Compensazione delle spese e l’assoluta novità della questione trattata o di mutamento della giurisprudenza

Corte di Cassazione, civile, Sentenza|6 marzo 2023| n. 6635.

Compensazione delle spese e l’assoluta novità della questione trattata o di mutamento della giurisprudenza

Ai sensi dell’articolo 92 cod. proc. civ., come risultante dalle modifiche introdotte dal decreto-legge n. 132 del 2014 e dalla sentenza n. 77 del 2018 della Corte costituzionale, la compensazione delle spese di lite può essere disposta, oltre che nel caso della soccombenza reciproca, soltanto nell’eventualità di assoluta novità della questione trattata o di mutamento della giurisprudenza rispetto alle questioni dirimenti o nelle ipotesi di sopravvenienze relative a tali questioni e di assoluta incertezza che presentino la stessa, o maggiore, gravità ed eccezionalità delle situazioni tipiche espressamente previste dall’articolo 92, comma 2, cod. proc. civ. (Nel caso di specie, relativo ad un giudizio definito in prime cure con una declaratoria di risoluzione di un contratto di locazione per grave inadempimento della odierna intimata in veste di conduttrice, la Suprema Corte, accogliendo il ricorso, ha cassato con rinvio la sentenza impugnata con la quale la corte territoriale, nel disporre la compensazione delle spese di entrambi i gradi di merito, con conferma per il resto di ogni altra statuizione della decisione appellata, aveva offerto una ragione giustificatrice che, per un verso, contraddiceva la stessa motivazione sul merito della controversia e, per altro verso, si rivelava del tutto eccentrica rispetto all’ambito di applicazione del criterio indicato dalla Corte Costituzionale con sentenza n. 77/2018). (Riferimenti giurisprudenziali: Cassazione, sezione civile VI, ordinanza 18 febbraio 2020, n. 3977; Cassazione, sezione civile VI, ordinanza 18 febbraio 2019, n. 4696; Corte costituzionale, sentenza 7 marzo 2018, n. 77).

Sentenza|6 marzo 2023| n. 6635. Compensazione delle spese e l’assoluta novità della questione trattata o di mutamento della giurisprudenza

Data udienza 10 novembre 2022

Integrale

Tag/parola chiave: Spese processuali – Art. 92, comma 2, c.p.c. – Compensazione delle spese di lite – Eventualità di assoluta novità della questione trattata o di mutamento della giurisprudenza – Questioni dirimenti – Ipotesi di sopravvenienze relative a tali questioni

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TERZA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. FRASCA Raffaele – Presidente
Dott. SCRIMA Antonietta – rel. Consigliere

Dott. DELL’UTRI Marco – Consigliere

Dott. GUIZZI Stefano Giaime – Consigliere

Dott. GORGONI Marilena – Consigliere

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA
sul ricorso 36684/2019 proposto da:
(OMISSIS), elettivamente domiciliata in (OMISSIS) presso lo studio dell’avvocato OLGA GERACI, rappresentata e difesa dall’avvocato FABIO NICOTRA;
– ricorrente –
contro
COOPERATIVA SOCIALE (OMISSIS);
– intimata –
avverso la sentenza n. 507/2019 della CORTE D’APPELLO di TORINO, depositata in data 1/05/2019;
udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del 10 novembre 2022 dal Consigliere Dott. ANTONIETTA SCRIMA;
lette le conclusioni scritte del P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott. FULVIO TRONCONE, che ha chiesto l’accoglimento del ricorso.

