidatogli, ha diritto di ricevere il compenso relativo all’attività concretamente svolta, qualora ne venga accertata l’idoneità a conseguire il risultato programmato dalle parti. Tale compenso, in mancanza di accordo tra le parti, deve essere determinato dal giudice di merito sulla base delle voci tariffarie relative alle singole prestazioni rese o, in mancanza, in via equitativa, ai sensi dell’art. 2233 c.c. (Fattispecie relativa all’assistenza legale prestata in vista della stipulazione di un contratto alla fine non concluso.)

Ordinanza|31 gennaio 2023| n. 2788. Avvocato in caso di mancato compimento dell’incarico stragiudiziale affidatogli ha diritto di ricevere il compenso

Data udienza 21 dicembre 2022

Integrale

Tag/parola chiave: ARTI E PROFESSIONI INTELLETTUALI – AVVOCATO – ONORARIO

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SECONDA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. DI VIRGILIO Rosa Maria – Presidente

Dott. PAPA Patrizia – Consigliere

Dott. DONGIACOMO Giuseppe – rel. Consigliere

Dott. ROLFI Federico – Consigliere

Dott. TRAPUZZANO Cesare – Consigliere

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA
sul ricorso 28615-2017 proposto da:
(OMISSIS), rappresentato e difeso dagli Avvocati (OMISSIS) e (OMISSIS) per procura a margine del ricorso;
– ricorrente –
contro
(OMISSIS), rappresentato e difeso dall’Avvocato (OMISSIS) per procura in calce al controricorso;
– controricorrente e ricorrente incidentale –
avverso la SENTENZA N. 1839/2017 della CORTE D’APPELLO DI TORINO, depositata il 7/8/2017;
udita la relazione della causa svolta nell’adunanza non partecipata del 21/12/2022 dal Consigliere GIUSEPPE DONGIACOMO.

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FATTI DI CAUSA

1.1. La corte d’appello, con la pronuncia in epigrafe, ha parzialmente accolto l’appello di (OMISSIS) e, in riforma della sentenza del tribunale di Alessandria del 30/9/2015, che aveva a sua volta parzialmente accolto l’opposizione dello stesso al decreto ingiuntivo chiesto e ottenuto dall’avv. (OMISSIS), ha, pertanto, condannato l’appellante a pagare in favore di quest’ultimo la somma complessiva di Euro 3.184,48, oltre interessi, quale compenso per le prestazioni giudiziali e stragiudiziali rese dallo stesso nell’interesse dell’ingiunto.
1.2. La corte, poi, ha condannato l’appellato a rimborsare a (OMISSIS) i quattro quinti delle spese sostenute nel giudizio di primo grado ed i tre quarti delle spese sostenute nel giudizio di secondo grado, provvedendo, infine, alla loro liquidazione.
1.3. La corte, in particolare, per cio’ che riguarda la determinazione dei compensi per l’attivita’ giudiziale svolta dall’avv. (OMISSIS), dopo aver evidenziato che il ricorso predisposto dall’avv. (OMISSIS) era finalizzato ad ottenere, nelle forme previste dal Decreto Legislativo n. 5 del 2003, articolo 25 ss., la nomina di uno o piu’ liquidatori e, diffondendosi per sole cinque pagine, non conteneva alcuna illustrazione particolarmente dettagliata delle vicende societarie, ha ritenuto che: a) l’onorario, stante “l’estrema linearita’” e “la non particolare complessita’ dell’impegno professionale richiesto ed in concreto profuso”, doveva essere determinato, trattandosi di causa dal valore indeterminabile, “quale appunto era il procedimento speciale in materia societaria a cui fece ricorso il (OMISSIS) nell’interesse del (OMISSIS)”, che non ha mai assunto “natura contenziosa”, ai sensi della tabella A-VII n. 50 a), del Decreto Ministeriale n. 127 del 2004, applicabile ratione temporis, nel minimo tariffario di Euro 250,00; b) i diritti di avvocato, a norma del punto 75 della tabella B-III, dedicato alle materie da trattare in camera di consiglio, dovevano essere determinati nella somma di Euro 161,00; ed ha, quindi, liquidato all’avv. (OMISSIS), in parziale accoglimento dell’appello del Dogliotti, la somma di Euro 250,00 per onorario, Euro 161,00 per diritti, oltre ad Euro 191,50 per “esposti” ed accessori di legge, per l’importo totale di Euro 767,53.

