Concorso di persone nel delitto di illecita detenzione di armi

Corte di Cassazione, sezione  prima penale, Sentenza 16 aprile 2020, n. 12308

Massima estrapolata:

Integra un’ipotesi di concorso di persone nel delitto di illecita detenzione di armi la condotta di chi, consapevole della presenza di esse nell’abitazione che condivide con il loro proprietario, nulla faccia per rimuovere tale situazione antigiuridica, manifestando, con un comportamento finalizzato a protrarne gli effetti, una chiara connivenza con il predetto e pertanto dimostrando di trovarsi in una situazione di fatto tale da poter, comunque, in qualsiasi momento, disporre anche autonomamente delle armi. (Nella fattispecie la Corte ha ritenuto da censure la sentenza che aveva affermato la responsabilità dell’imputata, convivente di un soggetto pregiudicato ristretto agli arresti domiciliari, la quale, nel corso di una perquisizione, invitata dagli operanti ad allontanarsi dal divano sul quale si era accomodata, aveva cercato di nascondere un’arma clandestina che si trovava occultata sotto il cuscino su cui era seduta). 

Sentenza 16 aprile 2020, n. 12308

Data udienza 14 febbraio 2020

Tag – parola chiave: Concorso in detenzione di arma clandestina e ricettazione – Genericità delle doglianze – Congruità e logicità della motivazione anche con riguardo al trattamento sanzionatorio applicato – Insussistenza del vizio di travisamento della prova dichiarativa – Rigetto

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE PRIMA PENALE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. TARDIO Angela – Presidente

Dott. FIORDALISI Domenico – Consigliere

Dott. BINENTI Roberto – Consigliere

Dott. SANTALUCIA Giuseppe – Consigliere

Dott. APRILE Stefano – rel. Consigliere

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA
sul ricorso proposto da:
(OMISSIS), nato a (OMISSIS);
avverso la sentenza del 12/02/2019 della CORTE d’APPELLO di REGGIO CALABRIA;
visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso;
udita la relazione svolta dal Consigliere Dr. STEFANO APRILE;
udito il Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore Dr. COCOMELLO ASSUNTA, che ha concluso chiedendo l’inammissibilita’ del ricorso;
udito il difensore avv. (OMISSIS), in sostituzione dell’avv. (OMISSIS), che conclude riportandosi ai motivi di ricorso e ne chiede l’accoglimento.

RITENUTO IN FATTO

1. Con il provvedimento impugnato, la Corte d’appello di Reggio Calabria, in parziale riforma della sentenza pronunciata dal Tribunale di Reggio Calabria in data 30 marzo 2017, ha confermato l’affermazione di responsabilita’ di (OMISSIS) per il concorso nella detenzione di un arma clandestina (L. n. 110 del 1975, articolo 23, comma 3 – Capo B; in esso assorbito il delitto di detenzione di un’arma comune da sparo contestato ex L. n. 895 del 1967, articoli 2 e 7 al capo B) e la ricettazione della medesima (articolo 648 c.p. – Capo A), assolvendola dal delitto di cui al Decreto del Presidente della Repubblica n. 309 del 1990, articolo 73, comma 5 (capo D), e rideterminando conseguentemente il trattamento sanzionatorio, concesse le circostanze attenuanti generiche, in anni uno e mesi otto di reclusione ed Euro 600 di multa, con il beneficio della sospensione condizionale della pena.
1.1. Con concorde valutazione di entrambi i giudici di merito l’imputata e’ stata giudicata responsabile del concorso nei sopra indicati delitti accertati in occasione della perquisizione eseguita presso l’abitazione di (OMISSIS), ritenuto convivente more uxorio dell’imputata, allorquando la stessa, invitata dagli operanti ad allontanarsi dal divano sul quale si era seduta, aveva posto in essere un comportamento ostruzionistico cercando di nascondere l’arma che si trovava occultata proprio sotto il cuscino sul quale la medesima si era accomodata.
2. Ricorre (OMISSIS), a mezzo del difensore avv. (OMISSIS), che chiede l’annullamento della sentenza impugnata, formulando quattro motivi di ricorso che, per la fondamentale unitarieta’ delle argomentazioni, possono essere sinteticamente riassunti nella violazione di legge e nel vizio della motivazione, anche con riguardo al travisamento della prova, in ordine alla ritenuta responsabilita’ concorsuale di (OMISSIS) con il co-imputato (OMISSIS), giudicato separatamente.
In particolare, si denuncia la contraddittorieta’ della motivazione per il contrasto logico esistente tra la pronunciata assoluzione per il reato di cui al capo D), non sussistendo elementi di fatto diversi con riguardo alla detenzione dell’arma che era anch’essa nella pertinenza del co-imputato al pari della sostanza stupefacente.
Del resto, fermo restando che i giudici di merito hanno erroneamente valutato e travisato le dichiarazioni degli operanti i quali in realta’ hanno descritto un atteggiamento di calma e rilassatezza dell’imputata, cosi’ dovendosi escludere l’ipotizzato comportamento ostruzionistico, il contegno dell’imputata non puo’ in alcun modo ritenersi rafforzativo del proposito criminoso del co-imputato, mancando comunque il nesso psicologico concernente la coscienza e volonta’ di detenere l’arma in quanto la ricorrente ha, al piu’, avuto contezza della condotta illecita del co-imputato.
D’altra parte, che l’arma appartenesse al co-imputato si desume chiaramente dalla circostanza che nella tasca dei pantaloni di quest’ultimo e’ stato rinvenuto un bossolo esploso, mentre deve in ogni caso escludersi che l’imputata fosse convivente more uxorio con il co-imputato.
Manca, in ogni caso, un contributo causale efficiente con riguardo all’ipotesi di detenzione dell’arma clandestina, non potendosi esso ravvisare nel presunto atteggiamento ostruzionistico che l’imputata avrebbe tenuto al momento del controllo di polizia perche’ non dimostrativo della detenzione.

