Il reato di falso ideologico in atto pubblico

Corte di Cassazione, sezione quinta penale, Sentenza 10 maggio 2018, n. 20815

Le massime estrapolate

In tema di falso documentale, la falsita’ in atto pubblico puo’ integrare il falso per omissione non solo quando il pubblico ufficiale non riporta le dichiarazioni ricevute, ma anche quando un’attestazione incompleta – perche’ priva dell’informazione su un determinato fatto attribuisca al tenore dell’atto un senso diverso, cosi’ che l’enunciato descrittivo venga ad assumere nel suo complesso un significato contrario al vero o negativo dell’esistenza di dati rilevanti.
Integra il reato di falso ideologico in atto pubblico la condotta del pubblico ufficiale che, formando un’attestazione, tace dati la cui omissione, non ultronea nell’economia dell’atto, produca il risultato di una documentazione incompleta e comunque contraria, anche se parzialmente, al vero.
Integra il reato di falso ideologico in atto pubblico, la condotta del pubblico ufficiale che fornisca una parziale rappresentazione dei fatti caduti sotto la sua diretta percezione, considerato che, ai fini dell’elemento soggettivo del reato, e’ sufficiente il dolo generico, consistente nella rappresentazione e nella volonta’ delrimmutatio veri”, mentre non e’ richiesto l'”animus nocendi” ne’ l'”animus decipiendi”, con la conseguenza che il delitto sussiste non solo quando la falsita’ sia compiuta senza l’intenzione di nuocere, ma anche quando la sua commissione sia accompagnata dalla convinzione di non produrre alcun danno.
Sebbene ai fini dell’integrazione del delitto di falsita’ ideologica commessa dal pubblico ufficiale in atti pubblici, l’elemento soggettivo richiesto e’ il dolo generico, che consiste nella consapevolezza della “immutatio veri”, questo non puo’ coincider con il dolo in “re ipsa”, la ridetta componente psicologica essendo comunque da provare, poiche’ non e’ configurabile il reato di cui all’articolo 479 c.p. quando il falso derivi da una semplice leggerezza dell’agente.
Ai fini della configurazione del reato di falso ideologico in atto pubblico, costituisce atto pubblico non solo l’atto destinato ad assolvere una funzione attestativa o probatoria esterna, con riflessi diretti ed immediati nei rapporti tra privati e P.A., ma anche gli atti cosiddetti interni cioe’ sia quelli destinati ad inserirsi nel procedimento amministrativo, offrendo un contributo di conoscenza o di valutazione, che quelli che si collocano nel contesto di una complessa sequela procedimentale – conforme o meno allo schema tipico – ponendosi come necessario presupposto di momenti procedurali successivi.
In caso di falso ideologico, non ricorre l’ipotesi del reato impossibile per inidoneita’ dell’azione ove la contestata falsita’ dell’attestazione non emerga dal documento stesso in cui questa e’ trasfusa, ma ab extra, per effetto di enunciati descrittivi o valutativi di segno contrario incorporati in altri documenti. Il reato impossibile, infatti, presuppone l’originaria, assoluta inefficienza causale dell’azione, da valutare oggettivamente in concreto e con giudizio ex ante, con la conseguenza che il verificarsi dell’evento e, conseguentemente, il pericolo di offesa per il bene tutelato, debbono profilarsi come impossibili a causa delle intrinseche caratteristiche dell’azione.

Sentenza 10 maggio 2018, n. 20815

Data udienza 17 aprile 2018

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE QUINTA PENALE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. MICCOLI Grazia – Presidente

Dott. MAZZITELLI Caterina – Consigliere

Dott. SCORDAMAGLIA Irene – rel. Consigliere

Dott. BORRELLI Paola – Consigliere

Dott. AMATORE Roberto – Consigliere

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA
sul ricorso proposto da:
(OMISSIS), nato il (OMISSIS);
(OMISSIS), nato il (OMISSIS);
avverso la sentenza del 30/09/2016 della CORTE APPELLO di BOLOGNA;
visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso;
udita la relazione svolta dal Consigliere Dr. IRENE SCORDAMAGLIA;
Udito il Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore MIGNOLO OLGA che ha concluso per (OMISSIS), annullamento senza rinvio sul punto non menzione della pena rigetto nel resto; per (OMISSIS) rigetto.
Udito il difensore l’avvocato AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO, chiede il rigetto dei ricorso, contestualmente deposita conclusioni e nota spese.
l’avvocato (OMISSIS), chiede la conferma della sentenza, si riporta alle conclusioni che deposita unitamente alla nota spese.
l’avvocato (OMISSIS), chiede l’accoglimento del ricorso.
l’avvocato (OMISSIS), si riporta ai motivi del ricorso e concorda con il P.G. per la non menzione della pena.