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1.4. La corte, inoltre, per cio’ che riguarda la determinazione del compenso spettante all’avv. (OMISSIS) per l’attivita’ stragiudiziale prestata dallo stesso (liquidato dal tribunale nella somma complessiva di Euro 20.077,20), dopo aver rilevato come l’appellante non aveva riproposto o quanto meno argomentato la censura per cui non sarebbe dovuto all’avv. (OMISSIS) un autonomo compenso per l’attivita’ stragiudiziale in quanto accessoria rispetto alle prestazioni giudiziali svolte nel procedimento per la nomina del liquidatore della societa’, ha escluso ogni rilievo alle doglianze prive dei requisiti imposti dall’articolo 342 c.p.c. e, quindi, limitato l’esame solo alle censure relative alle voci per “esame e studio della pratica” (liquidata in Euro 2.500,00) e per “redazione di contratti” (liquidata in Euro 15.536,20), ha ritenuto che: – del Decreto Ministeriale n. 127, articolo 5, comma 4, cit., prevede che per l’assistenza in pratiche di divisione e di liquidazione si ha riguardo al valore della quota attribuita al cliente; – il valore della quota del Dogliotti alla societa’ collettiva (OMISSIS) era pari ad Euro 702.366,75, ricompreso nello scaglione da Euro 516.500,01 ad Euro 1.549.400,00, per cui il compenso oscilla tra Euro 1.300,00 ed Euro 2.530,00; – l’onorario richiesto dal (OMISSIS) “per esame e studio della pratica” in Euro 2.500,00 e’ “congruo” in quanto riferito ad una prestazione sicuramente resa dallo stesso nell’interesse dell’assistito ed avuto riguardo “alla non contenuta durata delle trattative, ai plurimi incontri con le controparti e i di questi legali e professionisti, alle difficolta’ verosimilmente incontrate (a causa dei dissidi tra i soci) per addivenire al frazionamento del plesso aziendale, ed alla valorizzazione complessiva di quest’ultima, tutt’altro che irrisoria”.
1.5. La corte, invece, ha escluso che spettasse al (OMISSIS) l’onorario richiesto dallo stesso (e dal tribunale liquidato nella somma di Euro 15.536,20) per le prestazioni di cui al punto f della tabella D, che prende in considerazione la “redazione di contratti” oppure “l’assistenza alla relativa stipulazione e redazione”, rilevando che il (OMISSIS) non aveva predisposto alcun “contratto”. La corte, infatti, ha ritenuto che per “redazione” dovesse intendersi “la stesura definitiva (da parte del professionista che assiste il singolo cliente che viene coinvolto nel rapporto cosi’ venuto ad esistenza…) di un testo contrattuale rispetto al quale convergono tutte le parti interessate, che pertanto vengono vincolate dal negozio che definisce, parzialmente o per intero, la vertenza gia’ pendente in via stragiudiziale tra le stesse”. Solo “la stipula di un vero e proprio contratto”, quindi, ha aggiunto la corte, consente di ravvisare il presupposto per l’insorgenza del diritto a percepire l’onorario in questione, restando per contro irrilevanti le eventuali “bozze” “non trasfuse in un accordo definitivo” ovvero “mere proposte contrattuali formulate all’indirizzo delle controparti”, il cui contenuto puo’ divenire obbligatorio solo a seguito dell’accettazione delle destinatarie. Nel caso in esame, tuttavia, ha osservato la corte, “nessun contratto, predisposto dal (OMISSIS) oppure con l’assistenza di quest’ultimo nei frangenti della redazione o della stipula, fu mai concluso tra i vari contendenti, avente ad oggetto la suddivisione tra ognuno dei quattro soci del patrimonio della collettiva”. La corte, quindi, ha ritenuto che l’avv. (OMISSIS) avesse diritto, per l’attivita’ stragiudiziale svolta, a percepire la somma di Euro 5.641, a titolo di onorario (pari alla differenza tra Euro 20.077,20 ed Euro 15.536,20, maggiorata della somma di Euro 1.100,00 che l’appellante aveva riconosciuto essergli dovuta per “redazione bozza scrittura”), oltre accessori, per un totale di Euro 7.919,95.
1.6. La corte ha, quindi, osservato che l’importo complessivamente liquidato di Euro 8.687,48 doveva essere decurtato delle somme (pari ad Euro 3.000,00 ed Euro 2.500,00) gia’ corrisposte dal Dogliotti quali acconti per cui, ha concluso, l’avv. (OMISSIS) aveva il diritto di ricevere la somma residua di Euro 3.148,48, oltre interessi.
1.7. La corte, escluso il diritto dell’avv. (OMISSIS) ad avere il rimborso delle somme versate dallo stesso al Consiglio dell’Ordine degli Avvocati per il parere in ordine alle parcelle, ha, inoltre, ritenuto che la domanda riconvenzionale proposta dallo stesso, quale opposto, nel giudizio d’opposizione al decreto ingiuntivo, fosse inammissibile in quanto finalizzata “alla condanna dell’ingiunto di una somma ulteriore rispetto a quella costituente il petitum monitorio”.
1.8. La corte, infine, ha ritenuto che, in ragione del “marcato decremento delle pretese creditorie dell’… appellato” e dell’ inammissibilita’ della domanda nuova avanzata dallo stesso in prime cure, imponessero di porre a carico dello stesso i quattro quinti delle spese processuali di primo grado ed i tre quarti delle spese processuali del giudizio d’appello, provvedendo, quindi, alla relativa determinazione.
1.9. (OMISSIS), con ricorso notificato il 29/11/2017, ha chiesto, per quattro motivi, la cassazione della sentenza, dichiaratamente non notificata.
1.10. Ha resistito, con controricorso, (OMISSIS), il quale ha proposto ricorso incidentale per quattro motivi, al quale il ricorrente ha replicato con controricorso.
1.11. Le parti hanno depositato memorie.