FATTI DI CAUSA

Con atto di intimazione di sfratto per morosita’, (OMISSIS) convenne in giudizio, dinanzi al Tribunale di Asti, la Cooperativa sociale (OMISSIS), per sentir convalidare l’intimato sfratto per morosita’ nel pagamento dei canoni da agosto ad ottobre del 2017, in relazione all’immobile sito in (OMISSIS) e condotto in locazione dall’intimata; quest’ultima si costitui’ opponendosi all’intimazione; chiese il rigetto della domanda e la declaratoria di nullita’ ovvero l’annullamento del contratto di locazione, con condanna della (OMISSIS) alla restituzione di quanto percepito e al risarcimento dei danni, deducendo di aver appreso, dopo la stipula del contratto di locazione, che la locatrice non era proprietaria del bene locato ma lo deteneva soltanto in forza di un contratto preliminare di cui la medesima aveva chiesto la risoluzione.
Il Tribunale adito “dichiar(o’) risolto il contratto di locazione” per grave inadempimento della conduttrice; confermo’ l’ordinanza con cui era gia’ stato disposto il rilascio immediato del bene locato, condanno’ l’intimata a corrispondere, a titolo di canoni dovuti, l’importo di Euro 3.450,00, oltre gli ulteriori canoni percipiendi e gli interessi legali sino al saldo, nonche’ al pagamento delle spese di lite, disponendone la distrazione in favore dell’avv. Nicotra.
La soccombente propose appello, del quale la (OMISSIS), costituendosi, chiese il rigetto.
La Corte di appello di Torino, con sentenza pubblicata in data 1 maggio 2019, in parziale accoglimento del gravame e in riforma dell’ultimo capo della sentenza impugnata, compenso’ integralmente tra le parti le spese del primo grado del processo, confermo’ ogni altra statuizione della sentenza appellata e compenso’ integralmente tra le parti anche le spese relative al secondo grado del giudizio.
Avverso la sentenza della Corte territoriale (OMISSIS) ha proposto ricorso per cassazione, basato su un unico motivo.
L’intimata non ha svolto attivita’ difensiva in questa sede.
Con ordinanza interlocutoria n. 18279/21, depositata il 25 giugno 2021, la Sezione VI-3 di questa Corte, ritenendo non sussistenti le condizioni di cui all’articolo 375 c.p.c. per la trattazione camerale del ricorso, ha rimesso la causa a questa Sezione civile, ai sensi dell’articolo 380-bis c.p.c., u.c..
Fissato per l’udienza pubblica del 10 novembre 2022, il ricorso e’ stato trattato in camera di consiglio, in base alla disciplina dettata dal Decreto Legge n. 137 del 2020, articolo 23, comma 8-bis, inserito dalla legge di conversione L. n. 176 del 2020, senza l’intervento del Procuratore Generale e dei difensori delle parti, non avendo nessuno degli interessati proposto rituale e tempestiva richiesta di discussione orale.
Il P.G., in prossimita’ della camera di consiglio, ha depositato conclusioni scritte, chiedendo l’accoglimento del ricorso e la ricorrente ha depositato memoria.

