Consiglio di Stato, sezione III, sentenza 24 novembre 2016, n. 4934

Sono illegittime le operazioni valutative compiute da una seconda Commissione di gara nominata in esito all’annullamento d’ufficio della nomina (viziata) della prima in quanto effettuate dopo l’apertura delle buste contenenti le offerte sia tecnica che economica, già esaminate e scrutinate dalla prima Commissione, e, quindi, in spregio della regola che impone la segretezza delle offerte e, nello specifico, di quella economica, prima della valutazione di quella tecnica. La valutazione di offerte inserite in buste già aperte (entrambe) implica la violazione del principio di segretezza delle offerte, nella misura in cui l’attività valutativa si sia concentrata su offerte i cui contenuti avevano ormai perso senza rimedio i caratteri indefettibili della riservatezza e dell’anonimato, essendo stati già conosciuti (perlomeno dagli originari commissari e dalle imprese concorrenti). E non è valida l’obiezione, che le buste contenenti le offerte erano state custodite in cassaforte, con la conseguenza che non si è determinata alcuna concreta alterazione dell’imparzialità del giudizio della nuova Commissione. Infatti, perché sia violato il principio della segretezza delle offerte non è necessaria la dimostrazione dell’effettiva conoscenza delle offerte da parte della nuova Commissione, ma è sufficiente la possibilità in astratto di venirne a conoscenza, quale effetto dell’apertura delle relative buste e della potenziale diffusione del loro contenuto

 

Consiglio di Stato

sezione III

sentenza 24 novembre 2016, n. 4934

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Consiglio di Stato

in sede giurisdizionale

Sezione Terza

ha pronunciato la presente

SENTENZA

sul ricorso numero di registro generale 3351 del 2016, integrato da motivi aggiunti, proposto dalla

Co. Pi. So. Cooperativa Sociale a r.l., in persona del legale rappresentante p.t., rappresentata e difesa dagli avvocati Ma. Sa. (C.F. (omissis)) e St. Ga.(C.F. (omissis)), con domicilio eletto presso lo studio dell’avvocato Ma. Sa. in Roma, viale (…);

contro

Ag. Di. Cooperativa Sociale Consortile Onlus, in persona del legale rappresentante p.t., rappresentata e difesa dall’avvocato Gi. Gi.(C.F. (omissis)), con domicilio eletto presso il suo studio in Roma, via (…);

nei confronti di

Istituto di Riposo Co. Re., in persona del legale rappresentante p.t., rappresentato e difeso dagli avvocati Te. Pa.(C.F. (omissis)) e Fr. Io.(C.F. (omissis)), con domicilio eletto presso lo studio dell’avvocato Fr. Io. in Roma, via (…);

Comune di (omissis), in persona del Sindaco pro tempore, non costituito in giudizio;

e con l’intervento di

ad adiuvandum:

Co. Pi. – Soc. Coop.va sociale a r.l., in persona del legale rappresentante pro tempore, non costituito in giudizio;

per la riforma

della sentenza del T.A.R. PIEMONTE – TORINO: SEZIONE I n. 503/2016 e del dispositivo di sentenza del T.A.R. PIEMONTE – TORINO: SEZIONE I n. 367/2016, resi tra le parti, concernenti l’affidamento dei servizi socio assistenziali, sanitari ed alberghieri complementari in favore degli ospiti dell’Istituto di Riposo Co. Re..

Visti il ricorso in appello, i motivi aggiunti e i relativi allegati;

Visti gli atti di costituzione in giudizio dell’Ag. Di. Cooperativa Sociale Consortile Onlus e dell’Istituto di Riposo Co. Re.;

Viste le memorie difensive;

Visti tutti gli atti della causa;

Relatore nell’udienza pubblica del giorno 3 novembre 2016 il Cons. Carlo Deodato e uditi per le parti gli avvocati Ma. Sa., Pa. Sa. su delega dell’avv. Gi. Gi. e Fr. Io.;

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.

