Azione disciplinare a carico di un architetto per mancato assolvimento dell’obbligo formativo

Corte di Cassazione, civile, Sentenza|17 gennaio 2023| n. 1173.

Azione disciplinare a carico di un architetto per mancato assolvimento dell’obbligo formativo

L’azione disciplinare a carico di un architetto per mancato assolvimento dell’obbligo formativo, in assenza di specifica previsione contenuta nel regio decreto n. 2537 del 1925, non è sottoposta ad alcun termine di prescrizione o decadenza, non assumendo all’uopo rilievo l’art. 2 della l. n. 241 del 1990, relativo alla durata del procedimento amministrativo, e l’art. 7 del d.P.R. n. 137 del 2012, il quale non prevede che il regolamento del Consiglio nazionale dell’Ordine individui il suddetto termine.

Sentenza|17 gennaio 2023| n. 1173. Azione disciplinare a carico di un architetto per mancato assolvimento dell’obbligo formativo

Data udienza 12 ottobre 2022

Integrale

Tag/parola chiave: Lavoro – Obblighi professionali – Violazione – Sospensione dell’architetto – Violazione degli obblighi formativi – Mancata utilizzazione del ravvedimento operoso – Art. 7 dpr 137/2012

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SECONDA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. D’ASCOLA Pasquale – Presidente

Dott. BERTUZZI Mario – Consigliere

Dott. PAPA Patrizia – Consigliere

Dott. SCARPA Antonio – rel. Consigliere

Dott. CRISCUOLO Mauro – Consigliere

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA
sul ricorso 7912-2021 proposto da:
(OMISSIS), elettivamente domiciliato in (OMISSIS), presso lo studio dell’avvocato (OMISSIS), che lo rappresenta e difende unitamente all’avvocato (OMISSIS);
– ricorrente –
contro
CONSIGLIO NAZIONALE DEGLI ARCHITETTI PIANIFICATORI PAESAGGISTI E CONSERVATORI, CONSIGLIO ORDINE ARCHITETTI, PIANIFICATORI, PAESAGGISTI E CONSERVATORI DI TREVISO, PROCURATORE DELLA REPUBBLICA PRESSO IL TRIBUNALE DI TREVISO, PROCURATORE DELLA REPUBBLICA PRESSO IL TRIBUNALE DI VENEZIA;
– intimati –
avverso la decisione n. 48/2020 del CONSIGLIO NAZIONALE ARCHITETTI PIANIFICATORI PAESAGGISTI E CONSERVATORI, depositata il 29/12/2020;
udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del 12/10/2022 dal Consigliere ANTONIO SCARPA;
viste le conclusioni motivate, ai sensi del Decreto Legge 28 ottobre 2020, n. 137, articolo 23, comma 8-bis, convertito con modificazioni dalla L. 18 dicembre 2020, n. 176, formulate dal P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale MISTRI CORRADO, il quale ha chiesto l’accoglimento del secondo motivo di ricorso ed il rigetto del primo motivo.

FATTI DI CAUSA

L’architetto (OMISSIS) ha proposto ricorso articolato in tre motivi avverso la decisione del Consiglio Nazionale degli Architetti, Pianificatori, Paesaggisti e Conservatori del 29 dicembre 2020. Questa decisione ha respinto il ricorso dello stesso architetto (OMISSIS) contro la Delib. assunta dal Consiglio Nazionale degli Architetti, Pianificatori, Paesaggisti e Conservatori della provincia di Treviso, recante la sospensione disciplinare del professionista per 29 giorni a seguito del mancato assolvimento dell’obbligo formativo per il triennio 2014-2016.
Gli intimati, indicati in epigrafe, non hanno svolto attivita’ difensive.
Il ricorso e’ stato deciso in camera di consiglio procedendo nelle forme di cui al Decreto Legge 28 ottobre 2020, n. 137, articolo 23, comma 8-bis, convertito con modificazioni dalla L. 18 dicembre 2020, n. 176.

