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La massima

1. Nel sistema sanitario nazionale anche il riconoscimento dell’accreditamento alle strutture sanitarie private è subordinato all’esito di attività quali la ricognizione del fabbisogno assistenziale e la programmazione sanitaria regionale. La competenza regionale in materia di autorizzazione ed accreditamento di istituzioni sanitarie private deve essere inquadrata nella più generale potestà legislativa concorrente in materia di tutela della salute, che vincola le Regioni al rispetto dei principi fondamentali stabiliti dalle leggi dello Stato.

2. La misura quantitativa delle prestazioni erogabili e la loro remunerazione è oggetto del contratto che le strutture private sottoscrivono con le Aziende sanitarie ai sensi dell’articolo 8-quinquies del d. lgs. n. 502 del 1992. Infatti, l’accreditamento non costituisce un vincolo per le Aziende sanitarie a corrispondere al soggetto accreditato una remunerazione per le prestazioni erogate, potendo tali prestazioni essere remunerate solo nei limiti dei tetti di spesa stabiliti contrattualmente.

3. Pur ammettendo che il mercato delle prestazioni sanitarie debba operare, per le sue peculiarità, con un numero non illimitato di erogatori privati, e ferma restando l’autonomia delle singole Regioni nell’indicare i criteri ritenuti migliori per l’individuazione dei soggetti che, tenendo conto delle diverse branche di attività e nei limiti delle risorse disponibili, possono erogare prestazioni in favore del servizio sanitario pubblico, si devono comunque ritenere illegittime quelle disposizioni che precludono la sottoscrizione di contratti con nuovi soggetti accreditati facendo esclusivo riferimento alla saturazione dell’offerta.

4. L’ingresso di nuovi operatori privati, in possesso dei requisiti per l’accreditamento, non può essere bloccato a tempo indeterminato, non potendo essere giustificato dall’esigenza di contenere la spesa sanitaria, giacché tale legittimo e necessario obiettivo non può essere conseguito a costo della violazione del principio di uguaglianza.

5. Se è vero che ai servizi sanitari non si applica il codice dei contratti, tuttavia non possono ritenersi legittime disposizioni che si pongono del tutto in contrasto con quei principi (pur contenuti) di concorrenza che l’ordinamento riconosce anche alle aziende private che operano in un settore particolare come quello delle prestazioni sanitarie.

CONSIGLIO DI STATO

SEZIONE III

SENTENZA 16 settembre 2013, n. 4574

SENTENZA

sul ricorso numero di registro generale 787 del 2013, proposto dalla:  Regione Lombardia, in persona del Presidente p.t., rappresentato e difeso dagli avv. Dario Vivone e Raffaela Schiena, con domicilio eletto presso l’avv. Emanuela Quici dello Studio Prof. Molè ed Associati in Roma, via Nicolò Porpora n. 16;

contro

Oxi. Gen Lab S.r.l., in persona del legale rappresentante p.t., rappresentato e difeso dagli avv. Vittorio Angiolini, Luca Formilan e Sergio Vacirca, con domicilio eletto presso Sergio Vacirca in Roma, via Flaminia n. 195, appellante incidentale;

nei confronti di

– Azienda Sanitaria Locale della Provincia di Brescia, in persona del legale rappresentante p.t., rappresentato e difeso dall’avv. Vincenzo Avolio, con domicilio eletto presso Alfredo Placidi in Roma, via Cosseria n. 2; – Bianalisi S.r.l., in persona del legale rappresentante p.t., non costituito in giudizio;

per la riforma

della sentenza del T.A.R. per la Lombardia, Sezione Staccata di Brescia, Sezione II, n. 1083 del 19 giugno 2012, resa tra le parti, concernente il diniego del riconoscimento del diritto alla sottoscrizione del contratto per prestazioni di medicina specialistica in regime di accreditamento.

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Visti il ricorso in appello e i relativi allegati;

Vista la costituzione in giudizio, con appello incidentale, di Oxi. Gen Lab S.r.l.;

Vista la costituzione in giudizio dell’Azienda Sanitaria Locale della Provincia di Brescia;

Viste le memorie difensive;

Visti tutti gli atti della causa;

Relatore nell’udienza pubblica del giorno 21 giugno 2013 il Cons. Dante D’Alessio e uditi per le parti gli avvocati Dario Vivone, Vittorio Angiolini e Vincenzo Avolio;

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.