RITENUTO IN FATTO

1. Con sentenza in data 30 settembre 2016, la Corte di Appello di Bologna ha confermato la condanna pronunciata dal Giudice dell’udienza preliminare del Tribunale della stessa citta’ nei confronti di (OMISSIS) e di (OMISSIS), imputati del delitto di falso ideologico in atto pubblico – in esso assorbito quello originariamente contestato di tentato abuso di ufficio -, commesso il (OMISSIS), in concorso fra loro e con (OMISSIS), quali componenti della commissione esaminatrice del concorso per un posto da ricercatore universitario nel settore scientifico disciplinare BIO/14 (Farmacologia dell’invecchiamento) indetto dalla Facolta’ di medicina e chirurgia dell’Universita’ degli studi di (OMISSIS), Dipartimento di Farmacologia, con specifico riferimento alla prova orale sostenuta dalla candidata (OMISSIS), la cui audizione era stata sospesa e posposta al termine dell’esame degli altri candidati, senza che di tale circostanza fosse stato dato atto nel verbale n. 6 e nell’allegato C), redatti dal Prof. (OMISSIS), quale segretario della commissione d’esame, e sottoscritti dai componenti della stessa, riformando la decisione gravata limitatamente al trattamento sanzionatorio irrogato all’imputata (OMISSIS) per effetto del riconoscimento delle circostanze attenuanti generiche.
2. Ha ritenuto il giudice distrettuale che l’omessa verbalizzazione della sospensione della prova orale della candidata (OMISSIS) e la sua posposzione al termine dell’audizione degli altri candidati, giacche’ integrante una procedura anomala rispetto allo schema ritraibile dalle norme di legge e di regolamento disciplinanti le modalita’ di espletamento delle procedure per il reclutamento dei professori universitari di ruolo e dei ricercatori (Decreto del Presidente della Repubblica 23 marzo 2000, n. 117, articolo 4, Regolamento recante modifiche al Decreto del Presidente della Repubblica 19 ottobre 1998, n. 390; Decreto Rettorale n. 4762 del 21 dicembre 2000, come modificato dal Decreto Rettorale n. 1065/35519 del 26 luglio 2007) – visto il criterio stabilito dalla commissione giudicatrice di procedere all’espletamento della prova orale seguendo l’ordine alfabetico dei candidati – avesse inciso in maniera determinante sul principio della par condicio tra i candidati, la quale costituisce la ratio delle disposizioni che impongono la documentazione della successione di atti che compongono la procedura di selezione del vincitore del concorso, dovendosi ragionevolmente stimare che la (OMISSIS) – risultata vincitrice del posto bandito -, ove non avesse beneficiato della opportunita’ concessale, avrebbe riportato ben altro risultato nella prova, riconosciuta, del resto, dalla stessa commissione come ab initio deficitaria; ha, del pari, soggiunto che l’illustrata significativa omissione non fosse imputabile a negligenza da parte dei commissari imputati, ma fosse consapevole e volontaria, giacche’ animata dallo scopo di assecondare il volere del presidente della commissione, il Professor (OMISSIS) – gia’ direttore del Dipartimento di Farmacologia -, il quale aveva predestinato la (OMISSIS) alla vittoria del concorso, avendola reputata – al di la’ degli esiti delle prove comparative – la sola idonea a dirigere, giacche’ neurobiologa, il laboratorio di ricerca riguardante le malattie degenerative connesse all’invecchiamento, e, comunque, perche’ animato da un intento ostile nei confronti degli allievi di docenti universitari con i quali non era in buoni rapporti, e cosi’ a favorire la candidata estranea a tale circuito accademico.
3. Hanno proposto separatamente ricorso per cassazione i due imputati, per il tramite dei rispettivi difensori, ciascuno per le ragioni di seguito indicate.
3.1. (OMISSIS) affida il ricorso a quattro motivi.
Col primo contesta la configurabilita’ del delitto di cui all’articolo 479 c.p., sostenendo che i verbali tacciati di falsita’ hanno fedelmente attestato lo svolgimento delle operazioni di esame, omettendo soltanto attestazioni non richieste dalla legge, ne’ dal bando di concorso. Osserva, al riguardo, che il ragionamento seguito dal giudice censurato finisce per vulnerare il principio di tassativita’ e determinatezza della fattispecie incriminatrice, posto che rapporta la delibazione in ordine alla significativita’ dell’informazione omessa non alla funzione dimostrativa assegnata, in maniera predeterminata e generalizzata, all’atto in se’, ma allo scopo complessivamente perseguito dall’operazione illecita in cui il falso per omissione e’ inserito, la cui selezione sarebbe attribuita alla discrezionalita’ giudiziale. Sottolinea, peraltro, che il Consiglio di Stato, investito delle questioni relative alle invalidita’ degli atti della procura concorsuale nel suo complesso, con l’evidenziare che la stessa, benche’ caratterizzata da una violazione delle norme procedimentali della prova orale, non avesse palesato uno sviamento della potesta’ valutativa da parte della Commissione esaminatrice, aveva escluso lo scopo di favoritismo che, secondo la Corte territoriale, avrebbe contrassegnato l’omessa documentazione della sospensione e della posposzione della prova orale della (OMISSIS), e con cio’ aveva indirettamente riconosciuto che il silenzio serbato dalla commissione esaminatrice su tale circostanza non potesse incidere sulla funzione attestativa tipica dei documenti contestati.
