Comodato ove si preveda la destinazione dell’immobile a casa familiare

Corte di Cassazione, civile,
Ordinanza|10 gennaio 2023| n. 350.

Comodato ove si preveda la destinazione dell’immobile a casa familiare

In tema di comodato, ove si preveda la destinazione dell’immobile a casa familiare – nella specie, concessa dal genitore ricorrente in regime di comunione legale a favore del figlio e poi del coniuge separatosi da quest’ultimo – è questa che rileva in ordine alla durata del contratto e non già l’eventuale clausola contrattuale di “recedibilità ad nutum” inserita nel testo negoziale che è pertanto destinata a rimanere inefficace finché che permane la predetta destinazione

Ordinanza|10 gennaio 2023| n. 350. Comodato ove si preveda la destinazione dell’immobile a casa familiare

Data udienza 11 ottobre 2022

Integrale

Tag/parola chiave: Contratto di comodato – Recesso – Regime – Destinazione a casa familiare del figlio – Rilevanza

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SESTA CIVILE

SOTTOSEZIONE 3

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. IANNELLO Emilio – Presidente

Dott. TATANGELO Augusto – Consigliere

Dott. PELLECCHIA Antonella – Consigliere

Dott. PORRECA Paolo – rel. Consigliere

Dott. GORGONI Marilena – Consigliere

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA
sul ricorso 26431-2021 proposto da:
(OMISSIS), domiciliato presso la cancelleria della CORTE DI CASSAZIONE, PIAZZA CAVOUR, ROMA, rappresentato e difeso dall’avvocato (OMISSIS);
– ricorrente –
contro
(OMISSIS), domiciliata presso la cancelleria della CORTE DI CASSAZIONE, PIAZZA CAVOUR, ROMA, rappresentata e difesa dall’avvocato (OMISSIS);
– controricorrente –
contro
(OMISSIS), (OMISSIS);
– intimati –
avverso la sentenza n. 2442/2021 della CORTE D’APPELLO di VENEZIA, depositata il 15/09/2021;
udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio non partecipata dell’11/10/2022 dal Consigliere Relatore Dott. PAOLO PORRECA.

Comodato ove si preveda la destinazione dell’immobile a casa familiare

CONSIDERATO

Che:
(OMISSIS) e (OMISSIS), coniugi in regime di comunione legale, convenivano in giudizio il figlio (OMISSIS) e la nuora (OMISSIS), per ottenere nei loro confronti una pronuncia di condanna alla restituzione di un immobile di proprieta’ degli stessi e precedentemente concesso al figlio (OMISSIS) in comodato;
i deducenti avevano infatti comunicato il recesso dal comodato chiedendo la restituzione del bene nel frattempo assegnato alla sola (OMISSIS) e figlie minori, nell’ambito del procedimento di separazione personale con (OMISSIS);
nelle more del giudizio di primo grado gli attori si separavano consensualmente con assegnazione dell’immobile, nell’ambito degli accordi di separazione, in via esclusiva a (OMISSIS);
il Tribunale di Treviso accertava l’avvenuta cessazione del comodato per recesso dal contratto in virtu’ della clausola contenuta all’articolo 3 del contratto che prevedeva la possibilita’ di revoca “ad nutum”, e condannava i convenuti alla restituzione del cespite;
la Corte d’appello di Venezia accoglieva l’appello proposto da (OMISSIS) riformando la decisione di prime cure;
ad avviso del Collegio di merito si trattava inequivocabilmente di comodato sorto per uso determinato e di conseguenza per un tempo determinabile per relazione, in considerazione della destinazione a casa familiare palesata dalla stipula pochi mesi dopo il matrimonio dei comodatari, tra cui loro figlio, e dalla durata che si era poi protratta per numerosi anni, per essere infine oggetto di richiesta di revoca in coincidenza con la disgregazione familiare;
la Corte veneta osservava che la formulazione della clausola di cui all’articolo 3 del contratto di comodato era dunque generica e in contrasto con la causa propria e prevalente del negozio sicche’ il recesso era destinato a rimanere inefficace fin tanto che permanesse la destinazione a casa familiare dell’immobile;
avverso questa decisione ricorre per cassazione (OMISSIS) articolando tre motivi, corredati da memoria;
resiste con controricorso (OMISSIS);
sono rimasti intimati (OMISSIS) e (OMISSIS).

