Non si pone questione di incompatibilità tra l’incarico di RUP e quello di componente della commissione; la ratio del divieto posto dall’art. 84, comma 4, d.lgs. 163/2006 è quella di garantire l’imparzialità dei componenti la commissione aggiudicatrice al momento della valutazione delle offerte

Consiglio di Stato, sezione quinta, sentenza 16 maggio 2018, n. 2896

Non si pone questione di incompatibilità tra l’incarico di RUP e quello di componente della commissione; la ratio del divieto posto dall’art. 84, comma 4, d.lgs. 163/2006 è quella di garantire l’imparzialità dei componenti la commissione aggiudicatrice al momento della valutazione delle offerte, preservando l’integrità del giudizio da possibili condizionamenti indotti dai precedenti interventi sugli atti di gara (la redazione del progetto o del bando di gara, innanzitutto).
Medesima esigenza non ricorre, allora, nel caso in cui la fase di valutazione delle offerte è conclusa, poiché il giudizio è stato liberamente espresso dai componenti, né può pensarsi che lo stesso potesse essere influenzato dalla prospettiva – nel caso in esame, peraltro, assolutamente imprevedibile – di essere nominato RUP a chiusura della fase valutativa.

Sentenza 16 maggio 2018, n. 2896
Data udienza 22 marzo 2018

REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Consiglio di Stato
in sede giurisdizionale
Sezione Quinta
ha pronunciato la presente
SENTENZA
sul ricorso iscritto al numero di registro generale 505 del 2018, proposto da
Re. Consorzio Stabile s.c.a.r.l. in proprio e in qualità di capogruppo e mandataria della costiutenda ATI, Sc. & C. s.p.a. in proprio e in qualità di mandante della costiutenda ATI, in persona dei propri legali rappresentanti, Arch. An. Ma., rappresentati e difesi dagli avvocati An. Ab. e Ba. De. Du., con domicilio eletto presso lo studio dell’avv. An. Ab. in Roma, via (…);
contro
Mo. D’Ol. s.p.a., in persona del legale rappresentante, rappresentata e difesa dall’avvocato Gi. Ru., con domicilio eletto presso lo studio dell’avv. Lu. Na. in Roma, via (…);
nei confronti
Impresa Br. costruzioni s.p.a., in persona del legale rappresentante, rappresentata e difesa dagli avvocati Pa. Vo. e Gi. Vo., con domicilio eletto presso lo studio dell’avv. Ma. Al. Sa., in Roma, c.so (…);
per la riforma
della sentenza del Tribunale Amministrativo Regionale per la Campania (Sezione Prima) n. 05199/2017, resa tra le parti.
Visti il ricorso in appello e i relativi allegati;
Visto l’atto di costituzione in giudizio di Mo. D’Ol. s.p.a.;
Visto l’atto di costituzione in giudizio ed il ricorso incidentale proposto dalla Br. Costruzioni s.p.a.;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore nell’udienza pubblica del giorno 22 marzo 2018 il Cons. Federico Di Matteo e uditi per le parti gli avvocati An. Ab., Ba. De. Du., Gi. Ru. e Pa. Vo.;
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.
FATTO
1. Mo. D’Ol. s.p.a. indiceva una procedura aperta per l’affidamento dell’appalto integrato per l’esecuzione dei lavori di “Restauro e Consolidamento della Torre delle Nazioni e progettazione esecutiva del restauro Sala Dorica” per un importo di € 6.441.509,40 di cui € 6.416.509,40 per lavori e € 250.000,00 per la progettazione definitiva ed esecutiva.
1.1. Il disciplinare di gara prevedeva quale requisito tecnico – professionale per l’attività di progettazione esecutiva del restauro della Sala Dorica: “A1) di aver svolto negli ultimi dieci anni servizi di cui all’art. 252 del D.P.R. 207/2010 relativi a lavori appartenenti alla classe e categoria dei lavori cui si riferiscono i lavori da affidare E22 per un importo totale non inferiore ad € 500.000,00; A2) avere svolto, negli ultimi dieci anni, due servizi di cui all’art. 252 del D.P.R. 207/2010 relativi a lavori appartenenti alla classe e categoria dei lavori cui si riferiscono i lavori da affidare E22 per un importo totale non inferiore ad € 250.000,00 ciascuno”; alla lett. D) era previsto: “Nel caso di progettista indicato o associato dall’impresa sia rappresentato da un raggruppamento di tipo orizzontale tra soggetti di cui all’art. 90 lett. g) del D.Lgs. 163/06, al capogruppo è richiesto il possesso dei suddetti requisiti nella misura minima del 40%, mentre la percentuale rimanente deve essere posseduta cumulativamente dalle mandanti”.