FATTO

Con la sentenza impugnata il Tribunale Amministrativo Regionale per il Piemonte annullava, in accoglimento del ricorso proposto dalla società cooperativa consortile Onlus L’Ag. Di. (d’ora innanzi Ag.), l’aggiudicazione alla società cooperativa a responsabilità limitata Co. Pi.(d’ora innanzi Co. ) dell’appalto relativo ai “servizi socio-assistenziali, sanitari ed alberghieri complementari” a favore degli ospiti dell’Istituto di Riposo “Co. Re.” di (omissis) (d’ora innanzi Istituto).

Avverso la predetta decisione proponeva appello la Co. , contestando la correttezza del giudizio di illegittimità pronunciato dal TAR e domandandone la riforma.

Resistevano l’Istituto e l’Ag. (quest’ultima riproponendo le censure rimaste assorbite nel giudizio di prima istanza), rilevando l’infondatezza dell’appello e chiedendone la reiezione, con conseguente conferma della sentenza impugnata (in ipotesi con diversa motivazione).

Con ordinanza in data 21 luglio 2016 veniva sospesa l’esecutività della sentenza appellata.

L’appello veniva trattenuto in decisione alla pubblica udienza del 3 novembre 2016.

DIRITTO

1.- E’ controversa la legittimità dell’aggiudicazione alla Co. del suddetto appalto di servizi, disposta dalla stazione appaltante dopo la rinnovazione della valutazione delle offerte da parte della seconda Commissione, nominata in esito all’annullamento d’ufficio della nomina (viziata) della prima, sotto il peculiare profilo dell’osservanza del principio della segretezza delle offerte.

Il Tribunale di prima istanza, dopo aver ritenuta tempestiva la proposizione del ricorso, ha, infatti, giudicato illegittime le operazioni valutative compiute dalla nuova Commissione di gara e, quindi, dell’aggiudicazione del servizio alla Co. , in quanto compiute dopo l’apertura delle buste contenenti le offerte (tecnica ed economica), peraltro già esaminate e scrutinate dalla prima Commissione, e, quindi, in spregio della regola che impone la segretezza delle offerte (e, segnatamente, di quella economica, prima della valutazione di quella tecnica).

L’appellante Co. contesta, sulla base delle argomentazioni di seguito esaminate, la correttezza sia della reiezione dell’eccezione di irricevibilità del ricorso di primo grado sia del giudizio di illegittimità dell’aggiudicazione e ne invoca la riforma.

2.- L’appello è infondato, alla stregua delle considerazioni di seguito esposte, e va respinto.

3.- Dev’essere preliminarmente disattesa, siccome logicamente antecedente rispetto al merito dell’appello, la censura relativa alla reiezione dell’eccezione di irricevibilità del ricorso proposto in primo grado dall’Ag..

Quest’ultimo deve, infatti, intendersi tempestivamente proposto rispetto all’unico atto della sequenza procedimentale contestata (e, cioè, l’aggiudicazione alla Co. ) che ha prodotto quella lesione concreta nella sfera giuridica della società ricorrente che ne imponeva il gravame nel termine di decadenza.

Non possono, invece, identificarsi – nella determinazione di annullamento in autotutela della nomina della prima Commissione e degli atti seguenti – gli estremi del provvedimento lesivo che si sarebbe dovuto immediatamente impugnare.

Mentre, infatti, secondo un costante insegnamento giurisprudenziale, dal quale non si ravvisano ragioni per discostarsi (cfr. ex multis Cons. St., sez. IV 17 luglio 2013, n. 3881), la decorrenza del termine per il ricorso implica l’idoneità dell’atto in questione a produrre una lesione concreta della sfera giuridica del potenziale ricorrente e, quindi, l’attualità dell’interesse a impugnarlo per ottenerne la rimozione, nella fattispecie in esame l’adozione del provvedimento di annullamento d’ufficio della nomina della prima Commissione di gara non comportava, di per sé, la consumazione di alcuna effettiva lesione dell’interesse dell’Ag. all’affidamento del servizio, che restava, infatti, del tutto impregiudicato per effetto della disposta rinnovazione delle operazioni di valutazione delle offerte, con un interesse che, invece, è stato definitivamente leso (solo) dall’aggiudicazione dell’appalto alla Co. (che, infatti, è stata tempestivamente impugnata).