Azione disciplinare a carico di un architetto per mancato assolvimento dell’obbligo formativo

MOTIVI DELLA DECISIONE

1.Il primo motivo del ricorso dell’architetto (OMISSIS) denuncia la violazione dell’articolo 111 Cost. in relazione all’articolo 8 delle Linee Guida e di Coordinamento del regolamento per l’aggiornamento e sviluppo professionale continuo, approvate dal CNAPPC il 21 dicembre 2016, nonche’ alla L. 7 agosto 1990, n. 241, articoli 1 e 2. Il menzionato articolo 8 delle linee guida contiene al comma 2 norma secondo cui “(a)Ila scadenza del triennio formativo l’Ordine territoriale, mediante il Consiglio di Disciplina, riscontrato l’illecito avvia l’azione disciplinare in conformita’ al Codice Deontologico vigente, fatta salva la possibilita’ per l’iscritto di un ravvedimento operoso, nel termine perentorio di sei mesi dalla scadenza triennale”. Il ricorrente evidenzia che nel caso in esame l’azione disciplinare e’ stata avviata il 21 novembre 2018, e dunque a circa due anni dalla scadenza triennale, sicche’ era maturata la decadenza per l’azione disciplinare, a differenza di quanto affermato nella decisione del CNAPPC, secondo cui il termine di sei mesi e’ stabilito per l’eventuale ravvedimento operoso e non per il promovimento del procedimento disciplinare.
Il secondo motivo di ricorso denuncia la violazione dell’articolo 111 Cost. in relazione al Decreto del Presidente della Repubblica 7 agosto 2012, n. 137, articolo 7, all’articolo 9 del Codice Deontologico, all’articolo 8 delle Linee Guida e di Coordinamento del regolamento per l’aggiornamento e sviluppo professionale continuo approvate dal CNAPPC, nonche’ alla L. 7 agosto 1990, n. 241, articolo 3. L’assunto attiene al merito della sanzione irrogata: l’architetto (OMISSIS) non poteva dirsi soggetto all’obbligo di aggiornamento professionale, giacche’ egli e’ dal 2000 alle dipendenze di un’impresa di costruzione con qualifica di impiegato tecnico, non ha partita IVA, non e’ iscritto alla Cassa di Presidenza, svolge presso la societa’ datrice di lavoro un incarico operativo ed organizzativo.
Il terzo secondo motivo di ricorso denuncia la violazione dell’articolo 111 Cost. in relazione al Decreto del Presidente della Repubblica 7 agosto 2012, n. 137, articolo 7, agli articoli 9 e 41 del Codice Deontologico, alla L. 7 agosto 1990, n. 241, articolo 3, alla L. 24 novembre 1981, n. 689, articoli 1 e 3 ed all’articolo 11 disp. gen.. Qui si pone in evidenza che solo le sopravvenute Linee Guida aggiornate per il triennio 2020-2022 hanno poi specificato che non possono essere esonerati dall’attivita’ di aggiornamento professionale continuo, a titolo esemplificativo, “coloro che svolgono ruoli tecnici presso strutture private anche se non firmano atti professionali (per i quali la competenza resta un requisito fondamentale per l’adempimento del ruolo svolto secondo il contratto di impiego), sicche’ l’applicazione fatta nel caso in esame costituirebbe una violazione del principio di irretroattivita’ della sanzione disciplinare.

Azione disciplinare a carico di un architetto per mancato assolvimento dell’obbligo formativo