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RAGIONI DELLA DECISIONE

2.1. Con il primo motivo, il ricorrente principale lamentando la violazione e la falsa applicazione di norme di diritto, in relazione all’articolo 360 c.p.c., n. 3, e l’omesso esame circa un fatto decisivo per il giudizio, in relazione all’articolo 360 c.p.c., n. 5, in rapporto del Decreto Ministeriale n. 127 del 2004, articoli 5 e 6 del capitolo I nonche’ all’articolo 112 c.p.c. e articoli 1362, 1363, 1366, 1367 e 1371 c.c., ha censurato la sentenza impugnata nella parte in cui la corte d’appello ha ritenuto che l’avv. (OMISSIS), per l’attivita’ giudiziale svolta nell’interesse di (OMISSIS), avesse maturato un compenso pari ad Euro 767,53, e cioe’ all’importo minimo per onorari e diritti, senza, tuttavia, considerare che, a norma del Decreto Ministeriale n. 127 articolo 5 cit., il giudice, nella liquidazione a carico del cliente, deve tener conto della natura e del valore della controversia, dell’importanza delle questioni trattate e dei risultati del giudizio nonche’ dei vantaggi anche non patrimoniali conseguiti.
2.2. La corte, in particolare, ha osservato il ricorrente, non ha considerato che: – il valore della controversia, che investiva l’intera azienda della (OMISSIS) s.n.c., del quale (OMISSIS) aveva chiesto la liquidazione, ed era stato determinato in Euro 3.138.504,49; – il compenso puo’ essere aumentato del 20%, a norma del Decreto Ministeriale n. 127, articolo 5, comma 4, cit. anche nel caso della difesa di una parte contro piu’ parti; – l’impegno professionale profuso dall’avv. (OMISSIS) in circa tre anni di attivita’ svolta nell’interesse del (OMISSIS), rispetto alla quale il ricorso proposto a norma del Decreto Legislativo n. 7 del 2003, articolo 25 era stato soltanto l’incipit; – il procedimento, a seguito della costituzione delle altre parti, era diventato contenzioso, dovendo, quindi, applicarsi i diritti previsti per il procedimento ordinario, pari ad Euro 807,00; – l’appellante aveva riconosciuto che all’avv. (OMISSIS) spettassero il diritto di Euro 569,00.
2.3. Il motivo e’ infondato. Premesso che il procedimento volto alla nomina del liquidatore di una societa’ di persone, come previsto dal Decreto Legislativo n. 5 del 2003, articolo 33, all’epoca in vigore, e articolo 2275 c.c., ha natura non contenziosa (non essendo emerso che siano sorte contestazioni il cui esame sia stato devoluto, se del caso nelle forme previste dello stesso Decreto Legislativo n. 5, articolo 32 cit.., al giudice di cognizione: del Decreto Ministeriale n. 127 del 2004, articolo 11, comma 2,) e che tale procedimento costituisce una causa di valore indeterminabile, con la conseguente applicazione della fascia tariffaria prevista del Decreto Ministeriale n. 127, articolo 6, comma 5, cit., e, quindi, della Tabella A VII n. 50 lettera a), per cio’ che riguarda gli onorari (con un limite minimo di Euro 250,00), e della Tabella B III n. 75, per cio’ che riguarda i diritti (con un limite massimo di Euro 161,00), questa Corte ha, in effetti, ripetutamente affermato che: – l’articolo 2233 c.c., nella parte in cui dispone che in mancanza di accordo tra le parti il compenso e’ determinato dal giudice in base alle tariffe, attribuisce un potere discrezionale al giudice che, se esercitato (com’e’ accaduto nel caso in esame, avendo la corte d’appello liquidato l’onorario in Euro 250,00 e i diritti in Euro 161,00) in