Consiglio di Stato, sezione IV, sentenza 28 novembre 2016, n. 5006

Il provvedimento di accertamento dell’inottemperanza all’ordine di demolizione e quello successivo di acquisizione gratuita delle opere abusive e dell’area di sedime debbono considerarsi consequenziali, connessi e conseguenti all’ordine di demolizione delle opere e ripristino dello stato primitivo dei luoghi, e per tale motivo non autonomamente impugnabili in mancanza di impugnazione dell’atto con cui si ingiunge la demolizione, divenuto nel frattempo inoppugnabile

Consiglio di Stato

sezione IV

sentenza 28 novembre 2016, n. 5006

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Consiglio di Stato

in sede giurisdizionale

Sezione Quarta

ha pronunciato la presente

SENTENZA

sul ricorso in appello nr. 1663 del 2006, proposto dal Comune di Napoli, in persona del Sindaco pro tempore, rappresentato e difeso dagli avvocati Ed. Ba., Gi.Ta., An. Pu., Fa. Ma.Fe. e An. An., con domicilio eletto presso l’avv. Gian Ma. Gr.in Roma, corso (…),

contro

i signori Pa. Me. e Si. Me., rappresentati e difesi dall’avvocato Gi. To., con domicilio eletto presso il suo studio in Roma, via (…),

per la riforma

della sentenza del T.A.R. della Campania, Sezione Quarta di Napoli, n. 689 del 2 febbraio 2005.

Visti il ricorso in appello e i relativi allegati;

Visto l’atto di costituzione in giudizio degli appellati in epigrafe indicati;

Viste le memorie difensive;

Visti tutti gli atti della causa;

Relatore, all’udienza pubblica del giorno 17 novembre 2016, il Consigliere Fabio Taormina;

Uditi per le parti gli avvocati Ga. Pa., su delega dell’avv. An. An. per il Comune appellante e Gi.To. per le parti appellate;

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.

FATTO

1. Con la sentenza in epigrafe appellata n. 689/2005 il T.a.r. della Campania – sede di Napoli – ha dichiarato improcedibile il ricorso proposto dalla odierna parte appellata volto ad ottenere l’annullamento dell’ordinanza del Sindaco di Napoli con la quale era stata disposta l’acquisizione al patrimonio indisponibile del Comune delle opere abusive da questi realizzate e dell’area di sedime.

2. Il Comune di Napoli si era costituito chiedendo la reiezione del ricorso.

3.Con la sentenza impugnata il T.a.r. ha dato atto della avvenuta presentazione di una istanza di sanatoria successivamente alla impugnazione dell’ordinanza di acquisizione e, richiamato l’orientamento giurisprudenziale secondo il quale tale istanza produceva l’effetto di rendere inefficace il provvedimento e, quindi, improcedibile l’impugnazione stessa, per sopravvenuta carenza di interesse, in quanto il riesame dell’abusività dell’opera, sia pure al fine di verificarne la eventuale sanabilità, provocato dall’istanza di sanatoria, comportava la necessaria formazione di un nuovo provvedimento (esplicito od implicito), ha dichiarato improcedibile il ricorso di primo grado.

4. Il Comune di Napoli originario resistente rimasto soccombente ha impugnato la decisione del T.a.r. denunciandone la erroneità.

Dopo avere analiticamente ripercorso le principali tappe del contenzioso ha dedotto che:

a) erroneamente il T.a.r. aveva dichiarato improcedibile il ricorso avverso l’ordinanza di acquisizione del compendio immobiliare abusivo al patrimonio comunale;

b) il principio di diritto affermato, infatti, non poteva che riguardare la ipotesi di emissione della (sola) ordinanza di demolizione: nel caso in cui, invece, fosse anche stata emessa una ordinanza di acquisizione del compendio immobiliare abusivo al patrimonio comunale, il principio si appalesava errato in quanto:

I) non vi era alcun affidamento del privato da tutelare;

II) in ipotesi di diniego di condono si sarebbe dovuto avviare un complesso procedimento di cancellazione della trascrizione dell’acquisizione dai Registri immobiliari, e si sarebbe dovuto nuovamente rinnovare il procedimento sanzionatorio, con grave ed inutile dispendio di risorse pubbliche;

c) in ogni caso il ricorso avrebbe dovuto essere dichiarato inammissibile, in quanto l’ordinanza di acquisizione era stata preceduta dalla emissione di due ordini di demolizione, rimasti inoppugnati: l’omessa impugnazione dell’ordinanza di demolizione rendeva inammissibile il ricorso proposto avverso l’atto (consequenziale) di acquisizione del compendio al patrimonio immobiliare indisponibile del Comune;

d) nel merito, il ricorso era palesemente infondato, in quanto:

