Palazzo-Spada

Consiglio di Stato

sezione IV

sentenza 9 settembre 2014, n. 4554

 

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

IL CONSIGLIO DI STATO

IN SEDE GIURISDIZIONALE

SEZIONE QUARTA

ha pronunciato la presente

SENTENZA

sul ricorso numero di registro generale 7709 del 2013, proposto da:

Ga.Sc., rappresentata e difesa dall’avv. An.Gi., con domicilio eletto presso An.Gi. in Roma;

contro

Ministero dell’Economia e delle Finanze, in persona del Ministro pro tempore, rappresentato e difeso per legge dall’Avvocatura Generale dello Stato, domiciliata in Roma;

per la riforma

della sentenza del T.A.R. LOMBARDIA – MILANO: SEZIONE III n. 01439/2013, resa tra le parti, concernente esecuzione giudicato decreto corte d’appello, sezione II civile depositata il 10/11/2009 – corresponsione somme – legge pinto

Visti il ricorso in appello e i relativi allegati;

Visto l’atto di costituzione in giudizio del Ministero dell’Economia e delle Finanze;

Viste le memorie difensive;

Visti tutti gli atti della causa;

Relatore nella camera di consiglio del giorno 25 febbraio 2014 il Cons. Raffaele Potenza e uditi per le parti gli avvocati Gi. e l’Avvocato dello Stato Fe.;

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.

FATTO

1.- Con decreto 10 novembre 2009, la Corte d’Appello di Milano, Sezione II civile, condannava il Ministero dell’economia e delle finanze a pagare alla ricorrente, ex lege n. 89/2011, la somma di Euro 6.000,00 oltre alla rifusione delle spese di procedimento liquidate in Euro 700,00, oltre accessori.

Il decreto passava in giudicato e decorsi i termini di legge la creditrice notificava atto precetto per un importo di Euro 8.234,09, di cui parte per capitale ed interessi ed il resto per spese legali. L’interessata procedeva nell’esecuzione in sede civile, con atto di pignoramento presso terzi (la tesoreria provinciale, la quale dichiarava una minor somma di Euro 4.550,00, e provvedeva al versamento di tale somma in data 16.8.2011).

2.- Per riscuotere la somma residua, l’interessata adìva il TAR Lombardia, chiedendo l’ottemperanza del decreto della Corte d’Appello di Milano e la condanna, ex art. 112 C.P.A., al risarcimento in via equitativa dei danni derivanti dalla mancata esecuzione e/o elusione del giudicato del predetto decreto. Chiedeva altresì il risarcimento del danno per grave ritardo ex art 96 c.p.c.

2.1.- Con sentenza non definitiva (n. 1699 del 18/06/2012) il TAR adìto assegnava all’amministrazione intimata il termine di 30 giorni, decorrenti dalla comunicazione o notifica della presente ordinanza, per provvedere al pagamento delle somme portate dal titolo, avvertendo che in mancanza sarebbe stato nominato commissario ad acta.

2.2.- Con successiva sentenza non definitiva (n. 2350 del 17/09/2012) a fronte dell’inerzia da parte dell’Amministrazione, nominava quale Commissario ad acta il Prefetto di Milano, con facoltà di delega, affinché, previo accertamento della perdurante inottemperanza dell’amministrazione ingiunta, provvedesse entro 60 giorni dalla comunicazione della predetta sentenza, o dalla notificazione se anteriore, a dare esecuzione ai provvedimenti in epigrafe sostituendosi all’organo ordinariamente competente nell’espletamento delle procedure contabili a tal fine necessarie.

2.3.- In data 13 novembre 2012, il Dipartimento dell’Amministrazione Generale del personale e dei servizi del Ministero dell’Economia e Finanze, depositava una nota nella quale si dichiarava che, per le somme residue ancora dovute (come calcolate dal commissario ad acta, con nota dell’11 ottobre 2012), era stato trasmesso al competente ufficio di Ragioneria, per il successivo inoltro alla Banca d’Italia, un ulteriore decreto autorizzativo di pagamento (autorizzazione n. 5414 del 29 ottobre 2012) di Euro 1772,87 in favore della sig.ra Sc..

2.4.- In una successiva nota del 6 dicembre 2012 (depositata in giudizio il 10 dicembre 2012) dell’Ufficio centrale del Bilancio presso il Ministero, il Direttore Generale dott. Vincenzo Limone, il quale, nel restituire al Dipartimento dell’Amministrazione generale la citata autorizzazione n. 5414 del 29 ottobre 2012, affermava che l’importo determinato dal commissario ad acta non sarebbe stato correttamente determinato.

2.5.- Con ordinanza n. 234 del 28/01/2013, il Collegio chiedeva al commissario ad acta, una relazione esplicativa circa i punti di contrasto tra i propri conteggi ed i rilievi formulati dall’Ufficio centrale del Bilancio.

– Il Commissario depositava una relazione con l’esatta ricostruzione di tutte le fasi della procedura, da cui emergeva il soddisfacimento del credito.

2.6.- La ricorrente depositava in data 11 marzo 2013 una memoria, in cui insisteva per la liquidazione della somma di Euro 477,76, oltre interessi.

2.7.- Con la sentenza epigrafata, il TAR, ritenendo la somma richiesta non dovuta, ha respinto il ricorso.