conformita’ alle tariffe professionali applicabili ratione temporis, e cioe’ il Decreto Ministeriale n. 127 del 2004, per la fascia di valore delle controversie in cui la prestazione professionale e’ stata svolta, non e’ sindacabile in cassazione (Cass. n. 29212 del 2019, in motiv.); – tale potere discrezionale puo’, inoltre, esplicarsi tanto nell’aumento, quanto nella riduzione dei compensi, e cio’ a prescindere dall’istanza del professionista o, correlativamente, dalla richiesta del cliente (Cass. n. 29212 del 2019, in motiv.); – l’unico limite e’ che, nei rapporti tra professionista e cliente, il giudice non puo’ liquidare gli onorari al di sotto dei minimi tariffari, cio’ che il ricorrente non ha neppure allegato ne´, tantomeno, provato (Cass. n. 29212 del 2019, in motiv.); – la determinazione in concreto della misura del compenso per prestazioni professionali di avvocato, salvo il doveroso rispetto dei minimi e massimi tabellari, e’, in definitiva, rimessa (compresi gli eventuali aumenti consentiti, come quello previsto in fine, del Decreto Ministeriale n. 127, articolo 5, comma 4, cit.) esclusivamente al prudente apprezzamento del giudice di merito (Cass. n. 4782 del 2020; Cass. n. 6110 del 2021).
2.4. Con il secondo motivo, il ricorrente principale,
lamentando la violazione e la falsa applicazione di norme di diritto, in relazione all’articolo 360 c.p.c., n. 3, e l’omesso esame circa un fatto decisivo per il giudizio, in relazione all’articolo 360 c.p.c., n. 5, in rapporto al punto f della tabella D, del Decreto Ministeriale n. 127 del 2004, articolo 2 del capitolo III nonche’ agli articoli 1362, 1363, 1366, 1367 e 1371 c.c., ha censurato la sentenza impugnata nella parte in cui la corte d’appello ha escluso che l’avv. (OMISSIS), per l’attivita’ stragiudiziale svolta nell’interesse di (OMISSIS), avesse diritto all’onorario richiesto dallo stesso e liquidato dal tribunale per la somma di Euro 15.536,20, per le prestazioni di cui al punto f della tabella D, sul rilievo che non aveva predisposto un vero e proprio “contratto”, senza, tuttavia, considerare che: – l’attivita’ svolta dall’avv. (OMISSIS) nell’interesse del (OMISSIS) in funzione della redazione e della stipulazione del contratto era sicuramente riconducibile alla norma tariffaria di cui al punto f della tabella D, che equipara la redazione del contratto e l’assistenza alla relativa stipulazione, e che tale attivita’, una volta eseguita, doveva essere comunque ricompensata anche se il contratto predisposto dall’avvocato non e’ stato poi sottoscritto dalle parti.
2.5. Con il terzo motivo, il ricorrente lamentando la violazione e la falsa applicazione di norme di diritto, in relazione all’articolo 360 c.p.c., n. 3, in rapporto del Decreto Ministeriale n. 127 del 2004 articoli 1, 2 e 3 del capitolo III, nonche’ dell’articolo 1 della tabella D, ha censurato la sentenza impugnata nella parte in cui la corte d’appello ha escluso che l’avv. (OMISSIS), per l’attivita’ stragiudiziale svolta nell’interesse di (OMISSIS), avesse diritto all’onorario richiesto dallo stesso e liquidato dal tribunale per la somma di Euro 15.536,20, non avendo predisposto un vero e proprio “contratto”, senza, tuttavia, considerare che l’attivita’ dell’avv. (OMISSIS) si era estrinsecata nella redazione di un contratto e che tale prestazione e’ riconducibile al punto f della tabella D o comunque alle prestazioni di consulenza di cui al comma precedente.

