Condominio e la quantificazione dell’indennità di sopraelevazione

Corte di Cassazione, civile, Sentenza|2 dicembre 2022| n. 35525.

Condominio e la quantificazione dell’indennità di sopraelevazione

In tema di condominio, la quantificazione, in sede giudiziale, dell’indennità di sopraelevazione ex art. 1127 c.c. non fa stato nei confronti dei condomini che non abbiano partecipato al processo, né colui che ha eseguito la sopraelevazione può opporla ai condòmini che non abbiano partecipato al processo, atteso che il diritto di ciascun condomino alla predetta indennità è autonomo e si distingue da quello degli altri sia per “causa petendi” (il diritto di proprietà delle singole unità immobiliari), sia per “petitum” (il “quantum” determinato per ciascuno), mentre la partecipazione di più condomini al medesimo processo rinviene la propria disciplina nel c.d. litisconsorzio facoltativo ex art. 103 c.p.c., che lascia impregiudicate le posizioni dei condomini non partecipanti al processo, che non possono vedersi opporre l’indennità così come calcolata, pena la violazione dell’art. 2909 c.c.

Sentenza|2 dicembre 2022| n. 35525. Condominio e la quantificazione dell’indennità di sopraelevazione

Data udienza 4 luglio 2022

Integrale

Tag/parola chiave: Condominio negli edifici – Sopraelevazione – Indennità – Natura – Interessi legali – Decorrenza – “Dies a quo” – Individuazione – Fondamento

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SECONDA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. MANNA Felice – Presidente

Dott. BERTUZZI Mario – Consigliere

Dott. OLIVA Stefano – Consigliere

Dott. TRAPUZZANO Cesare – Consigliere

Dott. CAPONI Remo – rel. Consigliere

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA
sul ricorso iscritto al n. 20848/2017, proposto da:
(OMISSIS), elettivamente domiciliato in (OMISSIS), presso lo studio dell’Avv. (OMISSIS), rappresentato e difeso dall’Avv. (OMISSIS);
– ricorrente –
contro
(OMISSIS), elettivamente domiciliata in (OMISSIS), presso lo studio dell’Avv. (OMISSIS), che la rappresenta e difende unitamente all’Avv. (OMISSIS);
– controricorrente –
avverso la sentenza della CORTE D’APPELLO DI MESSINA n. 198/2017, depositata l’8/3/2017.
Udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 4/7/2022 dal Cons. CAPONI REMO;
lette le conclusioni del P.M., nella persona del Sostituto Procuratore Generale DELL’ERBA ROSA MARIA, che ha concluso per il rigetto del ricorso.

Condominio e la quantificazione dell’indennità di sopraelevazione

FATTI DI CAUSA

(OMISSIS) agi’ in giudizio nei confronti di (OMISSIS) per il pagamento dell’indennita’ di sopraelevazione ex articolo 1127 c.c., comma 4. Costei e’ proprietaria di una bottega al pianterreno, di meta’ androne e di scantinati. La domanda si fonda sulla costruzione di un secondo piano e di una mansarda da parte di (OMISSIS). Vi e’ anche un precedente, in cui e’ intervenuta Cass. 12880/2005, relativo ad una condanna al pagamento dell’indennita’ di sopraelevazione, ottenuta da altra condomina ( (OMISSIS)) nei confronti di (OMISSIS). In primo grado, costui si difese chiedendo al giudice di accertare che egli e’ proprietario esclusivo della colonna d’aria sovrastante il lastrico solare e che quindi non e’ da lui dovuta alcuna indennita’. Il relativo titolo e’ una vendita del 1959, rispettivamente ad (OMISSIS) dell’appartamento al primo piano e a lui dell’area edificabile sovrastante. Solo nella comparsa conclusionale (OMISSIS) allego’ il titolo di acquisto del 1922, cioe’ la vendita tra il costruttore (OMISSIS) e (OMISSIS), dante causa del dante causa (OMISSIS) nell’atto del 1959. Nel 2009 il Tribunale di Messina accolse la domanda.
La Corte d’appello di Messina ha accolto parzialmente l’appello proposto da (OMISSIS) riducendo a 15.951,00 Euro l’ammontare dell’indennita’ determinata in primo grado e, quanto al resto, ha confermato la sentenza impugnata.
Ricorre in cassazione (OMISSIS) con nove motivi, illustrati da memoria. Resiste (OMISSIS) con controricorso, parimenti illustrato da memoria.

