Palazzo-Spada

Consiglio di Stato

sezione IV

sentenza 25 maggio 2015, n. 2589

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

IL CONSIGLIO DI STATO

IN SEDE GIURISDIZIONALE

SEZIONE QUARTA

ha pronunciato la presente

SENTENZA

sul ricorso in appello n. 671 del 2015, proposto da

Bu. s.p.a., in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentata e difesa dagli avv.ti Fr.De. e Al.Ba., ed elettivamente domiciliata, unitamente ai difensori, presso l’avv. En.Za. in Roma, piazza (…), come da mandato a margine del ricorso introduttivo;

contro

Sg. s.r.l. ed altri (…);

per la riforma

della sentenza del Tribunale amministrativo regionale per la Calabria, sezione prima, n. 73 del 16 gennaio 2015, redatta in forma semplificata ex art. 120 c.p.a., resa tra le parti e concernente l’appalto dei lavori di manutenzione straordinaria e rifacimento della pavimentazione stradale dell’autostrada A3

Visti il ricorso in appello e i relativi allegati;

Visti gli atti di costituzione in giudizio di An. s.p.a. e di Sg. s.r.l.;

Viste le memorie difensive;

Visti tutti gli atti della causa;

Visti gli artt. 74 e 120, co. 10, cod. proc. amm.;

Relatore nell’udienza pubblica del giorno 14 aprile 2015 il Cons. Diego Sabatino e uditi per le parti gli avvocati Ga. ed altri (…);

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.

FATTO

Con ricorso iscritto al n. 671 del 2015, Bu. s.p.a. propone appello avverso la sentenza del Tribunale amministrativo regionale per la Calabria, sezione prima, n. 73 del 16 gennaio 2015 con la quale è stato respinto il ricorso proposto contro AN. s.p.a. e Sg. s.r.l. per l’annullamento dei seguenti atti relativi alla procedura aperta per l’affidamento dei “Lavori di manutenzione straordinaria occorrente per il rifacimento della pavimentazione stradale in tratti saltuari tra Pizzo (KM 337+800) e Sant’Onofrio (Km 348+200) dell’Autostrada A3 Salerno-Reggio Calabria: del verbale di gara del 31/7/2014 di esclusione della società ricorrente dalla gara di appalto; della nota UCS 21437 del 6 agosto 2014 comunicata in data 11 agosto 2014; del bando di gara in parte qua; del punto 2 lett. h del disciplinare di gara; del provvedimento di aggiudicazione definitiva in favore della Sg. srl, di data e numero sconosciuti e mai comunicato alla ricorrente; eventualmente del contratto di appalto, se concluso; ogni altro atto e/o provvedimento presupposto, e/o consequenziale e connesso; nonché, con atto per motivi aggiunti: della nota AN. “pubblicazione esito gara” UCS 21370 del 5 agosto 2014; della nota AN. “comunicazione esito gara” UCS 21366 del 5 agosto 2014; della nota AN. UCS 21253 del 5 agosto 2014 e trasmessa il 6 agosto 2014 con cui veniva disposta l’aggiudicazione definitiva in favore della Sg. Costruzioni srl, già impugnata con il ricorso introduttivo; della nota AN. UCS 25811 del 6 ottobre 2014 con cui AN. ha comunicato all’ANAC, ai fini dell’inserimento nel casellario informatico, l’esclusione della Bu. S.p.A. dalla gara.

