L’impugnazione del contratto definitivo con l’azione di cui all’articolo 2901 c.c. non esige che sia stata previamente chiesta la revoca anche del contratto preliminare.

Corte di Cassazione, sezione terza civile, Ordinanza 27 giugno 2018, n. 16896.

Le massime estrapolate:

L’impugnazione del contratto definitivo con l’azione di cui all’articolo 2901 c.c. non esige che sia stata previamente chiesta la revoca anche del contratto preliminare.
Ai fini dell’accoglimento dell’azione revocatoria puo’ costituire evento di danno anche la mera variazione qualitativa della composizione del patrimonio del debitore, come accade allorche’ una proprieta’ immobiliare sia convertita in denaro liquido.
Sono soggetti a revoca ai sensi dell’articolo 2901 c.c. i contratti definitivi stipulati in esecuzione di un contratto preliminare, allorquando sia provato il carattere fraudolento del negozio con cui il debitore abbia assunto l’obbligo poi adempiuto, e tale prova puo’ essere data nel giudizio introdotto con la domanda revocatoria del contratto definitivo indipendentemente da un’apposita domanda diretta nei confronti del contratto preliminare per sentirne dichiarare l’inefficacia.

Ordinanza 27 giugno 2018, n. 16896

Data udienza 11 aprile 2018

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TERZA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. VIVALDI Roberta – Presidente