RILEVATO

che:
con il primo motivo si prospetta l’omessa, insufficiente e contraddittoria motivazione su un punto decisivo della controversia, poiche’ la Corte d’appello avrebbe ingiustificatamente negato valore alla clausola del contratto di comodato che stabiliva il diritto di recesso “ad nutum”;
con il secondo motivo si prospetta la violazione o la falsa applicazione degli articoli 1803, 1809 e 1810 c.c., in quanto la Corte d’appello avrebbe errato ritenendo sussistente il diritto di recesso solo per urgente e imprevedibile bisogno del comodante, laddove, nel caso, le parti avevano espressamente stabilito la revocabilita’ “ad nutum”;
con il terzo motivo si censura la violazione o falsa applicazione dell’articolo 92 c.p.c., poiche’ la Corte d’appello avrebbe ingiustificatamente condannato (OMISSIS) al pagamento delle spese processuali di entrambi i gradi del giudizio piuttosto che compensarle come fatto in prime cure;
Vista la proposta formulata del relatore ai sensi dell’articolo 380 bis c.p.c..
Ritenuto che:
deve darsi atto preliminarmente che la prima notifica a (OMISSIS) risulta nulla;
tale (iniziale) notifica e’ stata si’ effettuata, ma invalidamente all’avvocato (OMISSIS) indicata come domiciliatario, sebbene, come risulta dalla sentenza gravata, la parte in seconde cure era contumace, con conseguente necessita’ di notifica alla parte personalmente;
in memoria parte ricorrente evidenzia che si trattava dell’avvocato di prime cure, ma cio’ vale solamente ad attestare il collegamento con la parte che esclude l’inesistenza della notificazione in parola (v. Cass., Sez. U., 13/02/2017, n. 3702 e succ. conf.), senza, pero’, che possano obliterarsi le previsioni dell’articolo 330 c.p.c.;
sempre in memoria parte ricorrente allega di aver (prudenzialmente) rinnovato la notifica medesima, peraltro perfezionata solo il 27 settembre 2022;
ne consegue che, non sussistendo il termine minimo per depositare controricorso, la causa avrebbe comunque dovuto rinviarsi a nuovo ruolo, sia pure senza disporre il gia’ avvenuto rinnovo della notifica;
tale rinvio non e’ per converso necessario in ragione dell’esito del ricorso, risolvendosi altrimenti in un’attivita’ processuale inutile e lesiva del principio di ragionevole durata del processo (cfr. solo ad esempio Cass., 22/03/2010, n. 6826, Cass., 28/09/2022, n. 27463);
nel merito cassatorio vale, infatti, cio’ che segue;
i primi due motivi di ricorso, da esaminare congiuntamente per connessione, sono infondati;
questa Corte ha gia’ affermato che, come nel caso in parola, seppure nel contratto di comodato si preveda che il rapporto, stipulato in favore di un nucleo familiare, sia risolvibile dai comodanti su semplice richiesta, da considerare quale termine del comodato stesso, cio’ “non puo’ far desumere la “forma” (natura) del comodato dalla disciplina contrattuale del recesso, laddove – al contrario – e’ dall’inquadramento del comodato, nell’uno o nell’altro tipo, che deriva la disciplina del recesso. In sostanza se la destinazione dell’immobile e’ quella di casa familiare del figlio (e poi del coniuge separato) e’ questa che rileva in ordine alla durata del comodato e non gia’ la clausola contrattuale di “recedibilita’ ad nutum” che e’ destinata a rimanere inefficace fintanto che permane quella destinazione” (Cass., 02/02/2017, n. 1711, pag. 7);
al contempo, e’ vero che la dimostrazione del gravoso vincolo familiare in questione dev’essere rigorosa (Cass., 18/08/2017, n. 20151, in un caso di sopravvenuto matrimonio) ma in tal caso la Corte di merito ha motivato idoneamente ritenendo quel vincolo univocamente desumibile dall’attribuzione del bene ai coniugi, tra cui il figlio dei comodanti, subito dopo il matrimonio, dalla durata pluriannuale dello stesso dopo la stipula, e dall’esercizio del recesso all’insorgere della crisi coniugale in relazione alla quale l’immobile, in sede di separazione, era stato assegnato alla moglie;
il terzo motivo e’ inammissibile ex articolo 360-bis c.p.c., n. 1;
e’ stato reiterata mente chiarito che la facolta’ di disporre la compensazione delle spese di lite tra le parti rientra nel potere discrezionale del giudice di merito, il quale non e’ tenuto a dare ragione con una espressa motivazione del mancato uso di tale sua facolta’, con la conseguenza che la pronuncia di condanna alle spese, anche se adottata senza prendere in esame l’eventualita’ di una compensazione, non puo’ essere censurata in cassazione, neppure sotto il profilo della mancanza di motivazione (Cass., 26/04/2019, n. 11329);
spese secondo soccombenza.

P.Q.M.

La Corte rigetta il ricorso e condanna parte ricorrente alla rifusione delle spese di parte controricorrente in Euro 4.100,00, oltre a 200,00 Euro per esborsi, spese forfettarie al 15% e accessori legali.
Ai sensi del Decreto del Presidente della Repubblica n. 115 del 2002, articolo 13, comma 1 quater, la Corte da’ atto che il tenore del dispositivo e’ tale da giustificare il pagamento, se dovuto e nella misura dovuta, da parte ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato, pari a quello dovuto per il ricorso.

 

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