Il giudice di prime cure, premesso che alla controversia andava applicato l’art. 120, comma 6, c.p.a., secondo cui il giudizio “viene comunque definito con sentenza in forma semplificata” cui è correlato l’obbligo di stendere una motivazione molto succinta e, allo scopo, il dovere processuale delle parti di contenere “le dimensioni del ricorso e degli altri atti difensivi” in applicazione del principio generale di sinteticità degli atti ex art. 3 co. 2 c.p.a., ricostruiva le vicende in scrutinio nei termini che seguono:

“1. Con bando UCS – 0016842 del 30 giugno 2014, AN. S.p.A. ha indetto una procedura aperta, per l’affidamento di “Lavori di manutenzione straordinaria ricorrente per il rifacimento della pavimentazione stradale in tratti saltuari tra Pizzo a Sant’Onofrio dell’Autostrada A3Salerno-Reggio Calabria”, per un importo complessivo dell’intervento pari ad Euro 1.411.100,00, oltre IVA, compresi oneri per la sicurezza, da aggiudicarsi con criterio del prezzo più basso ex art. 82 del D.Lgs. 163/2006, con esclusione automatica dell’offerta anomala.

Con nota del 6 agosto 2014, la stazione appaltante ha comunicato alla società ricorrente, partecipante alla predetta gara, il provvedimento di esclusione adottato a suo carico nella seduta del 31 luglio 2014, per la mancata dichiarazione resa dall’Impresa Bu. S.p.a., circa i requisiti di cui all’art. 38, comma 1, lett. f), D.Lgs. 163/06 (norma riprodotta nel punto 2 lett h del disciplinare di gara). In particolare, secondo quanto rappresentato nell’atto di esclusione, “l’impresa aveva omesso di dichiarare come previsto nel punto 2 lett. h del disciplinare di gara, di aver commesso un grave inadempimento contrattuale nei confronti di un’altra stazione appaltante (Comune di Taranto), risultante dal Casellario dell’A.N.A.C.”, dal quale, in effetti, risultava che “la Stazione appaltante Comune di Taranto (…) ha comunicato che l’ O.E. Bu. S.p.a., aggiudicatario dei lavori di completamento rete fognatura nera a servizio degli abitanti di San Vito, Lama e Carelli, si è reso responsabile di grave inadempimento contrattuale. Pertanto con Determinazione n. 49 del 31/01/2013, è stata disposta, ai sensi dell’art. 136 del D.Lgs. n. 163/06, la risoluzione del contratto d’appalto stipulato in data 18/10/2004”.

La gara veniva quindi aggiudicata a favore dell’impresa SG. Costruzioni S.r.l., odierna controinteressata, con provvedimento UCS-0021370-I del 5 agosto 2014, pubblicato anche on line sul proprio sito istituzionale.

2. Con il ricorso in esame, notificato in data 18 settembre 2014 e depositato entro il termine di rito presso il T.A.R. Calabria, sezione distaccata di Reggio Calabria, l’Impresa Bu. S.p.a. ha quindi chiesto l’annullamento del provvedimento di esclusione, oltre che degli atti indicati in epigrafe, formulando contestuale istanza cautelare di adozione del provvedimento inaudita altera parte ex art. 56 c.p.a., (istanza rigettata dal decreto del Presidente T.A.R. Calabria, sezione staccata di Reggio Calabria n. 237/2014).

A fondamento del gravame, l’impresa ricorrente ha dedotto le censure che di seguito sinteticamente si riportano:

a) violazione di legge, in relazione al principio di tassatività delle cause di esclusione di cui all’art. 46, commi 1-bis e 1-ter del D.Lgs. 163/2006: ciò, sul presupposto che, mentre l’art. 38 lett. f del cd. Codice degli Appalti prevederebbe due distinte ipotesi oggetto di doverosa dichiarazione da parte delle imprese partecipanti – ovvero, da un lato, “una grave negligenza o malafede nell’esecuzione delle prestazioni affidate dalla (medesima) stazione appaltante” che ha bandito la gara della cui partecipazione si tratta, e dall’altro “un grave errore nell’esercizio della loro attività professionale, accertato con qualsiasi mezzo di prova da parte della stazione appaltante”, da intendersi come ipotesi di negligenza professionale, verificatesi anche in “precorsi rapporti con altre amministrazioni”- il disciplinare di gara invece avrebbe “illegittimamente accomunato” le due ipotesi, imponendo un obbligo dichiarativo esteso anche alle ipotesi di “grave inadempimento contrattuale per grave negligenza o malafede” commesso nei confronti di una stazione appaltante “diversa” (nel caso specifico il Comune di Taranto) da quella che aveva bandito la gara (nel caso in esame, AN. S.p.A, odierna resistente).