RAGIONI DELLA DECISIONE

1. Con l’unico motivo del ricorso, lamentando “violazione e/o falsa applicazione degli articoli 91 e 92 cod. proc. civ., in relazione all’articolo 360 c.p.c., comma 1, n. 3)”, la ricorrente censura la motivazione della sentenza impugnata nella parte in cui la Corte di appello di Torino ha ritenuto sussistenti i requisiti per l’integrale compensazione delle spese tra le parti con riferimento al primo e al secondo grado di giudizio, nonostante la totale soccombenza in quella sede della controparte. Al riguardo (OMISSIS) rappresenta che, in parziale accoglimento del gravame proposto dalla Cooperativa sociale (OMISSIS), quella Corte ha riformato la sentenza di primo grado in relazione alle spese di giudizio, compensandole, e ha compensato anche le spese del secondo grado, cosi’ motivando sul punto: “Residua soltanto lo scrutinio dell’ulteriore doglianza, di carattere processuale ed incentrata sulla regolamentazione delle spese, che puo’ essere accolta soltanto per l’ipotesi che siano ravvisabili “gravi motivi” che giustifichino la compensazione delle stesse, integralmente, oppure in parte.
Indiscutibilmente la condotta tenuta da (OMISSIS) in occasione della stipula del contratto locatizio, sebbene giuridicamente non censurabile come si e’ visto, e’ stata caratterizzata da alcune significative reticenze, “in primis” per quel che concerneva la sua veste di detentrice e non (secondo l'”id quod plerumque accidit”) di proprietaria del bene, limitandosi la stessa appunto a qualificarsi come “locatrice” in esordio della scrittura del 14.6.2017.
Altresi’, venne sottaciuta la pendenza di una causa che, qualora definita (come in effetti poi fu) con la pronuncia della risoluzione del preliminare da cui derivava alla promissaria la detenzione qualificata del bene e la titolarita’ a concedere in locazione il bene medesimo alla Cooperativa, avrebbe potenzialmente compromesso la durata, cosi’ come negozialmente concordata, del diritto di godimento di quest’ultima.
Trattavasi di un “modus operandi” oltremodo silente, e cioe’ di un atteggiamento connotato da preordinata cautela nel rivelare il diritto (non dominicale) della locatrice sull’immobile, che, appurato soltanto “ex post” ed in corso di contratto, poteva ingenerare sconcerto ed allarme nella locataria, che aveva fatto affidamento in una disponibilita’ del bene della durata di almeno un quadriennio, salvo rinnovo per un eguale periodo.
Era pertanto in un certo qual modo comprensibile (vocabolo questo che viene impiegato senza alcuna valenza giuridica) il rifiuto opposto dalla Cooperativa al pagamento dei canoni periodici maturati ed in epoca di poco posteriore e prossima alla conclusione del rapporto.
Si ritiene pertanto di dover compensare per intero le spese relative ad ambedue i gradi processuali””.
La ricorrente, dopo aver richiamato le diverse modifiche che la formulazione dell’articolo 92 c.p.c. ha avuto dal 2009 in poi, censura la sentenza impugnata che, non tenendo totalmente conto di tale evoluzione legislativa e richiamando i “gravi motivi” non piu’ previsti dalla detta norma sin dal 2009, ha giustificato l’operata compensazione delle spese del doppio grado di giudizio con “una motivazione… non… idonea ad integrare alcuna delle fattispecie di cui all’articolo 92 c.p.c.” nella formulazione applicabile alla fattispecie e sostiene che “ne’ legittima la decisione del Giudice d’Appello” “l’intervento additivo della Corte Costituzionale del 2018 (sentenza c.c. 19/04/2018 n. 77)”, sicche’ la decisione impugnata si porrebbe in aperto contrasto con il principio di cui all’articolo 91 c.p.c., secondo cui la parte soccombente deve essere condannata al rimborso delle spese di giudizio in favore della parte vittoriosa.
1.1. Il motivo e’ fondato.
Il giudizio in questione e’ iniziato in primo grado nel 2017 sicche’ allo stesso, quanto alla eventuale compensazione delle spese, risulta applicabile l’articolo 92 c.p.c. nella sua formulazione attualmente vigente (come sostituita dal Decreto Legge 12 settembre 2014, n. 132, articolo 13, comma 1 convertito, con modificazioni, nella L. 10 novembre 2014, n. 162, che si applica, a norma dell’articolo 13 dello stesso provvedimento, ai processi introdotti a decorrere dal trentesimo giorno successivo all’entrata in vigore della legge di conversione del detto decreto).
Pur se di regola il giudice, con la sentenza che chiude il processo davanti a lui, condanna la parte soccombente alle spese a favore dell’altra parte (v. articolo 91 c.p.c., comma 1), il medesimo puo’, se vi e’ soccombenza reciproca ovvero nel caso di assoluta novita’ della questione trattata o di mutamento della giurisprudenza rispetto alle questioni dirimenti, compensare le spese fra le parti, parzialmente o per intero (v. articolo 92 c.p.c., comma 2, nella formulazione ratione temporis applicabile al caso di specie).