I) l’odierna parte appellata non aveva interesse a rilevare che il manufatto non era acquisibile in quanto contrastante con le prescrizioni del piano: ove accolta, la censura avrebbe comunque imposto l’abbattimento del manufatto;

II) in ogni caso la tesi sostenuta era anche errata in quanto ai sensi dell’art. 15, comma 3, della legge n. 10 del 1977 era anche possibile un manufatto contrastante con le prescrizioni di piano (ove la costruzione non ledesse un rilevante interesse urbanistico);

III) l’omessa notifica del parere della commissione edilizia e della sezione urbanistica regionale non viziava alcunché;

IV) la quarta censura era rivolta avverso un atto (l’ordinanza di demolizione) rimasto inoppugnato, ed era comunque palesemente infondata, in quanto ciò che rilevava ai fini dell’abusività – o meno – dell’immobile era unicamente l’assenza di concessione edilizia, e non anche la vigenza o meno dei vincoli di piano;

V) le generiche censure di disparità di trattamento rispetto alle previsioni di altre legislazioni regionali oltre che inesatte erano infondate, e comunque la Corte costituzionale con la ordinanza n. 82 del 15 febbraio 1991 aveva chiarito che non ci si trovava al cospetto di una forma di espropriazione contrastante con l’art. 43 della Costituzione.

6. In data 30 giugno 2016 l’appellante a seguito di notifica di avviso di perenzione ha ribadito il proprio persistente interesse alla decisione dell’appello costituendosi con nuovo difensore.

7. In data 14 ottobre 2016 l’appellato signor Pa. Me. ha depositato una memoria deducendo che:

a) l’appello era inammissibile per carenza di interesse in quanto rivolto ad ottenere la riforma di una statuizione meramente processuale dalla quale non discendeva alcun pregiudizio all’appellante comune;

b) con l’atto di costituzione con nuovo difensore del 6 dicembre 2011 il Comune aveva chiesto “il rigetto del ricorso”, e quindi il gravame da esso proposto era divenuto improcedibile;

c) in ogni caso, l’appello era infondato nel merito in quanto la domanda di sanatoria proposta dalla odierna parte appellata implicava la doverosa declaratoria di improcedibilità del ricorso di primo grado proposto avverso l’ordinanza di acquisizione;

d) in via subordinata, comunque, avrebbero dovuto essere accolti gli ulteriori motivi del ricorso di primo grado assorbiti dal T.a.r.

8. In data 14 ottobre 2016 l’appellante Amministrazione comunale di Napoli ha depositato una memoria puntualizzando e ribadendo le proprie tesi, e facendo presente che la riproposizione dei motivi assorbiti era tardiva, e di essi non poteva tenersi conto.

9. In data 27 ottobre 2016 gli appellati signori Si. Me. e Pa. Me. hanno depositato una memoria di replica ribadendo le proprie tesi.

10. Alla odierna pubblica udienza del 17 novembre 2016 la causa è stata trattenuta in decisione.

DIRITTO

1. L’appello è fondato e va accolto, con conseguente riforma dell’impugnata sentenza, declaratoria di inammissibilità del ricorso di primo grado, e salvezza degli atti impugnati.

2. In rito si osserva che:

a) l’appello proposto dall’Amministrazione comunale è ammissibile in quanto essa ha l’evidente interesse a rimuovere una statuizione pregiudiziale che la obbligherebbe a reiterare una attività amministrativa già svolta;

b) la nota del 6 dicembre 2011 è all’evidenza diretta ad ottenere il rigetto del ricorso di primo grado (o, a tutto concedere, affetta da errore materiale) e non determina l’improcedibilità dell’appello; come dimostrato peraltro dalla circostanza che con l’atto di costituzione del 16 settembre 2016 e con la memoria del 14 ottobre 2016 il Comune di Napoli ha ribadito la propria persistente volontà di ottenere la riforma dell’impugnata decisione;

c) i motivi di primo grado assorbiti dal T.a.r. sono stati riproposti da parte appellata tardivamente, e senza reiterarne il contenuto; essi sono inammissibili (tra le tante: Cons. Stato, sez. IV, 10 agosto 2011 n. 4766; Cons. Stato, sez. V, 24 gennaio 2007, n. 250): il capo III della richiamata sentenza del Consiglio di Stato, n. 4766 del 2011 (da intendersi integralmente richiamato e trascritto nel presente elaborato) ha dato conto esaustivamente delle ragioni sottese a tale condivisibile orientamento, e le deduzioni contrarie contenute alle pagg. 1-5 della memoria di replica depositata da parte appellata in data 27 ottobre 2016 non contengono elementi di novità in grado di scalfire tale condivisibile approdo.

3. Nel merito, va rilevato che l’istanza di condono a causa della quale il T.a.r. ha dichiarato l’improcedibilità del ricorso di primo grado, risale al 1986 e quindi, teoricamente, potrebbe produrre l’effetto di improcedibilità dichiarato dal T.a.r.

