Condanna alle spese processuali ed il principio della soccombenza

Corte di Cassazione, civile,Ordinanza|27 dicembre 2022| n. 37825.

Condanna alle spese processuali ed il principio della soccombenza

In tema di condanna alle spese processuali, il principio della soccombenza va inteso nel senso che soltanto la parte interamente vittoriosa non può essere condannata, nemmeno per una minima quota, al pagamento delle spese stesse e il suddetto criterio non può essere frazionato secondo l’esito delle varie fasi del giudizio ma va riferito unitariamente all’esito finale della lite, senza che rilevi che in qualche grado o fase del giudizio la parte poi soccombente abbia conseguito un esito a lei favorevole. Con riferimento al regolamento delle spese il sindacato della Corte di cassazione è limitato ad accertare che non risulti violato il principio secondo il quale le spese non possono essere poste a carico della parte vittoriosa, con la conseguenza che esula da tale sindacato e rientra nel potere discrezionale del giudice di merito la valutazione dell’opportunità di compensare in tutto o in parte le spese di lite, e ciò sia nell’ipotesi di soccombenza reciproca, sia nell’ipotesi di concorso con altri giusti motivi.

In tema di comunione, tra le spese dovute dal comunista per le parti comuni di un bene occorre distinguere le spese per la conservazione, che sono quelle necessarie per custodire, mantenere la cosa comune in modo che duri a lungo senza deteriorarsi (quali, nella specie, le spese per l’acqua occorrente per la irrigazione del giardino), dalle spese per il godimento, che riguardano le utilità che la cosa comune può offrire (quali, nella specie, le spese per il combustibile e per l’energia elettrica necessari per il funzionamento dell’impianto di riscaldamento e per l’acqua potabile). Soltanto le spese per la conservazione, nel caso di inattività degli altri comproprietari, da accertare in fatto, possono essere anticipate da un partecipante al fine di evitare il deterioramento della cosa, cui egli stesso e tutti gli altri hanno un oggettivo interesse, e solo di esse può essere chiesto il rimborso. Relativamente alle spese per il godimento, le quali, invece, debbono essere sostenute solamente da chi concretamente gode della cosa comune, il rimborso non è previsto, in quanto il singolo comunista le ha anticipate per un godimento soggettivo, che è suo personale, e non riguarda anche gli altri partecipanti alla comunione.

Ordinanza|27 dicembre 2022| n. 37825. Condanna alle spese processuali ed il principio della soccombenza

Data udienza 5 dicembre 2022

Integrale

Tag/parola chiave: Condominio negli edifici – Contributi e spese condominiali – Soggetti obbligati – Comproprietari di unità immobiliare sita in condominio – Oneri condominiali – Solidarietà – Sussistenza – Fondamento

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SECONDA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. MANNA Felice – Presidente

Dott. FALASCHI Milena – Consigliere

Dott. FORTUNATO Giuseppe – Consigliere

Dott. VARRONE Luca – rel. Consigliere

Dott. BESSO MARCHEIS Chiara – Consigliere

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 16099/2018 R.G. proposto da:
(OMISSIS), elettivamente domiciliato in (OMISSIS), presso lo studio dell’avvocato (OMISSIS), che lo rappresenta e difende unitamente all’avv.to (OMISSIS), ( (OMISSIS));
– ricorrente –
contro
(OMISSIS), elettivamente domiciliato in (OMISSIS), presso lo studio dell’avvocato (OMISSIS), ( (OMISSIS)), rappresentato e difeso dall’avvocato (OMISSIS), ( (OMISSIS));
– controricorrente –
avverso la SENTENZA della CORTE D’APPELLO DI NAPOLI n. 1311/2018 depositata il 21/03/2018;
udita la relazione della causa svolta nella Camera di consiglio del 05/12/2022 dal Consigliere Dott. LUCA VARRONE.