Col secondo motivo denuncia l’illogicita’ della motivazione, avendo la Corte d’Appello, per un verso, affermato che il Professor (OMISSIS) fosse estraneo alle lotte intestine e che, cio’ nonostante, avesse assecondato l’intento favoritistico della (OMISSIS) manifestato dal Professor (OMISSIS) in odio ai colleghi del dipartimento; per altro, verso ritenuto che la piena ammissione delle circostanze in cui si era svolta la prova orale della candidata proclamata vincitrice contenuta nella comunicazione inviata al Rettore, recante la data del 7 maggio 2008, fosse l’effetto del clamore inaspettato seguito alla vicenda, le cui dinamiche sarebbero rientrate nella prassi da tutti accettata dei concorsi universitari, quando, invece, l’indicato chiarimento doveva considerarsi atto dovuto all’interno della procedura prevista dall’articolo 9, comma 4 del Decreto Rettorale del 26 luglio 2007 n. 1065/35519, onde consentire la regolarizzazione dei vizi riscontrati dal Rettore; di talche’ lo stesso non poteva essere interpretato, alla stregua della maliziosa lettura operata nei gradi di merito, come espressione di una scelta obbligata, posto che “mai prima di allora era stato negato quanto era avvenuto durante la prova orale” (sic pag. 8 del ricorso), ma costituiva, piuttosto, l’indice della buona fede dei componenti della commissione.
Col terzo motivo eccepisce il vizio di mancata pronuncia su una doglianza specificamente articolata nell’atto di appello e riguardante la sollecitazione rivolta alla Corte territoriale diretta a verificare la sussistenza del fatto del delitto di falso ideologico contestato alla luce dell’atto complesso, costituito, ai sensi dell’articolo 9, comma 4, del Decreto Rettorale del 26 luglio 2007, n. 1065/35519, dai verbali della prova orale (segnatamente il verbale n. 6 e l’allegato C redatti e sottoscritti dai membri della commissione esaminatrice il (OMISSIS)) e dalla comunicazione inviata al Rettore il 7 maggio 2008, atteso che le precisazioni rese dalla triade dei docenti erano tali da elidere i profili di eventuale offensivita’ rispetto alla fede pubblica insiti nei soli verbali del 19 marzo 2018.
Col quarto motivo deduce l’illogicita’ e la contraddittorieta’ che inficerebbero la motivazione del provvedimento impugnato in punto di diniego delle circostanze attenuanti generiche in regime di prevalenza, l’esclusione di ogni resipiscenza posta a fondamento di tale statuizione essendo esclusa dal significato confessorio riconosciuto dallo stesso giudice censurato alla comunicazione al Rettore del 7 maggio 2008 e dalle condotte riparatorie del danno da reato effettate da esso ricorrente nei confronti di alcune parti civili costituite.
3.2. Censure sostanzialmente analoghe sono sviluppate nel primo dei due motivi di ricorso di (OMISSIS), con il quale e’ analiticamente contrastata la configurabilita’ nella fattispecie concreta del falso per omissione ravvisato dalla Corte di Appello, avuto riguardo, dal punto di vista dell’elemento oggettivo del reato, alla mancanza di norme di legge o di regolamento che imponessero alla commissione di verbalizzare le modalita’ di svolgimento della prova orale e alla visione parcellizzata della presunta omissione in chiave di alterazione della regola della par condicio – questa potendosi dire violata soltanto se fosse rimasto accertato (e non lo e’ stato) che la (OMISSIS) fosse immeritevole di vincere il concorso sul versante della valutazione di merito riportata -, e dal punto di vista soggettivo, alla impossibilita’ di desumere la consapevole e volontaria immutazione del vero dalla sola violazione di regole procedurali; elementi, quelli segnalati, suscettibili di riverberarsi negativamente in maniera ancor piu’ decisiva sulla tenuta della motivazione riguardante il contributo dolosamente offerto dalla Professoressa (OMISSIS) alla buona riuscita dell’operazione di favoritismo della (OMISSIS), lo status di docente esperta riconosciuto all’imputata non essendo da solo sufficiente a suffragare la tesi d’accusa, alla stregua della sua acclarata estraneita’ alle lotte intestine al Dipartimento di Farmacologia di (OMISSIS) e all’assenza di rapporti con gli altri membri della commissione.
Col secondo motivo la ricorrente si duole del mancato riconoscimento in suo favore del beneficio della non menzione della sentenza di condanna nel certificato del casellario, potendone di contro ella beneficiare, alla stregua di affermata giurisprudenza di legittimita’, che consente la concessione del detto beneficio in favore di chi, come essa deducente, abbia riportato una precedente condanna per la quale sia intervenuta pronuncia di riabilitazione.