Dott. IANNELLO Emilio – Consigliere

Dott. GIANNITI Pasquale – Consigliere

Dott. ROSSETTI Marco – rel. Consigliere

Dott. TATANGELO Augusto – Consigliere

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA
sul ricorso 22273-2015 proposto da:
(OMISSIS), elettivamente domiciliata in (OMISSIS), presso lo studio dell’avvocato (OMISSIS), che la rappresenta e difende unitamente all’avvocato (OMISSIS) giusta procura speciale a margine del ricorso;
– ricorrente –
contro
FALLIMENTO (OMISSIS) S.R.L. IN LIQUIDAZIONE, elettivamente domiciliata in (OMISSIS), presso lo studio dell’avvocato (OMISSIS), che la rappresenta e difende unitamente all’avvocato (OMISSIS) giusta procura speciale a margine del controricorso;
FALLIMENTO DELLA (OMISSIS) S.R.L. UNIPERSONALE in persona del Curatore Dott. (OMISSIS), elettivamente domiciliato in (OMISSIS), presso lo studio dell’avvocato (OMISSIS), che lo rappresenta e difende unitamente all’avvocato (OMISSIS) giusta procura speciale a margine del controricorso;
– controricorrenti –
avverso la sentenza n. 1054/2015 della CORTE D’APPELLO di VENEZIA, depositata il 22/04/2015;
udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del 11/04/2018 dal Consigliere Dott. MARCO ROSSETTI.
FATTI DI CAUSA
1. Nel 2011 la curatela del fallimento della (OMISSIS) s.r.l. (d’ora innanzi, per brevita’, “il fallimento Corina”) convenne dinanzi al Tribunale di Venezia (OMISSIS) e la societa’ (OMISSIS) s.r.l., esponendo:
-) di essere creditrice della (OMISSIS);
-) che la (OMISSIS) aveva alienato l’unico bene immobile di cui era proprietaria ad (OMISSIS), dietro pagamento di un prezzo di Euro 790.000 da versarsi in 300 rate mensili;
-) che l’atto era simulato, o comunque compiuto in frode delle proprie ragioni creditorie.
Chiese pertanto l’accertamento della simulazione o, in subordine, la dichiarazione di inefficacia dell’atto ex articolo 2901 c.c..
2. Il 15.7.2011, vale a dire dopo la notifica della citazione (avvenuta a febbraio 2011), ma prima della costituzione in giudizio, la convenuta (OMISSIS) venne dichiarata fallita.
La curatela del fallimento della (OMISSIS) (d’ora innanzi, per brevita’, “il fallimento (OMISSIS)”) si costitui’ in giudizio dichiarando di volere “far proprie” le domande gia’ proposte dal fallimento (OMISSIS), ovvero la domanda di simulazione e l’actio pauliana.
Dedusse che l’alienazione immobiliare dalla (OMISSIS) in bonis ad (OMISSIS) rientrava in un piu’ vasto disegno fraudolento, messo in atto dal medesimo nucleo familiare ( (OMISSIS)), al quale apparteneva la stessa (OMISSIS), e volto a sottrarre ai creditori delle societa’ del gruppo ( (OMISSIS), (OMISSIS), (OMISSIS) e (OMISSIS)) la generale garanzia patrimoniale rappresentata dal patrimonio del debitore.
3. Con sentenza 22.2.2013 n. 376 il Tribunale di Venezia accolse l’azione revocatoria nei confronti del fallimento (OMISSIS) (originario attore).
La decisione venne appellata da (OMISSIS) e dal fallimento (OMISSIS).
4. La Corte d’appello di Venezia con sentenza 22.4.2015 n. 1054 rigetto’ l’appello di (OMISSIS) ed accolse quello del fallimento (OMISSIS), dichiarando l’inefficacia della compravendita nei confronti del fallimento (OMISSIS).
La Corte d’appello ritenne che:
-) se, nel corso del giudizio avente ad oggetto la domanda revocatoria, fallisce il debitore alienante, la domanda puo’ essere coltivata soltanto dal fallimento del suddetto debitore, nell’interesse della massa dei creditori; ne consegue che, da un lato, legittimamente il fallimento (OMISSIS) si era costituito in giudizio ed aveva coltivato l’azione pauliana; dall’altro lato l’inefficacia della compravendita immobiliare ex articolo 2901 c.c. andava dichiarata nei confronti del fallimento (OMISSIS);
-) ricorrevano nella specie tutti e due gli elementi costitutivi dell’azione pauliana (scientia fraudis ed eventus damni);
-) la scientia fraudis era agevolmente desumibile dal fatto che (OMISSIS) era cognata dell’amministratore della (OMISSIS) e moglie dell’amministratore della (OMISSIS);
-) era irrilevante che la compravendita fosse stata stipulata in esecuzione di un contratto preliminare, del quale non era stata chiesta la revocatoria, dal momento che “l’azione pauliana non e’ utilmente esperibile avverso preliminari, stante che difetta la natura di atto di disposizione del bene, configurata solamente dal contratto definitivo”.
5. La sentenza d’appello e’ stata impugnata per cassazione da (OMISSIS) con ricorso fondato su due motivi; hanno resistito con controricorso il fallimento (OMISSIS) ed il fallimento (OMISSIS).
RAGIONI DELLA DECISIONE
1. Il primo motivo di ricorso.