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FATTO e DIRITTO

1.- La Oxi. Gen Lab, società accreditata con il servizio sanitario nazionale dall’anno 2008, ha impugnato davanti al T.A.R. per la Lombardia la nota, in data 12 dicembre 2011, con la quale l’Azienda Sanitaria Locale della Provincia di Brescia ha respinto la sua richiesta di sottoscrivere un contratto per l’erogazione di prestazioni di medicina specialistica in regime di accreditamento nonché la deliberazione, n. IX/2633 del 6 dicembre 2011, con la quale la Regione Lombardia ha dettato le regole per la gestione del servizio socio sanitario regionale per l’esercizio 2012.

La Oxi. Gen Lab ha, inoltre, chiesto il riconoscimento del suo diritto a concorrere liberamente per l’erogazione dei servizi sanitari per i quali ha ricevuto l’accreditamento, in condizioni di parità con le altre strutture private accreditate, nonché il risarcimento di ogni danno subito e subendo per non aver ottenuto, nonostante l’accreditamento conseguito nel 2008, l’assegnazione del conseguente budget di spesa.

2.- Il T.A.R. per la Lombardia, Sezione Staccata di Brescia, Sezione II, con sentenza n. 1083 del 19 giugno 2012, ha accolto la domanda di annullamento degli atti impugnati ed ha poi accolto, in parte, anche la richiesta di risarcimento del danno avanzata dalla Oxi. Gen Lab. Per l’effetto, ha condannato le Amministrazioni resistenti alla reintegrazione in forma specifica, alla quale le stesse avrebbero dovuto provvedere mediante «una nuova ripartizione del budget di spesa previsto per l’anno 2012 (fermo restando… il tetto massimo di spesa già individuato e la cui quantificazione non è oggetto di contestazione…), considerando, a tal fine, anche la ricorrente, «cui spetterà, pertanto – applicando le medesime condizioni che hanno condotto all’assegnazione delle quote già effettuata per l’anno 2012 – una corrispondente e proporzionale quota di prestazioni suscettibili di remunerazione da parte del sistema sanitario pubblico».

3.- La Regione Lombardia ha appellato l’indicata sentenza ritenendola erronea sotto diversi profili.

Dopo aver ricordato che i contratti sottoscritti dalle Aziende Sanitarie per l’erogazione delle prestazioni devono essere tenuti distinti dall’accreditamento istituzionale, che è concesso ai soggetti che sono in possesso dei requisiti per l’erogazione delle prestazioni per i soggetti assistiti dal servizio sanitario pubblico, la Regione ha sostenuto, con i primi due motivi di appello, che il T.A.R. non ha considerato che il blocco di nuovi contratti è stato determinato dalla saturazione dell’offerta e che l’accreditamento non attribuisce anche il diritto alla successiva sottoscrizione di un contratto con le Aziende Sanitarie. La Regione ha, inoltre, aggiunto che non possono ritenersi applicabili al settore delle prestazioni sanitarie i principi in materia di concorrenza elaborati nella materia delle gare pubbliche.

4.- La Sezione osserva, in via preliminare, che il servizio sanitario nazionale è caratterizzato dal principio della libertà dell’utente nella scelta della struttura di fiducia alla quale lo stesso può rivolgersi per la fruizione dell’assistenza sanitaria pubblica. Tale scelta può essere operata fra le strutture pubbliche o fra quelle private che sono state ritenute idonee, mediante l’accreditamento, all’erogazione delle prestazioni sanitarie.

4.1.- In base alla prevedibile domanda di prestazioni e tenendo conto dell’esigenza di garantire i livelli essenziali di assistenza ed anche, per quanto possibile, livelli uniformi di assistenza, l’Amministrazione pubblica provvede a programmare gli obiettivi perseguibili, individuando e distribuendo fra le suindicate strutture pubbliche e private accreditate le risorse disponibili.