b) in via subordinata, violazione di legge con riguardo all’art. 38, comma 2-bis e 46 comma 1-ter, D.Lgs. n. 163/06, come introdotto dall’art. 39 co. 1 del D.L. 24 giugno 2014 n. 90, applicabile ratione temporis alla fattispecie concreta; in particolare, secondo la tesi della ricorrente, la mancata dichiarazione da parte dell’impresa in relazione al “grave inadempimento e grave ritardo”, causa del provvedimento di risoluzione contrattuale adottato dal Comune di Taranto nei suoi confronti in altro precedente contratto di appalto, avrebbe dovuto indurre la stazione appaltante ad assegnare il termine interlocutorio di 10 giorni, previsto dalla norma recentemente introdotta, perché “siano rese integrate o regolarizzate le dichiarazioni necessarie, indicandone il contenuto e i soggetti che le devono rendere”, e solo, in caso di inutile decorso dello stesso, procedere nel senso dell’esclusione.

Giova osservare che, al punto 2 del ricorso introduttivo, parte ricorrente ricostruisce la vicenda contenziosa intercorsa con il Comune di Taranto in relazione al contratto di appalto rep. 8032 del 18 ottobre 2014, poi sfociata nel provvedimento di risoluzione contrattuale sopra riferito, senza però sollevare in merito alla valutazione della “gravità” delle predette circostanze alcuna censura (contrariamente a quanto sembra eccepire la difesa della parte resistente: cfr. pag. 7 controricorso); valutazione che sarebbe ovviamente riservata alla stazione appaltante, ma di fatto impedita proprio dalla dichiarazione prodotta da parte ricorrente.

3. Si sono costituite in giudizio sia l’AN. S.p.A. che l’impresa aggiudicataria Sg. Costruzioni srl, controinteressata, formulando entrambe, in via preliminare, l’eccezione ex art. 47 co. 2 c.p.a., relativa alla ripartizione delle controversia tra T.A.R. con sede nel capoluogo e sezioni distaccate, secondo cui il ricorso andava deciso dal T.A.R. Calabria Catanzaro, sia in ragione della sede della stazione appaltante che dell’efficacia territoriale degli atti impugnati (eccezione poi accolta con ordinanza n. 3330 del 19 novembre 2014 del Presidente del Tribunale) e deducendo nel merito l’infondatezza delle doglianze prospettate.

4. Con memoria depositata in data 21 ottobre 2014 presso il TAR Calabria sezione staccata di Reggio Calabria, parte ricorrente, riproducendo i medesimi motivi di ricorso già dedotti con il ricorso introduttivo, ha meglio identificato il provvedimento di aggiudicazione definitiva nella nota AN. spa prot. UCS 21253 del 5 agosto 2014, trasmessa il successivo 6 agosto 2014, con cui veniva disposta l’aggiudicazione definitiva in favore della Sg. Costruzioni s.r.l.

5. All’udienza del 19 dicembre 2014, il ricorso è stato trattenuto in decisione.”

Il ricorso veniva così deciso con la sentenza appellata, redatta in forma semplificata ex art. 120 c.p.a.. In essa, il T.A.R. riteneva infondate le censure proposte, sottolineando la correttezza dell’operato della pubblica amministrazione, in relazione all’effettiva esistenza di un grave inadempimento contrattuale per grave negligenza o malafede e dell’inesistenza di un obbligo di attivazione del cd. soccorso istruttorio da parte della stazione appaltante.