1.2. Il criterio di aggiudicazione del contratto era quello dell’offerta economicamente più vantaggiosa ai sensi degli artt. 81 e 83 d.lgs. 12 aprile 2006, n. 163, ratione temporis applicabile, con il riconoscimento di 20 punti agli elementi quantitativi (15 per il prezzo e 5 per il tempo di esecuzione) e di 80 punti per gli elementi qualitativi suddivisi in due voci: A “Soluzioni finalizzate a migliorie prestazionali delle opere” e B “Organizzazione e sicurezza nel cantiere e manutenzione”.
2. La procedura si concludeva con il provvedimento 10 febbraio 2017 prot. 12/17 di aggiudicazione a favore della Br. costruzioni s.p.a.; quest’ultima, ai fini della progettazione esecutiva della Sala Dorica, aveva indicato come progettisti il raggruppamento temporaneo tra professionisti da costituirsi tra l’arch. Stefano de Pretis, in qualità di capogruppo mandatario, e lo studio associato IA2, l’ing. Fabio Locascio e l’arch. Nicoletta Pettirosso in qualità di mandanti.
2.1. L’offerta dell’aggiudicataria è stata sottoposta a valutazione di anomalia all’esito della quale è stata considerata attendibile e congrua.
3. Il provvedimento di aggiudicazione era impugnato dinanzi al Tribunale amministrativo regionale per la Campania dall’Ati Re. consorzio stabile s.c.a.r.l. e da Sc. & C. s.p.a. in proprio e quali componenti dell’Ati costituendo, nonché dall’arch. An. Ma., sulla base di tre motivi, con ricorso che assumeva numero di Rg. 928/17.
Con il primo motivo era contestata la mancanza dei requisiti di qualificazione in capo ai componenti del raggruppamento temporaneo tra professionisti indicato dall’aggiudicataria per la progettazione esecutiva prevista dal bando; si affermava, infatti, che i requisiti speciali richiesti dal bando erano stati allegati e dimostrati solamente dal capogruppo arch. de Pretis e non dagli altri componenti del raggruppamento.
Con il secondo e il terzo motivo era contestato l’operato della commissione aggiudicatrice rispettivamente, quanto all’assegnazione dei punteggi con il metodo aggregativo compensatore di cui all’Allegato G del D.P.R. n. 207 del 2010, e quanto agli esiti del procedimento di verifica dell’anomalia dell’offerta.
3.1. In giudizio si costituivano Mo. D’Ol. s.p.a. e Br. costruzioni s.p.a.; quest’ultima proponeva ricorso incidentale, fondato anch’esso su tre motivi. Con il primo motivo la controinteressata sosteneva l’inidoneità rispetto all’oggetto di gara (restauro di bene sottoposto a vincolo – categoria E22) dei servizi di progettazione per lavori presentati dal capogruppo del raggruppamento temporaneo dei progettisti indicato dalla ricorrente a comprova del requisito di qualificazione richiesto dal bando. Con il secondo motivo era contestata l’idoneità del contratto di avvalimento stipulato tra la mandante Sc. & C. s.p.a. ed il Consorzio stabile Co. s.c.a.r.l. per la categoria OG2, classifica VIII; infine, con il terzo motivo era contesta l’assenza del requisito relativo alla categoria di progettazione E22 in capo alla professionista associata al raggruppamento temporaneo di progettisti.
4. Accadeva, intanto, che la stazione appaltante, con provvedimento 31 marzo 2017 n. 40/17, operata la verifica del possesso dei requisiti dichiarati ai sensi dell’art. 48 d.lgs. 12 aprile 2006, n. 163, disponeva l’esclusione dell’Ati Re. Consorzio stabile s.c.a.r.l. dalla procedura ritenendo non dimostrato il possesso del requisito di qualificazione di cui al punto A2 del disciplinare di gara.
5. Il provvedimento di esclusione era impugnato dall’Ati Re. consorzio stabile s.c.a.r.l. da Sc. & C. s.p.a. e dall’arch. An. Ma. con autonomo ricorso articolato in cinque motivi. Nel giudizio (che assumeva il numero di Rg. 1760/17) si costituivano la Mo. D’Ol. s.p.a. e la Br. costruzioni s.p.a. che concludevano per il rigetto del ricorso.