CONSIDERATO IN DIRITTO

I ricorsi non meritano accoglimento.
1. Sono infondate le deduzioni sviluppate da entrambi i ricorrenti in tema di inconfigurabilita’
del reato di falsita’ ideologica in atti pubblici per difetto del relativo elemento oggettivo. Come si e’ ricordato in narrativa, infatti, la Corte di appello ha ravvisato la realizzazione del reato di cui all’articolo 479 c.p. mediante condotta omissiva, in relazione al contenuto dei verbali redatti dalla commissione esaminatrice composta dai due imputati. La falsita’ per omissione vizierebbe, secondo l’ipotesi accusatoria recepita dal giudice di merito, il verbale n. 6 e l’allegato C della seduta di esame del concorso per l’assegnazione del posto da ricercatore in farmacologia delle malattie degenerative dell’invecchiamento, bandito dalla Facolta’ di medicina e chirurgia dell’Universita’ di (OMISSIS), tenutasi il giorno (OMISSIS), nella parte riguardante la prova orale sostenuta dalla candidata (OMISSIS), essendosi addebitato ai componenti della commissione di aver omesso di precisare che l’audizione della detta candidata – chiamata, secondo il criterio deciso dalla stessa commissione dell’ordine alfabetico, a dissertare sull’argomento della interazione dei farmaci – era stata interrotta, avendo l’esaminanda dimostrato gravi incertezze nell’esposizione del tema per una subentrata situazione di forte emotivita’, e posposta all’audizione degli altri candidati, cui, peraltro, la (OMISSIS) aveva assistito, avendo modo, cosi’, di ascoltare le risposte date da chi l’aveva preceduta su settori di disciplina connessi a quello sul quale avrebbe dovuto vertere la propria discussione.
Il nucleo da cui muovono i rilievi censori formulati da entrambi i ricorrenti – i quali non hanno mai negato lo svolgimento della prova orale della (OMISSIS) secondo le cadenze indicate dall’accusa – si coglie, invero, nella contestazione della rilevanza delle informazioni omesse, posto che non solo le stesse non potevano dirsi ricomprese nel contenuto tipico dei verbali della prova di esame in relazione allo scopo documentativo ad essi assegnato, ma non costituivano neppure oggetto di un preciso obbligo giuridico di fornirle incombente sui commissari.
In effetti, avuto riguardo alla funzione del precetto di cui all’articolo 479 c.p., diretta a stigmatizzare con la sanzione criminale la condotta del pubblico ufficiale che “…comunque attesta falsamente fatti dei quali l’atto e’ destinato a provare la verita’”, deve riconoscersi che le informazioni che il pubblico agente e’ tenuto a rendere devono essere selezionate secondo il criterio della loro rilevanza, da individuarsi nella destinazione probatoria di fatti ed eventi in relazione allo scopo dell’atto comunicativo; scopo che si identifica con la finalita’ oggettiva in vista della quale e’ prevista l’attestazione compiuta dal pubblico ufficiale, comprensiva di tutti i fini, diretti ed indiretti, rispetto ai quali e’ necessaria una documentazione privilegiata di fatti o eventi che ne costituiscono l’indefettibile antecedente logico-fattuale. In tal senso autorevole giurisprudenza di questa Corte di legittimita’ ha chiarito che, in materia di falso ideologico in atto pubblico, la rilevanza delle informazioni trasfuse nell’atto redatto dal pubblico ufficiale deriva dallo scopo inerente alle funzioni assegnategli, in relazione al contributo che la sua attestazione – in termini di conoscenza o di determinazione – fornisce ad un procedimento della Pubblica amministrazione (Sez. 5, n. 44383 del 29/05/2015, Centaro e altro, Rv. 266401; Sez. 5, n. 3552 del 09/02/1999, Andronico ed altri, Rv. 213363).
Da tale indicazione di massima puo’ trarsi il corollario secondo il quale, se e’ vero che la clausola di rilevanza delle informazioni da trasfondere nell’atto pubblico, di cui all’ultima parte dell’articolo 479 c.p.p., delinea la stessa tipicita’ – e quindi l’elemento oggettivo – del delitto di falso ideologico, riferendosi le stesse a fatti o eventi incidenti sulla funzione probatoria del documento, il criterio dello scopo dell’atto, considerato nella sua accezione di azione intenzionale con la quale il dichiarante trasmette un contenuto informativo, il quale puo’ anche consistere nella attestazione implicita della inesistenza di fatti rilevanti in realta’ verificatisi, mediante la loro omessa documentazione, non puo’ esaurirsi nel raggio di una espressa e specifica norma, come sarebbe imposto se ci si trovasse al cospetto di un’autentica condotta omissiva, ma si desume dal complesso delle norme che regolano un certo procedimento amministrativo all’interno del quale si inserisce anche l’atto pubblico attestante implicitamente l’inesistenza di fatti o eventi dissonanti rispetto alla funzione assegnata al procedimento amministrativo.
Donde, sulla base di queste indicazioni direttive, puo’ affermarsi che il falso in atto pubblico, inteso quest’ultimo nella sua dimensione sostanziale di genuino ed adeguato mezzo di comunicazione di fatti o eventi costituenti il presupposto della corretta esplicazione della funzione, appare proiettato verso la inosservanza di quelle regole di imparzialita’ e di trasparenza che presidiano il buon andamento della pubblica amministrazione nella sua accezione costituzionale. E da cio’ si trae ragione per riconoscere che la fedele documentazione dell’ordine di assunzione delle prove orali del concorso da ricercatore indetto dall’Universita’ di (OMISSIS) era senz’altro dovuta, ricadendo anche su circostanze, quali la sospensione e la posposizione della prova orale della candidata (OMISSIS), destinataria, per effetto di tale differimento, di un trattamento “di favore” rispetto a quello riservato agli altri canditati, certamente decisive sul piano della garanzia della par condicio dei partecipanti alla selezione comparativa, e come tali rientranti nello scopo dell’atto, proteso a registrare l’incedere della procedura selettiva secondo canoni di imparzialita’ e trasparenza.