La Corte Costituzionale, con la sentenza del 7 marzo 2018, n. 77, ha affermato che “contrasta con il principio di ragionevolezza e con quello di eguaglianza (articolo 3 Cost., comma 1) l’aver il legislatore del 2014 tenuto fuori dalle fattispecie nominate, che facoltizzano il giudice a compensare le spese di lite in caso di soccombenza totale, le analoghe ipotesi di sopravvenienze relative a questioni dirimenti e a quelle di assoluta incertezza, che presentino la stessa, o maggiore, gravita’ ed eccezionalita’ di quelle tipiche espressamente previste dalla disposizione censurata” e che una rigida “predeterminazione” di ipotesi “tipiche” di compensazione rechi un “vulnus” agli articoli 24 e 111 della Carta fondamentale, atteso che “la prospettiva della condanna al pagamento delle spese di lite anche in qualsiasi situazione del tutto imprevista e imprevedibile per la parte che agisce o resiste in giudizio puo’ costituire una remora ingiustificata a far valere i propri diritti”.
Ha affermato la Consulta che “le ipotesi illegittimamente non considerate dalla disposizione censurata possono identificarsi in quelle che siano riconducibili a tale clausola generale e che siano analoghe a quelle tipizzate nominativamente nella norma, nel senso che devono essere di pari, o maggiore, gravita’ ed eccezionalita’. Le quali ultime quindi – l'”assoluta novita’ della questione trattata” ed il “mutamento della giurisprudenza rispetto alle questioni dirimenti” – hanno carattere paradigmatico e svolgono una funzione parametrica ed esplicativa della clausola generale”. Ha quindi dichiarato l’illegittimita’ costituzionale dell’articolo 92 c.p.c., comma 2, “nella parte in cui non prevede che il giudice, in caso di soccombenza totale, possa non di meno compensare le spese tra le parti, parzialmente o per intero, anche qualora sussistano altre analoghe gravi ed eccezionali ragioni”, con la precisazione che “l’obbligo di motivazione della decisione di compensare le spese di lite, vuoi nelle due ipotesi nominate, vuoi ove ricorrano altre analoghe gravi ed eccezionali ragioni, discende dalla generale prescrizione dell’articolo 111 Cost., comma 6, che vuole che tutti i provvedimenti giurisdizionali siano motivati”.
Nella fattispecie all’esame, tuttavia, nella sentenza impugnata, pur facendosi riferimento a “gravi motivi”, non viene offerta, come pure evidenziato dal P.G., alcuna valida argomentazione idonea a ritenere che il comportamento “silente” dell’attuale ricorrente in relazione al titolo di detenzione dell’immobile locato abbia dato luogo al contenzioso di cui si discute, pur essendo esso giuridicamente non censurabile.
Pertanto, la compensazione risulta nella specie disposta con una ragione giustificatrice che, per un verso, contraddice la stessa motivazione sul merito della controversia e, per altro verso, e’ del tutto eccentrica rispetto all’ambito di applicazione del criterio indicato dalla Corte Costituzionale con la richiamata sentenza.
Sotto il primo profilo si rileva che la possibilita’ del venir meno della disponibilita’ del bene in capo alla parte locatrice in ragione dell’esito della controversia inerente al contratto preliminare di acquisto del bene stesso potesse esporre la parte conduttrice alla pretesa del rilascio dell’immobile anticipato rispetto alla scadenza pattuita non escludeva che, fino al rilascio, comunque i canoni dovessero essere corrisposti. Secondo il consolidato orientamento della giurisprudenza di legittimita’, infatti, chiunque abbia la disponibilita’ di fatto di una cosa, in base a titolo non contrario a norme di ordine pubblico, puo’ validamente concederla in locazione, comodato, o costituirvi altro rapporto obbligatorio (Cass., ord., n. 21853 del 9/10/2020; Cass., ord., n. 30550 del 20/12/2017), salvo l’obbligo di risarcire i danni conseguenti per il venir meno del contratto prima della scadenza.
Sotto il secondo profilo, risulta, infatti, che non si versa in una delle ipotesi in cui in base alla norma dell’articolo 92 c.p.c. applicabile ratione temporis (oltre al caso della soccombenza reciproca, assoluta novita’ della questione trattata o mutamento della giurisprudenza rispetto alle questioni dirimenti) ed alla luce della sentenza della Corte Costituzionale gia’ richiamata (ipotesi di sopravvenienze relative a tali questioni e di assoluta incertezza che presentino la stessa, o maggiore, gravita’ ed eccezionalita’ delle situazioni tipiche espressamente previste dal comma 2 dell’articolo 92 c.p.c., Cass., ord., n. 4696 del 18/022019; Cass., ord., n. 3977 del 18/02/2020), il giudice possa operare la compensazione totale o parziale delle spese.
2. Il ricorso deve essere, pertanto, accolto; la sentenza impugnata va cassata e la causa va rinviata alla Corte di appello di Torino, in diversa composizione, anche per le spese del presente giudizio di legittimita’.
3. Stante l’accoglimento del ricorso, va dato atto della insussistenza dei presupposti processuali per il versamento, se dovuto, da parte della ricorrente, ai sensi del Decreto del Presidente della Repubblica 30 maggio 2002, n. 115, articolo 13, comma 1-quater, nel testo introdotto dalla L. 24 dicembre 2012, n. 228, articolo 1, comma 17, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato, pari a quello eventualmente dovuto per il ricorso, a norma dello stesso articolo 13, comma 1-bis.

P.Q.M.

La Corte accoglie il ricorso; cassa la sentenza impugnata e rinvia la causa alla Corte di appello di Torino, ad altra sezione e comunque in diversa composizione, anche per le spese del presente giudizio di legittimita’.

 

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