Le esigenze sempre più pressanti di contenimento della spesa hanno peraltro indotto l’Amministrazione sanitaria a stabilire sempre più stringenti tetti massimi alla spesa che può essere sostenuta dal sistema sanitario pubblico per l’erogazione di prestazioni sanitarie, con la conseguente fissazione, nei contratti stipulati con i singoli erogatori privati, di limiti alle prestazioni rimborsabili.

5.- I servizi sanitari possono essere poi erogati dai soggetti privati anche fuori del rapporto con il servizio sanitario nazionale. Ai sensi dell’art. 8 ter del d.lgs. n. 502 del 1992, nel testo introdotto dal d.lgs. n. 229 del 1999, la realizzazione di strutture per l’esercizio di attività sanitarie e socio sanitarie è in ogni caso condizionata ad una verifica di compatibilità da parte della Regione che rilascia l’autorizzazione all’esercizio in «rapporto al fabbisogno complessivo e alla localizzazione delle strutture presenti in ambito regionale, anche al fine di meglio garantire l’accessibilità ai servizi e valorizzare le aree di insediamento prioritario di nuove strutture».

6.- Per l’erogazione di prestazioni sanitarie per il servizio sanitario nazionale è peraltro necessario anche l’accreditamento istituzionale che, ai sensi dell’art. 8 quater del d.lgs. n. 502 del 1992, aggiunto dall’articolo 8, comma 4, del d.lgs. n. 229 del 1999, e delle disposizioni emanate in materia dalle singole Regioni, può essere conseguito dalle strutture private in possesso di determinati requisiti. Solo con l’accreditamento (che ha sostituito le precedenti convenzioni) possono essere quindi erogate prestazioni sanitarie in favore del servizio sanitario pubblico.

6.1.- Nel sistema sanitario nazionale anche il riconoscimento dell’accreditamento alle strutture sanitarie private è comunque subordinato all’esito di attività quali la ricognizione del fabbisogno assistenziale e la programmazione sanitaria regionale (Consiglio di Stato, Sez. III, n. 2117 del 15 aprile 2013).

6.2.- In proposito la Corte Costituzionale ha di recente ribadito (sentenza n. 132 del 7 giugno 2013) che la competenza regionale in materia di autorizzazione ed accreditamento di istituzioni sanitarie private deve essere inquadrata nella più generale potestà legislativa concorrente in materia di tutela della salute, che vincola le Regioni al rispetto dei principi fondamentali stabiliti dalle leggi dello Stato.

7.- La misura quantitativa delle prestazioni erogabili e la loro remunerazione è poi oggetto del contratto che le strutture private sottoscrivono con le Aziende sanitarie ai sensi dell’articolo 8 quinquies del d. lgs. n. 502 del 1992.

Come è stato giustamente ricordato nella sentenza appellata, anche nella Regione Lombardia, ed anche prima della legge regionale n. 38 del 2008, «l’accreditamento doveva essere qualificato come condizione essenziale, ma non sufficiente, all’ammissione in partecipazione alla integrazione delle prestazioni garantite dal servizio sanitario nazionale in regime di convenzione, essendo a tal fine necessaria, preliminarmente, la sottoscrizione di apposito contratto preordinato alla fissazione delle condizioni contrattuali determinate dalla necessità del rispetto del limiti del budget di spesa disponibile».

Infatti, l’accreditamento non costituisce un vincolo per le Aziende sanitarie a corrispondere al soggetto accreditato una remunerazione per le prestazioni erogate, potendo tali prestazioni essere remunerate solo nei limiti dei tetti di spesa stabiliti contrattualmente.

8.- Ciò posto, la questione sulla quale questa Sezione è chiamata a pronunciarsi riguarda la legittimità delle disposizioni, dettate dall’Azienda Sanitaria Locale della Provincia di Brescia e dalla Regione Lombardia (con gli atti impugnati in primo grado), che hanno precluso l’accesso a soggetti privati anche accreditati (e quindi astrattamente in possesso di tutti i requisiti richiesti), come la Oxi. Gen Lab, al mercato delle prestazioni erogabili per il servizio sanitario pubblico.

