I reati di bancarotta fraudolenta patrimoniale e documentale (articolo 216 e articolo 223, comma 1, L. Fall.) e quello di bancarotta impropria di cui all’articolo 223, comma 2, n. 2, L.F. hanno ambiti diversi

Corte di Cassazione, sezione prima penale, Sentenza 7 maggio 2018, n. 19789

La massima estrapolata

I reati di bancarotta fraudolenta patrimoniale e documentale (articolo 216 e articolo 223, comma 1, L. Fall.) e quello di bancarotta impropria di cui all’articolo 223, comma 2, n. 2, L.F. hanno ambiti diversi: il primo postula il compimento di atti di distrazione o dissipazione di beni societari ovvero di occultamento, distruzione o tenuta di libri e scritture contabili in modo da non consentire la ricostruzione delle vicende societarie, atti tali da creare pericolo per le ragioni creditorie, a prescindere dalla circostanza che abbiano prodotto il fallimento, essendo sufficiente che questo sia effettivamente intervenuto; il secondo concerne, invece, condotte dolose che non costituiscono distrazione o dissipazione di attivita’ – ne’ si risolvono in un pregiudizio per le verifiche concernenti il patrimonio sociale da operarsi tramite le scritture contabili – ma che devono porsi in nesso eziologico con il fallimento. Ne consegue che, in relazione ai suddetti reati, mentre e’ da escludere il concorso formale e’, invece, possibile il concorso materiale qualora, oltre ad azioni ricomprese nello specifico schema della bancarotta ex articolo 216 L. Fall., si siano verificati differenti ed autonomi comportamenti dolosi i quali – concretandosi in abuso o infedelta’ nell’esercizio della carica ricoperta o in un atto intrinsecamente pericoloso per l’andamento economico finanziario della societa’ – siano stati causa del fallimento.

Sentenza 7 maggio 2018, n. 19789

Data udienza 19 aprile 2018

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE PRIMA PENALE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. SARNO Giulio – Presidente

Dott. ESPOSITO Aldo – Consigliere

Dott. CENTOFANTI Francesco – Consigliere

Dott. MAGI Raffaello – rel. Consigliere

Dott. RENOLDI Carlo – Consigliere

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA
sul ricorso proposto da:
(OMISSIS), nato il (OMISSIS);
avverso la sentenza del 18/11/2016 della CORTE APPELLO di MILANO;
visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso;
udita la relazione svolta dal Consigliere Dott. RAFFAELLO MAGI;
Udito il Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore ANTONIETTA PICARDI;
Preliminarmente il Presidente chiede al P.G. la valutazione riguardante l’istanza presentata dall’Avvocato (OMISSIS) il quale chiede la nullita’ per non aver mai ricevuto l’avviso si deposito della sentenza impugnata e di non aver potuto presentare ricorso.
Il P.G. chiede il rigetto dell’istanza.
L’Avv. (OMISSIS) insiste nell’accoglimento dell’istanza.
L’Avv. (OMISSIS) si associa alla richiesta del co-difensore.
La Corte si riserva e chiede di procede nella trattazione del procedimento.
Il P.G. conclude chiedendo l’annullamento con rinvio della sentenza impugnata.
Udito il difensore:
L’avvocato (OMISSIS), del foro di ROMA in difesa di (OMISSIS) conclude chiedendo l’accoglimento dei motivi di ricorso.
L’avvocato (OMISSIS), del foro di MILANO in difesa di (OMISSIS) insiste sulla richiesta di nullita’ presentata.