Condanna alle spese processuali ed il principio della soccombenza

FATTI DI CAUSA

1. (OMISSIS) conveniva in giudizio la sorella (OMISSIS) affermando di essere comproprietario dell’appartamento sito in (OMISSIS) insieme ai suoi cinque fratelli e ai figli del defunto fratello (OMISSIS) e chiedendo la condanna della convenuta al pagamento di una somma a titolo di indennita’ per il godimento esclusivo dell’immobile nei cinque anni precedenti la notifica della citazione del 28 gennaio 2008.
2. Si costituiva in giudizio la convenuta che, in via riconvenzionale, chiedeva accertarsi l’intervenuta usucapione a suo favore dell’appartamento sopra indicato, nonche’ accertarsi l’occupazione ad opera dell’attore di un altro appartamento in comproprieta’ sito in (OMISSIS), con conseguente condanna dello stesso al pagamento dell’indennita’ di occupazione. In subordine la convenuta chiedeva la condanna dell’attore al pagamento di 1/7 delle spese sostenute per oneri condominiali.
3. Il giudice di primo grado accoglieva la domanda attorea, condannava la (OMISSIS) al pagamento della somma di Euro 5721,35 in favore degli eredi dell’originario attore deceduto in corso di causa e rigettava integralmente la domanda riconvenzionale della convenuta.
4. (OMISSIS) proponeva appello avverso la suddetta sentenza.
5. Si costituivano in appello (OMISSIS), (OMISSIS), (OMISSIS) che spiegavano appello incidentale allo scopo di ottenere la riforma del capo della sentenza di primo grado recante la regolamentazione delle spese di causa.
6. La Corte d’Appello di Napoli accoglieva parzialmente l’appello. In primo luogo, confermava la decisione di primo grado nella parte in cui aveva rigettato la domanda di usucapione. La Corte d’Appello evidenziava che si trattava di un’eccezione riconvenzionale e non di una vera e propria domanda sicche’ non doveva integrarsi il contraddittorio, e l’eccezione doveva rigettarsi essendo sprovvista di idoneo supporto probatorio. In proposito, richiamata la giurisprudenza di legittimita’ sui coeredi rimasti nel possesso del bene ereditario dopo la morte del de cuius, evidenziava che non vi era alcun elemento dal quale desumere il possesso uti dominus della (OMISSIS). All’uopo, infatti, non era sufficiente provare che gli altri partecipanti alla comunione si fossero astenuti dall’uso della cosa comune, occorrendo invece dimostrare l’esercizio di fatto sull’intero bene inconciliabile con la possibilita’ di godimento altrui. Tale volonta’ non poteva desumersi dal solo fatto che l’acquirente avesse utilizzato il bene provvedendo fra l’altro alle spese di manutenzione, avendo agito anche nell’interesse degli altri comproprietari. Il fatto stesso che la (OMISSIS) avesse dichiarato di aver sempre posseduto in via esclusiva l’immobile con il consenso dei rimanenti coeredi lasciava intendere come quest’ultimi avessero tollerato tale situazione in virtu’ dello stretto rapporto di parentela. Si doveva escludere, pertanto, il possesso del bene in contestazione da parte della (OMISSIS).