9.- In proposito, questa Sezione, anche se con riferimento alla questione dell’accesso al mercato di privati che intendono erogare prestazioni sanitarie senza oneri per il servizio sanitario pubblico, ha affermato che, alla luce dell’art. 32 della Costituzione, che eleva la tutela della salute a diritto fondamentale dell’individuo, e dell’art. 41, teso a garantire la libertà di iniziativa di impresa, non può essere ritenuta legittima una assoluta preclusione delle prerogative dei soggetti che intendano offrire, in regime privatistico (vale a dire senza rimborsi o sovvenzioni a carico della spesa pubblica, e con corrispettivi a carico unicamente degli utenti), mezzi e strumenti di diagnosi, di cura e di assistenza sul territorio (Consiglio di Stato, Sez. III n. 550 del 29 gennaio 2013).

9.1.- In tale occasione la Sezione ha anche ricordato che l’Autorità Garante della Concorrenza e del Mercato, con nota del 18 luglio 2011, ha posto in rilievo come una politica di contenimento dell’offerta sanitaria possa tradursi in una posizione di privilegio degli operatori del settore già presenti nel mercato, che possono incrementare la loro offerta a discapito dei nuovi entranti, assorbendo la potenzialità della domanda.

9.2.- Sempre in tale decisione si è affermato anche che le valutazioni inerenti all’indispensabile contenimento della spesa pubblica ed alla sua razionalizzazione possono avere la loro sede propria nei procedimenti di accreditamento, di fissazione dei “tetti di spesa” e di stipulazione dei contratti con i soggetti accreditati; procedimenti distinti e susseguenti (sia logicamente che cronologicamente) rispetto a quello relativo al rilascio della pura e semplice autorizzazione all’esercizio dell’attività.

9.3.- Si è, infine, aggiunto che l’art. 8 ter del d.lgs. n. 502 del 1992 non subordina il rilascio del titolo autorizzatorio all’esistenza di uno strumento pianificatorio generale, ma ad una valutazione dell’idoneità della nuova struttura a soddisfare il fabbisogno complessivo di assistenza, prendendo in considerazione le strutture presenti in ambito regionale, secondo i parametri dell’accessibilità ai servizi ed avuto riguardo alle aree di insediamento prioritario di nuovi presidi.

10.- Ritiene la Sezione che, pur con i dovuti adattamenti, considerazioni analoghe possano essere svolte anche con riferimento alla questione, oggetto del ricorso in esame, dell’accesso al mercato delle prestazioni sanitarie erogate da privati accreditati in favore del servizio sanitario pubblico.

10.1- Si deve, infatti, convenire con il giudice di primo grado quando ha affermato che «sebbene… il sistema sanitario nazionale legittimamente risulti ispirato alla necessità di coniugare il diritto alla salute degli utenti con l’interesse pubblico al contenimento della spesa, esso non può… prescindere dal contemplare anche … (la) tutela della concorrenza, irrimediabilmente lesa dall’automatica preclusione alla messa a contratto di nuovi soggetti accreditati».

10.2.- Risulta condivisibile anche l’ulteriore affermazione del giudice di primo grado secondo cui, «escludendo dal sistema, automaticamente ed indiscriminatamente, tutti i soggetti che negli anni precedenti non sono già stati parte di un contratto con la competente ASL, senza tenere conto, in particolare, della posizione degli operatori accreditati che abbiano fatto richiesta di essere ammessi ad erogare prestazioni a carico del servizio sanitario nazionale» si determina una «discriminazione tra gli operatori» che non può ritenersi legittima.

Fermo restando, infatti, «il tetto di spesa massimo, la ripartizione del budget tra i soggetti accreditati dovrebbe essere operata in base ad appositi criteri idonei a garantire condizioni di parità tra tali soggetti, a prescindere dal fatto che essi abbiano o meno sottoscritto in precedenza un contratto».

E se anche la sottoscrizione di un precedente contratto può costituire un criterio (rilevante) per l’assegnazione delle risorse disponibili tuttavia ciò non può giustificare, anche nel caso di risorse decrescenti, l’esclusione a tempo indefinito dal mercato di altri soggetti che si è ritenuto di poter accreditare.