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RAGIONI DELLA DECISIONE

1. – Con il primo motivo, proposto ex articolo 360 c.p.c., n. 4, si deduce violazione dell’articolo 112 c.p.c. per avere la Corte di appello omesso l’esame del quarto motivo d’appello; con tale motivo (OMISSIS) aveva censurato il capo della sentenza di primo grado ove si era accertata l’esistenza del diritto all’indennita’ di sopraelevazione.
Con il secondo motivo, subordinato al rigetto del primo e proposto ex articolo 360 c.p.c., n. 4, si deduce violazione degli articoli 132 e 156 c.p.c. e dell’articolo 111 Cost., per avere la Corte di appello omesso la motivazione sul rigetto del quarto motivo d’appello (o averne dato una motivazione apparente).
Con il terzo motivo, subordinato al rigetto dei primi due motivi e proposto ex articolo 360 c.p.c., n. 3, si deduce violazione dell’articolo 564 c.c., abrogato e dell’articolo 1127 c.c., per avere la Corte di appello omesso di considerare la diversita’ tra il diritto di sopraelevazione disciplinato dal codice abrogato e dal codice vigente.
2. – I primi tre motivi possono essere esaminati congiuntamente perche’ investono tutti la pronuncia sul quarto motivo d’appello, il quale a sua volta concerne la questione centrale in causa: l’esistenza o meno del diritto a percepire l’indennita’ di sopraelevazione. Essi non sono fondati. Conviene articolare l’esposizione in due profili: processuale (primi due motivi) e sostanziale (essenzialmente, terzo motivo).
Quanto al primo motivo: pur stringata sul punto, la motivazione della sentenza d’appello riesce ad attingere il “minimo costituzionale” di cui a Cass. SU 8053/2014, poiche’ non vi si ravvedono gli estremi della: (a) mancanza assoluta della motivazione sotto l’aspetto della trascrizione grafica; (b) motivazione apparente (cioe’ graficamente esistente, ma inidonea a rendere comprensibile il fondamento del convincimento (cfr. Cass. SU 22232/2016); (c) antinomia inconciliabile tra affermazioni, ne’ della: (d) motivazione perplessa ed obiettivamente incomprensibile.

