Clausola di accidentalità

Corte di Cassazione, civileOrdinanza|29 luglio 2022| n. 23762.

Clausola di accidentalità

La clausola inserita in un contratto di assicurazione della responsabilità civile, nella quale si stabilisca che l’assicuratore si obbliga a tenere indenne l’assicurato di quanto questi sia tenuto a pagare a titolo di risarcimento di danni causati “in conseguenza di un fatto accidentale” non può essere interpretata nel senso che restino esclusi dalla copertura assicurativa i fatti colposi, giacché tale interpretazione renderebbe nullo il contratto ai sensi dell’articolo 1895 ap.c. per l’inesistenza del rischio.

Ordinanza|29 luglio 2022| n. 23762. Clausola di accidentalità

Data udienza 6 luglio 2022

Integrale

Tag/parola chiave: Responsabilità civile – Assicurazione – Contratto – Clausola di “accidentalità” – Effetti – Fatti colposi – Interpretazione – Nullità

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SESTA CIVILE

SOTTOSEZIONE 3

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. SCODITTI Enrico – Presidente

Dott. VALLE Cristiano – Consigliere

Dott. ROSSETTI Marco – rel. Consigliere

Dott. AMBROSI Irene – Consigliere

Dott. PELLECCHIA Antonella – Consigliere

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA
sul ricorso 28563/2020 proposto da:
COMUNE DI VITERBO, in persona del legale rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliato in (OMISSIS), presso lo studio dell’avvocato (OMISSIS), che lo rappresenta e difende;
– ricorrente –
contro
(OMISSIS) SPA, in persona del legale rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliata in (OMISSIS), presso lo studio dell’avvocato (OMISSIS), che la rappresenta e difende;
– controricorrente –
contro
(OMISSIS);
– intimato –
avverso la sentenza n. 4033/2020 della CORTE D’APPELLO di ROMA, depositata il 31/08/2020;
udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio non partecipata del 06/07/2022 dal Consigliere Relatore Dott. MARCO ROSSETTI.

Clausola di accidentalità

FATTI DI CAUSA

1. Nel 2007 (OMISSIS) convenne il Comune di Viterbo dinanzi al Tribunale di Viterbo, esponendo che:
-) esercitava l’attivita’ di commercio di oggetti di antiquariato;
-) il 27 giugno 2006 un locale in cui custodiva le proprie merci venne allagato in conseguenza della rottura delle tubazione di scarico d’una fontana comunale;
-) l’allagamento aveva danneggiato molti oggetti di valore di proprieta’ dell’attore.
Concluse pertanto chiedendo la condanna dell’amministrazione al risarcimento del danno.
2. Il Comune di Viterbo si costitui’ e, oltre a contrastare la domanda attorea, chiamo’ in causa il proprio assicuratore della responsabilita’ civile, la societa’ (OMISSIS) S.p.A. (che in seguito mutera’ ragione sociale in (OMISSIS). S.p.A., e come tale sara’ d’ora innanzi indicata).
3. La (OMISSIS) si costitui’ e, oltre a negare la responsabilita’ del proprio assicurato, eccepi’ comunque l’inoperativita’ della polizza.
4. Con sentenza 22 gennaio 2014 n. 92 il Tribunale di Viterbo accolse sia la domanda attorea che quella di garanzia formulata dal Comune di Viterbo nei confronti del proprio assicuratore.
La sentenza venne appellata da tutte le parti.
5. Con sentenza 31 agosto 2020 n. 4033 la Corte d’appello di Roma:
-) accolse l’appello di (OMISSIS), incrementando il quantum debeatur liquidato dal Tribunale;
-) accolse l’appello della (OMISSIS), e rigetto’ la domanda di garanzia formulata dal Comune di Viterbo nei confronti della (OMISSIS).
La Corte d’appello ritenne che il Comune non avesse diritto alla copertura assicurativa per due ragioni: sia perche’ la polizza copriva i danni causati da acquedotti e rete fognaria, mentre nel caso di specie il danno era stato provocato da un difetto di manutenzione di tubazioni e pluviali; sia perche’ la polizza prevedeva la copertura solo dei danni causati dall’assicurato a terzi “in conseguenza di un fatto accidentale”.
Reputo’ la Corte d’appello che per “fatto accidentale” dovesse intendersi “un accadimento in alcun modo riferibile un comportamento colposo”; che nel caso di specie invece l’allagamento era stato conseguenza di una non accurata manutenzione dei tubi di abduzione delle acque della fontana comunale, “circostanza che esclude l’accidentalita’”.
6. La sentenza d’appello e’ stata impugnata per cassazione dal Comune di Viterbo con ricorso fondato su quattro motivi ed illustrato da memoria.
La (OMISSIS) ha resistito con controricorso.