Contestando le statuizioni del primo giudice, la parte appellante evidenzia l’errata ricostruzione in fatto e in diritto operata dal giudice di prime cure, riproponendo come motivi di appello le proprie originarie censure.

Nel giudizio di appello, si sono costituite l’Avvocatura dello Stato per AN. s.p.a. e Sg. Costruzioni s.r.l., chiedendo di dichiarare inammissibile o, in via gradata, rigettare il ricorso.

Dopo l’accoglimento della domanda di adozione di misure cautelari inaudita altera parte, avutosi con decreto presidenziale n. 488 del 29 gennaio 2015, all’udienza del 17 febbraio 2015, l’istanza cautelare veniva accolta con ordinanza n. 742/2015, con contestuale fissazione dell’udienza pubblica di trattazione.

Alla pubblica udienza del 14 aprile 2015, il ricorso è stato discusso e assunto in decisione.

DIRITTO

1. – L’appello è fondato e merita accoglimento entro i termini di seguito precisati.

2. – In via preliminare, la Sezione ritiene di evidenziare come la fattispecie de qua attenga unicamente a profili di diritto, poiché non vi sono state contestazioni sulla ricostruzione in fatto, come sopra riportata e ripetitiva di quella operata dal giudice di prime cure, per cui, vigendo la preclusione di cui all’art. 64 comma 2 del codice del processo amministrativo, deve considerarsi assodata la prova dei fatti oggetto di giudizio.

3. – L’atto di appello contempla due diverse ragioni di doglianza, articolate in senso sequenziale: la prima riguarda l’inesistenza della ragione di esclusione dalla partecipazione alla procedura; la seconda le modalità con cui questa esclusione ha avuto luogo. Le censure vanno quindi esaminate nell’ordine proposto dalla parte, che concilia il proprio interesse (dapprima quello di non vedersi esclusa dalla procedura e, successivamente, ad essere messa in condizioni di controdedurre avverso tale possibile estromissione) e quello dell’amministrazione (a concludere la gara dando il massimo spazio partecipativo), secondo i criteri recentemente chiariti da questo Consiglio (Consiglio di Stato, ad. plen., 27 aprile 2015 n. 5).

4. – Con il primo motivo di appello, viene lamentata l’illegittimità del disciplinare di gara e del conseguente provvedimento di esclusione per violazione del combinato disposto di cui agli artt. 38, comma 1, lett. f) e 46, comma 1 bis, del D.Lgs. n. 163 del 2006. La parte evidenzia, traendo spunto dalla differente formulazione del disciplinare di gara rispetto alla norma del codice degli appalti pubblici, come l’amministrazione avesse illegittimamente esteso l’obbligo di comunicazione di errori grave nell’esercizio della loro attività professionale anche riguardo rapporti contrattuali con altre amministrazioni.

4.1. – La censura non ha pregio.

Il supposto scollamento tra i contenuti della norma primaria, di cui all’art. 38, comma 1 lett. f), del codice degli appalti e il punto 2, lett. h), del disciplinare di gara è palesemente insussistente.

La norma primaria prevede che siano “esclusi dalla partecipazione alle procedure” i soggetti “che, secondo motivata valutazione della stazione appaltante, hanno commesso grave negligenza o malafede nell’esecuzione delle prestazioni affidate dalla stazione appaltante che bandisce la gara; o che hanno commesso un errore grave nell’esercizio della loro attività professionale, accertato con qualsiasi mezzo di prova da parte della stazione appaltante”. Ciò implica che basti una delle due condizioni per legittimare l’esclusione dalla gara.

Il disciplinare ha richiesto che le parti dichiarassero che nessuna delle due condizioni di esclusione sussistesse, ossia ha richiesto alla parte che non esistesse né la prima (“grave negligenza o malafede nell’esecuzione delle prestazioni affidate dalla stazione appaltante che bandisce la gara”), né la seconda (commissione di “un errore grave nell’esercizio della loro attività professionale”) e si è posto quindi in linea con il disposto normativo, atteso che entrambi i complessi disciplinari richiedono che venga data prova dell’inesistenza di entrambi i tipi di fatti escludenti.