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Nel caso di specie, il giudice d’appello ha motivato aderendo infatti toto corde al “consolidato (…) orientamento giurisprudenziale che stabilisce che la colonna d’aria non puo’ formare oggetto autonomo di diritti in quanto lo spazio soprastante il suolo e’ solo un mezzo per l’esercizio di un diritto (di sopraelevazione). In tal senso la c.d. proprieta’ della colonna d’aria attribuisce solo il diritto di sopraelevazione, senza alcun esonero in ordine al pagamento dell’indennita’ di sopraelevazione” (cfr. sentenza, p. 3). In tal senso, cfr. per tutte, Cass. SU 2084/1989. Inoltre il giudice d’appello ha motivato per relationem, citando il passo centrale di Cass. 12880/05 (sulla quale si ritornera’ nel prossimo capoverso, trattando dei profili sostanziali dei primi tre motivi di ricorso). La relatio si rivela ammissibile non tanto perche’ il rinvio e’ compiuto a una pronuncia, Cass. 12880/05, cit., intervenuta tra lo stesso (OMISSIS) ed altri condomini dello stesso immobile, che avevano parimenti dedotto in un precedente giudizio il diritto all’indennita’ di sopraelevazione sulla base della stessa causa petendi sottesa all’odierno oggetto del processo (in primo e secondo grado), quanto perche’ il giudice ha contemporaneamente mostrato di aver considerato sia il provvedimento censurato che le censure proposte (come si argomentera’ nel dettaglio a partire dal prossimo capoverso). Per l’ammissibilita’ della pronuncia per relationem con questi requisiti, cfr. Cass. SU 5612/1998 (con l’aggiunta che il “minimo costituzionale” della motivazione non e’ escluso da un eventuale difetto di sufficienza: cfr. Cass. SU 8053/2014, cit.).
3. – Quanto al profilo sostanziale, l’argomento fondamentale fatto valere dal ricorrente si basa sulle seguenti circostanze: (a) egli ha acquistato, con atto pubblico del 1959, unicamente tutta intera l’area edificabile soprastante l’edificio; (b) egli e’ persona diversa dall’acquirente dell’ultimo piano; (c) gli “atti di provenienza” del 1922 e del 1959, letti in continuita’, lasciano inferire che egli abbia acquistato il bene in questione con esonero dall’obbligo di corrispondere dell’indennita’ di sopraelevazione.
A seconda dei profili enucleati, l’argomento e’ in parte qua inammissibile, in parte qua infondato. Nel complesso l’argomento e’ infondato. E’ inammissibile il profilo sub c) in quanto tardivo. Infatti, l’atto del 1922 e’ stato prodotto per la prima volta insieme alla comparsa conclusionale nel giudizio di primo grado. Orbene, dal punto di vista tecnico-processuale, si tratta di una precisazione di una eccezione in senso stretto (rilevabile solo ad istanza di parte), con la quale si articola in modo migliore la rilevanza giuridica di un fatto-diritto impeditivo (il preteso esonero dall’obbligo di corrispondere l’indennita’) sulla base di una nuova documentazione, diversa da quella originariamente prodotta: in quanto tale, l’ultimo termine perentorio per farla valere e’ il termine di trenta giorni previsto dall’articolo 183 c.p.c., comma 6, n. 1, che concerne esplicitamente anche le semplici “precisazioni (…) delle eccezioni (…) gia’ proposte”.
4. – Tuttavia – e’ opportuno aggiungere – quand’anche l’argomento fosse stato ammissibile grazie ad una tempestiva produzione in giudizio dell’atto del 1922, esso sarebbe stato infondato.