Clausola di accidentalità

RAGIONI DELLA DECISIONE

1. Col primo motivo il Comune di Viterbo lamenta, ai sensi dell’articolo 360 c.p.c., n. 3, la violazione di varie norme sulla interpretazione dei contratti, nonche’ dell’articolo 1917 c.c..
La parte ricorrente espone di avere stipulato con la societa’ (OMISSIS) un contratto di assicurazione della responsabilita’ civile che potesse derivare all’amministrazione comunale, tra l’altro, dalla proprieta’ e manutenzione di acquedotti, tubazioni e condutture, e che in virtu’ di tale contratto la compagnia assicuratrice si era obbligata “a tenere indenne l’assicurato di quanto questi sia tenuto a pagare quale civilmente responsabile ai sensi di legge a titolo di risarcimento di danni involontariamente cagionati a terzi (…) in conseguenza di un fatto accidentale verificatosi in relazione all’esercizio di attivita’ di competenze istituzionalmente previste”.
Deduce che la Corte d’appello ha interpretato tale clausola nel senso che per effetto di essa dovevano ritenersi compresi nella copertura assicurativa i soli danni “in alcun modo riferibili ad un comportamento negligente riferibile all’assicurato”, e che tale interpretazione violava – tra le altre – due regole di ermeneutica legale dei contratti: le regola dell’interpretazione utile, in quanto la soluzione adottata dalla Corte d’appello avrebbe svuotato del tutto il contenuto della garanzia; e la regola della interpretati contra proferentem, in quanto, anche a volere ritenere dubbia interpretazione della clausola sopra trascritta, proprio per questa ragione essa si sarebbe dovuto interpretare in senso sfavorevole al predisponente, cioe’ l’assicuratore.

Clausola di accidentalità

1.1. Il motivo e’ fondato.
Il rischio che forma l’oggetto dell’assicurazione di responsabilita’ civile e’ un perimetro al di fuori del quale stanno, da un lato, i fatti dolosi per espressa previsione di legge (articolo 1900 c.c.); e dall’altro i fatti dovuti al caso fortuito, perche’ da essi non puo’ mai sorgere alcuna responsabilita’.
Ora, l’aggettivo “accidentale” secondo il piu’ autorevole dizionario etimologico della lingua italiana vuol dire “dovuto al caso, casuale, fortuito; contingente, non necessario, non essenziale; secondario, accessorio” (cosi’ Battaglia, Grande dizionario della lingua italiana, vol. I, Torino 1961, ad vocem, 82).
Dunque “fatto accidentale”, per la lingua italiana, non e’ che un sinonimo di “fatto fortuito”.
Ma una assicurazione della responsabilita’ civile che descrivesse il rischio assicurato limitandolo ai casi fortuiti sarebbe una assicurazione senza rischio, e percio’ nulla ex articolo 1895 c.c., giacche’ da un caso fortuito mai nessuna responsabilita’ dell’assicurato potrebbe sorgere.
L’interpretazione adottata dalla Corte d’appello ha dunque effettivamente violato:
a) il criterio dell’interpretazione utile (articolo 1367 c.c.), in quanto per effetto di essa il contratto non avrebbe potuto coprire alcun danno causato colposamente dall’assicurato;
b) il criterio dell’interpretazione contro lo stipulatore (articolo 1370 c.c.), in quanto anche ad ammettere che la clausola fosse ambigua, essa per cio’ solo si sarebbe dovuta interpretare in senso sfavorevole al predisponente.
1.2. I principi appena esposti sono stati ripetutamente affermati da questa Corte.
Gia’ Sez. 3, Sentenza n. 3646 del 20/12/1972, Rv. 361672 – 01, in una fattispecie concreta pressoche’ identica a quella oggi in esame (danni da infiltrazioni di acqua), casso’ la decisione di merito che aveva negato il diritto dell’assicurato all’indennizzo in presenza d’una clausola identica a quella oggi in esame, e stabili’ che i “fatti accidentali” non sono altro che i “fatti fortuiti”, e di conseguenza se la garanzia assicurativa fosse limitata ai soli casi fortuiti, essa sarebbe sempre inoperante, perche’ il caso fortuito esclude la responsabilita’.
In seguito, tali principi sono stati ripetutamente ribaditi da questa Corte, ed e’ divenuta tralatizia la massima secondo cui la clausola di un contratto di assicurazione che preveda la copertura del rischio per danni conseguenti a “fatti accidentali” va interpretata nel senso che essa si riferisce semplicemente alla condotta colposa, anche se volontaria, in contrapposizione ai fatti dolosi, in quanto “secondo la terminologia giuridica tradizionalmente accettata senza contestazioni, il fatto accidentale e’ equivalente a fortuito o forza maggiore; di conseguenza appare evidente la contraddizione della previsione del risarcimento dovuto all’assicurato quale civilmente responsabile per danni prodotti a terzi in dipendenza di un fatto accidentale” (ex aliis, Sez. 3, Sentenza n. 4799 del 26/02/2013, Rv. 625316 – 01; Sez. 3, Sentenza n. 7766 del 30/03/2010, Rv. 612323 – 01; Sez. 3, Sentenza n. 5273 del 28/02/2008, Rv. 601755 – Sez. 3, Sentenza n. 4118 del 10/04/1995, Rv. 491716-01).