1.1. Col primo motivo la ricorrente lamenta che la sentenza impugnata sia affetta sia dal vizio di violazione di legge, di cui all’articolo 360 c.p.c., n. 3, (denunciando genericamente la “violazione di norme di diritto”), sia dal vizio di omesso esame d’un fatto decisivo, di cui all’articolo 360 c.p.c., n. 5.
Nell’illustrazione del motivo (OMISSIS) formula una tesi cosi’ riassumibile:
-) la societa’ (OMISSIS) in bonis venne convenuta in giudizio dall’originario attore (il fallimento (OMISSIS)) in quanto parte, secondo la prospettazione attorea, d’un contratto di vendita stipulato in frode dei creditori;
-) tale posizione processuale si sarebbe “cristallizzata”;
-) quando, sopravvenuto il fallimento della (OMISSIS), si costitui’ in giudizio la curatela fallimentare, questa non propose affatto una sua autonoma domanda di accertamento della simulazione e di inefficacia del contratto ex articolo 2901 c.c., ma si limito’ “ad aderire alle domande formulate dal creditore, fallimento (OMISSIS)”.
La ricorrente conclude sostenendo che la Corte d’appello avrebbe pertanto errato nell’affermare che il fallimento (OMISSIS) “fece proprie” le domande gia’ proposte dal fallimento Carina; in realta’ il fallimento (OMISSIS) mai “fece proprie” le domande proposte dall’originario attore, ne’ mai “valorizzo’ la sua diversa posizione di procedura fallimentare di terzo rispetto al contratto che, sotto tale aspetto non e’ mai stata impugnata dal fallimento della societa’ (OMISSIS)”.
1.2. Il motivo e’ infondato, per due indipendenti ragioni.
1.2.1. La prima ragione e’ che il fallimento (OMISSIS), costituendosi nel giudizio di primo grado, chiese: “accertare l’inefficacia ex articolo 2901 c.c. nei confronti del fallimento (OMISSIS) e dunque ex articolo 66 L.F. nei confronti del fallimento della (OMISSIS) del contratto di compravendita indicato alla conclusione n. 1 del presente atto ed avente ad oggetto i beni immobili dianzi descritti, disponendosi, conseguentemente, la restituzione del bene immobile libero da persone e cose al curatore del fallimento della (OMISSIS)” (tali conclusioni sono trascritte a pagina 9 del controricorso). Nessun dubbio puo’ pertanto sussistere su quale fosse la volonta’ del fallimento (OMISSIS) e la domanda da esso proposta: ovvero far dichiarare l’inefficacia della compravendita immobiliare, ai sensi dell’articolo 66 L. Fall., e acquisire all’attivo fallimentare l’immobile alienato ad (OMISSIS).
Trattavasi di domanda ammissibile e procedibile, e giustamente presa in esame dal giudice di merito.
1.2.2. La seconda ragione e’ che nessun altro soggetto, se non il fallimento della (OMISSIS), avrebbe potuto far valere la natura fraudolenta della vendita compiuta dalla (OMISSIS) in bonis. E’ sin troppo noto, infatti, che per effetto della dichiarazione di fallimento al curatore viene attribuito ex lege sia il potere di disporre dei beni del fallito (articolo 42 L. Fall.) e di subentrare a lui nelle azioni in corso (articolo 43 L. Fall.), sia il potere di compiere gli atti necessari alla tutela delle ragioni dei creditori del fallito, ed a garantire la parita’ tra essi, in virtu’ della c.d. legittimazione di massa (desumibile, ad esempio, dagli articoli 66 e 67 L. Fall.).
L’azione pauliana, dal canto suo, ha lo scopo di preservare la garanzia patrimoniale rappresentata, per il creditore, dai beni del debitore (articolo 2740 c.c.). Essa infatti rende inefficace, rispetto al creditore che l’ha proposta, l’atto dispositivo compiuto dal debitore, ma non travolge l’effetto traslativo.
Pertanto, se dopo l’introduzione d’una azione revocatoria ordinaria venga dichiarato il fallimento del debitore convenuto, il creditore attore non potrebbe mai coltivare la propria domanda nei confronti della curatela, giacche’ l’inefficacia dell’atto che si assume fraudolentemente compiuto non potrebbe che essere accertata e dichiarata nei confronti di tutti i creditori del debitore fallito.
La prosecuzione dell’azione revocatoria ordinaria dopo il fallimento del debitore convenuto, pertanto, violerebbe la par condicio creditorum e contrasterebbe con il principio della legittimazione di massa accordata al curatore.
Le conclusioni appena esposte non mutano quando, come nel caso di specie, a promuovere l’azione revocatoria ordinaria sia stato non il creditore, ma la curatela del fallimento del creditore.
Infatti, cosi’ come il creditore del fallito non potrebbe chiedere ed ottenere la dichiarazione di inefficacia dell’atto dispositivo, da questi compiuto quando era in bonis, solo nei propri riguardi, allo stesso modo la curatela del creditore fallito, in quanto rappresentativa delle istanze dell’intero ceto creditorio del creditore pur egli fallito, deve anch’essa concorrere, con tutti gli altri creditori del debitore fallito, alla realizzazione del credito di massa.