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Esponiamo l’argomento nel dettaglio. Con l’atto del 1922 erano stati acquistati da (OMISSIS) “tutti i diritti spettanti al venditore sull’immobile venduto”. Pertanto, al di la’ di ogni discussione sull’esistenza o meno di un autonomo diritto di proprieta’ sulla c.d. colonna d’aria, (OMISSIS) in quanto avente causa dal dante causa del dante causa avrebbe acquisito un diritto all’esonero dall’indennita’ di sopraelevazione che sarebbe transitato dal vecchio al nuovo diritto attraverso il veicolo della catena degli atti di acquisto. Cio’ perche’, come argomenta la parte ricorrente, invocando Cass. 4192/1975, il diritto di sopraelevazione attribuito al proprietario dell’ultimo piano dall’articolo 564 c.c. abrogato era intrinsecamente diverso dal diritto di sopraelevazione assicurato al medesimo dall’articolo 1127 c.c. vigente. Contrariamente a quest’ultimo, esso era condizionato al consenso degli altri condomini e presupponeva necessariamente il trasferimento da parte di costoro del diritto di sfruttare l’intera potenzialita’ del suolo di essere gravato di ulteriori edificazioni (in particolare, entro lo spazio aereo soprastante l’edificio). Ne consegue – secondo Cass. 4192/1975 – che il proprietario dell’ultimo piano, il quale, sotto il codice civile abrogato, avesse ottenuto dagli altri condomini dello stabile (o dall’originario proprietario esclusivo di questo), il permesso di edificare (come nel caso di specie (OMISSIS) allega di aver ottenuto, poiche’ – in forza della catena degli atti di provenienza – ha conseguito “tutti i diritti spettanti al venditore sull’immobile venduto”), non e’ tenuto a pagare loro l’indennita’ prevista, per la prima volta, dall’articolo 1127 c.c., ove abbia sopraelevato dopo l’entrata in vigore del nuovo codice. Infatti, conclude Cass. 4192/1975, al momento dell’esercizio del suo diritto di edificare gia’ disponeva, nel suo patrimonio, della facolta’ di sfruttare la residua edificabilita’ del suolo comune, la cui attuale appartenenza a tutti i condomini e’, invece, il necessario presupposto dell’obbligo del pagamento della cennata indennita’.
5. – L’argomento, ancorche’ proposto con notevole sagacia e abilita’ defensionale, e’ – come gia’ anticipato – infondato. Il richiamo al lontano precedente del 1975 di questa Corte rivela il punto debole dell’argomento, anziche’ conferirgli forza persuasiva: e’ l’idea che il principio della irretroattivita’ della legge, cosi’ come codificato dall’articolo 11 delle preleggi, coincida con il principio del rispetto dei diritti quesiti. Infatti, la giurisprudenza di questa Corte, al pari di quella di altre corti supreme di ordinamenti vicini a quello italiano, ha accolto compattamente ormai da molti decenni (salvo episodiche deviazioni, come quella che – almeno prima facie – si e’ avuta con Cass. 4192/1975) la teoria contrapposta a quella che predica la protezione dei diritti acquisiti: la concezione del “fatto compiuto” (cfr. Cass. 3304/1957, 858/1969, 2743/1975 618/1980, 4327/1998, 2433/2000, 16620/2013, 16039/2016, 20680/2016, 12196/2022).

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Il rispetto dei diritti quesiti implica logicamente l’ultrattivita’ delle vecchie norme (come infatti pretende la parte ricorrente, con notevole coerenza, evocando la violazione dell’articolo 564 c.c. abrogato). Cio’ non e’ conciliabile con il principio dell’efficacia immediata delle norme. Quando l’articolo 11 preleggi prescrive che la legge non dispone che per l’avvenire, prescrive per l’appunto questo: che la nuova legge puo’ disporre degli effetti giuridici che rinvengono la loro fonte in un “fatto generatore” del passato ma che si producono o continuano a prodursi nel presente. In via di approssimazione, l’intento della teoria del fatto compiuto e’ di sottolineare che solo “il fatto compiuto”, cioe’ il fatto che ha completato il suo ciclo di vita giuridico entro il tempo del diritto anteriore, che ha cioe’ compiutamente esaurito i suoi effetti giuridici (costitutivi, impeditivi, modificativi, estintivi), rimane al riparo dallo ius superveniens.
Esistono tuttavia, e sono la maggior parte, le situazioni giuridiche pendenti, nate sotto il vigore del vecchio diritto, che sono in corso di svolgimento al momento dell’entrata in vigore delle nuove norme. Tale e’ la situazione sottesa al caso di specie, se si accoglie la prospettazione della parte ricorrente sulla durevole esenzione dall’obbligo di pagare l’indennita’ di sopraelevazione. Tali situazioni rientrano nel dominio del nuovo diritto per quanto attiene alla disciplina del tratto di situazione, e quindi degli interessi inerenti a quest’ultima, che si svolge sotto il vigore di quest’ultimo. In tal caso, con le parole di Cass. 2743/1975, non sussiste retroattivita’ “quando la nuova norma (…) disciplini status, situazioni e rapporti che, pur costituendo lato sensu effetti di un pregresso fatto generatore (previsti e considerati nel quadro di una diversa normazione), siano distinti ontologicamente e funzionalmente (indipendentemente dal loro collegamento con detto fatto generatore), in quanto suscettibili di una nuova regolamentazione mediante l’esercizio di poteri e facolta’ non consumati sotto la precedente disciplina: il che si verifica mediante la sopravvenuta introduzione di nuovi presupposti, condizioni e facolta’ per il riconoscimento di diritti e obblighi inerenti al pregresso fatto generatore, ovvero mediante la sopravvenuta soppressione o limitazione dei presupposti, condizioni e facolta’ per il riconoscimento suddetto, se ancora non avvenuto definitivamente”.
Nel caso di specie si tratta della disciplina degli effetti della sopraelevazione intrapresa sotto il vigore dell’articolo 1127 c.c.. Dalla teoria del fatto compiuto discende pianamente che l’obbligo di corrispondere l’indennita’ di sopraelevazione si applica indistintamente a tutte le sopraelevazioni successive all’entrata in vigore del codice civile del 1942, poiche’ il nuovo diritto disciplina queste ultime in se’ e per se’ considerate, indipendentemente da cio’ che dispongano o non dispongano gli “atti di provenienza” anteriori.
6. – Prima di passare all’esame degli altri motivi di ricorso, una risposta merita l’allegazione della parte ricorrente – sempre al fine di escludere l’obbligo di corrispondere l’indennita’ – di non essere proprietaria dell’appartamento dell’ultimo piano, ma di essere titolare del solo diritto di sopraelevare.

