La colf e badante non può pretendere il riconoscimento del rapporto di lavoro subordinato dalla beneficiaria della prestazione se il contratto è stato sottoscritto da altro soggetto.

Corte di Cassazione, sezione lavoro, sentenza 20 aprile 2018, n. 9900.

La colf e badante non può pretendere il riconoscimento del rapporto di lavoro subordinato dalla beneficiaria della prestazione se il contratto è stato sottoscritto da altro soggetto.
La Corte territoriale non ha ritenuto l’estraneita’ relativamente ad un rapporto di lavoro intercorso con altro soggetto ma, dopo aver escluso la sussistenza di un rapporto di lavoro, in conformita’ con la stessa prospettazione di cui al ricorso, ha considerato non sufficienti le risultanze di causa a fornire la prova del preteso rapporto di lavoro subordinato.
La qualificazione giuridica del rapporto di lavoro e’ censurabile in sede di legittimita’ soltanto limitatamente alla scelta dei parametri normativi di individuazione della natura subordinata o autonoma del rapporto, mentre l’accertamento degli elementi, che rivelino l’effettiva presenza del parametro stesso nel caso concreto attraverso la valutazione delle risultanze processuali e che sono idonei a ricondurre le prestazioni ad uno dei modelli, costituisce apprezzamento di fatto che, se immune da vizi giuridici e adeguatamente motivato, resta insindacabile in Cassazione.

Sentenza 20 aprile 2018, n. 9900
Data udienza 11 gennaio 2018

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE LAVORO

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. NOBILE Vittorio – Presidente