RITENUTO IN FATTO

1. La Corte di Appello di Milano, decidendo in sede di rinvio da questa Corte di Cassazione (Sez. 5 penale, sent. n. 23039/2016) con sentenza emessa in data 18 novembre 2016 ha affermato la penale responsabilita’ di (OMISSIS) per il delitto di concorso in bancarotta fraudolenta (articolo 110 c.p., articolo 216, 223 e 219 L. Fall.) come descritto e contestato al capo B della originaria rubrica.
1.1 Per una migliore comprensione della complessa vicenda occorre, sia pure in breve, rievocare i contenuti descrittivi delle imputazioni nonche’ l’esito dei precedenti giudizi di merito, in una con i contenuti essenziali della decisione rescindente.
(OMISSIS) risulta tratto a giudizio quale consigliere di amministrazione della (OMISSIS), dichiarata fallita in (OMISSIS), in riferimento a piu’ condotte materiali:
– quella descritta al capo B della rubrica, formulata in fatto nel modo che segue:.. dissipavano il patrimonio sociale, allorche’ il 16 dicembre 2002 destinavano 13,9 milioni di Euro in un impiego (versamento a (OMISSIS)) la cui motivazione non era esplicitata in bilancio e risiedeva, in realta’, nell’acquisto di azioni (OMISSIS) spa, la cui titolarita’ permaneva in capo a (OMISSIS) allo scopo di evitare – per (OMISSIS) – l’obbligo di (OMISSIS) sul capitale di (OMISSIS), cio’ laddove la fallita acquisiva azioni di una societa’ in uno stato di grave crisi..;
– quelle descritte al capo C della rubrica, tra cui – per quanto qui rileva – il segmento di una piu’ ampia condotta di aumento solo fittizio del capitale sociale, causalmente rilevante in rapporto al successivo dissesto, posto che la sottoscrizione operata da (OMISSIS) (30 milioni di Euro) non portava risorse a (OMISSIS) in quanto veniva impiegata per 10 milioni di Euro per la sottoscrizione di azioni (OMISSIS) (con acquisizione di partecipazione al 29,66%) e per 13,9 milioni di Euro per l’impiego di cui al capo B (versamento a (OMISSIS)).
1.2 Il Tribunale di Milano con sentenza emessa il 3 aprile 2012 affermava la penale responsabilita’ del (OMISSIS) esclusivamente in relazione alla contestazione di concorso in bancarotta fraudolenta patrimoniale di cui al capo B (con condanna alla pena di anni tre di reclusione nonche’ al risarcimento dei danni), mentre lo mandava assolto in riferimento al capo C per non aver commesso il fatto.
In motivazione, per quanto qui rileva, si afferma – in estrema sintesi – che il ruolo svolto dal (OMISSIS) era stato centrale nella operazione di aumento di capitale della (OMISSIS) di fine 2002 (per complessivi 100 milioni di Euro). In particolare la societa’ libica (OMISSIS) sottoscrive il 12 dicembre 2002 l’aumento di capitale per 30 milioni di Euro, con regolare bonifico (vi e’ transito del denaro da (OMISSIS) a (OMISSIS)). Al contempo (OMISSIS) risulta essere uno dei principali azionisti della (OMISSIS), societa’ leader nel settore dei cotoni.
Quasi contestualmente (OMISSIS) sottoscrive azioni (OMISSIS) per 10 milioni di Euro (fatto che e’ stato contestato, unitamente ad altri, al capo C). Inoltre, in data 16 dicembre 2002 e’ (OMISSIS) che pone in essere un accredito con bonifico di 13,9 milioni di Euro verso (OMISSIS), per future attivita’ di investimento da realizzarsi in NordAfrica con delocalizzazione di stabilimenti industriali (fatto contestato al capo B sub specie dissipazione). In realta’, secondo il Tribunale, la causale del versamento (il piano industriale di investimento) e’ artefatta e l’operazione si configura come mera retrocessione di parte dell’investimento, sicche’ il reale aumento di capitale sottoscritto da (OMISSIS) e’ pari a soli 6 milioni di Euro (30, meno i dieci impiegati in acquisto diretto di azioni (OMISSIS), meno i 13,9 milioni in realta’ retrocessi con la copertura del piano industriale comune). Solo per strategia di mercato si rappresento’ l’avvenuto ingresso di (OMISSIS) in (OMISSIS) nella misura di trenta milioni di Euro.