CONSIDERATO IN DIRITTO

1. Il ricorso e’ infondato per le ragioni che saranno esposte.
2. E’ anzitutto generico il motivo di ricorso che, peraltro proponendo in modo non consentito una diversa ricostruzione degli elementi di fatto accertati con conforme valutazione da entrambi i giudici di merito, denuncia il travisamento della prova con riguardo alle dichiarazioni rese dagli operanti circa il comportamento dell’imputata poiche’ la supposta radicale divergenza non viene specificamente dedotta ne’ puntualmente indicata.
Risulta in proposito incensurabile la conclusione cui sono giunti i giudici di merito con riguardo alla circostanza, ritenuta indicativa della consapevole detenzione dell’arma, secondo la quale l’imputata, dopo essere stata fatta spostare dal soggiorno in cucina per non intralciare le operazioni, rifiutava ostinatamente di alzarsi dal divano dove si era seduta e, in particolare, cercava di impedire la scoperta dell’arma che si trovava occultata sotto il cuscino sul quale la medesima si era accomodata.
2.1. Sono del pari generiche e inammissibili le deduzioni concernenti l’esistenza della convivenza di fatto tra l’imputata e (OMISSIS) perche’ il ricorso non si confronta ne’ contesta le conclusioni cui sono concordemente giunti i giudici di merito i quali hanno evidenziato come e’ stata la medesima ricorrente, all’inizio delle operazioni di perquisizione, a dichiarare la propria stabile convivenza in quella abitazione, convivenza che e’ risultata ulteriormente confortata dalla presenza degli effetti personali riconducibili al figlio di pochissimi mesi frutto della relazione tra i due, nonche’ dalla successiva richiesta della donna di essere avviata agli arresti domiciliari proprio presso detta abitazione ove dimorava stabilmente, sicche’ sono state logicamente giudicate inconferenti le formali indicazioni provenienti dai registri anagrafici circa la diversa residenza della ricorrente.
2.2. E’ del pari inammissibile la deduzione concernente la pretesa contraddittorieta’ della motivazione derivante dalla assoluzione dell’imputata per la detenzione dello stupefacente di cui al capo D), in quanto non si confronta con la motivazione del provvedimento impugnato che logicamente evidenzia, per differenziare le conclusioni in punto di responsabilita’, il comportamento tenuto dalla ricorrente in occasione del ritrovamento dell’arma finalizzato a ostacolare, impedire e comunque occultare il bene di illecita provenienza.
3. E’, in conclusione, infondato il ricorso nella parte in cui denuncia la mancanza dell’elemento materiale e psicologico del delitto perche’ non e’ in grado di superare le logiche e coerenti conclusioni cui sono giunti i giudici di merito che hanno valorizzato, a dimostrazione della co-detenzione dell’arma, proprio quel comportamento ostruzionistico posto in essere dalla ricorrente che e’ stato non illogicamente valutato come espressivo del dominio diretto sulla cosa, peraltro dalla donna fisicamente occultata con il proprio corpo, e non solo percio’ di un comportamento di connivenza con la condotta posta in essere dal co-imputato.
Sono percio’ infondate le argomentazioni che riguardano la presenza di un bossolo esploso negli indumenti del coimputato perche’ non si tratta di un elemento in grado di escludere la co-detenzione dell’arma, ma unicamente di dimostrare la condizione di detenzione dell’arma e dei suoi accessori.