Condominio e la quantificazione dell’indennità di sopraelevazione

Tale circostanza e’ irrilevante, poiche’ la ratio dell’indennita’ di sopraelevazione e’ quella di compensare i condomini della diminuzione del loro diritto sulle parti comuni dell’edificio, la quale dipende dall’aggiungersi della nuova area edificata (Cass. 12880/05). Cio’ e’ reso evidente dallo stesso meccanismo di calcolo dell’indennita’: “Chi fa la sopraelevazione deve corrispondere agli altri condomini un’indennita’ pari al valore attuale dell’area da occuparsi con la nuova fabbrica, diviso per il numero dei piani, ivi compreso quello da edificare, e detratto l’importo della quota a lui spettante (cfr. articolo 1127 c.c., comma 4).
In conclusione, i primi tre motivi sono rigettati.
7. – Con il quarto motivo, proposto ex articolo 360 c.p.c., n. 4, si deduce violazione degli articoli 132 e 156 c.p.c. e dell’articolo 111 Cost., per avere la Corte di appello omesso la motivazione sul rigetto del quinto motivo d’appello (o averne dato una motivazione apparente). Con tale motivo si era censurato che il giudice di primo grado non avesse ravvisato l’esistenza di una rinunzia all’indennita’ di sopraelevazione nelle clausole contenute negli atti di provenienza (del 1959 e del 1922).
Il motivo non e’ fondato. Sul punto la Corte ha certamente motivato in modo stringato, ma ha comunque reso intellegibile il fondamento del proprio convincimento.
In conclusione, il quarto motivo e’ rigettato.
8. – Con il quinto motivo, proposto ex articolo 360 c.p.c., n. 4, si deduce violazione dell’articolo 112 c.p.c., per avere la Corte di appello omesso l’esame del settimo motivo d’appello. Con tale motivo si era censurata l’omessa pronuncia sul giudicato costituito dalla sentenza del Tribunale di Messina del 1999 formatosi nella lite promossa da altri condomini ((OMISSIS)). Con tale pronuncia l’indennita’ di sopraelevazione era stata liquidata secondo un criterio che, applicato alla presente controversia, avrebbe determinato una cifra minore per talune voci.
Con il sesto motivo, subordinato al rigetto del precedente e proposto ex articolo 360 c.p.c., n. 4, si deduce violazione degli articoli 132 e 156 c.p.c. e dell’articolo 111 Cost., per avere la Corte di appello omesso la motivazione sul rigetto del settimo motivo d’appello (o averne dato una motivazione apparente).