Cio’ posto, il Tribunale ritiene che mentre l’acquisto diretto dei 10 milioni di Euro di azioni (OMISSIS) non possa ritenersi di per se’ una operazione dissipatoria, mantiene in tali termini (cosi’ come contestata al capo B) la qualificazione del versamento dei 13,9 milioni di Euro di cui al capo B (da (OMISSIS) verso (OMISSIS)), pur affermando testualmente che la condotta e’ da ritenersi quale restituzione parziale del conferimento, visto che (pag. 108)..l’aumento di capitale sociale giunse nelle casse di (OMISSIS) e poi fu restituito a (OMISSIS) attraverso i passaggi prima descritti. Il mantenimento della qualificazione in termini di dissipazione ha, in realta’, ragioni di tipo giuridico, posto che ad avviso del Tribunale, fermo restando che la condotta in fatto rappresenta una parziale restituzione di conferimento (articolo 2626 c.c.) punibile ai sensi dell’articolo 223, comma 2 (bancarotta impropria da reato societario), cio’ non esclude l’applicabilita’ della generale ipotesi di cui all’articolo 216 L. Fall., non versandosi in ipotesi di specialita’ di tipo escludente tra le due fattispecie. In altri termini, li’ dove l’operazione di restituzione abbia concorrente natura dissipatoria le due norme incriminatrici potrebbero coesistere, ed il Tribunale ritiene che la condizione finanziaria negativa di (OMISSIS), nota al (OMISSIS), incida sul giudizio, consentendo di qualificare la retrocessione a (OMISSIS) dei 13,9 milioni di Euro quale condotta (anche) dissipatoria.
1.3 La Corte di Appello di Milano con sentenza emessa in data 3 aprile 2012 confermava, per quanto qui rileva, la decisione del Tribunale.
1.4 La decisione rescindente, emessa da questa Corte di legittimita’ in data 16 marzo 2016 riteneva fondato il terzo motivo di ricorso all’epoca proposto dai difensori del (OMISSIS).
1.4.1 Giova precisare che con tale motivo era stata formulata specifica doglianza in punto di inquadramento giuridico del fatto nella previsione di legge di cui all’articolo 216, articolo 223, comma 1 L. Fall.. La difesa del ricorrente aveva, in sostanza, evidenziato che la Corte di secondo grado aveva eluso il tema della corretta qualificazione, dovendosi privilegiare – in tesi difensiva – la diversa qualificazione di bancarotta impropria societaria per indebita restituzione di conferimento (articolo 223, comma 2 nella parte in cui tale disposizione richiama i fatti di cui all’articolo 2626 c.c.). In fatto, lo stesso Tribunale di primo grado aveva precisato come la ricostruzione probatoria portasse a tale inquadramento, pur mantenendo inalterata la corrispondenza alla imputazione (elevata in termini di bancarotta fraudolenta per dissipazione), con opzione censurata dal (OMISSIS) in virtu’ dell’erroneo riferimento ad un possibile temperamento – in termini di coesistenza – tra le due previsioni incriminatrici. La Corte di secondo grado, si affermava nel motivo, non avrebbe esplorato il tema in modo corretto, ne’ in fatto (evidenziando la non contestualita’ tra le due operazioni economiche, aspetto per nulla idoneo ad escludere l’indebita restituzione di conferimento) ne’ in diritto (con omissione totale di argomentazioni). Il ricorrente, in particolare, osservava che la qualificazione in termini di bancarotta impropria societaria non rappresentava una mera questione definitoria ma implicava rilevanti ricadute difensive in tema di necessario accertamento, ove fosse stata ritenuta preferibile l’ipotesi della bancarotta impropria, del nesso causale tra la specifica azione di restituzione parziale del conferimento (avvenuta nel 2002) ed il successivo default della societa’.
1.4.2. In sede di decisione rescindente, pertanto, si affermava la fondatezza di tale, articolata, doglianza.
In particolare, la motivazione espressa – sul tema – in secondo grado veniva ritenuta illogica e contraddittoria.
Quanto al profilo in fatto utilizzato dalla Corte di merito per negare accesso alla diversa (rispetto alla rubrica in diritto) qualificazione, se ne affermava l’erroneita’. Non puo’ dirsi, infatti, che la non contestualita’ delle operazioni (valorizzata dalla Corte di Appello) rappresenti un ostacolo alla ravvisabilita’, in concreto, della fattispecie di indebita restituzione di conferimento di cui all’articolo 2626 c.c..
Quanto alla residua struttura motivazionale della decisione allora impugnata, caratterizzata da ampio rinvio alle argomentazioni impiegate dal Tribunale, questa Corte riteneva da un lato insoddisfacente il rinvio per relationem (a fronte di specifica censura proposta in secondo grado), dall’altro poco avveduta in diritto la stessa decisione richiamata (quella del Tribunale) posto che.. e’ la stessa sentenza di primo grado, alla quale il giudice di appello aderisce in parte qua, a ricostruire le vicende dei due versamenti sopra indicati nei termini di una parziale restituzione di conferimenti da parte di (OMISSIS) a (OMISSIS)… Da cio’ l’assoluta necessita’ di argomentare in modo specifico – in sede di rinvio – circa l’effettiva possibilita’ in diritto di ritenere sussistente, in luogo o in concorrenza con la bancarotta impropria (non contestata al capo B), la bancarotta fraudolenta tipica (articolo 216 L. Fall.), risolvendo il dubbio in tema di ricorrenza o meno de’ una connotazione di specialita’ tra le due norme.