Del resto, come hanno specificamente evidenziato entrambi i giudici di merito, senza che il ricorso sia in grado di indebolire la forza logica di tale elemento indiziario, la donna e’ stata costretta ad ammettere in sede di esame di essere perfettamente a conoscenza delle caratteristiche dell’abitazione, delle pendenze giudiziarie del coimputato nonche’ del suo stato di tossicodipendenza, circostanze giudicate indicative dell’elemento psicologico soprattutto se raffrontate con la protesta di estraneita’ ai fatti.
Infatti, il convivente della ricorrente si trovava, al momento della perquisizione, sottoposto agli arresti domiciliari con braccialetto elettronico in quella abitazione nella quale, mancando una specifica autorizzazione del giudice, nessun altro poteva accedere se non i conviventi dello stesso tra cui, appunto, l’imputata la quale, come e’ stata costretta ad ammettere nel corso del suo esame dibattimentale, era perfettamente a conoscenza delle caratteristiche dell’abitazione – nella quale aveva gia’ in precedenza convissuto con il coimputato del quale conosceva le pendenze giudiziarie nonche’ lo stato di tossicodipendenza -, sicche’ era senza dubbio pienamente a conoscenza delle “particolari condizioni” in cui si trovava l’appartamento – nel quale si trovavano pure gli effetti personali del figlio – tanto che ha cercato di impedire il rinvenimento della pistola che era stata occultata frettolosamente sotto il cuscino del divano, non essendo stato evidentemente possibile fare altrettanto con la sostanza stupefacente che per una parte era platealmente esposta sul pianoforte.
Del resto, la giurisprudenza di legittimita’ ha affermato che deve ritenersi concorrente nell’illecita detenzione di armi e munizioni chi, dopo esserne venuto a conoscenza, nulla faccia per rimuovere tale situazione antigiuridica, dimostrando con il suo comportamento chiara connivenza con i proprietari del materiale illecitamente detenuto (Sez. 6, n. 46303 del 04/11/2014, P.G. in proc. Grasso, Rv. 261016), sicche’ non risulta illogica l’affermazione di penale responsabilita’ dell’imputata la quale, con il proprio comportamento ostruzionistico, ha dimostrato di essere perfettamente a conoscenza della presenza della pistola con matricola abrasa all’interno dell’abitazione, ponendo in essere un comportamento univocamente finalizzato a protrarre la situazione antigiuridica.
In effetti, ai fini della configurabilita’ del concorso in detenzione o porto illegale di armi, e’ necessario che ciascuno dei compartecipi abbia la disponibilita’ materiale di esse e si trovi, pertanto, in una situazione di fatto tale per cui possa, comunque, in qualsiasi momento, disporne (Sez. 1, n. 6796 del 22/01/2019, Susino, Rv. 274806), di cio’ essendo stato ritenuto logicamente indicativo il comportamento di occultamento posto in essere dalla ricorrente.
4. Al rigetto del ricorso consegue, ai sensi dell’articolo 616 c.p.p., la condanna del ricorrente al pagamento delle spese del procedimento.

P.Q.M.

Rigetta il ricorso e condanna la ricorrente al pagamento delle spese processuali.

 

In caso di diffusione omettere le generalità e gli altri dati identificativi dei soggetti interessati nei termini indicati.

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