Clausola di accidentalità

1.3. Unico, ed isolato precedente contrario rispetto a tale orientamento, risulta essere la decisione pronunciata da Sez. 1, Sentenza n. 1214 del 04/02/1992, Rv. 475578 – 01, alla quale questa Corte non ha mai dato – e non intende qui dare – continuita’.
Tale decisione, infatti, premesso che “ben possano darsi eventi non dolosi e non accidentali”, ha ammesso la validita’ della clausola in esame osservando che “l’accidentalita’ non richiede l’imprevedibilita’ dell’evento dannoso, ma l’incertezza della sua specificita’, sicche’ si configura quando, pur essendo astrattamente possibile il verificarsi di una evenienza, sia incerto il complesso di fattori che concorrono a produrla secondo le modalita’ materiali e temporali concretamente verificatasi”.
Gia’ il solo fatto che tale decisione non abbia avuto alcun seguito da trent’anni in qua permetterebbe di ritenere l’orientamento da essa espresso abbandonato da questa Corte. Nondimeno, puo’ essere questa l’occasione per evidenziare come tale decisione muova da un presupposto logicamente erroneo, e sviluppi un argomento oggi divenuto insostenibile.
Muove da un presupposto erroneo, poiche’ e’ indiscutibile che possano darsi eventi “non dolosi e non fortuiti”: ma un evento non doloso e non fortuito non e’ altro che un fatto colposo, come tale necessariamente ricompreso nell’oggetto dell’assicurazione della responsabilita’ civile. Sicche’ la premessa contrasta, in luogo di suffragare, la conclusione raggiunta da Cass. 1214/92. La decisione in esame, poi, sviluppa un argomento oggi divenuto insostenibile, la’ dove afferma che i “fatti colposi” sono quelli dovuti a colpa del responsabile; mentre quelli “accidentali” sarebbero quelli dovuti al concorso della condotta del responsabile e di un fattore estranee ad esso. Tale argomento e’ insostenibile alla luce del principio, ripetutamente affermato da questa Corte in tema di causalita’ giuridica, secondo cui il concorso del fatto umano col fatto naturale non esclude ne’ riduce il nesso di causalita’ tra condotta (colposa) e danno (ex plurimis, Sez. 3, Sentenza n. 15991 del 21/07/2011, Rv. 618880 – 01).
1.4. Il primo motivo di ricorso va dunque accolto, e la sentenza impugnata cassata con rinvio alla Corte d’appello di Roma, la quale tornera’ ad esaminare l’impugnazione proposta dalla societa’ assicuratrice, alla luce del seguente principio di diritto:
“la clausola inserita in un contratto di assicurazione della responsabilita’ civile, nella quale si stabilisca che l’assicuratore si obbliga a tenere indenne l’assicurato di quanto questi sia tenuto a pagare a titolo di risarcimento di danni causati “in conseguenza di un fatto accidentale” non puo’ essere interpretata nel senso che restino esclusi dalla copertura assicurativa i fatti colposi, giacche’ tale interpretazione renderebbe nullo il contratto ai sensi dell’articolo 1895 ap.c. per l’inesistenza del rischio”.
2. Col secondo motivo di ricorso il Comune di Viterbo lamenta, ai sensi dell’articolo 360 c.p.c., n. 3, la violazione di cinque diverse norme del codice civile in tema di interpretazione dei contratti.
Nella illustrazione del motivo si formula una tesi giuridica cosi’ riassumibile: -) il contratto di assicurazione stipulato fra il Comune di Viterbo e la (OMISSIS) prevedeva la copertura della responsabilita’ civile del Comune derivante dalla proprieta’, “a titolo esemplificativo e non esaustivo”, degli acquedotti e della rete fognaria;