Per completezza, va ricordato che questa Corte dichiarava espressamente infondati il primo, il secondo, il nono, il decimo e l’undicesimo motivo di ricorso.
Mentre i primi due riguardavano ipotesi di vizi processuali, i successivi involgono temi ricostruttivi in fatto. Veniva affermata, sul tema, l’assenza di vizi logici o giuridici, in tal modo rendendo intangibile la valutazione operata in sede di merito sulla esistenza di riscontri alla versione di accusa fornita dal dichiarante (OMISSIS).
2. In presenza di tali antecedenti, la Corte di Appello di Milano in sede di rinvio, dopo aver illustrato i contenuti delle decisioni antecedenti:
– rievoca ampiamente la linea ricostruttiva emersa nella decisione di primo grado, diffondendosi sulla attendibilita’ complessiva della versione resa dal (OMISSIS) (da pag. 20 a pag. 30);
– ribadisce, in fatto, che il conferimento effettivo di (OMISSIS) in (OMISSIS) e’ stato di sei milioni di Euro (v. pag.32), in virtu’ di accordi intervenuti in epoca antecedente al formale versamento (di 30 milioni di Euro) e che non puo’ parlarsi di restituzione del conferimento ma di dissipazione, cosi’ come contestato.
Cio’ perche’, pure in presenza di una operazione economica di retrocessione di parte del conferimento (quella dei 13,9 milioni di Euro) a (OMISSIS), la realta’ e’ che tale operazione era stata posta, unitamente all’acquisto diretto delle azioni (OMISSIS), dai libici come pre-condizione per il loro ingresso in (OMISSIS) e la societa’ (OMISSIS) andava verso la decozione.
Dunque in chiave economica si tratto’ di una operazione che arreco’ danno alla (OMISSIS), per volonta’ dei libici della (OMISSIS) che volevano liberarsi in via definitiva della loro partecipazione in (OMISSIS).
La ribadita natura dissipativa della operazione di cui al capo B della imputazione rende superfluo, per il giudice del rinvio, l’esame dei connotati (di specialita’ o meno) delle due fattispecie in comparazione teorica, risultando applicabile solo la prima (bancarotta fraudolenta per dissipazione).
La Corte di rinvio ribadisce, altresi’, la ricorrenza dell’elemento psicologico in capo al (OMISSIS), essendo costui a conoscenza della grave condizione economica della (OMISSIS).
3. Avverso detta sentenza ha proposto ricorso per cassazione (OMISSIS) a mezzo del difensore avv. (OMISSIS).
Ai sensi dell’articolo 173 disp. att. c.p.p., comma 1 si fara’ menzione espressa dei soli motivi necessari per la presente motivazione, rinviandosi per completezza al testo dell’atto di ricorso.
3.1 Al primo motivo di ricorso si deduce vizio della decisione per avere la Corte di Appello, in sede di rinvio, vagliato doglianze che erano state proposte in sede di ricorso per cassazione e dichiarate assorbite. Si lamenta la vilazione dell’articolo 597 c.p.p., comma 1 in tema di effetto devolutivo dell’appello.
3.2 Al secondo motivo di ricorso si deduce erronea applicazione della legge penale e vizio di motivazione in punto di inquadramento della fattispecie incriminatrice.
Si afferma che la decisione di rinvio ripropone essenzialmente lo schema logico contenuto nella sentenza di primo grado, cui si era rifatta la prima decisione di secondo grado annullata. Viene riaffermata, in sentenza, la tesi della bancarotta per dissipazione in modo contraddittorio e non rispondente alla dinamica fattuale cui la stessa Corte di merito pare aderire. In tal modo, attraverso il mantenimento di una qualificazione giuridica erronea, il giudice del rinvio evita di confrontarsi con le richieste contenute nella decisione rescindente e di affrontare il tema della ricorrenza o meno del nesso causale tra l’operazione contestata – che resta di restituzione di parte del conferimento- ed il dissesto dello societa’.
L’argomento utilizzato dalla Corte di merito per negare la ricorrenza della bancarotta impropria da reato societario – rappresentato dal previo accordo tra le parti – e’ manifestamente illogico, posto che tale accordo sottostante e’ cio’ che ha determinato, sul piano fattuale, la parziale restituzione del conferimento e non gia’ una dissipazione.
Vengono evidenziati spunti fattuali, contenuti nelle precedenti decisioni di merito, che convalidano, in tesi, tale inquadramento in fatto e in diritto.
Si ribadisce che la retrocessione dei 13,9 milioni di Euro, come da imputazione, e’ avvenuta in favore di (OMISSIS) e non di (OMISSIS).