6. Il Tribunale amministrativo, riuniti i ricorsi per ragioni di connessione soggettiva ed oggettiva, confermava la legittimità del provvedimento di esclusione dell’Ati Re. consorzio stabile s.c.a.r.l. adottato dalla Mostra d’oltremare s.p.a., e, per questo, respingeva e dichiarava in parte inammissibile il ricorso con numero di Rg. 1760/17, avente ad oggetto il provvedimento di esclusione; di seguito dichiarava inammissibile per carenza di interesse il ricorso con numero di Rg. 928/17 avente ad oggetto l’impugnazione del provvedimento di aggiudicazione a favore della Br. costruzioni s.p.a. e improcedibile l’impugnazione incidentale proposta in quest’ultimo giudizio dalla controinteressata.
7. Propongono appello Re. consorzio stabile s.c.a.r.l. e Sc. & C. s.p.a. in proprio e quali componenti dell’Ati costituendo, nonché l’arch. An. Ma.; resistono la Mo. D’Ol. s.p.a. e la Br. costruzioni s.p.a. che ha proposto anche appello incidentale condizionato. Le parti hanno depositato memorie in vista dell’udienza di merito nonchè memorie di replica. All’udienza del 22 marzo 2018 la causa è stata trattenuta in decisione.
DIRITTO
1. Con il primo motivo le società appellanti lamentano la violazione di legge (art. 84 d.lgs. 12 aprile 2006, n. 163) e la violazione dei principi di trasparenza, imparzialità, efficienza ed efficacia dell’azione amministrativa.
1.1. Gli appellanti contestano la sentenza di primo grado per aver escluso la sussistenza della situazione di incompatibilità prospettata nel primo motivo di ricorso del RUP che aveva adottato il provvedimento di esclusione dalla procedura, arch. Iole Lianza.
A parere delle imprese appellanti, l’arch. Lanza non avrebbe potuto assumere il ruolo di RUP della procedura avendo già presieduto la commissione aggiudicatrice fino alla fase dell’aggiudicazione, per essere, poi, nominata in sostituzione del precedente RUP arch. Stabile sospeso dal servizio a seguito di ordinanza di custodia cautelare: l’art. 84, comma 4, d.lgs. 12 aprile 2006, n. 163, argomentano gli appellanti, nel vietare al RUP di assumere il ruolo di presidente della commissione aggiudicatrice, vieterebbe anche l’opposto ossia al presidente della commissione aggiudicatrice di assumere il ruolo di RUP per evitare che questo possa essere condizionato nelle sue scelte, specie se la verifica dei requisiti avvenga a distanza di tempo dall’aggiudicazione.
1.2. Sotto altro profilo gli appellanti, evidenziato che il provvedimento di esclusione era stato adottato quando era già noto il contenuto del ricorso proposto avverso l’aggiudicazione e del ricorso incidentale della controinteressata, sostengono che il giudice di primo grado non avrebbe debitamente considerato il “macroscopico potenziale conflitto di interessi” dell’arch. Lanza per il quale quest’ultima avrebbe dovuto astenersi anche in applicazione della previsione di cui all’art. 6bis della l. 7 agosto 1990, n. 241, come modificata dalla l. 6 novembre 2012, n. 190.
2. Costruzioni Br. s.p.a., prendendo posizione sul motivo di appello, ne ha evidenziato l’inammissibilità nella parte in cui è evocato il conflitto di interessi dell’arch. Lanza in quanto censura nuova non prospettata nel ricorso introduttivo del giudizio.
3. Il motivo di appello è in parte infondato e in parte inammissibile.
3.1. La sentenza impugnata ha escluso la sussistenza di una situazione di incompatibilità del RUP arch. Iole Lanza per essere stata in precedenza componente della commissione aggiudicatrice sulla base di tre considerazioni che possono essere così sintetizzate: a) la giurisprudenza amministrativa (il richiamo è alla sentenza del Consiglio di Stato, sez. V, 24 luglio 2017, n. 3646) ha ritenuto che nessuna causa di incompatibilità valevole per i membri della commissione di gara – quale l’aver svolto altra funzione o incarico tecnico o amministrativo relativamente al contratto del cui affidamento si tratta – può essere estesa al responsabile del procedimento; b) l’art. 84, comma 4, d.lgs. 163 cit. è una norma di stretta interpretazione che non può essere applicata “a ritroso”, oltre che “ad efficacia biunivoca”; c) l’attività di verifica del possesso dei requisiti dichiarati sulla base della documentazione fornita (in questo caso anche all’esito delle richieste di chiarimenti formulate dal RUP) non presenta caratteri di discrezionalità amministrativa, trattandosi di attività di tipo vincolato in punto di accertamento di fatto.