2. Nondimeno, non puo’ sottacersi del principio di diritto unanimemente condiviso, secondo cui: “In tema di falso documentale, la falsita’ in atto pubblico puo’ integrare il falso per omissione non solo quando il pubblico ufficiale non riporta le dichiarazioni ricevute, ma anche quando un’attestazione incompleta – perche’ priva dell’informazione su un determinato fatto attribuisca al tenore dell’atto un senso diverso, cosi’ che l’enunciato descrittivo venga ad assumere nel suo complesso un significato contrario al vero o negativo dell’esistenza di dati rilevanti” (Sez. 5, n. 48755 del 04/11/2014, P.M. in proc. Kosara, Rv. 261295; Sez. 5, n. 45118 del 23/04/2013, Di Fatta e altri, Rv. 257549; Sez. 5, n. 18191 del 09/01/2009, De Donno, Rv. 243774; Sez. 5, n. 6244 del 14/01/2004, P.M. in Bongioannini, Rv. 228077): cosicche’ integra il reato di falso ideologico in atto pubblico la condotta del pubblico ufficiale che, formando un’attestazione, tace dati la cui omissione, non ultronea nell’economia dell’atto, produca il risultato di una documentazione incompleta e comunque contraria, anche se parzialmente, al vero (Sez. 5, n. 32951 del 21/05/2014, Saraniti, Rv. 261651; Sez. 6, n. 21969 del 14/12/2012 – dep. 22/05/2013, Bardi e altri, Rv. 256544).
Alla stregua di tale regula iuris, secondo cui il falso per omissione puo’ configurarsi quando il silenzio dell’atto su un determinato fatto si traduca nell’attestazione della sua insussistenza, in contrasto con la verita’, va, quindi, riconosciuto che la Corte di merito ha spiegato, con argomentare completo e plausibile, che l’aver taciuto, da parte dei commissari nei verbali di svolgimento della prova orale della candidata (OMISSIS), l’interruzione e la posposizione della sua dissertazione sul tema estratto a sorte, attribuiva a tali documenti il significato che non si era verificato alcun accadimento concreto in grado di alterare la par condicio dei candidati e, quindi, l’imparzialita’ del procedimento di selezione del vincitore del concorso. Il che non e’ razionalmente predicabile, perche’ al di la’ della valutazione di merito dei candidati e della proclamazione del vincitore del concorso – che e’ poi il profilo toccato, a diversi effetti e in una diversa prospettiva dal Giudice amministrativo con il riferimento “.. all’esclusione dello sviamento della potesta’ valutativa o di un palese eccesso di essa” -, e’ un dato di fatto che l’anomala procedura seguita dalla commissione ha, di per se’ stessa, inciso sulla parita’ di trattamento dei candidati, alterando le aspettative di ciascuno di essi alla imparzialita’ della valutazione comparativa da effettuarsi da parte della commissione costituita da organi della pubblica amministrazione. In tal senso depone, infatti, la norma di cui al Decreto del Presidente della Repubblica 23 marzo 2000, n. 117, articolo 4, comma 1, (Regolamento recante modifiche al Decreto del Presidente della Repubblica 19 ottobre 1998, n. 390, concernente le modalita’ di espletamento delle procedure per il reclutamento dei professori universitari di ruolo e dei ricercatori a norma della L. 3 luglio 1998, n. 210, articolo 1), che recita: “Le commissioni giudicatrici predeterminano i criteri di massima e le procedure della valutazione comparativa dei candidati. Tali determinazioni sono comunicate senza indugio al responsabile del procedimento di cui all’articolo 2, comma 11, il quale ne assicura la pubblicita’ almeno sette giorni prima della prosecuzione dei lavori della commissione”.
3. Non colgono nel segno neppure le censure articolate da entrambi i ricorrenti sul versante della ricorrenza dell’elemento soggettivo del reato.
E’ jus receptum, alla stregua della linea interpretativa seguita da questa Corte regolatrice, che integra il reato di falso ideologico in atto pubblico, la condotta del pubblico ufficiale che fornisca una parziale rappresentazione dei fatti caduti sotto la sua diretta percezione, considerato che, ai fini dell’elemento soggettivo del reato, e’ sufficiente il dolo generico, consistente nella rappresentazione e nella volonta’ delrimmutatio veri”, mentre non e’ richiesto l'”animus nocendi” ne’ l'”animus decipiendi”, con la conseguenza che il delitto sussiste non solo quando la falsita’ sia compiuta senza l’intenzione di nuocere, ma anche quando la sua commissione sia accompagnata dalla convinzione di non produrre alcun danno (Sez. 5, n. 6182 del 03/11/2010 – dep. 18/02/2011, Conforti e altro, Rv. 249701; Sez. 5, n. 15255 del 15/03/2005, Scarciglia ed altro, Rv. 232138; Sez. 5, n. 4385 del 10/02/1999, Bellecca E, Rv. 213106).