Del pari sarebbe stata applicata retroattivamente la sanzione della sospensione per 29 giorni in forza dell’articolo 9 comma 2, del codice deontologico nel testo entrato in vigore soltanto dal 29 settembre 2016, testo che, in deroga all’articolo 41, commi 2, 3 e 4 dello stesso Codice (ove per la violazione deontologica colposa si prevede la sanzione minima dell’avvertimento fino alla sanzione massima della sospensione per dieci giorni), ha stabilito che “la mancata acquisizione di un numero di crediti superiore al venti per cento comporta l’irrogazione della sanzione della sospensione, da calcolarsi nella misura di un giorno di sospensione per ogni credito formativo mancante”. 2. Tutti i motivi di ricorso vanno respinti.
2.1. Il primo motivo di ricorso e’ inammissibile.
2.1.1. Il ricorso per cassazione avverso le decisioni in materia disciplinare del Consiglio Nazionale degli Architetti, alla stregua della L. 24 giugno 1923, n. 1395 (Tutela del titolo e dell’esercizio professionale degli ingegneri e degli architetti) e del Regio Decreto 23 ottobre 1925, n. 2537 (Approvazione del regolamento per le professioni d’ingegnere e di architetto) e’ consentito, oltre che nei casi stabiliti dal Regio Decreto n. 2537 del 1925, articolo 17 (eccesso di potere ed incompetenza), anche (dinanzi alla sezione semplice, secondo il principio di cui all’articolo 374 c.p.c.) ai sensi dell’articolo 111 Cost. per violazione di legge, ovvero per mancanza di motivazione o motivazione apparente, esulando da detta previsione la verifica sulla sufficienza e razionalita’ della motivazione stessa, perche’ l’individuazione, l’interpretazione e l’applicazione delle regole di deontologia professionale nella valutazione degli addebiti attengono al merito del procedimento e non sono sindacabili in sede di legittimita’ se adeguatamente motivate (Cass. Sez. 3, 12/07/1999, n. 7342; Cass. Sez. 3, 26/04/1999, n. 4153; Cass. Sez. 3, 16/11/2006, n. 24392; Cass. Sez. 3, 07/07/2006, n. 15523).
Il Regio Decreto 23 ottobre 1925, n. 2537 non prevede, a differenza dell’analoga normativa dettata per gli appartenenti ad altri ordini professionali, termini di prescrizione o di decadenza dell’azione disciplinare nei confronti degli architetti (cfr. Cass. Sez. Unite, 19/07/1982, n. 4210).