3.- Di qui l’appello proposto a questo Consesso dall’interessata, trattenuto in decisone alla camera di consiglio del 25.5.2014.

DIRITTO

1.- A motivazione della sentenza impugnata, il TAR ha osservato che la ricorrente chiede “il rimborso di somme per l’esecuzione del decreto di assegnazione del Giudice dell’esecuzione, somme relative ad atti non necessari per ottenere l’assegnazione della somma liquidata nel decreto, quali diritti e onorari per le copie autentiche, attività connesse e diritti e spese per il ritiro del titolo e del precetto, atto che non risulta neppure prodotto”. Ha inoltre osservato il primo giudice che:

“L’assegnazione delle somme a favore del creditore, da parte del terzo pignorato viene effettuata sulla base del semplice decreto di assegnazione, senza necessità di atto di precetto.

Per tale ragione la difesa della ricorrente ha posto in essere una attività non necessaria ai fini dell’assegnazione della somma, le cui spese e diritti non sono state correttamente liquidate dal Commissario ad acta”.

Il TAR ha poi respinto la domanda di danni di ritardo poiché “stante la complessità della situazione di fatto, valutando anche i tempi del pagamento, non può ravvisarsi una condotta rilevante ex art 96 c.p.c.”, concludendo nella fattispecie per la dichiarazione di cessata materia del contendere.

2.- La decisione è avversata dall’appello in esame, con cui l’interessata deduce:

a) difetto di motivazione e violazione della legge n.30/1997, in merito alla domanda di liquidazione di spese di notifica del titolo esecutivo;

b) difetto assoluto di motivazione, violazione di legge (art.112,comma 3,c.p.a.) e travisamento dei fatti, con riferimento al rigetto della domanda di risarcimento del danno da ritardo.

3.- L’appello è infondato.

3.1.- Col primo ordine di considerazioni, l’appellante, riepiloga nuovamente la vicenda giudiziaria dalla stessa attivata innanzi al giudice dell’esecuzione civile al fine conseguire il pagamento delle somme assegnate dal decreto da eseguire. Ma il giudice di prime cure, dopo aver dato atto dell’esecuzione decreto sulla base dei documenti forniti dal commissario ad acta (relazione esplicativa circa i punti di contrasto tra i propri conteggi ed i rilievi formulati dall’Ufficio centrale del Bilancio), ha constatato che la somma residuale richiesta ricollega adempimenti (spese legali successive all’emissione del provvedimento del giudice civile) tipici della procedura esecutiva civile che non era necessario attivare, evidentemente rispetto al promuovimento del giudizio di ottemperanza necessario per ottenere in via amministrativa il pagamento di quanto riconosciuto dal decreto della Corte d’appello. Ciò considerato, il Collegio, rilevato altresì che sui rilievi del TAR l’appellante non formula alcuna obiezione di specifica valenza giuridica, non può che convenire con la conclusione del primo giudice.

3.2.- Quanto al rigetto dell’azione di danno da ritardo, chiesto ex art. 96 c.p.c., occorre ricordare che la norma che permette di ottenere la condanna al risarcimento del danno si occupa dei casi di responsabilità aggravata relativi al promuovimento od alla resistenza temeraria, vale a dire in quanto posti in essere con mala fede o colpa grave e comunque correlati al ritardo rappresentato dai tempi processuali del giudizio promosso, o cui si resiste, temerariamente. Nel caso in esame, non solo si stenta ad individuare profili di temerarietà (inequivocabilmente richiesti dalla norma), ma la “causa petendi” è rappresentata non da un comportamento giudiziario bensì da un ritardo del procedimento amministrativo per eseguire la sentenza, con conseguenze peraltro già regolate sino al 2012 col riconoscimento di interessi a seguito notifica del titolo esecutivo. A ciò deve aggiungersi, per contro, che nel ricorso per ottemperanza proposto innanzi al TAR (depositato il 20.3.2012) e deciso con la sentenza impugnata, non è stata proposta alcuna azione per interessi moratori sulla somma dovuta.

Infine, quanto al fatto che l’art. 96 c.p.c sia applicabile anche per il riconoscimento danni da inadempimento da obbligazioni pecuniarie, si tratta di rilievo giuridicamente corretto quanto inconferente se la pretesa non si fonda parimenti su lite che venga riconosciuta temeraria.

4.- Conclusivamente l’appello deve essere respinto.

Restano assorbiti ulteriori motivi ed eccezioni, che il Collegio non ritiene rilevanti ai fini della presente decisione.

5.- Le spese seguono il principio della soccombenza (art. 91 c.p.c.).

P.Q.M.

Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale (sezione IV), definitivamente pronunziando in merito al ricorso in epigrafe, respinge l’appello.

Condanna l’appellante al pagamento, in favore del Ministero dell’economia e delle finanze, delle spese della presente fase del giudizio, che liquida complessivamente in Euro 500,00 (cinquecento/00) oltre accessori di legge.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.

Così deciso in Roma nella camera di consiglio del giorno 25 febbraio 2014 con l’intervento dei magistrati:

Riccardo Virgilio – Presidente

Nicola Russo – Consigliere

Raffaele Potenza – Consigliere, Estensore

Francesca Quadri – Consigliere

Leonardo Spagnoletti – Consigliere

Depositata in Segreteria il 09 settembre 2014.

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