E’, infatti, da osservare che, poiche’ il contestato reato di cui all’articolo 479 c.p. si perfeziona con la formazione di un enunciato descrittivo privo di corrispondenza con il reale, senza che rilevino finalita’ ulteriori (Sez. 6, n. 1051 del 22/05/1998 – dep. 26/01/1999, Tritta ed altri, Rv. 213908), quand’anche la sospensione e la posposizione della prova orale della (OMISSIS) fosse stata priva di ricadute sull’esito finale del concorso, avendo la stessa riportato nella valutazione comparativa con gli altri candidati il risultato migliore – alla stregua della valutazione complessiva dei titoli presentati e delle prove espletate -, tale asserita mancanza di effetti di privilegio per la candidata non avrebbe potuto, in ogni caso, giustificare la conclusione che il fatto non costituisca reato.
Questo perche’ le attestazioni contenute nei verbali di concorso non assumono rilevanza solo per quanto attiene alla documentazione del corretto esercizio della potesta’ valutativa di merito, ma prima ancora per quel che riguarda la garanzia di trasparenza dello svolgimento del concorso in maniera imparziale assicurando la par condicio dei candidati.
Rilievi non dissimili valgono per escludere – conformemente al convincimento cui sono pervenuti entrambi i giudici di merito – che l’omessa informazione circa il reale svolgimento della prova orale fosse dovuta non alla maliziosa intenzione di favorire la candidata (OMISSIS), ma a leggerezza o negligenza da parte dei commissari, pur dovendosi ribadire che, sebbene ai fini dell’integrazione del delitto di falsita’ ideologica commessa dal pubblico ufficiale in atti pubblici, l’elemento soggettivo richiesto e’ il dolo generico, che consiste nella consapevolezza della “immutatio veri”, questo non puo’ coincider con il dolo in “re ipsa”, la ridetta componente psicologica essendo comunque da provare, poiche’ non e’ configurabile il reato di cui all’articolo 479 c.p. quando il falso derivi da una semplice leggerezza dell’agente (Sez. 3, n. 30862 del 14/05/2015, Di Stasi, Rv. 264328; Sez. 5, n. 29764 del 03/06/2010, Zago, Rv. 248264).
Invero, gli indici della volontarieta’ e consapevolezza del silenzio serbato dai membri della commissione circa lo stravolgimento dell’ordine prefissato di svolgimento della prova orale l’avere il presidente della commissione falsamente dichiarato che si era chiesto e ottenuto il consenso da parte degli altri candidati; il dirottamento dell’audizione dell’ultima candidata (la (OMISSIS)) sul tema sul quale avrebbe successivamente dissertato la (OMISSIS), che vi aveva assistito; la circostanza che la necessita’ di verbalizzare una cosi’ significativa anomalia nell’iter di espletamento delle prove orali non fosse stata avvertita ne’ dal Professor (OMISSIS), che, invece, avrebbe voluto mettere agli atti l’indebito intervento sulla commissione del Professor (OMISSIS) (il quale aveva segnalato i sospetti quanto ad una predestinazione della (OMISSIS) alla vittoria del concorso), ne’ dalla Professoressa (OMISSIS), la quale pure era adusa a comporre commissioni per concorsi universitari – valorizzati dalla Corte territoriale, la quale, tra l’altro, ha molto insistito sulla finalita’ di favoritismo della (OMISSIS) (ritenuta, comunque ed a prescindere dalle prove del concorso, la piu’ idonea a ricoprire il ruolo di direzione del laboratorio di culture cellulari), risultano assolutamente coerenti con l’elaborazione giurisprudenziale, che, in tema di prova del dolo nel reato di’ falso omissivo, al fine di cogliere il discrimen tra comportamenti dolosi e condotte meramente negligenti, ha sottolineato la necessita’ di individuare profili, nelle motivazioni della condotta dell’agente, idonei a far emergere i tratti del dolo generico (Sez. 5, n. 12132 del 01/12/2011 – dep. 30/03/2012, Mantovani e altro, Rv. 252162, che ha, in effetti, ancorato la prova del dolo generico della condotta di omessa informazione di dati significativi allo scopo pratico perseguito dai soggetti agenti, stimato “illuminante sulla natura volontaria e consapevole della attestazione parziale).
4. Le doglianze parimenti articolate da ambedue gli imputati in ordine alla dimostrazione della loro consapevole e volontaria partecipazione al proposito di favoritismo della candidata (OMISSIS) da parte del Professor (OMISSIS), presidente della commissione di concorso e direttore del dipartimento di farmacologia, trovano, in parte, risposta esauriente nelle argomentazioni si qui spese sul tema dell’elemento soggettivo del reato. Per il resto, non possono, comunque, trovare spazio perche’ debordano dal perimetro dei vizi che e’ consentito denunciare con il ricorso per cassazione. Infatti, pur dietro la prospettazione del vizio di motivazione – da illogicita’ o mancanza di essa – profilano rilievi che mirano a sollecitare nel giudice di legittimita’ una riedizione del giudizio di merito; quand’invece, a fronte di una rilettura completa e plausibile del materiale probatorio raccolto, alla stregua degli spunti critici sollevati dagli imputati con i motivi di gravame, effettuata dal giudice di appello, non e’ consentito a questa Corte sindacare le scelte compiute dallo stesso giudice in ordine alla valorizzazione di alcuni risultati probatori rispetto ad altri ne’ valutare se altre piste ricostruttive avrebbero potuto essere percorse. E’ un dato, comunque, che, pur in una situazione di fortissima incertezza – della quale si e’ lasciata traccia nei verbali valutativi – palesata nel rispondere alle domande sulla interazione dei farmaci dalla candidata (OMISSIS), risultata vincitrice del concorso, ne’ il segretario della commissione – il Professor (OMISSIS) -, ne’ una professoressa esperta in concorsi universitari – quale la Professoressa (OMISSIS) – avvertirono la necessita’ di dare conto di una circostanza anomala, atipica e straordinaria, quale quella rappresentata dalla inversione dell’ordine delle prove. Ne’ il significato di tale evidenza probatoria e’ suscettibile di un ridimensionamento invocando il fatto che la suddetta inversione avvenne coram populi, posto che e’ il gia’ menzionato Decreto del Presidente della Repubblica n. 117 del 2000, articolo 4 che, al comma 10, stabilisce che: “La prova orale la prova didattica e la discussione sulle pubblicazioni scientifiche sono pubbliche”.