Dott. MANNA Felice – Consigliere

Dott. NEGRI DELLA TORRE Paolo – Consigliere

Dott. ARIENZO Rosa – Consigliere

Dott. MAROTTA Caterina – rel. Consigliere

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA
sul ricorso 10862-2013 proposto da:
(OMISSIS), C.F. (OMISSIS), domiciliata in ROMA, PIAZZA CAVOUR, presso la Cancelleria della Corte di Cassazione, rappresentata e difesa dall’Avvocato (OMISSIS), giusta delega in atti;
– ricorrente –
contro
(OMISSIS), (OMISSIS);
– intimate –
avverso la sentenza n. 48/2013 della CORTE D’APPELLO di CATANIA, depositata il 29/01/2013 R.G.N. 215/2009;
udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del 11/01/2018 dal Consigliere Dott. CATERINA MAROTTA;
udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott. MATERA Marcello, che ha concluso per inammissibilita’ in subordine rigetto del ricorso.
FATTI DI CAUSA
1.1. Con ricorso al Tribunale del lavoro di Catania, (OMISSIS) conveniva in giudizio (OMISSIS) e (OMISSIS) (rispettivamente in qualita’ di datrice di lavoro e beneficiaria della prestazione) per ottenere il pagamento di spettanze in relazione all’attivita’ di badante e collaboratrice domestica svolta presso l’abitazione di (OMISSIS). Il Tribunale rigettava il ricorso.
1.2. La Corte di appello di Catania respingeva l’impugnazione proposta dalla (OMISSIS).
Ad avviso della Corte territoriale andava confermata la pronuncia di rigetto nei confronti di (OMISSIS), avendo la stessa ricorrente manifestamente escluso la sussistenza di un rapporto di lavoro subordinato con tale convenuta, definita solo beneficiaria della prestazione ed essendo irrilevante la richiesta di condanna solidale avanzata dalla (OMISSIS). Quanto alla posizione di (OMISSIS), condivideva il giudizio espresso dal Tribunale circa la mancanza di prova del preteso rapporto di lavoro alle dipendenze della stessa.
2. Per la Cassazione della sentenza ricorre (OMISSIS) con due motivi.
3. (OMISSIS) e (OMISSIS) sono rimaste intimate.
4. Non sono state depositate memorie.
RAGIONI DELLA DECISIONE
1.1. Con il primo motivo la ricorrente denuncia la violazione o falsa applicazione dell’articolo 1411 c.c., ai sensi dell’articolo 360 c.p.c., n. 3.
Lamenta che la Corte territoriale, nel valutare la posizione di (OMISSIS), non abbia tenuto conto del fatto che la situazione fattuale desumibile dalla stessa prospettazione di cui al ricorso fosse quella del contratto a favore del terzo e che nello specifico sussistesse un interesse di (OMISSIS) alla stipula di un tale contratto atteso che la medesima era tutto il giorno impegnata per lavoro ed aveva necessita’ di qualcuno che potesse assistere personalmente la propria sorella disabile. Il giudizio di estraneita’ di (OMISSIS) al rapporto di lavoro sarebbe stato pertanto fuorviato dalla mancata applicazione (censurabile in virtu’ del principio iura novita’ curia) di tale disposizione.
1.2. Il motivo e’ irrilevante rispetto alle ragioni della decisione.
La Corte territoriale non ha ritenuto l’estraneita’ di (OMISSIS) relativamente ad un rapporto di lavoro intercorso con altro soggetto ma, dopo aver escluso la sussistenza di un rapporto di lavoro con (OMISSIS), in conformita’ con la stessa prospettazione di cui al ricorso, ha considerato non sufficienti le risultanze di causa a fornire la prova del preteso rapporto di lavoro subordinato con (OMISSIS). Rispetto al complesso degli elementi istruttori raccolti, non univoci e basati su circostanze apprese de relato, alla mancanza di riscontri circa la soggezione della (OMISSIS) al potere gerarchico e disciplinare della predetta, lo svolgimento dell’attivita’ presso il domicilio di (OMISSIS) (peraltro considerata dalla stessa Corte di appello, proprio con riguardo alla valutazione della domanda proposta nei confronti di tale convenuta, come mera beneficiaria della prestazione) non assurge ad elemento tale da consentire di pervenire ad una valutazione difforme, pur partendo da una impostazione giuridica nel senso auspicato dalla ricorrente.
In sostanza la Corte d’appello ha escluso la sussistenza della subordinazione prescindendo dalla circostanza che la prestazione fosse stata resa in favore di un soggetto estraneo all’accordo e diverso dalla pretesa datrice di lavoro (circostanza, questa, incidentalmente considerata al fine della valutazione di inattendibilita’ del teste (OMISSIS), il quale aveva riferito che presso il luogo di domicilio di (OMISSIS) abitasse anche (OMISSIS)) e solo valorizzando la mancata prova dei sopra indicati indici rivelatori del vincolo di soggezione personale della (OMISSIS) al potere organizzativo, direttivo e disciplinare da parte di (OMISSIS).
Tale mancata prova, anche muovendo da una premessa giuridica come quella prospettata nel motivo, resta risolutiva ed intangibile. La ricorrente, infatti, senza peraltro isolare ulteriore specifica censura, si limita a contestare il giudizio di inattendibilita’ formulato con riguardo al suddetto teste (OMISSIS) e l’operata svalutazione della relativa deposizione oltre che di quella della teste (OMISSIS) laddove, com’e’ noto, a norma dell’articolo 116 c.p.c., rientra nel potere discrezionale – insindacabile – del giudice di merito individuare le fonti del proprio convincimento, apprezzare all’uopo le prove, controllarne l’attendibilita’, l’affidabilita’ e la concludenza e scegliere, tra le varie risultanze istruttorie, quelle ritenute idonee e rilevanti, con l’unico limite di supportare con congrua e logica motivazione l’accertamento eseguito (v., ex aliis, Cass. 11 giugno 1998, n. 5802; Cass. 4 febbraio 2004, n. 2090; Cass. 25 gennaio 2006, n. 1380).
2.1. Con il secondo motivo la ricorrente denuncia la violazione dell’articolo 2094 c.c. (articolo 360 c.p.c., n. 3).
Lamenta l’erroneita’ della decisione nella parte in cui ha escluso la sussistenza della subordinazione in contrasto non solo con le risultanze istruttorie ma anche con la posizione assunta dalla stessa (OMISSIS) che aveva ammesso l’esistenza di un rapporto intercorso con la ricorrente pur senza vincolo di orario e di subordinazione e con la corresponsione, per l’acquisto di generi alimentari e la preparazione di pasti, di somme di denaro.
2.2. Il motivo presenta innanzitutto profili di inammissibilita’ nella parte in cui la ricorrente si limita ad fare riferimento alle risultanze probatorie acquisite ed a trascrivere riassuntivamente il contenuto di atti processuali (cio’ sia quanto alla memoria di costituzione di (OMISSIS) sia quanto agli stralci delle deposizioni testimoniali riportati nell’ambito del primo motivo di ricorso, ove in ipotesi implicitamente richiamati) senza depositarli in uno con il ricorso per cassazione e senza indicare con precisione la sede del giudizio di merito in cui tali atti (nei quali troverebbe rispondenza l’indiretta sommaria sintesi contenuta in ricorso) ebbero a formarsi o erano stati prodotti.
Per il resto si osserva che la denunciata violazione di legge postula l’erronea sussunzione della fattispecie concreta in quella astratta regolata dalla disposizione di legge, mediante specificazione delle affermazioni in diritto contenute nella sentenza impugnata che motivatamente si assumano in contrasto con le norme regolatrici della fattispecie e con l’interpretazione delle stesse fornita dalla giurisprudenza di legittimita’ o dalla prevalente dottrina: cosi’ da prospettare criticamente una valutazione comparativa fra opposte soluzioni, non risultando altrimenti consentito alla Corte regolatrice di adempiere al proprio compito istituzionale di verifica del fondamento della violazione denunziata (Cass. 26 giugno 2016, n. 16038; Cass. 28 febbraio 2012, n. 3010; Cass. 31 maggio 2006, n. 12984).
Ed allora il motivo che, come nella specie, pretenda di desumere tale violazione dall’erronea valutazione del materiale probatorio e delle altre emergenze di causa e’ gia’ in contrasto con le suddette indicazioni.
Peraltro, la qualificazione giuridica del rapporto di lavoro e’ censurabile in sede di legittimita’ soltanto limitatamente alla scelta dei parametri normativi di individuazione della natura subordinata o autonoma del rapporto, mentre l’accertamento degli elementi, che rivelino l’effettiva presenza del parametro stesso nel caso concreto attraverso la valutazione delle risultanze processuali e che sono idonei a ricondurre le prestazioni ad uno dei modelli, costituisce apprezzamento di fatto che, se immune da vizi giuridici e adeguatamente motivato, resta insindacabile in Cassazione (v. Cass. 27 luglio 2007, n. 16681; Cass. 23 giugno 2014, n. 14160).
3. Conclusivamente il ricorso va rigettato.
4. La circostanza che la ricorrente risulti ammessa, a beneficiare del gratuito patrocinio la esonera, allo stato, dal versamento dell’ulteriore somma dovuta ai sensi del Decreto del Presidente della Repubblica 30 maggio 2002, n. 115, articolo 13, comma 1 quater a titolo di contributo unificato (cfr. Cass. 25 novembre 2014, n. 25005 e Cass. 2 settembre 2014, n. 18523).
P.Q.M.
La Corte rigetta il ricorso; nulla per le spese.
Ai sensi del Decreto del Presidente della Repubblica 30 maggio 2002, n. 115, articolo 13, comma 1 quater da’ atto della non sussistenza, allo stato, dei presupposti per il versamento da parte della ricorrente dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso a norma dello stesso articolo 13, comma 1 bis.

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