Diverso è ovviamente il profilo della qualità dei fatti da dichiarare, visto che in un caso, per i rapporti con la stessa stazione appaltante, si verte in una “grave negligenza o malafede”, mentre nel secondo, per i rapporti con altri soggetti, rileva “un errore grave nell’esercizio della loro attività professionale”. In questo senso, la giurisprudenza (da ultimo, Consiglio di Stato, sez. V, 28 dicembre 2011 n. 6951) tende a far risaltare l’ambito decisionale lasciato all’amministrazione, atteso che l’esclusione dalle gare pubbliche per inaffidabilità delle imprese concorrenti per grave negligenza e malafede commessa nel corso di esecuzione di precedenti contratti pubblici può essere pronunciata in termini di automaticità soltanto quando il comportamento di deplorevole trascuratezza e slealtà sia stato posto in essere in occasione di un pregresso rapporto negoziale intercorso con la stessa stazione appaltante che indice la gara. In caso contrario, invece, il giudizio d’inaffidabilità professionale su un’impresa partecipante a una gara pubblica è subordinato alla preventiva motivata valutazione della stazione appaltante o della commissione giudicatrice, che è tenuta a valorizzare i precedenti professionali delle imprese concorrenti nel loro complesso, nonché a valutare gravità e rilevanza sul piano professionale di precedenti risoluzioni contrattuali comminate da altre Amministrazioni. In ogni caso ciò che rileva a detti fini è che l’errore ascritto sia espressione di un difetto di capacità professionale e lo stesso, nella sua obiettiva rilevanza, costituisca elemento sintomatico della perdita del requisito di affidabilità e capacità professionale a fornire prestazioni che soddisfino gli interessi di rilievo pubblico perseguiti dall’ente committente.

Proprio lo spazio lasciato all’apprezzamento dell’amministrazione, e quindi alla necessità che la stessa abbia contezza di come si siano stati svolti i pregressi rapporti contrattuali del partecipante alla gara al fine di poter compiutamente esprimere il suo voto, rende ragione dell’ampiezza con cui deve essere inteso l’obbligo di informazione in capo all’impresa. Questa ratio giustifica l’estensione del dovere di esternazione dei fatti, atteso che “si tratta di dichiarazione/prescrizione essenziale che prescinde dalla stazione appaltante, la stessa o altra, perché attiene ai principi di lealtà e affidabilità contrattuale e professionale che presiedono agli appalti e ai rapporti con la stazione stessa, né si rilevano validi motivi per non effettuare tale dichiarazione, posto che spetta comunque all’Amministrazione la valutazione dell’errore grave che può essere accertato con qualsiasi mezzo di prova. La circostanza pertanto assume il carattere di elemento sintomatico in ogni caso apprezzabile, anche se proveniente da altra Amministrazione, e che può fornire elementi oggettivi per le determinazioni della stazione appaltante” (in termini, Consiglio di Stato, sez. III, 5 maggio 2014 n. 2289).

La censura non è quindi fondata e va respinta.

5. – Con il secondo motivo di diritto, di carattere subordinato, viene lamentata l’illegittimità del provvedimento di esclusione per violazione dell’art. 38, comma 2 bis, del D.Lgs. n. 163 del 2006, come introdotto dall’art. 39, comma 1, del D.L. n. 90 del 2014, per la mancata attivazione del dovuto soccorso istruttorio a fronte della rilevata omissione nella dichiarazione.

5.1. – La doglianza è fondata e va accolta.