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Il quinto e il sesto motivo possono essere esaminati congiuntamente. Essi non sono fondati. La parte ricorrente invoca a proprio vantaggio il precedente statuito da Cass. 1055/1967. Muovendo dalla premessa che l’indennita’ di sopraelevazione costituisce un diritto di ogni condomino autonomo rispetto al pari diritto degli altri (con i corollari della facolta’ di farlo valere o di rinunziarvi in modo indipendente l’uno dall’altro), questa Corte ritenne che: (a) nel giudizio relativo alla determinazione quantitativa dell’indennita’ non e’ ravvisabile una ipotesi di litisconsorzio necessario tra tutti i condomini; (b) la sentenza emessa nei confronti di alcuni soltanto di costoro non e’ inutiliter data e non espone chi ha sopraelevato al pericolo di pagare l’indennita’ piu’ volte (allo stesso condomino); (c) chi ha sopraelevato e’ tenuto a pagare distintamente i condomini che non hanno partecipato al processo, ove e quando costoro gliene facciano richiesta; (d) tuttavia, egli potra’ opporre a costoro la quantificazione dell’indennita’ effettuata in sede giudiziale, poiche’ su di essa si e’ formato un giudicato che fa stato anche nei loro confronti.
Indipendentemente dalla verifica – effettuata dal P.M. – che la sentenza del Tribunale di Messina fatta valere dalla parte ricorrente e’ priva della certificazione del passaggio in giudicato da parte della cancelleria, ai sensi dell’articolo 124 disp. att. c.p.c., e che il ricorrente non ha nemmeno precisato la data in cui la sentenza sarebbe passata in giudicato, questo Collegio non intende dare continuita’ al lontano precedente di Cass. 1055/1967 limitatamente al punto sub (d) (v. capoverso precedente), che pero’ e’ quello invocato dalla parte ricorrente.
Infatti, tale punto, cioe’ l’affermazione che la quantificazione dell’indennita’ effettuata in sede giudiziale faccia a stato anche nei confronti dei condomini che non hanno partecipato al processo – e cosi’ possa essere opposta a costoro da chi ha sopraelevato – non e’ coerente con la premessa fondamentale posta da Cass. 1055/1967, cioe’ che l’indennita’ di sopraelevazione costituisca un diritto di ogni condomino autonomo rispetto al diritto degli altri condomini.
Da tale premessa discende che si ha a che fare con diritti distinti sia per causa petendi (il fatto-diritto di proprieta’ delle singole unita’ immobiliari) che per petitum (il quantum determinato per ciascuno). Il cumulo in un solo processo di piu’ diritti all’indennita’ di sopraelevazione rinviene la propria disciplina nel cosiddetto litisconsorzio facoltativo improprio di cui all’articolo 103 c.p.c. (“Piu’ parti possono agire o essere convenute nello stesso processo, quando tra le cause che si propongono (…) quando la decisione dipende, totalmente o parzialmente, dalla risoluzione di identiche questioni”). Tale disciplina lascia impregiudicate le posizioni dei condomini non partecipanti al processo, che non possono vedersi opporre l’indennita’ di sopraelevazione cosi’ come calcolata in tale giudizio, pena la violazione dell’articolo 2909 c.c. (“L’accertamento contenuto nella sentenza passata in giudicato fa stato a ogni effetto tra le parti, i loro eredi o aventi causa”).
9. – Cosi’ argomentata, l’infondatezza del quinto motivo reca con se’ anche l’infondatezza del sesto motivo sull’omessa pronuncia. In favore di questa soluzione depone la stessa circostanza che la sentenza impugnata ha si’ citato Cass. 1055/1967, ma non si e’ soffermata sull’ultimo passaggio dell’argomentazione di questa Corte (concernente l’opponibilita’ del giudicato ai condomini assenti), giacche’ ha implicitamente avvertito di dover muovere dalla diversa ricostruzione che si e’ qui esplicitata anche in funzione correttiva ex articolo 384 c.p.c., comma 4 (infatti, un cenno esplicito in questa direzione da parte della corte territoriale sarebbe stato indubbiamente opportuno).
In conclusione, il quinto e il sesto motivo sono rigettati.