3.3 Al terzo motivo di ricorso si deduce omessa motivazione circa il rapporto di specialita’ tra le due previsioni incriminatrici della bancarotta fraudolenta per dissipazione e della bancarotta impropria e mancato accertamento del nesso causale tra la restituzione del conferimento ed il dissesto.
La conseguenza della – erronea ed apodittica – riaffermazione della natura dissipatoria dell’operazione e’ stata quella di non affrontare ne’ il tema della specialita’, evidenziato nella decisione rescindente, ne’ quello del nesso causale, non richiesto in ipotesi di bancarotta fraudolenta per dissipazione.
Cio’ rappresenta, in tesi difensiva, un sostanziale aggiramento dei contenuti argomentativi della decisione rescindente e una elusione dei conseguenti obblighi motivazionali gravanti sul giudice del rinvio.
3.4 Al quarto motivo si deduce erronea applicazione della legge penale in riferimento ai caratteri della dissipazione.
Si tratta, in sostanza, di motivo subordinato, atteso che la linea difensiva si attesta sulla qualificazione dell’operazione, per quanto emerso nei giudizi di merito ed avallato da taluni passaggi della decisione rescindente, in termini di restituzione parziale di conferimento. Si rinvia al testo del ricorso ai sensi dell’articolo 173 disp. att. c.p.p., comma 1.
3.5 Al quinto motivo si deduce vizio di motivazione in relazione alle argomentazioni sullo stato di salute della (OMISSIS). Si rinvia al testo del ricorso ai sensi dell’articolo 173 disp. att. c.p.p., comma 1.
3.6 Al sesto motivo si deduce violazione dell’articolo 627 c.p.p. e, in ogni caso, vizio di motivazione in riferimento alla ingiustificata diversita’ di inquadramento giuridico delle operazioni contestate.
Si ribadisce che in rapporto all’acquisto âEuroËœdiretto ed effettivo’ di azioni (OMISSIS) per 10 milioni di Euro, il (OMISSIS) e’ stato assolto (capo C). La motivazione della sentenza di rinvio pare ignorare il dato, riproponendo la tesi di una dissipazione correlata all’impiego di buona parte dell’aumento di capitale sociale in operazioni scriteriate.
Ma in realta’ il solo rapporto diretto (OMISSIS) / (OMISSIS) non ha avuto esito di condanna, li’ dove il capo B descrive un rapporto tra (OMISSIS) e (OMISSIS) in termini di restituzione parziale del conferimento. (OMISSIS), in particolare, non si libera in tale occasione delle azioni detenute in (OMISSIS), che restano nella sua titolarita’. Si ribadisce, in ogni caso, che l’impiego in (OMISSIS), pur se limitato alla quota dei dieci milioni di Euro non poteva essere qualificato in termini di dissipazione, non essendo estraneo l’impiego alle finalita’ aziendali.
3.7 Al settimo motivo si deduce erronea applicazione di legge e vizio di motivazione in riferimento alla mancata derubricazione del fatto in bancarotta semplice ai sensi dell’articolo 217 L. Fall..
Si rinvia al testo del ricorso ai sensi dell’articolo 173 disp. att. c.p.p., comma 1.
3.8 All’ottavo motivo si deduce erronea applicazione di legge e vizio di motivazione in riferimento alla ritenuta consapevolezza del (OMISSIS) della operazione di restituzione.
Si rinvia al testo del ricorso ai sensi dell’articolo 173 disp. att. c.p.p., comma 1.
2.9 Al nono motivo si deduce erronea applicazione di legge e vizio di motivazione in relazione alla ritenuta sussistenza dell’elemento psicologico del reato.
Si rinvia al testo del ricorso ai sensi dell’articolo 173 disp. att. c.p.p., comma 1.
2.10 Al decimo si deduce vizio di motivazione in riferimento alla determinazione del trattamento sanzionatorio.
Si rinvia al testo del ricorso ai sensi dell’articolo 173 disp. att. c.p.p., comma 1.
4. Va altresi’ dato atto della istanza del codifensore del (OMISSIS), avvocato (OMISSIS), tesa ad ottenere declaratoria di nullita’ dell’avviso di fissazione dell’odierna udienza.
4.1 Detto difensore afferma, in sintesi, che la decisione emessa in sede di rinvio e’ stata depositata oltre il termine indicato in dispositivo, con necessaria notifica dell’avviso di deposito ai sensi dell’articolo 548 c.p.p.. Nessun avviso di deposito della sentenza sarebbe stato mai ricevuto dall’avvocato istante, ma direttamente l’avviso per l’odierna udienza, notificato in data 8 marzo 2018.
Cio’ posto il difensore rappresenta di non aver potuto impugnare la decisione con suo proprio ricorso e chiede dichiararsi la nullita’ dell’avviso di fissazione dell’odierna udienza con trasmissione degli atti alla Corte di Appello di Milano per l’esecuzione dell’adempimento omesso.