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3.1. Il secondo motivo e’ fondato, con assorbimento del terzo.
3.2. La corte d’appello, infatti, dopo aver ritenuto che le prestazioni di cui al punto f della tabella D, e cioe’ la “redazione di contratti” e “l’assistenza alla relativa stipulazione e redazione”, sono ravvisabili solo in caso di “la stesura definitiva (da parte del professionista che assiste il singolo cliente che viene coinvolto nel rapporto cosi’ venuto ad esistenza…) di un testo contrattuale rispetto al quale convergono tutte le parti interessate, che pertanto vengono vincolate dal negozio che definisce, parzialmente o per intero, la vertenza gia’ pendente in via stragiudiziale tra le stesse” e che, pertanto, solo “la stipula di un vero e proprio contratto” consente di ravvisare il presupposto per l’insorgenza del diritto a percepire l’onorario in questione, restando per contro irrilevanti le eventuali “bozze” “non trasfuse in un accordo definitivo” ovvero “mere proposte contrattuali formulate all’indirizzo delle controparti”, ha rilevato che, da un lato, “nessun contratto, predisposto dal (OMISSIS) oppure con l’assistenza di quest’ultimo nei frangenti della redazione o della stipula, fu mai concluso tra i vari contendenti”, e, dall’altro, che potesse riconoscersi all’avv. (OMISSIS) solo il compenso di Euro 1.100,00 che l’appellante aveva riconosciuto essergli dovuta per “redazione bozza scrittura”.
3.3. Ritiene la Corte che, in effetti, la “redazione di contratti” prevista dal punto f della tabella D del Decreto Ministeriale n. 127 cit. dev’essere ravvisata tutte le volte in cui la prestazione dell’avvocato si concretizzi nella “traduzione in termini tecnico giuridici delle pattuizioni di due parti” (Cass. n. 4842 del 1989), e cioe’ nella predisposizione, su incarico del cliente, (o nell’assistenza alla sua redazione ad opera di altri) del testo di un regolamento negoziale (in ordine ad un accordo che, di volta in volta, e’ gia’ stato raggiunto ovvero si conta di raggiungere attraverso ulteriori trattative) sempre che, a seguito della sua “stipula” nelle forme di volta in volta richieste (la cui assistenza, pero’, non e’ ulteriormente retribuita: cfr. il comma 2 del punto f cit.), si concretizzi in un vero e proprio “contratto” giuridicamente vincolante tra i relativi contraenti.
3.4. Solo cosi’, in effetti, puo’ giustificarsi il chiaro ed inequivoco riferimento operato dalla norma tariffaria alla “redazione” non di un qualsivoglia documento, che, ai fini del compenso, puo’ contenere anche una mera proposta o la bozza di accordo, ma di un vero e proprio “contratto”, come, del resto, e’ confermato dal contestuale riferimento ad altri atti giuridicamente perfetti, come “statuti”, “regolamenti” o “testamenti”.
3.5. Ne’ al riguardo, puo’ rilevare il fatto che la stessa norma tariffaria abbia previsto che “l’onorario e` dovuto una sola volta anche in caso di redazione e successiva assistenza alla stipula e alla redazione” (come ha ritenuto Cass. n. 27097 del 2021, in motiv., per trarne la conclusione che, a norma del punto f della tariffa D, “l’assistenza alla redazione di un contratto, in quanto attivita’ distinta dall’assistenza alla stipula… deve essere retribuita a prescindere dall’avvenuta conclusione del contratto”), poiche’, al contrario, tale disposizione sta solo a significare che l’assistenza alla stipulazione del contratto redatto dall’avvocato non puo’ essere autonomamente ed ulteriormente ricompensato rispetto alla redazione (o all’assistenza alla redazione) dello stesso: ma non esclude affatto la necessita’, ai fine del completamento della prestazione ai fini tariffari, della successiva e formale stipulazione del contratto cosi’ redatto.