4.- Con il secondo motivo la società appellante critica il giudizio di illegittimità pronunciato dai giudici di primo grado sulla base del rilievo della conformità della salvezza, disposta con il provvedimento di annullamento d’ufficio della nomina della prima Commissione, degli atti compiuti prima di quest’ultima (ivi compresa la presentazione delle offerte) ai principi che regolano gli effetti dell’annullamento di atti endoprocedimentali (nella misura in cui implicano la sola caducazione degli atti successivi a quello viziato e rimosso, e non anche di quelli antecedenti).

L’assunto è infondato e va disatteso.

Se è vero, infatti, in via generale, che l’annullamento (è irrilevante se in sede giurisdizionale o in autotutela) di un atto inserito in una sequenza procedimentale (e diverso, ovviamente, da quello conclusivo) comporta la rinnovazione dei soli atti successivi ad esso, e non comporta la caducazione di quelli anteriori, è anche vero che tale regola dev’esser armonizzata e coordinata, nelle procedure di aggiudicazione di un appalto, con il principio che impone la segretezza delle offerte (a tutela dell’imparzialità delle operazioni di gara e della par condicio dei concorrenti).

Tale regola implica che – nei casi in cui la procedura di gara sia caratterizzata da una netta separazione tra la fase della valutazione dell’offerta tecnica e quella dell’offerta economica (come nel caso in esame, in cui la stazione appaltante ha scelto il criterio dell’offerta economicamente più vantaggiosa) – le offerte economiche devono restare segrete fino alla conclusione della fase relativa alla valutazione di quelle tecniche (Ad Plen., 26 luglio 2012, n. 30; ex multis Cons. St, sez. IV, 29 febbraio 2016, n. 824), a presidio della genuinità, della trasparenza e della correttezza delle operazioni valutative (che resterebbero irrimediabilmente compromesse e inquinate da un’anticipata conoscenza del contenuto delle offerte economiche).

Orbene, nella fattispecie controversa il principio appena enunciato è rimasto vulnerato per effetto della ripetizione delle operazioni valutative (da parte della nuova Commissione) dopo che le offerte tecniche ed economiche erano state, non solo conosciute, ma addirittura valutate dalla Commissione originariamente nominata (con atto poi rimosso dalla stazione appaltante in via di autotutela).

La valutazione di offerte inserite in buste già aperte (entrambe) implica la violazione del principio di segretezza delle offerte, per come sopra definito, nella misura in cui l’attività valutativa si è concentrata su offerte i cui contenuti avevano ormai irrimediabilmente perso i caratteri indefettibili della riservatezza e dell’anonimato, essendo stati già conosciuti (perlomeno dagli originari commissari e dalle imprese concorrenti).

E non vale obiettare, come fa l’Istituto, che le buste contenenti le offerte erano state custodite in cassaforte, con la conseguenza che non si è determinata alcuna concreta alterazione dell’imparzialità del giudizio della nuova Commissione.

Perché sia violato il principio della segretezza delle offerte non è, infatti, necessaria la dimostrazione dell’effettiva conoscenza delle offerte da parte della nuova Commissione, ma è sufficiente l’astratta conoscibilità delle stesse, quale effetto dell’apertura delle relative buste e della potenziale diffusione del loro contenuto.

5.- Alle considerazioni che precedono conseguono la reiezione dell’appello e la conferma della decisione appellata.

6.- la reiezione dell’appello esime, peraltro, dalla disamina dei motivi riproposti in appello dall’appellata Ag..

7.- La peculiarità della fattispecie controversa giustifica la compensazione tra tutte le parti delle spese del presente grado di giudizio.

P.Q.M.

Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale

Sezione Terza,

definitivamente pronunciando sull’appello n. 3351 del 2016, come in epigrafe proposto, lo respinge e compensa le spese del presente grado di giudizio.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.

Così deciso in Roma nella camera di consiglio del giorno 3 novembre 2016 con l’intervento dei magistrati:

Luigi Maruotti – Presidente

Carlo Deodato – Consigliere, Estensore

Giulio Veltri – Consigliere

Pierfrancesco Ungari – Consigliere

Raffaello Sestini – Consiglie

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