Nel presente giudizio, pertanto, non solo il fallimento (OMISSIS) ha correttamente coltivato la domanda revocatoria originariamente proposta dal fallimento (OMISSIS), ma nessun altro avrebbe potuto coltivare tale domanda se non il fallimento (OMISSIS).
2. Il secondo motivo di ricorso.
2.1. Anche col secondo motivo di ricorso la ricorrente lamenta che la sentenza impugnata sia affetta sia dal vizio di violazione di legge, sia da quello di omesso esame d’un fatto decisivo.
Sebbene formalmente unitario, il motivo in esame contiene plurime censure, tutte concernenti il giudizio con cui la Corte d’appello ha ritenuto sussistenti tanto l’eventus damni, quanto la scientia fraudis. Per maggior chiarezza, tali censure verranno prese in esame singolarmente.
2.2. Con una prima censura (p. 12 del ricorso) la ricorrente sostiene che la vendita di cui il fallimento invoca la revoca era stata compiuta in esecuzione di un contratto preliminare, che non era stato impugnato ai sensi dell’articolo 2901 c.c.. Deduce che anche tale contratto andava impugnato, e che erroneamente la Corte d’appello avrebbe ritenuto il contrario.
2.2.1. La doglianza e’ manifestamente infondata, dal momento che, per giurisprudenza pacifica di questa Corte, l’impugnazione del contratto definitivo con l’azione di cui all’articolo 2901 c.c.non esige che sia stata previamente chiesta la revoca anche del contratto preliminare (ex multis, Sez. 3, Sentenza n. 18528 del 20/08/2009, Rv. 609396 – 01).
2.3. Con una seconda censura la ricorrente lamenta che la Corte d’appello avrebbe erroneamente ritenuto che l’atto revocando fosse pregiudizievole per le ragioni dei creditori. Sostiene che la circostanza che la societa’ (OMISSIS), col contratto impugnato, si fosse spogliata del proprio intero patrimonio immobiliare, non ha realizzato un evento di danno, perche’ a fronte dell’alienazione la (OMISSIS) ottenne un corrispettivo della cui congruita’ non si era mai discusso.
2.3.1. La censura e’ infondata, noto essendo che ai fini dell’accoglimento dell’azione revocatoria puo’ costituire evento di danno anche la mera variazione qualitativa della composizione del patrimonio del debitore, come accade allorche’ una proprieta’ immobiliare sia convertita in denaro liquido (ex multis, Sez. 3, Sentenza n. 1896 del 09/02/2012, Rv. 621268 – 01).
2.4. Con una terza censura la ricorrente lamenta l’erroneita’ della sentenza impugnata nella parte in cui ha ritenuto sussistente il requisito della scientia fraudis.
Sostiene che le circostanze cui la Corte d’appello ha attribuito rilievo (che l’acquirente (OMISSIS) avesse pagato il prezzo a rate; che avesse poi sospeso il pagamento del prezzo rateizzato; che avesse rinunciato all’ipoteca) erano tutte irrilevanti e non dimostravano la scientia fraudis, in quanto il pagamento rateale si giustificava con l’elevato prezzo pagato; la rinuncia all’ipoteca si giustificava col fatto che il pagamento avvenne con cambiali ipotecarie; corrisponde a normalita’ che l’acquirente, dopo la notifica dell’atto di citazione, avesse cautelativamente sospeso il pagamento, invocando l’exceptio inadimpleti contractus.
2.4.1. La censura e’ inammissibile, in quanto investe la valutazione di elementi indiziari, e pretende che questa Corte sindachi il modo in cui il giudice di merito ha valutato tali indizi.
Una censura di questo tipo si scontra dunque contro il consolidato e
pluridecennale orientamento di questa Corte, secondo cui non e’ consentita in sede di legittimita’ una valutazione delle prove ulteriore e diversa rispetto a quella compiuta dal giudice di merito, a nulla rilevando che quelle prove potessero essere valutate anche in modo differente rispetto a quanto ritenuto dal giudice di merito (ex permultis, Sez. L, Sentenza n. 7394 del 26/03/2010, Rv. 612747; Sez. 3, Sentenza n. 13954 del 14/06/2007, Rv. 598004; Sez. L, Sentenza n. 12052 del 23/05/2007, Rv. 597230; Sez. 1, Sentenza n. 7972 del 30/03/2007, Rv. 596019; Sez. 1, Sentenza n. 5274 del 07/03/2007, Rv. 595448; Sez. L, Sentenza n. 2577 del 06/02/2007, Rv. 594677; Sez. L, Sentenza n. 27197 del 20/12/2006, Rv. 594021; Sez. 1, Sentenza n. 14267 del 20/06/2006, Rv. 589557; Sez. L, Sentenza n. 12446 del 25/05/2006, Rv. 589229; Sez. 3, Sentenza n. 9368 del 21/04/2006, Rv. 588706; Sez. L, Sentenza n. 9233 del 20/04/2006, Rv. 588486; Sez. L, Sentenza n. 3881 del 22/02/2006, Rv. 587214; e cosi’ via, sino a risalire a Sez. 3, Sentenza n. 1674 del 22/06/1963, Rv. 262523, la quale affermo’ il principio in esame, poi ritenuto per sessant’anni: e cioe’ che “la valutazione e la interpretazione delle prove in senso difforme da quello sostenuto dalla parte e’ incensurabile in Cassazione”).