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3.6. Resta fermo, naturalmente, che, ove il contratto, cosi’ come predisposto dal legale (al pari del caso in cui abbia prestato “assistenza” al proprio cliente rispetto alla redazione da parte di altri di un contratto), non sia poi, per un motivo o per l’altro, formalizzato sul piano giuridico tra le relative parti, l’attivita’ professionale dallo stesso resa su incarico del cliente dev’essere comunque compensata, dal Decreto Ministeriale n. 127 articolo 6 del capitolo III cit., in effetti, prevede che “per le pratiche” che, come quella in esame, siano “iniziate” ma non sono “giunte a compimento”, come accade nel caso in cui il “contratto” predisposto dal legale non sia poi stato sottoscritto dai potenziali contraenti, l’avvocato ha comunque il diritto a percepire “gli onorari per l’opera prestata comprendendosi in questa il lavoro preparatorio compiuto dal professionista”: avendo, a tal fine, esclusivo riguardo ai criteri, cosi’ come stabiliti dal Decreto Ministeriale n. 127 articolo 1, comma 2, del capitolo III cit., che sono compatibili con il mancato espletamento di alcune delle prestazioni previste dal contratto d’opera professionale ovvero con la mancata realizzazione del risultato in vista del quale l’incarico era stato conferito, come la natura ed il valore della pratica, il numero e l’importanza delle questioni trattate, il pregio dell’opera prestata: e dovendosi, per contro, escludere l’utilizzabilita’ dei criteri, come l’effettivo conseguimento del risultato o del vantaggio, anche non economico, che il cliente intendeva ottenere, che sono, di regola, compatibili solo con l’integrale espletamento di tutte le prestazioni previste nell’atto di conferimento dell’incarico (Cass. n. 16212 del 2008, in motiv., secondo cui “il risultato o il vantaggio sono elementi valutabili nella loro interezza in relazione al completamento della prestazione”), e cioe’, nel caso in esame, con la formale e definitiva stipulazione ad opera dei contraenti del contratto redatto dal legale su incarico del cliente (salva, beninteso, l’ipotesi del raggiungimento parziale di un risultato comunque utilizzabile dal cliente, non essendo “normativamente esclusa una autonoma valutazione dei vantaggi che siano derivati al cliente da singoli atti o dal complesso di quelli comunque compiuti”: Cass. n. 16212 del 2008, in motiv.).
3.7. Tale conclusione vale, evidentemente (e a maggior ragione), anche per il criterio di cui al punto f della Tabella D, che determina il compenso in una percentuale compresa fra un limite minimo ed un limite massimo del valore (della quota attribuita al cliente: articolo 5, comma 4, del capitolo III cit.), i quali, in effetti, tanto nella misura minima, quanto nella misura massima, presuppongono l’integrale espletamento, da parte dell’avvocato, dell’attivita’ stragiudiziale affidatagli, e cioe’ la redazione (ovvero l’assistenza alla redazione), nell’interesse del suo cliente, di un vero e proprio contratto formalmente stipulato tra i relativi contraenti.
3.8. L’avvocato, in definitiva, anche nel caso in cui il contratto da lui redatto su incarico del cliente non sia formalmente stipulato dai relativi contraenti, ha il diritto, come in generale accade per il caso di mancato completamento dell’incarico stragiudiziale affidatogli, di ricevere il relativo compenso, il quale, in mancanza di accordo tra le parti, dev’essere determinato, avendo riguardo ai criteri (compatibili) esposti, dal giudice di merito (non in forza del punto f della Tabella D, che, come detto, presuppone il suo completamento, ma) in ragione di quanto isolatamente previsto, per le singole prestazioni professionali effettivamente svolte (le quali, appunto, costituiscono, al pari del lavoro preparatorio, “l’opera prestata” dal professionista: articolo 6 del capitolo III cit.), dalle singole voci della relativa tariffa o, in mancanza, in via equitativa ai sensi dell’articolo 2233 c.c..