11.- Si deve quindi ritenere che la Regione, tenendo conto delle peculiarità del mercato delle prestazioni sanitarie, possa stabilire criteri per l’assegnazione delle risorse alle diverse strutture accreditate e consentire l’inserimento (anche graduale) nel mercato di nuovi operatori in possesso di tutti i requisiti richiesti per erogare prestazioni sanitarie in favore del servizio sanitario pubblico. Mentre la Regione non può rivolgersi, a tempo indefinito, solo ai soggetti che per primi (con le convenzioni e poi con l’accreditamento) hanno avuto accesso al mercato e far riferimento solo al criterio della spesa storica che evidentemente avvantaggia solo coloro che operano in un mercato chiuso all’accesso di nuovi operatori.

11.1.- In proposito, questa Sezione ritiene opportuno ricordare che, con numerose recenti sentenze (fra le tante n. 1289 e n. 1291 del 7 marzo 2012, n. 6136 del 30 novembre 2012), ha ritenuto legittima la disciplina adottata da altra Regione che ha previsto l’abbandono del criterio in precedenza seguito per l’assegnazione dei tetti di spesa individuali, fondato sulla remunerazione delle strutture private in base al valore delle prestazioni erogate nell’anno precedente (c.d. ‘dato storico’), con l’obiettivo di ripartire la spesa sanitaria secondo altri criteri, dettati dall’esigenza di consentire – con pari opportunità – l’accesso ai fondi anche ai nuovi soggetti accreditati, dal bisogno di elevare la misura delle prestazioni rese nei distinti ambiti territoriali, superando la concentrazione verso le strutture allocate nei grossi centri, tenendo conto della reale capacità erogativa delle strutture nonché degli obiettivi di appropriatezza e di governo della domanda.

In particolare, in tali decisioni, si è ritenuto legittimo il riferimento non più al solo costo storico ma ad una molteplicità di elementi sia di carattere oggettivo, come la potenzialità dei singoli distretti, determinata dalla popolazione residente e dalle prestazioni richieste, sia di carattere soggettivo, con la ripartizione delle risorse secondo apposite griglie di valutazione che tengono conto di molteplici fattori qualitativi come dotazioni; unità di personale e tipologia del rapporto di lavoro; collegamento al CUP; accessibilità della struttura; correttezza del rapporto con l’utenza; rispetto degli istituti contrattuali; ulteriori standard finalizzati all’accoglienza, quali sale d’attesa, biglietto elimina code, riscaldamento e climatizzazione, apertura al sabato e misura degli spazi.

11.2.- Anche ammettendo, quindi, che il mercato delle prestazioni sanitarie debba operare, per le sue peculiarità, con un numero non illimitato di erogatori privati, e ferma restando l’autonomia delle singole Regioni nell’indicare i criteri ritenuti migliori per l’individuazione dei soggetti che, tenendo conto delle diverse branche di attività e nei limiti delle risorse disponibili, possono erogare prestazioni in favore del servizio sanitario pubblico, si devono comunque ritenere illegittime, come affermato dal giudice di primo grado, quelle disposizioni che, come nella fattispecie, precludono la sottoscrizione di contratti con nuovi soggetti accreditati facendo esclusivo riferimento alla saturazione dell’offerta.

12.- Giustamente il T.A.R. ha ricordato poi che anche la Corte Costituzionale, con la sentenza n. 361 del 7 novembre 2008, ha affermato che l’ingresso di nuovi operatori privati, in possesso dei requisiti per l’accreditamento, non può essere bloccato a tempo indeterminato, non potendo essere giustificato dall’esigenza di contenere la spesa sanitaria, giacché tale legittimo e necessario obiettivo non può essere conseguito a costo della violazione del principio di uguaglianza.

13.- Anche questa Sezione ha di recente ritenuto che il diniego di accreditamento determinato dalle disposizioni (in quella fattispecie a carattere normativo) che non consentivano il rilascio di accreditamenti nuovi o definitivi, nelle more dell’adozione del provvedimento regionale di ricognizione e conseguente rideterminazione dei fabbisogni di prestazioni sanitarie, di cui all’art. 8 quater del d.lgs. 502 del 1992, non risultava affetta da possibili profili di illegittimità costituzionale solo perché la disposizione interessata, sebbene prorogata, era temporanea e condizionata all’esercizio di funzioni amministrative che gli interessati potevano sollecitare con i mezzi offerti dall’ordinamento per contrastare l’inerzia della Regione (Consiglio di Stato, Sez. III, n. 2527 del 9 maggio 2013).