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Il Consiglio Nazionale degli Architetti, Pianificatori, Paesaggisti e Conservatori, con riguardo alle esigenze di celerita’ avvertite dall’incolpato, ha peraltro congruamente spiegato che il tempo impiegato per il promovimento dell’azione disciplinare doveva considerarsi comunque adeguato in rapporto alla complessita’ ed al contenuto delle operazioni di accertamento, che hanno inizio trascorsi sei mesi dalla scadenza del triennio e coinvolgono tutti gli iscritti all’odine.
Neppure trova applicazione al procedimento disciplinare mei confronti degli architetti la L. n. 241 del 1990, articolo 2 il cui ambito operativo e’ espressamente limitato alla durata del procedimento amministrativo.
2.1.2. In realta’, il primo motivo del ricorso dell’architetto (OMISSIS) e’ basato essenzialmente sull’articolo 8 delle Linee Guida e di Coordinamento del regolamento per l’aggiornamento e sviluppo professionale continuo, approvate dal CNAPPC il 21 dicembre 2016, perche’ il ricorrente ravvisa nel testo di tale disposizione un termine di decadenza per l’esercizio dell’azione disciplinare.
Ora, queste linee guida trovano fondamento nel Decreto del Presidente della Repubblica 7 agosto 2012, n. 137, articolo 7 (Formazione continua) (Regolamento recante riforma degli ordinamenti professionali, a norma del Decreto Legge 13 agosto 2011, n. 138, articolo 3, comma 5, convertito, con modificazioni, dalla L. 14 settembre 2011, n. 148). Il Decreto del Presidente della Repubblica n. 137 del 2012, articolo 7 dispone: “1. (a)l fine di garantire la qualita’ ed efficienza della prestazione professionale, nel migliore interesse dell’utente e della collettivita’, e per conseguire l’obiettivo dello sviluppo professionale, ogni professionista ha l’obbligo di curare il continuo e costante aggiornamento della propria competenza professionale secondo quanto previsto dal presente articolo. La violazione dell’obbligo di cui al periodo precedente costituisce illecito disciplinare. (…) 3. Il consiglio nazionale dell’ordine o collegio disciplina con regolamento, da emanarsi, previo parere favorevole del ministro vigilante, entro un anno dall’entrata in vigore del presente decreto: a) le modalita’ e le condizioni per l’assolvimento dell’obbligo di aggiornamento da parte degli iscritti e per la gestione e l’organizzazione dell’attivita’ di aggiornamento a cura degli ordini o collegi territoriali, delle associazioni professionali e dei soggetti autorizzati; b) i requisiti minimi, uniformi su tutto il territorio nazionale, dei corsi di aggiornamento; c) il valore del credito formativo professionale quale unita’ di misura della formazione continua (…)”.
Non e’ dunque previsto dal Decreto del Presidente della Repubblica n. 137 del 2012, articolo 7 che il regolamento del consiglio nazionale dell’ordine sull’assolvimento dell’obbligo di aggiornamento da parte degli iscritti debba dettare i termini di promovimento dell’azione disciplinare correlata alla violazione dell’obbligo stesso.
D’altro canto, il testo del menzionato articolo 8, comma 2, delle linee guida sembra condizionare al termine perentorio di sei mesi dalla scadenza del triennio formativo la possibilita’ per l’iscritto di un ravvedimento operoso e non l’avvio dell’azione disciplinare.
In ogni caso, le Linee Guida e di Coordinamento del regolamento per l’aggiornamento e sviluppo professionale continuo, approvate dal CNAPPC il 21 dicembre 2016, e in generale i regolamenti emanati dai consigli nazionali degli ordini o collegi per l’assolvimento dell’obbligo di aggiornamento professionale da parte degli iscritti, seppure subordinati al previo parere favorevole del ministro vigilante, costituiscono espressione della libera autorganizzazione degli ordini professionali, e non possono essere considerati come regolamenti ai sensi dell’articolo 1 preleggi, n. 2, e, quindi, come norma di diritto invocabile dal ricorrente per cassazione, ai sensi dell’articolo 360 c.p.c., comma 1, n. 3, sul paradigma del vizio di violazione e falsa applicazione di norme di diritto (arg. da Cass. Sez. 2, 07/06/2013, n. 14450).
2.1.3. A cio’ consegue l’inammissibilita’ del primo motivo del ricorso dell’architetto (OMISSIS).
2.2. Il secondo motivo di ricorso e’, per le stesse ragioni del primo, inammissibile quanto alla dedotta violazione dell’articolo 8 delle Linee Guida approvate dal CNAPPC ed infondato quanto alla dedotta violazione della L. 7 agosto 1990, n. 241, articolo 3 dettato per la diversa materia del procedimento amministrativo e non applicabile al procedimento disciplinare a carico degli architetti.
Parimenti infondata e’ la denuncia della violazione del Decreto del Presidente della Repubblica 7 agosto 2012, n. 137, articolo 7 e dell’articolo 9 del Codice Deontologico. Infatti, il Decreto del Presidente della Repubblica n. 137 del 2012, articolo 7 dispone al comma 1 che la violazione da parte del professionista dell’obbligo di curare il continuo e costante aggiornamento della propria competenza professionale costituisce illecito disciplinare. A sua volta, l’articolo 9 (Aggiornamento professionale) del Codice Deontologico approvato dal CNAPPC, nel testo entrato in vigore il 1 gennaio 2014, prescriveva: “1. (a)l fine di garantire la qualita’ ed efficienza della prestazione professionale, nel migliore interesse dell’utente e della collettivita’, e per conseguire l’obiettivo dello sviluppo professionale, ogni Professionista ha l’obbligo di curare il continuo e costante aggiornamento della propria competenza professionale. 2. Il mancato rispetto dell’obbligo di aggiornamento professionale ai sensi delle norme vigenti, e la mancata o l’infedele certificazione del percorso di aggiornamento seguito, costituisce illecito disciplinare”.