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6.1 Doveva invece accogliersi la sua domanda di rimborso degli oneri condominiali. La Corte d’Appello evidenziava che la (OMISSIS) aveva provveduto da sola all’integrale pagamento degli oneri condominiali cui erano tenuti solidalmente tutti i comproprietari. Sulla scorta della documentazione acquisita e della deposizione resa dall’amministratore del condominio, le somme sborsate a titolo di oneri condominiali da ripartirsi tra i comproprietari dovevano quantificarsi in complessivi 8.020,10 Euro di cui 1.861,44 per spese ordinarie effettuate tra il 2001 e il 2008 e 6.158,66 per spese straordinarie.
La domanda relativa agli interessi sulle medesime somme era inammissibile perche’ proposta solo in appello mentre doveva accogliersi il motivo di appello relativo alla violazione dell’articolo 1102 c.c.. L’appellante, infatti, non era occupante abusiva del bene e doveva corrispondere solo i frutti non avendo escluso dal godimento gli altri comproprietari rimasti inerti. Non era controverso, infatti, che l’appellante aveva vissuto con i genitori nell’appartamento e che ivi avesse continuato ad abitare dopo il loro decesso. In tale contesto non risultava che gli altri comproprietari avessero mai espresso l’intenzione di utilizzare in maniera diretta il bene comune o di locarlo a terzi al fine di ricavarne delle rendite da ripartire pro quota. L’unica pretesa avanzata da (OMISSIS), originario attore, era relativa al pagamento di un canone di locazione e scaturiva dalla erronea convinzione che il solo fatto di aver goduto in modo esclusivo dell’appartamento facesse sorgere in capo alla sorella l’obbligo di indennizzare i coeredi. Nessun indennizzo doveva dunque essere riconosciuto in favore degli eredi di (OMISSIS).
7. (OMISSIS) ha proposto ricorso per cassazione avverso la suddetta sentenza sulla base di due motivi di ricorso.
8. (OMISSIS) ha resistito con controricorso.
9. Entrambe le parti con memoria depositata in prossimita’ dell’udienza hanno insistito nelle rispettive richieste.

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RAGIONI DELLA DECISIONE

1. Il primo motivo di ricorso e’ cosi’ rubricato: violazione o falsa applicazione degli articoli 1104 e 1110 c.c., relativamente al punto della sentenza che ha riconosciuto un diritto al rimborso delle spese condominiali sostenute da (OMISSIS).
Per la distinzione tra spese necessarie relative alla manutenzione ordinaria e spese straordinarie attinenti ad interventi comportanti innovazione il ricorrente evidenzia, con riferimento alle spese ordinarie pari ad Euro 1861,44, che si trattava di somme finalizzata alla gestione ad all’utilizzazione dell’edificio versate mensilmente nel periodo da giugno 2001 a maggio 2008 e, dunque, rientranti nelle spese necessarie al godimento delle parti indivise dell’edificio e non alla conservazione dello stesso, pertanto imputabili al comproprietario che aveva il godimento esclusivo del bene. Con riferimento alla restante somma di Euro 6.158 trattandosi di spese straordinarie, come qualificate dall’amministratrice di condominio, esse avrebbero dovuto essere deliberate dall’assemblea dei condomini. Nella specie i comproprietari dell’immobile avrebbero dovuto nominare un proprio rappresentante in seno all’assemblea condominiale. Pertanto, anche volendo ritenere che la presenza di (OMISSIS) avesse sanato il difetto di rappresentanza degli altri comproprietari, e che dunque la decisione assembleare fosse legittima tale potere di rappresentanza poteva ritenersi valido solo in riferimento agli atti di ordinaria amministrazione. Pertanto, doveva necessariamente escludersi che lo stesso potesse estendersi ad affari rientranti nella straordinaria amministrazione, essendo necessario un mandato speciale. Nella specie, mancando totalmente la prova del conferimento del potere di rappresentanza, gli atti compiuti da (OMISSIS) dovevano essere posti esclusivamente a suo carico in qualita’ di mandatario ex articolo 1711 c.c..
1.1 Il primo motivo e’ inammissibile.
La censura proposta con il motivo di ricorso e’ nuova quanto al difetto di rappresentanza e difetta di specificita’ rispetto alle spese per l’ordinaria gestione condominiale.
La questione della mancanza del potere di rappresentanza della (OMISSIS) in seno all’assemblea condominiale per le spese straordinarie non risulta mai proposta nel giudizio di merito, non risulta affrontata dalla sentenza impugnata e il ricorrente non indica in quale atto l’ha sollevata in appello e, tantomeno in primo grado.