14.- Ma è del tutto evidente che l’illegittimità delle disposizioni (anche normative) che non consentono, a tempo indeterminato, il rilascio di nuovi accreditamenti non può essere elusa consentendo tali accreditamenti e poi tuttavia precludendo (a tempo indeterminato) ai nuovi accreditati una possibile sottoscrizione del contratto con le Aziende sanitarie e quindi il reale accesso al mercato delle prestazioni sanitarie in favore del servizio sanitario pubblico.

Se è infatti vero, come affermato dalla Regione appellante, che ai servizi sanitari non si applica il codice dei contratti, tuttavia non possono ritenersi legittime disposizioni che si pongono del tutto in contrasto con quei principi (pur contenuti) di concorrenza che l’ordinamento riconosce anche alle aziende private che operano in un settore particolare come quello delle prestazioni sanitarie.

15.- Per tutte le ragioni esposte, le questioni sollevate dalla Regione sul merito della decisione appellata risultano infondate e devono essere respinte.

16.- Con il terzo motivo la Regione ha sostenuto l’erroneità della sentenza appellata per aver condannato l’Amministrazione al risarcimento dei danni ed anche per aver disposto il risarcimento in forma specifica, risultando sostanzialmente impossibile determinare in concreto la somma a tale titolo spettante alla ricorrente.

16.1.- Anche Oxi. Gen Lab, con il suo appello incidentale, ha censurato la sentenza del T.A.R. di Brescia per aver disposto, con riferimento alla prestazioni riguardanti l’anno 2012, il risarcimento dei danni in forma specifica. Oxi. Gen Lab, tenuto anche conto dell’avvenuto esaurimento della gestione 2012, ha quindi chiesto di poter ottenere, per tale anno, un risarcimento dei danni per equivalente.

16.2.- Oxi. Gen Lab, con il suo appello incidentale, ha poi censurato la sentenza del T.A.R. anche per aver negato il risarcimento dei danni dal 2008 (anno di accreditamento) al 2011.

17.- Al riguardo, la Sezione ritiene che, come è stato sostenuto nel suo appello dalla Regione Lombardia, non vi erano, nella fattispecie, i presupposti per poter riconoscere alla Oxi. Gen Lab il risarcimento del danno, per la mancata assegnazione di un budget di spesa per gli anni dal 2008 al 2012.

17.1.- Si deve, infatti, ricordare che, per poter riconoscere il risarcimento di un danno prodotto a seguito dell’esercizio di una attività dell’amministrazione, per principio generale, non solo è necessario il riconoscimento dell’illegittimità dell’azione amministrativa (e del danno determinato da tale azione), ma occorre anche che l’azione sia stata determinata da una colpevole negligenza dell’amministrazione.

17.2.- Solo per le questioni riguardanti gli appalti, regolati dal codice dei contratti, si ritiene che il danno possa essere riconosciuto anche in assenza di un accertamento sulla colpa.

Si è, infatti, affermato che, nel caso di violazione della normativa sugli appalti pubblici da parte dell’amministrazione, la concessione del risarcimento danni non può essere subordinata al riconoscimento del carattere colpevole della violazione della normativa commessa dall’amministrazione aggiudicatrice, alla luce della sentenza della Corte di Giustizia CE, sez. III – 30/9/2010 (causa C314/2009), che ha ritenuto che gli Stati membri non possano subordinare la concessione del risarcimento al riconoscimento del carattere colpevole della violazione (Consiglio di Stato, Sez. V, 16 gennaio 2013, n. 240).

La giurisprudenza europea, imponendo il rispetto di tale regola, ha infatti derogato al principio generale che, in ossequio alla regola dell’autonomia degli Stati membri, demanda ad essi di stabilire quali sono gli elementi costitutivi delle singole azioni proponibili nel processo.

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