CONSIDERATO IN DIRITTO

1. Preliminarmente va affermato che l’istanza proposta dal difensore avv. (OMISSIS) e’ infondata.
In sede di discussione orale, limitata alla verifica dei contenuti della domanda di annullamento dell’avviso di fissazione, detto difensore ha, in subordine, chiesto la restituzione nel termine per proporre autonomo ricorso.
1.1 Si tratteranno, pertanto, entrambi i profili, nel modo che segue.
In fatto, la prospettazione relativa all’omessa notifica dell’avviso di deposito della sentenza e’ fondata, posto che per errore l’avviso – di certo necessario in virtu’ del ritardato deposito dei motivi – ha visto come destinatario diverso legale.
Tuttavia, a parere del Collegio, le conseguenze non sono quelle ipotizzate dall’istante. in primo luogo e’ da ritenersi pacifico che la mancata notifica al codifensore dell’avviso di deposito della sentenza ex articolo 548 c.p.p. ha l’unico effetto di determinare la mancata decorrenza per tale soggetto della autonoma facolta’ di impugnazione (in tal senso Sez. 1 n. 51447 del 9.10.2013 rv 257485; Sez. 3 n. 38193 del 27.4.2017, rv 270952). L’avviso di deposito non e’ infatti elemento strutturale dell’atto-sentenza e la sua assenza non puo’ produrre effetti invalidanti, posto che la funzione dell’avviso e’ esclusivamente quella di dare certezza sul dies a quo dell’esercizio della facolta’ di impugnazione.
Ne’ tampoco puo’ dirsi nullo l’avviso per l’odierna udienza, che la cancelleria di questa Corte ha doverosamente operato al fine di realizzare il contraddittorio in modo pieno. Esdusa ogni ipotesi di nullita’, il tema aggiuntivo introdotto dall’istante e’ quello della restituzione nel termine al fine di proporre autonomi motivi di ricorso.
1.2 Tuttavia anche sotto tale profilo la domanda e’ infondata.
Cio’ perche’ l’avviso di fissazione dell’udienza presso questa Corte di Cassazione ha determinato, sin dal momento della sua ricezione (in data 8 marzo 2018) la consapevolezza, ove mai fosse in altro modo mancata, dell’avvenuto deposito dei motivi della decisione emessa in sede di giudizio di rinvio.
Dunque da tale data il difensore avv. (OMISSIS) era in piena conoscenza dell’avvenuto deposito, il che porta a ritenere iniziata la decorrenza del dies a quo per proporre impugnazione, data la piena equipollenza tra atto mancato e atto ricevuto.
termine e’ inutilmente decorso, posto che in tutti i casi di ritardato deposito (sia esso dipeso da superamento del termine legale o da superamento del maggior termine indicato in dispositivo nel limite massimo di giorni novanta) il termine per proporre impugnazione e’ pari a giorni trenta dalla notizia del deposito (in tal senso Sezioni Unite n. 5878 del 1997, ric. Bianco). Non vi’ e’, peraltro, ragione alcuna di applicabilita’ della previsione di legge di cui all’articolo 175 c.p.p. non essendo stato prospettato un caso impeditivo di forza maggiore, quanto coltivata una prospettiva in diritto reputata erronea (quella della nullita’ dell’avviso di fissazione dell’odierna udienza).
2. Il ricorso proposto dal difensore avv. (OMISSIS) e’ fondato, in relazione alle doglianze esposte al secondo, terzo e sesto motivo di ricorso.
2.1 Il caso oggetto di trattazione rappresenta, invero, un visibile esempio di non aderenza dei contenuti -e degli stessi presupposti metodologici- della decisione emessa in sede di rinvio rispetto a quanto affermato nella sentenza rescindente, emessa da questa Corte di Cassazione, in un contesto procedimentale che risulta vieppiu’ problematico in virtu’ della tecnica di formulazione dei capi di imputazione elevati nei confronti di (OMISSIS) e del parziale giudicato a lui favorevole.
Va premesso che le disposizioni processuali che tendono a determinare e regolamentare il complesso equilibrio di poteri tra questa Corte, il giudice del rinvio e le stesse parti processuali sono in primis contenute nel corpo dell’articolo 627 (ai commi 2 e 3), ma non in modo esclusivo, posto che rilevano, quantomeno, i contenuti del comma 2 dell’articolo 628 e del comma 1 dell’articolo 624 c.p.p..
In effetti, mentre il vincolo “pieno” posto dalla decisione rescindente e teso ad escludere l’autonomia del giudice del rinvio e’ soltanto quello relativo alla “questione di diritto” decisa dalla Corte di Cassazione (articolo 627, comma 3) cio’ non toglie che in una corretta impostazione della sequenza processuale debba darsi rilievo alla “logica interna” espressa nella decisione rescindente anche li’ dove l’annullamento risulti collegato a vizi argomentativi (vizi di tipo logico, che assumono rilievo in sede di legittimita’ sempre in quanto collegati a ricadute in diritto sul percorso argomentativo realizzato nella decisione impugnata).
Vi e’ pertanto, pacificamente, il divieto – in sede di rinvio – di sostanziale riproduzione del percorso argomentativo gia’ censurato in sede di legittimita’ (tra le molte, v. Sez. 5 n. 42814 del 19.6.2014, rv 261760), cosi’ come sussiste l’obbligo di affrontare in via prioritaria il tema posto dalla decisione di annullamento.
In tale direzione, secondo Sez. 6 n. 18634 del 18.11.2014, rv 263951, il giudice del rinvio non puo’ abbandonare il thema decidendum segnato dai motivi di ricorso che hanno determinato l’annullamento, e definire il giudizio attraverso l’introduzione di nuovi punti, ma deve in primo luogo eliminare il vizio rilevato dalla Corte di cassazione, e solo successivamente, muovendo da tale presupposto, puo’ affrontare ulteriori questioni in fatto o in diritto (ove necessario) poiche’, per effetto del “collegamento sequenziale” tra pronuncia rescindente e fase rescissoria, non deve venir meno la continuita’ di oggetto del giudizio.