Nondimeno deve rammentarsi che non e’ neppure deducibile il vizio di omessa motivazione in relazione alla mancata specifica risposta ad un profilo di censura devoluto con i motivi di appello – nel caso che ci occupa con riferimento al rilievo, articolato dalla difesa del (OMISSIS) con il secondo motivo di ricorso, in ordine al fatto che la comunicazione inviata al Rettore, recante la data del 7 maggio 2008, non fosse l’effetto del clamore inaspettato seguito alla vicenda, ma costituisse un atto dovuto all’interno della procedura prevista dall’articolo 9, comma 4 del Decreto Rettorale del 26 luglio 2007 n. 1065/35519, onde consentire la regolarizzazione dei vizi riscontrati dal Rettore -, poiche’ e’ massima condivisa quella secondo la quale:” In sede di legittimita’, non e’ censurabile una sentenza per il suo silenzio su una specifica deduzione prospettata con il gravame, quando risulti che la stessa sia stata disattesa dalla motivazione della sentenza complessivamente considerata (Sez. 1, n. 27825 del 22/05/2013, Caniello ed altri, Rv. 256340; Sez. 4, n. 1149 del 24/10/2005 – dep. 13/01/2006, Mirabilia, Rv. 233187). Sicche’, alla stregua del criterio indicato, va riconosciuto che, attraverso una valutazione globale delle risultanze istruttorie e delle deduzioni difensive, il giudice censurato ha spiegato, in modo logico e adeguato, le ragioni per le quali ha ritenuto che la piena ammissione delle modalita’ di svolgimento della prova orale nella comunicazione predetta fosse, da parte dei commissari, una scelta obbligata, tenuto conto del fatto che la detta prova era avvenuta pubblicamente ed erano convergenti le segnalazioni al Rettore in ordine all’anomalo svolgimento di essa (cfr. pag. 3 della narrativa in fatto della sentenza impugnata).
5. Non meno infondata e’ la censura del (OMISSIS) secondo la quale il potenziale rilievo offensivo della mancata documentazione nei verbali redatti il (OMISSIS) del sovvertimento dell’ordine di audizione dei candidati sarebbe stato neutralizzato dalla comunicazione al Rettore del 7 maggio 2008, integrando gli uni e l’altra nel loro insieme un atto complesso, atteso che tale incedere argomentativo – peraltro non del tutto giustificato alla luce del tenore della disposizione di cui all’articolo 9, comma 4, del Decreto Rettorale del 26 luglio 2007 n. 1065/35519, che pare riferirsi a vizi formali della procedura complessivamente considerata e non ai singoli atti che la compongono – non si confronta con il pacifico insegnamento di questa Corte nomofilattica secondo il quale il reato di falso ideologico e’: “un reato istantaneo di pericolo” che si consuma nello stesso istante della falsa attestazione” (Sez. 5, n. 4132 del 09/09/1996, P.G. in proc. Rebuzzini, Rv. 206564).
Tanto affermato quanto al piu’ immediato profilo di rilevanza sistematica, e’ d’uopo avvertire che, fatto proprio l’approdo interpretativo cui e’ pervenuta la giurisprudenza di legittimita’, secondo cui: “Ai fini della configurazione del reato di falso ideologico in atto pubblico, costituisce atto pubblico non solo l’atto destinato ad assolvere una funzione attestativa o probatoria esterna, con riflessi diretti ed immediati nei rapporti tra privati e P.A., ma anche gli atti cosiddetti interni cioe’ sia quelli destinati ad inserirsi nel procedimento amministrativo, offrendo un contributo di conoscenza o di valutazione, che quelli che si collocano nel contesto di una complessa sequela procedimentale – conforme o meno allo schema tipico – ponendosi come necessario presupposto di momenti procedurali successivi (Sez. 5, n. 4322 del 06/11/2012 – dep. 29/01/2013, Camera, Rv. 254388; nello stesso senso Sez. 5, n. 9368 del 19/11/2013 -dep. 26/02/2014, Budetta, Rv. 258952; Sez. 6, n. 11425 del 20/11/2012 – dep. 11/03/2013, Serritiello, Rv. 254866; Sez. 5, n. 14486 del 21/02/2011, Marini e altro, Rv. 249858; Sez. 5, n. 49417 del 06/10/2003, Della Rocca e altri, Rv. 227659), la deduzione articolata e’ fallace anche sul piano della pretesa inoffensivita’ del fatto avuto riguardo all’inidoneita’ decettiva della falsa attestazione per omissione di dati rilevanti ove considerata nel contesto della sequela procedimentale di cui all’invocato articolo 9, comma 4, del decreto rettorale del 26 luglio 2007 n. 1065/35519.
Alla stregua della pluriennale elaborazione sul tema dell’offensivita’ dei reati di falso, infatti, la verifica in ordine alla mancanza di incidenza della condotta in concreto tenuta dal soggetto agente sulla integrita’ del bene giuridico tutelato, vale a dire sull’efficacia probatoria del documento in relazione all’aspettativa sociale di corrispondenza ai fatti del tipo legale di rappresentazione, deve essere compiuta, alla luce dell’articolo 49 c.p., comma 2, – quale norma che governa la materia de qua – con riferimento “al significato ed al valore dell’atto di cui si tratta” e non con riguardo: “all’effettiva realizzazione di un inganno, che non e’ elemento della fattispecie” (Sez. 5, n. 9934 del 22/10/1993, Amalfi, Rv. 196439; Sez. 5, n. 2629 del 01/02/1992, Zippo, Rv. 194322; Sez. 5, n. 15193 del 02/10/1990, Giliberti, Rv. 185798).