3.9. Resta, peraltro, fermo che il diritto del professionista al compenso, nei termini in precedenza esposti, richiede pur sempre che, a fronte del mancato completamento dell’incarico stragiudiziale, il giudice di merito accerti, in fatto, la concreta ed effettiva idoneita’ funzionale delle prestazioni medio tempore svolte dallo stesso a conseguire il risultato programmato con il conferimento del relativo incarico, essendo, in effetti, evidente che, in difetto, (e pur in mancanza di una responsabilita’ contrattuale del professionista a tal fine incaricato per aver fino a quel momento operato con la dovuta perizia), non potrebbe neppure parlarsi di atto di adempimento, sia pur parziale, degli obblighi contrattualmente assunti dallo stesso.
3.10. L’ultimo motivo del ricorso principale, che riguarda le spese di lite, al pari del primo, del secondo e del quarto motivo del ricorso incidentale (che riguardano, rispettivamente, la mancata pronuncia da parte della corte d’appello sulla domanda dell’appellante di restituzione delle somme che l’avv. (OMISSIS) avrebbe indebitamente percepito e la liquidazione delle spese di lite), restano, evidentemente, assorbiti.
4.1. Con il terzo motivo del ricorso incidentale, il controricorrente, lamentando la violazione del Decreto Ministeriale n. 127 del 2004, tab. D n. 2 b, c, d, e tab. D n. 2 f, in relazione all’articolo 360 c.p.c., nn. 3 e 5, ha censurato la sentenza impugnata nella pare in cui la corte d’appello ha determinato il compenso dell’avv. (OMISSIS) per l’attivita’ stragiudiziale svolta per “esame e studio della pratica”, liquidandolo nella somma di Euro 2.500,00, senza, tuttavia, considerare che si trattava di prestazioni accessorie, peraltro prive di riscontro probatorio, rispetto a quelle giudiziali svolte nel procedimento volto ad ottenere la nomina del liquidatore della societa’.
4.2. Il motivo e’ infondato. Il ricorrente, infatti, non si confronta con la sentenza che ha impugnato: la quale, con statuizione rimasta del tutto incensurata, ha ritenuto che l’appellante non aveva riproposto o quanto meno argomentato la censura per cui non sarebbe dovuto all’avv. (OMISSIS) un autonomo compenso per l’attivita’ stragiudiziale in quanto accessoria rispetto alle prestazioni giudiziali svolte nel procedimento per la nomina del liquidatore della societa’, ritenendola, in sostanza, inammissibile.
5. Il ricorso principale, in relazione al secondo motivo, dev’essere, quindi, accolto e la sentenza impugnata, per l’effetto, cassata con rinvio, per un nuovo esame, alla corte d’appello di Torino che, in differente composizione, provvedera’ anche sulle spese del presente giudizio.
6. La Corte da’ atto, ai sensi del Decreto del Presidente della Repubblica n. 115 del 2002, articolo 13, comma 1 quater, nel testo introdotto dalla L. n. 228 del 2012, articolo 1, comma 17, della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente incidentale, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso, a norma dello stesso articolo 13, comma 1-bis se dovuto.

P.Q.M.

La Corte cosi’ provvede: accoglie il secondo motivo del ricorso principale, rigetta il primo, assorbiti gli altri; rigetta il terzo motivo del ricorso incidentale, assorbiti gli altri; da’ atto, ai sensi del Decreto del Presidente della Repubblica n. 115 del 2002, articolo 13, comma 1 quater, nel testo introdotto dalla L. n. 228 del 2012, articolo 1, comma 17, della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente incidentale, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso, a norma dello stesso articolo 13, comma 1-bis se dovuto.

 

In caso di diffusione omettere le generalità e gli altri dati identificativi dei soggetti interessati nei termini indicati.

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