-) la Corte d’appello di Roma ha rigettato la domanda di garanzia proposta dal Comune (oltre che in virtu’ della clausola di accidentalita’, di cui s’e’ detto), osservando che nel caso di specie il danno era stato causato da difetto di manutenzione delle tubature di scarico di una fontana comunale e dei pluviali di un antico palazzo, ma ne’ le prime, ne’ i secondi, potevano essere considerati parte dell’acquedotto o della rete fognaria;
-) cosi’ giudicando, la Corte d’appello ha violato l’articolo 1365 c.c., perche’ ha escluso dalla copertura danni non elencati da una previsione contrattuale che aveva solo valore esemplificativo.
2.1. Il motivo e’ fondato.
E’ la stessa Corte d’appello a riferire, a pagina 10, penultimo capoverso, della sentenza impugnata, che il contratto stipulato fra le parti indicava, quali attivita’ dal cui esercizio poteva sorgere la responsabilita’ del Comune oggetto di copertura assicurativa, “a titolo esemplOcativo e non esaustivo, l’attivita’ derivante dalla proprieta’ e manutenzione gli acquedotti; della rete fognaria”.
L’articolo 1365 c.c., come noto, stabilisce che “quando in un contratto si e’ espresso un caso al fine di spiegare un patto, non si presumono esclusi i casi non espressi, ai quali, secondo ragione, puo’ estendersi lo stesso patto”.
Regola, quest’ultima, apertamente violata dalla Corte d’appello, la quale ha escluso l’indennizzabilita’ del danno derivato dal difetto di manutenzione delle tubazioni e dei pluviali, limitandosi a rilevare che tale danno non era compreso negli esempi elencati dall’articolo 14 delle condizioni generali di contratto.
3. Col terzo motivo l’amministrazione comunale lamenta la violazione del principio di corrispondenza tra chiesto e pronunciato.
Deduce che la Corte d’appello di Roma, ritenendo non compresi nella copertura assicurativa i danni causati dal difetto di manutenzione delle tubature e dei pluviali, avrebbe pronunciato ultra petita, in quanto la societa’ assicuratrice aveva impugnato la sentenza di primo grado invocando unicamente una diversa interpretazione della clausola di accidentalita’.
3.1. Il motivo e’ inammissibile ai sensi dell’articolo 366 c.p.c., n. 6.
Il ricorso, infatti, in violazione dell’onere imposto a pena di inammissibilita’ dalla norma appena ricordata, non trascrive ne’ riassume in modo esaustivo i termini nei quali la societa’ assicuratrice contesto’ il proprio obbligo indennitario in primo grado e in appello.
4. Col quarto motivo il Comune di Viterbo lamenta, ai sensi dell’articolo 360 c.p.c., n. 4, la nullita’ della sentenza per difetto di motivazione. Deduce che la Corte d’appello “si e’ limitata a pronunciare apodittiche affermazioni in fatto ed in diritto senza suffragarle di alcuna giustificazione”.
4.1. Il motivo e’ infondato.
Una sentenza puo’ dirsi nulla per difetto di motivazione, ai sensi dell’articolo 132 c.p.c., comma 2, n. 4, solo in due casi: quando la motivazione manchi del tutto “sinanche come segno grafico”, oppure quando sia totalmente incomprensibile (Sez. U, Sentenza n. 8053 del 07/04/2014).
Nel caso di specie tuttavia non ricorre ne’ l’una, ne’ l’altra di tali ipotesi, in quanto la ratio decidendi sottesa dalla sentenza impugnata e’ ben chiara, come del resto dimostra il fatto stesso che il Comune di Viterbo non ha avuto difficolta’ a individuare gli errori di diritto censurati con i primi due motivi di ricorso.
5. Le spese del presente giudizio di legittimita’ saranno liquidate dal giudice del rinvio.

P.Q.M.

(-) accoglie il primo ed il secondo motivo di ricorso; dichiara inammissibile il terzo; rigetta il quarto; cassa la sentenza impugnata in relazione ai motivi accolti e rinvia la causa alla Corte d’appello di Roma, in diversa composizione, cui demanda di provvedere anche sulle spese del giudizio di legittimita’.

 

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