Quanto all’allegazione che l’architetto (OMISSIS) non poteva dirsi soggetto all’obbligo di aggiornamento professionale, giacche’ dal 2000 alle dipendenze di un’impresa di costruzione con qualifica di impiegato tecnico, con mansioni meramente operative ed organizzative, essa attiene alla individuazione, all’interpretazione ed all’applicazione delle regole di deontologia professionale nella valutazione degli addebiti, le quali attengono al merito del procedimento e non sono sindacabili in sede per vizio di violazione di norma di diritto in sede di ricorso per cassazione avverso decisione del Consiglio Nazionale degli Architetti, alla stregua della L. 24 giugno 1923, n. 1395, e del Regio Decreto 23 ottobre 1925, n. 2537. La decisione impugnata ha sostenuto che il Consiglio di disciplina territoriale aveva sul punto svolto un’apposita istruttoria e concluso che non sussistesse alcun motivo per l’esonero.
E’ noto che l’articolo 2229 c.c., comma 2, rimette ad ordini e collegi professionali, fra l’altro, l’esercizio del potere disciplinare, nelle forme ore regolate dal Decreto del Presidente della Repubblica n. 137 del 2012, articolo 8 mentre l’articolo 7 del medesimo D.P.R., come visto, presidia anche con la sanzione disciplinare l’obbligo per ciascun iscritto di curare la propria formazione continua permanente, allo scopo di garantire la qualita’, l’efficienza e lo sviluppo della prestazione professionale, nell’interesse dell’utente e della collettivita’.
L’accertamento della sussistenza delle situazioni soggettive che giustificano l’esonero totale o parziale di un iscritto dagli obblighi formativi, in ragione del settore di attivita’, della quantita’ e qualita’ della sua attivita’ professionale (nella specie, un architetto impiegato presso una societa’ di costruzione con qualifica di impiegato tecnico), coinvolgendo un apprezzamento di fatto in ordine all’esigenza di garantire comunque la qualita’, l’efficienza e lo sviluppo della prestazione offerta, e’ riservato al consiglio dell’ordine ed e’ insindacabile in sede di legittimita’, se sorretto da motivazione congrua ed immune da vizi logici.
2.3. Va rigettato anche il terzo motivo di ricorso. Esso e’ infondato quanto al riferimento alla L. 7 agosto 1990, n. 241, articolo 3 per quanto gia’ esposto a proposito delle precedenti censure. Il motivo e’ altresi’ infondato quanto alla mancata sanzionabilita’ della condotta contestata all’architetto (OMISSIS), in ordine al mancato assolvimento dell’obbligo formativo per il triennio 2014-2016, giacche’, se e’ vero che soltanto le sopravvenute Linee Guida aggiornate per il triennio 2020-2022 (articolo 7) hanno specificato che non possono essere esonerati dall’attivita’ di aggiornamento professionale continuo, “a titolo esemplificativo”… coloro che svolgono ruoli tecnici presso strutture private anche se non firmano atti professionali”, e’ pur vero che l’obbligo di curare l’aggiornamento della preparazione professionale era gia’ previsto dal Decreto del Presidente della Repubblica 7 agosto 2012, n. 137, articolo 7 e dall’articolo 9 del Codice Deontologico approvato dal CNAPPC, nel testo entrato in vigore il 1 gennaio 2014, sicche’ il precetto era preesistente alla condotta sanzionata.
Neppure risulta violato il principio di non retroattivita’ della sanzione disciplinare, tipico di tutti i sistemi sanzionatori, per il fatto che sia stata irrogata in concreto la sanzione della sospensione per 29 giorni, facendo applicazione dell’articolo 9 comma 2, del codice deontologico nel testo entrato in vigore soltanto dal 29 settembre 2016, testo che, derogando all’articolo 41, commi 2, 3 e 4 dello stesso Codice (che prevede la sanzione massima della sospensione per dieci giorni), ha stabilito che “la mancata acquisizione di un numero di crediti superiore al venti per cento comporta l’irrogazione della sanzione della sospensione, da calcolarsi nella misura di un giorno di sospensione per ogni credito formativo mancante”.
La condotta contestata all’architetto (OMISSIS) concerneva il mancato assolvimento dell’obbligo formativo per il triennio 2014-2016. Ai sensi del gia’ richiamato articolo 8 delle Linee Guida e di Coordinamento, approvate dal CNAPPC il 21 dicembre 2016, alla scadenza del triennio formativo era altresi’ fatta salva la possibilita’ per l’iscritto di un ravvedimento operoso. Il protrarsi della condotta inadempiente sotto la vigenza della nuova, piu’ sfavorevole, previsione sanzionatoria sulla misura della sospensione, introdotta con l’articolo 9, comma 2, del codice deontologico nel testo entrato in vigore il 29 settembre 2016, assicurando la calcolabilita’ delle conseguenze della condotta stessa, rendeva, dunque, applicabile nella specie la modificazione “in peius” sopravvenuta.
3. Il ricorso va percio’ rigettato. Non occorre provvedere sulle spese del giudizio di cassazione in quanto gli intimati non hanno svolto attivita’ difensive.
Sussistono i presupposti processuali per il versamento – ai sensi del Decreto del Presidente della Repubblica 30 maggio 2002, n. 115, articolo 13, comma 1-quater, – da parte del ricorrente, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per l’impugnazione, se dovuto.

P.Q.M.

La Corte rigetta il ricorso.
Ai sensi del Decreto del Presidente della Repubblica n. 115 del 2002, articolo 13, comma 1 quater, da’ atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso principale, a norma dello stesso articolo 13, comma 1-bis se dovuto.

 

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