Donde, puo’ ribadirsi che, in caso di falso ideologico, non ricorre l’ipotesi del reato impossibile per inidoneita’ dell’azione ove la contestata falsita’ dell’attestazione non emerga dal documento stesso in cui questa e’ trasfusa, ma ab extra, per effetto di enunciati descrittivi o valutativi di segno contrario incorporati in altri documenti. Il reato impossibile, infatti, presuppone l’originaria, assoluta inefficienza causale dell’azione, da valutare oggettivamente in concreto e con giudizio ex ante, con la conseguenza che il verificarsi dell’evento e, conseguentemente, il pericolo di offesa per il bene tutelato, debbono profilarsi come impossibili a causa delle intrinseche caratteristiche dell’azione.
Poiche’, nella fattispecie scrutinata, la falsita’ delle informazioni riportate nei verbali della seduta di esame del (OMISSIS) non risultava dalla stessa formulazione degli enunciati descrittivi (quanto all’ordine seguito nella prova orale espletata del concorso per il posto da ricercatore) che ne integravano il contenuto, ma e’ stata acclarata successivamente – a seguito delle segnalazioni di irregolarita’ procedurali inviate al Rettore – grazie ad una distinta azione costituita dalla comunicazione del 7 maggio 2008 a firma dei componenti della commissione che ammettevano la difformita’ rispetto al vero di quanto attestato in quei verbali, l’invocata irrilevanza della falsita’ documentale afferente a questi ultimi e’ priva di fondamento.
6. Non colgono nel segno neppure le doglianze che si appuntano sulla determinazione del trattamento sanzionatorio.
Il rilievo censorio formulato dal Professor (OMISSIS), nel suo ultimo motivo di ricorso, non tiene conto del principio di diritto affermato da questa Corte, nella sua piu’ autorevole espressione, secondo cui: “Le statuizioni relative al giudizio di comparazione tra opposte circostanze, implicando una valutazione discrezionale tipica del giudizio di merito, sfuggono al sindacato di legittimita’ qualora non siano frutto di mero arbitrio o di ragionamento illogico e siano sorrette da sufficiente motivazione, tale dovendo ritenersi quella che, per giustificare la soluzione dell’equivalenza, si sia limitata a ritenerla la piu’ idonea a realizzare l’adeguatezza della pena irrogata in concreto” (Sez. U, n. 10713 del 25/02/2010, Contaldo, Rv. 245931). Non puo’ dirsi, infatti, affetta da evidente illogicita’ la motivazione resa in punto di diniego delle circostanze attenuanti generiche in regime di prevalenza dal giudice di appello, posto che dalla complessiva argomentazione posta a sostegno della decisione impugnata emerge che l’invocata resipiscenza dell’imputato fu tutt’altro che spontanea – atteso che l’ammissione di quanto accaduto in sede di esame, nella comunicazione al Rettore del 7 maggio 2008, fu piuttosto una scelta obbligata – e il risarcimento del danno da reato nei confronti di alcune parti civili avvenne a giudizio di appello piu’ che avviato.
Quello formulato dalla Professoressa (OMISSIS) sarebbe, invece, fondato, posto che, in effetti, “la non menzione della condanna nel certificato del casellario giudiziale puo’ essere concessa a chi abbia riportato una precedente condanna per la quale sia intervenuta pronuncia di riabilitazione, atteso che l’articolo 178 c.p. stabilisce che la riabilitazione, oltre alle pene accessorie, estingue ogni altro effetto penale della condanna, salvo che la legge disponga altrimenti, e l’articolo 175 c.p., comma 1, non introduce alcuna deroga al riguardo (Sez. 3, n. 1623 del 28/10/2015 – dep. 18/01/2016, Malanchini, Rv. 266348), se non fosse che dal Certificato del Casellario Giudiziale, estratto alle ore 15,36 del 17 aprile 2018, non risulta che l’imputata sia stata destinataria di alcun provvedimento di riabilitazione. Da cio’ consegue la correttezza della decisione impugnata, essendosi la Corte territoriale attenuta al pacifico principio di diritto a mente del quale: “In tema di motivazione in sede di impugnazione, il giudice non e’ obbligato a motivare in ordine al mancato accoglimento di istanze, nel caso in cui esse appaiano improponibili per genericita’ o per manifesta infondatezza (Sez. 3, n. 53710 del 23/02/2016, C, Rv. 268705; Sez. 2, n. 49007 del 16/09/2014, lussi e altri, Rv. 261423; Sez. 5, n. 18732 del 31/01/2012, Riccitelli, Rv. 252522; Sez. 5, n. 4415 del 05/03/1999, Tedesco E, Rv. 213114).
7. Al rigetto dei ricorsi consegue la condanna di ciascun ricorrente al pagamento delle spese del procedimento, nonche’ alla rifusione delle spese sostenute dalle parti civili che liquida a favore di (OMISSIS) nella misura di Euro 2.000,00, oltre accessori di legge, nonche’ a favore dell’Universita’ degli Studi di (OMISSIS), nella persona del Rettore pro tempore, nella misura di Euro 1.800,00, oltre accessori di legge.

P.Q.M.

Rigetta i ricorsi e condanna ciascun ricorrente al pagamento delle spese del procedimento, nonche’ alla rifusione delle spese sostenute dalle parti civili che liquida a favore di (OMISSIS) nella misura di Euro 2.000,00, oltre accessori di legge, nonche’ a favore dell’Universita’ degli Studi di (OMISSIS), nella persona del Rettore pro tempore, nella misura di Euro 1.800,00, oltre accessori di legge.

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