2.5. Con una quarta censura la ricorrente lamenta che, ai fini dell’accoglimento dell’azione revocatoria, l’eventus damni e la scientia fraudis andavano accertati non gia’ rispetto al fallimento (OMISSIS), originario attore, ma rispetto al fallimento (OMISSIS), indagine che la Corte d’appello non aveva affatto compiuto.
2.5.1. La censura e’ inammissibile, e fors’anche incomprensibile.
La Corte d’appello ha accertato in punto di fatto che l’atto dispositivo compiuto dalla (OMISSIS) in bonis ha privato l’attivo fallimentare della medesima societa’ dell’unico immobile di cui disponeva, e che l’acquirente fosse a conoscenza degli effetti pregiudizievoli che l’atto compiuto “dalla societa’” (scilicet, la (OMISSIS) in bonis) avrebbe avuto per “i suoi creditori”.
Le regole della sintassi della lingua italiana rendono evidente che nella sentenza impugnata l’aggettivo possessivo “suoi” e’ riferito al soggetto grammaticale “la societa’”.
Il senso del periodo e’ dunque che l’acquirente conosceva il pregiudizio che l’atto avrebbe arrecato ai creditori della (OMISSIS) Immobiliare.
Appare dunque francamente sorprendente come la ricorrente possa sostenere, a fondamento della censura qui in esame, che la Corte d’appello non avrebbe accertato la sussistenza dell’eventus damni e della scientia fraudis rispetto alla (OMISSIS).
2.6. Con una quinta censura la ricorrente sostiene che la compravendita immobiliare stipulata tra lei e la (OMISSIS) in bonis costituiva adempimento di un contratto preliminare stipulato un anno prima. Essa pertanto non era revocabile, in quanto costituiva per la (OMISSIS) adempimento di un’obbligazione, e quindi un atto dovuto.
2.6.1. La censura e’ infondata.
Questa Corte ha infatti gia’ stabilito che “sono soggetti a revoca ai sensi dell’articolo 2901 c.c. i contratti definitivi stipulati in esecuzione di un contratto preliminare, allorquando sia provato il carattere fraudolento del negozio con cui il debitore abbia assunto l’obbligo poi adempiuto, e tale prova puo’ essere data nel giudizio introdotto con la domanda revocatoria del contratto definitivo indipendentemente da un’apposita domanda diretta nei confronti del contratto preliminare per sentirne dichiarare l’inefficacia” (Sez. 3, Sentenza n. 18528 del 20/08/2009, Rv. 609396 – 01).
Resta solo da aggiungere che la giurisprudenza invocata dalla ricorrente alle pagine 17-19 del proprio ricorso concerne una questione ben diversa, ovvero il momento rispetto al quale deve essere accertata la scientia fraudis dell’acquirente (momento che va individuato in quello della stipula del preliminare, e non del definitivo).
2.7. Con una sesta censura la ricorrente sostiene che la circostanza che essa fosse legata da un vincolo di coniugio o parentela con gli amministratori tanto della (OMISSIS) quanto della (OMISSIS) era di per se’ irrilevante, ed erroneamente la Corte d’appello le avrebbe attribuito rilievo.
2.7.1. La censura e’ inammissibile, in quanto investe un apprezzamento di fatto, come tale riservato al giudice di merito.
3. Le spese.
3.1. Le spese del presente grado di giudizio vanno a poste a carico della ricorrente, ai sensi dell’articolo 385 c.p.c., comma 1, e sono liquidate nel dispositivo.
3.2. Il rigetto del ricorso costituisce il presupposto, del quale si da’ atto con la presente sentenza, per il pagamento a carico della parte ricorrente di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per l’impugnazione, ai sensi del Decreto del Presidente della Repubblica 30 maggio 2002, n. 115, articolo 13, comma 1 quater, (nel testo introdotto dalla L. 24 dicembre 2012, n. 228, articolo 1, comma 17).
P.Q.M.
La Corte di cassazione:
-) rigetta il ricorso;
-) condanna (OMISSIS) alla rifusione in favore di Fallimento della (OMISSIS) s.r.l. delle spese del presente giudizio di legittimita’, che si liquidano nella somma di Euro 13.200, di cui Euro 200 per spese vive, oltre I.V.A., cassa forense e spese forfettarie ex Decreto Ministeriale 10 marzo 2014, n. 55, articolo 2, comma 2;
-) condanna (OMISSIS) alla rifusione in favore di Fallimento della (OMISSIS) s.r.l. delle spese del presente giudizio di legittimita’, che si liquidano nella somma di Euro 13.200, di cui 200 per spese vive, oltre I.V.A., cassa forense e spese forfettarie ex Decreto Ministeriale 10 marzo 2014, n. 55, articolo 2, comma 2;
-) da’ atto che sussistono i presupposti previsti dal Decreto del Presidente della Repubblica n. 115 del 2002, articolo 13, comma 1 quater, per il versamento da parte di (OMISSIS) di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per l’impugnazione.

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