Come già evidenziato in via cautelare, la fattispecie in esame è effettivamente disciplinata dall’art. 38 comma 2 bis del D.Lgs. n. 163 del 2006, come introdotto dall’art. 39 comma 1 del D.L. 24 giugno 2014, n. 90 “Misure urgenti per la semplificazione e la trasparenza amministrativa e per l’efficienza degli uffici giudiziari”. Questa disposizione, entrata in vigore il giorno successivo alla sua pubblicazione, ossia dal 24 giugno 2014, è applicabile alle procedure di gara indette dopo la sua entrata in vigore come quella in esame, dove il bando di gara è stato pubblicato in data 30 giugno 2014.

La norma così recita: “La mancanza, l’incompletezza e ogni altra irregolarità essenziale degli elementi e delle dichiarazioni sostitutive di cui al comma 2 obbliga il concorrente che vi ha dato causa al pagamento, in favore della stazione appaltante, della sanzione pecuniaria stabilita dal bando di gara, in misura non inferiore all’uno per mille e non superiore all’uno per cento del valore della gara e comunque non superiore a 50.000 euro, il cui versamento e’ garantito dalla cauzione provvisoria. In tal caso, la stazione appaltante assegna al concorrente un termine, non superiore a dieci giorni, perché siano rese, integrate o regolarizzate le dichiarazioni necessarie, indicandone il contenuto e i soggetti che le devono rendere. Nei casi di irregolarità non essenziali, ovvero di mancanza o incompletezza di dichiarazioni non indispensabili, la stazione appaltante non ne richiede la regolarizzazione, ne’ applica alcuna sanzione. In caso di inutile decorso del termine di cui al secondo periodo il concorrente è escluso dalla gara. Ogni variazione che intervenga, anche in conseguenza di una pronuncia giurisdizionale, successivamente alla fase di ammissione, regolarizzazione o esclusione delle offerte non rileva ai fini del calcolo di medie nella procedura, ne’ per l’individuazione della soglia di anomalia delle offerte”.

Si tratta di un’evidente riconsiderazione dei poteri unilaterali di esclusione dei partecipanti dalla procedura di gara che, per il suo impatto sull’evoluzione dei procedimenti, è stata immediatamente oggetto di considerazione da parte di questo Consiglio e interpretata dall’Adunanza plenaria, con sentenza 30 luglio 2014 n. 16, dove si è evidenziata la “chiara volontà del legislatore di evitare (nella fase del controllo delle dichiarazioni e, quindi, dell’ammissione alla gara delle offerte presentate) esclusioni dalla procedura per mere carenze documentali (ivi compresa anche la mancanza assoluta delle dichiarazioni)”.

La considerazione, appena riportata, dell’Adunanza plenaria (“ivi compresa anche la mancanza assoluta delle dichiarazioni”) incide sulla questione qui in scrutino, dove la parte appellante ha effettivamente mancato di indicare, nella sua domanda di partecipazione, l’esistenza di un fatto valutabile come errore rilevante ai fini dell’art. 38 del D.Lgs. n. 163 del 2006.

Su tale vicenda e sulla sua qualificazione si è quindi concentrata la discussione tra le parti, dopo che la Sezione, con ordinanza n. 742 del 18 febbraio 2015, aveva esplicitamente sottoposto alle parti il tema, al fine di sollecitarne gli apporti ricostruttivi.

Le tesi contrapposte sono del tutto chiare e così riassumibili. Secondo una prima prospettazione, la mancata indicazione di un fatto rilevante ai sensi dell’art. 38 non può essere considerato “errore”, ma dichiarazione non veritiera a norma dell’art. 75 del d.P.R. n. 445 del 2000, comportando così la decadenza dai benefici conseguiti, ossia in questo caso l’ammissione alla procedura di gara. Secondo una seconda prospettazione, si sarebbe in presenza di una mera omissione, e come tale ricompresa nell’ambito applicativo del sopravvenuto comma 2 bis dell’art. 38.