4. Senonché l’appellante Amministrazione comunale ha documentato (l’affermazione non soltanto è rimasta incontestata, ai sensi dell’art. 64, comma 2, cod. proc. amm., ma, anzi, parte appellata nella propria memoria depositata in data 14 ottobre 2016 ha lealmente riconosciuto la veridicità della tesi del Comune) che in passato erano state emesse due ordinanze di demolizione rimaste inoppugnate.

5. Per costante giurisprudenza (tra le tante, si veda Cons. Stato, sez. V, 26 maggio 2003, n. 2850; sez. IV, 7 luglio 2014, n. 3415) “il provvedimento di accertamento dell’inottemperanza all’ordine di demolizione e quello successivo di acquisizione gratuita delle opere abusive e dell’area di sedime debbono considerarsi consequenziali, connessi e conseguenti all’ordine di demolizione delle opere e ripristino dello stato primitivo dei luoghi, e per tale motivo non autonomamente impugnabili in mancanza di impugnazione dell’atto con cui si ingiunge la demolizione, divenuto nel frattempo inoppugnabile”.

5.1. Ora, è ben vero che per quanto attiene al rapporto tra l’acquisizione gratuita al patrimonio comunale dell’immobile e la successiva presentazione dell’istanza di rilascio della concessione edilizia in sanatoria ai sensi della legge n. 47/85, varrebbe il principio secondo cui l’acquisizione gratuita ai beni del Comune di un manufatto abusivo determina una situazione inconciliabile con la sanatoria soltanto quando all’immissione nel possesso sia seguita una delle due ipotesi previste dall’art. 43, legge 28 febbraio 1985, n. 47 e cioè, o la demolizione dell’immobile abusivo ovvero la sua utilizzazione a fini pubblici (cfr. Cons. Stato, sez. V, 25 ottobre 1993, n. 1080; id., 23 maggio 2000, n. 2973).

5.2. Ma avuto riguardo alle peculiarità del giudizio di primo grado, si deve osservare che, non avendo la odierna parte appellata impugnato l’ordinanza di demolizione presupposta, il T.a.r. non avrebbe potuto dichiarare l’improcedibilità a cagione della avvenuta presentazione della domanda di condono: l’improcedibilità infatti va dichiarata quando viene meno l’interesse “nel corso del giudizio” ma non quando fin dall’inizio il ricorso era inammissibile per carenza di interesse (cfr- C.g.a.r.s., n. 138/2015).

5.3. Rimossa quindi – in accoglimento dell’appello- l’errata statuizione di improcedibilità, neppure l’odierna parte appellata si potrebbe giovare della condivisibile giurisprudenza secondo la quale comunque l’ordinanza di acquisizione, anche in carenza di pregressa impugnazione della ordinanza di demolizione sarebbe stata impugnabile per vizi “propri ed esclusivi” in quanto, come riferito in premessa, essa non ha tempestivamente riproposto i motivi del ricorso di primo grado attingenti l’ordinanza di acquisizione predetta.

6. Conclusivamente, l’appello va accolto, con conseguente riforma dell’impugnata sentenza, declaratoria di inammissibilità del ricorso di primo grado, e salvezza degli atti impugnati.

6.1. Le questioni appena vagliate esauriscono la vicenda sottoposta alla Sezione, essendo stati toccati tutti gli aspetti rilevanti a norma dell’art. 112 cod. proc. civ., in aderenza al principio sostanziale di corrispondenza tra il chiesto e pronunciato (come chiarito dalla giurisprudenza costante: tra le tante, per le affermazioni più risalenti, Cass. civ., sez. II, 22 marzo 1995, n. 3260, e, per quelle più recenti, Cass. civ., sez. V, 16 maggio 2012, n. 7663). Gli argomenti di doglianza non espressamente esaminati sono stati dal Collegio ritenuti non rilevanti ai fini della decisione e comunque inidonei a supportare una conclusione di tipo diverso.

7. Le spese processuali del doppio grado possono essere tuttavia eccezionalmente compensate tra le parti, a cagione della particolarità fattuale della controversia.

P.Q.M.

Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale

(Sezione Quarta), definitivamente pronunciando sull’appello, come in epigrafe proposto, lo accoglie, e per l’effetto, in riforma dell’impugnata sentenza, dichiara la inammissibilità del ricorso di primo grado, con salvezza degli atti impugnati.

Spese processuali del doppio grado integralmente compensate tra le parti.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.

Così deciso in Roma nella camera di consiglio del giorno 17 novembre 2016 con l’intervento dei magistrati:

Raffaele Greco – Presidente FF

Fabio Taormina – Consigliere, Estensore

Carlo Schilardi – Consigliere

Giuseppe Castiglia – Consigliere

Nicola D’Angelo

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