Inoltre, li’ dove un ricorso venga accolto (come nel caso in esame) in riferimento a specifiche doglianze ma disatteso in altre, e’ del tutto evidente (senza necessita’ di scomodare, li’ dove il capo sia unico, la nozione di giudicato parziale di cui all’articolo 624) che su taluni punti del percorso argomentativo si determina una preclusione alla rivalutazione (nei caso in esame cio’ riguarda alcuni rilevanti profili in fatto ed il giudizio di validita’ probatoria dell’utilizzo come fonte di prova a carico del dichiarante (OMISSIS), ad esempio) in virtu’ del generale limite alla riproposizione di questioni gia’ decise, limite cui si ispira la disposizione dell’articolo 628 c.p.p., comma 2 (divieto di ricorso avverso la decisione rescissoria su punti gia’ decisi dalla Corte di Cassazione). Si tratta, ovviamente, di un limite connaturale al sistema processuale, tale da spiegare effetto non soltanto nei confronti delle parti ma dello stesso giudice del rinvio.
2.2 Tanto premesso, osserva il Collegio che la impostazione della sentenza rescindente, sul tema controverso, prende le mosse dai contenuti della decisione di primo grado, piu’ volte evocata nel percorso argomentativo espresso dalla 5 Sezione di questa Corte.
In tale prima statuizione si era, in sostanza, affermato che la condotta contestata al (OMISSIS) al capo 13 integrava – in fatto – la fattispecie di concorso in indebita restituzione di conferimento (pacificamente parziale), reato societario di cui all’articolo 2626 c.c., in virtu’ del fatto che parte della somma versata dalla societa’ (OMISSIS) in sede di sottoscrizione dell’aumento di capitale (qui i 13,9 milioni di Euro) era stata dopo pochi giorni restituita allo stesso socio sottoscrittore (non rilevano le finalita’ di tale restituzione, posto che lo stesso capo di imputazione precisa che la somma di denaro era destinata a (OMISSIS) e non ad altro soggetto giuridico). Si tratta di condotta che, per come descritta nella imputazione e per come ricostruita nel giudizio di primo grado non puo’ che ricadere nell’ambito applicativo di tale previsione di legge, richiamata all’articolo 223, comma 2, n. 1 L.F. quale ipotesi di bancarotta impropria, a condizione che tale condotta si ponga in relazione causale con il dissesto della societa’. Il Tribunale di primo grado ricostruisce il fatto in tali termini ma, al contempo, come si e’ detto, afferma – qui in diritto – che cio’ non esdude il possibile inquadramento “concorrente” della medesima condotta nella generale ipotesi di bancarotta fraudolenta per dissipazione (che e’ quella contestata al capo B), atteso che l’operazione in questione avrebbe carattere plurioffensivo, in virtu’ del fatto che la societa’ (OMISSIS) (in cio’ evocando, in verita’, una porzione della imputazione riferibile al capo C, posto che solo in quel caso viene realizzato un acquisto diretto di azioni da parte della (OMISSIS), per 10 milioni di Euro) navigava in pessime acque e l’intera operazione con i libici avrebbe portato ad un aumento di capitale effettivo di soli 6 milioni di Euro a fronte dei formali trenta versati da (OMISSIS).
Ora, e’ del tutto evidente che la logica dell’annullamento con rinvio, rapportata – come e’ d’obbligo fare – al contenuto del motivo accolto e’ rappresentata dalla constatazione (sempre nella decisione rescindente) una duplice debolezza logico-giuridica di simile assunto, sotto due profili: il primo in fatto, perche’ dal capo di imputazione sub B risulta che il destinatario dei 13,9 milioni di Euro era la societa’ (OMISSIS) (tanto che si ribadisce la aderenza, da parte di questa Corte, allo schema logico dell’articolo 2626 c.c.) e non la societa’ (OMISSIS) e cio’ rendeva illogica l’argomentazione per cui la concorrente dissipazione poteva fondarsi sulle cattive condizioni di (OMISSIS); il secondo in diritto, relativo al modo di atteggiarsi tra le due fattispecie (che il Tribunale, richiamato dalla prima decisione di secondo grado, ritiene coesistenti, pur se solo la bancarotta fraudolenta e’ contestata) del principio di specialita’, posto che se l’indebita restituzione di conferimenti dovesse ritenersi una sottospecie della piu’ generale dissipazione, correlata alla particolare qualita’ soggettiva del destinatario della elargizione (il socio) e’ evidente che l’operare dell’articolo 15 c.p. renderebbe applicabile la sola ipotesi speciale (articolo 223, comma 2, n. 1 L. Fall.) con la conseguenza, peraltro, di un aggravio probatorio per la pubblica accusa, rappresentato dalla necessaria dimostrazione tra l’indebita restituzione di conferimento ed il dissesto della societa’.
2.3 Che tale sia la corretta lettura dei contenuti della decisione rescindente, che muove dalla presa d’atto dell’avvenuta ricostruzione della condotta di cui al capo B in termini corrispondenti alla fattispecie di cui all’articolo 2626 c.c. e’ dimostrato proprio dal rilievo attribuito in tale sentenza al quesito sul principio di specialita’, che la 5 Sezione non ha ritenuto di risolvere autonomamente proprio in ragione della ricorrenza di un dubbio a monte sulla possibilita’ di ravvisare, nel caso concreto una dissipazione (posto che la destinataria del bonifico di 13,9 milioni di Euro era, pacificamente, la societa’ (OMISSIS) e non la societa’ (OMISSIS)).
Del resto, in altri arresti della medesima Sezione 5 si e’ chiaramente affermato che i reati di bancarotta fraudolenta patrimoniale e documentale (articolo 216 e articolo 223, comma 1, L. Fall.) e quello di bancarotta impropria di cui all’articolo 223, comma 2, n. 2, L.F. hanno ambiti diversi: il primo postula il compimento di atti di distrazione o dissipazione di beni societari ovvero di occultamento, distruzione o tenuta di libri e scritture contabili in modo da non consentire la ricostruzione delle vicende societarie, atti tali da creare pericolo per le ragioni creditorie, a prescindere dalla circostanza che abbiano prodotto il fallimento, essendo sufficiente che questo sia effettivamente intervenuto; il secondo concerne, invece, condotte dolose che non costituiscono distrazione o dissipazione di attivita’ – ne’ si risolvono in un pregiudizio per le verifiche concernenti il patrimonio sociale da operarsi tramite le scritture contabili – ma che devono porsi in nesso eziologico con il fallimento. Ne consegue che, in relazione ai suddetti reati, mentre e’ da escludere il concorso formale e’, invece, possibile il concorso materiale qualora, oltre ad azioni ricomprese nello specifico schema della bancarotta ex articolo 216 L. Fall., si siano verificati differenti ed autonomi comportamenti dolosi i quali – concretandosi in abuso o infedelta’ nell’esercizio della carica ricoperta o in un atto intrinsecamente pericoloso per l’andamento economico finanziario della societa’ – siano stati causa del fallimento (Sez. 5 n. 533 del 14.10.2016, dep.2017, rv 269019).