Questa seconda lettura pare alla Sezione meritevole di accoglimento, in quanto maggiormente in linea con la norma recentemente introdotta (di per sé prevalente, sia perché successiva nel tempo rispetto al d.P.R. del 2000, sia perché speciale, concernendo unicamente la materia delle procedure di gara per contratti pubblici), sia perché più coerente con l’interpretazione datane dalla citata sentenza n. 16 del 2014 dell’Adunanza plenaria.

Si noti, infatti, che il comportamento della parte è consistito nella mancata indicazione di un determinato elemento (ossia l’esistenza di una vicenda rilevante a norma dell’art. 38, comma 1 lett. f) del codice degli appalti). Si tratta quindi di una fattispecie che si connota strutturalmente per una sua mancata interezza e come tale considerata dall’interpretazione appena esaminata (che considera come fatto che impone il soccorso istruttorio della pubblica amministrazione anche l’omissione totale). Questa è quindi strutturalmente mancante e, come tale, fa sorgere l’obbligo dell’amministrazione di procedere a quanto disposto dal comma 2 bis dello stesso art. 38.

L’eventuale qualificazione come dichiarazione non veritiera o mendacio è, invece, una qualificazione giuridica che riguarda un momento giuridicamente successivo, ossia quello della valutazione dell’ordinamento sull’intento che ha mosso la parte, e non vale a escludere la rilevanza in sé della situazione a monte ai fini del citato comma 2 bis.

Conclusivamente, la mancata indicazione da parte dell’appellante dell’esistenza di un fatto rilevante ai fini dell’art. 38, comma 1 lett. f), del D.Lgs. n. 163 del 2006 imponeva all’amministrazione l’attivazione dei doveri di soccorso di cui al comma 2 bis dello stesso articolo, evenienza concretamente non verificatasi.

Ne consegue l’illegittimità dell’esclusione della Bu. s.p.a. dalla procedura di gara.

Considerato quindi che agli atti di causa non risulta stipulato il contratto, la presente decisione può limitarsi all’annullamento dei soli atti impugnati, come sopra descritti, con l’esclusione del bando di gara e del disciplinare di gara, dei quali si è acclarata la legittimità.

6. – Le questioni appena vagliate esauriscono la vicenda sottoposta alla Sezione, essendo stati toccati tutti gli aspetti rilevanti a norma dell’art. 112 c.p.c., in aderenza al principio sostanziale di corrispondenza tra il chiesto e pronunciato (come chiarito dalla giurisprudenza costante, ex plurimis, per le affermazioni più risalenti, Cassazione civile, sez. II, 22 marzo 1995 n. 3260 e, per quelle più recenti, Cassazione civile, sez. V, 16 maggio 2012 n. 7663). Gli argomenti di doglianza non espressamente esaminati sono stati dal Collegio ritenuti non rilevanti ai fini della decisione e comunque inidonei a supportare una conclusione di tipo diverso.

7. – L’appello va quindi accolto. Sussistono peraltro motivi per compensare integralmente tra le parti le spese processuali, determinati dalla novità della questione decisa.

P.Q.M.

Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale – Sezione Quarta – definitivamente pronunziando in merito al ricorso in epigrafe, così provvede:

1. Accoglie l’appello n. 671 del 2015 e, per l’effetto, in riforma della sentenza del Tribunale amministrativo regionale per la Calabria, sezione prima, n. 73 del 16 gennaio 2015, accoglie il ricorso di primo grado;

2. Compensa integralmente tra le parti le spese del doppio grado di giudizio.

Ordina che la presente decisione sia eseguita dall’autorità amministrativa.

Così deciso in Roma, nella camera di consiglio del 14 aprile 2015, dal Consiglio di Stato in sede giurisdizionale – Sezione Quarta – con la partecipazione dei signori:

Giorgio Giaccardi – Presidente

Diego Sabatino – Consigliere, Estensore

Raffaele Potenza – Consigliere

Andrea Migliozzi – Consigliere

Antonio Bianchi – Consigliere

Depositata in Segreteria il 25 maggio 2015.

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