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Secondo l’indirizzo consolidato di questa Corte: “In tema di ricorso per cassazione, qualora siano prospettate questioni di cui non vi sia cenno nella sentenza impugnata, il ricorrente deve, a pena di inammissibilita’ della censura, non solo allegarne l’avvenuta loro deduzione dinanzi al giudice di merito ma, in virtu’ del principio di autosufficienza, anche indicare in quale specifico atto del giudizio precedente cio’ sia avvenuto, giacche’ i motivi di ricorso devono investire questioni gia’ comprese nel “thema decidendum” del giudizio di appello, essendo preclusa alle parti, in sede di legittimita’, la prospettazione di questioni o temi di contestazione nuovi, non trattati nella fase di merito ne’ rilevabili di ufficio” (ex plurimis Sez. 2, Sent. n. 20694 del 2018, Sez. 61, Ord. n. 15430 del 2018).
Infatti, il ricorrente che proponga in sede di legittimita’ una determinata questione giuridica, la quale implichi accertamenti di fatto, ha l’onere, al fine di evitare una statuizione di inammissibilita’ per novita’ della censura, non solo di allegare l’avvenuta deduzione della questione dinanzi al giudice di merito, ma anche di indicare in quale atto del giudizio precedente lo abbia fatto, onde dar modo alla Corte di controllare ex actis la veridicita’ di tale asserzione, prima di esaminare nel merito la questione stessa (per l’ipotesi di questione non esaminata dal giudice del merito: Cass. 02/04/2004, n. 6542; Cass. 10/05/2005, n. 9765; Cass. 12/07/2005, n. 14599; Cass. 11/01/2006, n. 230; Cass. 20/10/2006, n. 22540; Cass. 27/05/2010, n. 12992; Cass. 25/05/2011, n. 11471; Cass. 11/05/2012, n. 7295; Cass. 05/06/2012, n. 8992; Cass. 22/01/2013, n. 1435; Cass. Sez. U. 06/05/2016, n. 9138).
Nell’esaminare la restante parte della censura circa l’erronea attribuzione al ricorrente delle spese condominiali pari ad Euro 1861,44 dovute esclusivamente dalla (OMISSIS) perche’ relative al suo godimento dell’immobile, deve premettersi che i comproprietari di un’unita’ immobiliare sita in condominio sono tenuti in solido, nei confronti del condominio medesimo, al pagamento degli oneri condominiali, sia perche’ detto obbligo di contribuzione grava sui contitolari del piano o della porzione di piano inteso come cosa unica e i comunisti stessi rappresentano, nei confronti del condominio, un insieme, sia in virtu’ del principio generale dettato dall’articolo 1294 c.c., secondo il quale, nel caso di pluralita’ di debitori, la solidarieta’ si presume (Sez. 2, Sentenza n. 21907 del 21/10/2011, Rv. 619867 – 01).
Inoltre, questa Corte ha precisato anche che nell’ambito delle spese dovute dal comunista per le parti comuni di un bene vanno tenute distinte quelle per la conservazione, che sono quelle necessarie per custodire, mantenere la cosa comune in modo che duri a lungo senza deteriorarsi (quali, nella specie, le spese per l’acqua occorrente per la irrigazione del giardino), dalle spese per il godimento, che riguardano le utilita’ che la cosa comune puo’ offrire (quali, nella specie, le spese per il combustibile e per l’energia elettrica necessari per il funzionamento dell’impianto di riscaldamento e per l’acqua potabile). Soltanto le spese per la conservazione, nel caso di inattivita’ degli altri comproprietari, da accertare in fatto, possono essere anticipate da un partecipante al fine di evitare il deterioramento della cosa, cui egli stesso e tutti gli altri hanno un oggettivo interesse, e solo di esse puo’ essere chiesto il rimborso. Relativamente alle spese per il godimento, le quali, invece, debbono essere sostenute solamente da chi concretamente gode della cosa comune, il rimborso non e’ previsto, in quanto il singolo comunista le ha anticipate per un godimento soggettivo, che e’ suo personale, e non riguarda anche gli altri partecipanti alla comunione. (Sez. 2, Sentenza n. 11747 del 01/08/2003, Rv. 565605 – 01).