Ora, la richiesta di rivalutazione tramite annullamento della decisione di secondo grado, espressa nella decisione rescindente, e’ pertanto da ritenersi ricollegabile da un lato alla presa d’atto (da parte della 5 Sezione di questa Corte) di una opzione – espressa dagli stessi giudici di merito – verso la ricostruzione dell’episodio storico in termini di “restituzione di conferimento”, dall’altro dall’accoglimento delle doglianze difensive circa il fatto che una simile condotta possa – al tempo stesso – rappresentare una ipotesi di dissipazione penalmente rilevante ai sensi dell’articolo 216 L. Fall., sia in fatto che in diritto.
Pur non espressa in modo dialetticamente ampio, la ragione dell’annullamento e’ chiaramente ricostruibile in chiave di tutela di taluni principi generali, rappresentati: a) dalla necessaria aderenza della qualificazione giuridica alla contestazione in fatto; b) dalla vigenza del principio di specialita’ di cui all’articolo 15 c.p.; c) dalla necessita’, in ipotesi di prevalenza della qualificazione ex articolo 223, comma 2, n. 1 L. Fall., di dimostrazione del nesso causale, come la norma incriminatrice richiede.
3. Alla luce di tale premessa, risulta fondata la doglianza difensiva relativa alla sostanziale “deviazione” dei contenuti della decisione rescissoria rispetto all’assetto argomentativo contenuto nella sentenza rescindente ed ai punti oggetto del rinvio.
La Corte di Appello si diffonde in una ricostruzione fattuale riproduttiva – in larga misura degli argomenti della decisione di primo grado, in realta’ non necessaria in virtu’ del rigetto dei motivi di ricorso che avevano ad oggetto i profili ricostruttivi del fatto.
Quanto alla qualificazione della condotta di cui al capo B si’ discosta dai contenuti della decisione di primo grado affermando che non puo’ trattarsi di indebita restituzione di conferimento in virtu’ del fatto che la retrocessione economica, pur avvenuta dopo la sottoscrizione dell’aumento di capitale da parte di (OMISSIS), era stata pre-concordata tra le parti.
Tale argomento e’ manifestamente incongruo, posto che non rileva – al fine di integrare la fattispecie di indebita restituzione – se l’accordo sottostante sia avvenuto prima o dopo il conferimento, essendo esclusivamente necessario che il conferimento sia materialmente avvenuto ed indebitamente restituito, in tutto o in parte (e tale aspetto e’ stato puntualmente argomentato nella decisione di primo grado, sicche’ il giudice del rinvio valorizza un elemento del tutto ininfluente nella struttura della fattispecie).
Si tratta, dunque, di un argomento che non appare idoneo ad evitare il confronto con i contenuti della decisione rescindente, rimasti del tutto inevasi sotto il profilo delle potenziali ricadute del principio di specialita’ e sotto il profilo delle esigenze dimostrative una volta esclusa la ricorrenza della dissipazione e ravvisata l’indebita restituzione – del nesso causale con il dissesto.
Ne’ i riferimenti alle cattive condizioni finanziarie della societa’ (OMISSIS) (gia’ presenti nella decisione annullata dalla 5 Sezione di questa Corte) appaiono utili a risolvere il tema posto dalla decisione rescindente, per due ragioni essenziali, evidenziate nel ricorso. La prima e’ che l’unica rimessa finanziaria diretta tra (OMISSIS) e (OMISSIS) e’ quella di cui al capo C (acquisto di azioni per dieci milioni di Euro), condotta per cui il (OMISSIS) e’ stato assolto con decisione irrevocabile.
La seconda e’ che la residua condotta di cui al capo B, oggetto di giudizio, riguarda una rimessa finanziaria da (OMISSIS) a (OMISSIS), sia secondo la contestazione che in virtu’ dei contenuti istruttori piu’ volte rievocati. Dunque la valutazione del giudice del rinvio si alimenta da una impropria commistione tra le due – distinte – operazioni finanziarie, finendo con il travisare i chiari contenuti fattuali di cui al capo B e valorizzando, al fondo, il probabile motivo della restituzione dei capitali ((OMISSIS), per quanto risulta dai contenuti istruttori, voleva in realta’ realizzare una maggior presenza di (OMISSIS) in (OMISSIS) attraverso un fittizio piano industriale di rilancio della seconda), aspetto che tuttavia non puo’ sovrapporsi ai contenuti storici della operazione, consistente in una chiara retrocessione a (OMISSIS) di parte delle risorse impiegate per la sottoscrizione dell’aumento di capitale.
Dunque nessuna delle ragioni esposte nel provvedimento impugnato consentiva di evitare la risposta ai quesiti derivanti dalla prima pronunzia di annullamento, rimasti inevasi in modo del tutto ingiustificato.
Ne deriva l’annullamento della decisione impugnata, con rinvio per nuovo giudizio ad altra Sezione della Corte di Appello di Milano.
4. Restano assorbiti i motivi primo, quarto, quinto e decimo mentre il settimo, ottavo e nono motivo sono da ritenersi inammissibili perche’ proposti in violazione dei contenuti dell’articolo 628 c.p.p., comma 2 trattandosi di aspetti gia’ trattati nella decisione rescindente.

P.Q.M.

Rigetta l’istanza di nullita’ dell’avviso di fissazione dell’odierna udienza ed annulla la sentenza impugnata con rinvio per nuovo giudizio ad altra Sezione della Corte di Appello di Milano.

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