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10. – Con il settimo motivo, proposto ex articolo 360 c.p.c., n. 4, si deduce violazione degli articoli 329, 333 e 346 c.p.c. per avere la Corte d’appello attribuito all’attrice un’indennita’ superiore a quella fissata in primo grado in relazione al locale scantinato, in difetto di impugnazione da parte di costei di tale capo della sentenza.
Il motivo non e’ fondato poiche’ la somma complessiva e’ comunque inferiore a quella liquidata in primo grado ed e’ stata quantificata sulla base di un criterio uniforme per tutte le unita’ immobiliari elaborato proprio in accoglimento del motivo di appello proposto da (OMISSIS).
In conclusione il settimo motivo e’ rigettato.
11. – Con l’ottavo motivo, proposto ex articolo 360 c.p.c., n. 3, si deduce violazione dell’articolo 1127 c.c., per avere la Corte ritenuto la natura di debito di valore dell’indennita’ di sopraelevazione, riconoscendo cosi’ alla parte attrice la rivalutazione monetaria e gli interessi a partire dal 1990, mentre si tratta invece di debito di valuta che dovrebbe essere quantificato in valuta riferiti al momento in cui viene occupata l’area con la nuova costruzione.
L’ottavo motivo non e’ fondato. L’indennita’ ex articolo 1127 c.c., comma 4, che e’ una specie di indennizzo da atto lecito – esprime un debito di valore da determinarsi, anche con riferimento agli interessi legali, a far data dalla sopraelevazione, cosicche’ e’ esclusa l’applicazione della regola – che l’articolo 1224 c.c., comma 1 prevede per i debiti di valuta secondo cui gli interessi legali sono dovuti dalla costituzione in mora (cfr., tra le altre, Cass. 7028/2019).
In conclusione, l’ottavo motivo e’ rigettato.
12. – Con il nono motivo, proposto ex articolo 360 c.p.c., n. 4, si deduce violazione dell’articolo 112 c.p.c., per avere la Corte di appello riconosciuto gli interessi e la rivalutazione monetaria sull’indennita’ decorrere dal 1990, nonostante che, nelle note di replica, l’attrice ne avesse fissato la decorrenza dalla domanda, modificando cosi’ le conclusioni rassegnate nell’atto di citazione ove aveva richiesto genericamente la liquidazione di “interessi e rivalutazione sull’indennita’ liquidanda dal Tribunale”.
Il nono motivo non e’ fondato, poiche’ le memorie di replica ex articolo 190 c.p.c. non hanno la funzione di modificare le domande gia’ proposte, ma solo quella di illustrare le conclusioni gia’ fissate davanti al giudice (cfr., tra le altre, Cass. 5402/2019).
In conclusione, il nono motivo e’ rigettato.
13. – Il rigetto di ogni motivo su cui il ricorso si fonda determina il rigetto del ricorso nel suo complesso. Le spese seguono la soccombenza e sono liquidate come in dispositivo. Sussistono i presupposti per il versamento, ad opera della parte ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso, se dovuto.

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P.Q.M.

La Corte rigetta il ricorso e condanna la parte ricorrente al pagamento, in favore della controricorrente, delle spese del giudizio di legittimita’, che liquida in Euro 3.000,00 per compensi, oltre alle spese forfettarie nella misura del 15%, agli esborsi liquidati in Euro 200,00, ed agli accessori di legge.
Ai sensi del Decreto del Presidente della Repubblica n. 115 del 2002, articolo 13, comma 1 quater, da’ atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, ad opera della parte ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso, a norma dello stesso articolo 13, comma 1-bis, se dovuto.

 

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