Cio’ premesso, nel caso di specie, la Corte d’Appello ha ritenuto che anche l’importo di Euro 1.045,77 concernesse spese necessarie per custodire e mantenere il bene e il ricorrente si limita a richiamare la distinzione tra spese condominiali ordinarie e spese straordinarie ma non fornisce alcuna ulteriore indicazione al fine di operare la distinzione tra spese per la conservazione e spese per il godimento, non essendo necessariamente sovrapponibili le spese sostenute per la gestione ordinaria di un condominio con quelle a carico del singolo comunista per il suo godimento esclusivo del bene comune.
2. Il secondo motivo di ricorso e’ cosi’ rubricato: violazione e falsa applicazione dell’articolo 92 c.p.c., comma 2, in relazione al punto della sentenza che disciplina la compensazione parziale delle spese di giudizio.
La Corte d’Appello ha stabilito la parziale compensazione delle spese di lite nella misura di 1/3 ponendo i restanti 2/3 a carico degli eredi di (OMISSIS), tra i quali l’odierno ricorrente, ritenendoli prevalentemente soccombenti. Tale valutazione sarebbe erronea. La soccombenza tra le parti nel giudizio in applicazione del principio di causalita’ doveva essere valutata diversamente e cio’ renderebbe sproporzionata la decisione. L’eccezione riconvenzionale di compensazione cosi’ come la domanda di accertamento dell’occupazione e i motivi di gravami proposti in appello da parte di (OMISSIS), tutti ritenuti infondati, avrebbero dovuto indurre a valutare una diversa ripartizione delle spese tra le parti in ragione della soccombenza.
2.1 Il secondo motivo di ricorso e’ infondato.
In proposito e’ sufficiente richiamare il seguente principio di diritto: “In tema di condanna alle spese processuali, il principio della soccombenza va inteso nel senso che soltanto la parte interamente vittoriosa non puo’ essere condannata, nemmeno per una minima quota, al pagamento delle spese stesse e il suddetto criterio non puo’ essere frazionato secondo l’esito delle varie fasi del giudizio ma va riferito unitariamente all’esito finale della lite, senza che rilevi che in qualche grado o fase del giudizio la parte poi soccombente abbia conseguito un esito a lei favorevole. Con riferimento al regolamento delle spese il sindacato della Corte di cassazione e’ limitato ad accertare che non risulti violato il principio secondo il quale le spese non possono essere poste a carico della parte vittoriosa, con la conseguenza che esula da tale sindacato e rientra nel potere discrezionale del giudice di merito la valutazione dell’opportunita’ di compensare in tutto o in parte le spese di lite, e cio’ sia nell’ipotesi di soccombenza reciproca, sia nell’ipotesi di concorso con altri giusti motivi” (ex plurimis Sez. 1, Ord. n. 19613 del 2017; Sez. 3, Sent. n. 25270 del 2009; Sez. 3, Sent. n. 406 del 2008).
3. Il ricorso e’ rigettato.
4. Le spese seguono la soccombenza e si liquidano come da dispositivo.
5. Ai sensi del Decreto del Presidente della Repubblica n. 115 del 2002, articolo 13, comma 1 quater, si da’ atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento da parte del ricorrente di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso principale, a norma dello stesso articolo 13, comma 1 bis, se dovuto.

P.Q.M.

La Corte rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese del giudizio di legittimita’ nei confronti della parte controricorrente che liquida in Euro 2000, piu’ Euro 200 per esborsi, oltre al rimborso forfettario al 15% IVA e CPA come per legge;
ai sensi del Decreto del Presidente della Repubblica n. 115 del 2002, articolo 13, comma 1 quater, inserito dalla L. n. 228 del 2012, articolo 1, comma 17, dichiara la sussistenza dei presupposti processuali per il versamento da parte del ricorrente di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso principale, a norma dello stesso articolo 13, comma 1-bis, se dovuto.

 

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