3.2. La sentenza va condivisa, sia pure con alcune precisazioni.
L’art. 84, comma 4, d.lgs. 12 aprile 2006, n. 163 dispone: “I commissari diversi dal Presidente non devono aver svolto né possono svolgere alcun’altra funzione o incarico tecnico o amministrativo relativamente al contratto del cui affidamento si tratta”. Risulta dai verbali della procedura versati in atti che l’arch. Iole Lanza ha assunto, almeno fino alla fase di verifica dell’anomalia delle offerte, il ruolo di componente della commissione esaminatrice (e non, dunque, di presidente come si legge nell’appello), per poi essere nominata, in seguito alla sospensione dal servizio dell’arch. Stabile, Responsabile del procedimento ed aver, in questa veste, effettuato la verifica del possesso dei requisiti dichiarati da parte delle imprese concorrenti.
3.3. Si tratta, allora, di valutare se ricorra una situazione di incompatibilità tra il ruolo di componente della commissione esaminatrice e quello di RUP assunto successivamente alla conclusione della fase di verifica di anomalia delle offerte.
3.4. Il Collegio, condividendo la sentenza di primo grado, esclude l’esistenza di tale condizione di incompatibilità.
Non importa stabilire se la disposizione citata consenta o meno al RUP di assumere il ruolo di componente della commissione aggiudicatrice – questione sulla quale si riscontrano oscillazioni giurisprudenziali e, da ultimo, un orientamento rivolto ad escludere l’automatica incompatibilità del RUP per accedere ad una verifica caso per caso (cfr. il parere reso da questo Consiglio di Stato, 2 agosto 2016, n. 1767 sulla proposta di Linee guida Anac in materia di “Nomina, ruolo e compiti del responsabile unico del procedimento per l’affidamento di appalti e concessioni” ove, con riferimento all’art. 77, comma 4, d.lgs. 8 aprile 2016, n. 50 (nuovo codice dei contratti pubblici), è detto “Si osserva al riguardo che la disposizione che in tal modo viene interpretata (e in maniera estremamente restrittiva) è in larga parte coincidente con l’articolo 84, comma 4 del previgente ‘Codicé in relazione al quale la giurisprudenza di questo Consiglio aveva tenuto un approccio interpretativo di minor rigore, escludendo forme di automatica incompatibilità a carico del RUP, quali quelle che le linee-guida in esame intendono reintrodurre (sul punto ex multis: Cons. Stato, V, n. 1565/2015)”, nonché le precedenti pronunce Cons. Stato, sez. V, 4 novembre 2014, n. 5441 e sez. III, 5 novembre 2014, n. 5456, esempi di contrapposte visioni della medesima questione) – poiché la vicenda in esame presenta una peculiarità: la nomina del componente della commissione a RUP è posteriore allo svolgimento delle attività della commissione esaminatrice, concluse con la verifica di anomalia delle offerte.
3.5. A parere del Collegio, in questo caso, non si pone questione di incompatibilità tra l’incarico di RUP e quello di componente della commissione; la ratio del divieto posto dall’art. 84, comma 4, d.lgs. 163 cit. è quella di garantire l’imparzialità dei componenti la commissione aggiudicatrice al momento della valutazione delle offerte, preservando l’integrità del giudizio da possibili condizionamenti indotti dai precedenti interventi sugli atti di gara (la redazione del progetto o del bando di gara, innanzitutto).
Medesima esigenza non ricorre, allora, nel caso in cui la fase di valutazione delle offerte è conclusa, poiché il giudizio è stato liberamente espresso dai componenti, né può pensarsi che lo stesso potesse essere influenzato dalla prospettiva – nel caso in esame, peraltro, assolutamente imprevedibile – di essere nominato RUP a chiusura della fase valutativa.
3.6. Rileva, inoltre, la considerazione esposta in sentenza per la quale l’attività che si assume essere stata svolta dall’arch. Lanza in condizione di incompatibilità, vale a dire la verifica del possesso dei requisiti dichiarati dalle imprese in gara ai sensi dell’art. 48 d.lgs. 12 aprile 2006, n. 163, ha carattere di mero accertamento e non implica valutazione discrezionali; anche a voler accedere ad una interpretazione ampliativa del divieto posto dall’art. 84, comma 4, cit., pertanto, vanno escluse ragioni di incompatibilità.
4. Con il medesimo motivo di appello è stato contestato alla sentenza di primo grado di non aver riconosciuto il “macroscopico potenziale conflitto di interessi” nel quale si trovava l’arch. Lanza, in ragione dell’impugnazione da parte della Re. consorzio stabile s.c.a.r.l. dei verbali redatti dalla commissione aggiudicatrice, della quale, come ormai noto, aveva fatto parte in qualità di componente.
4.1. La censura, come evidenziato dalla Br. costruzioni s.p.a., è inammissibile in quanto proposta, per la prima volta, in sede di appello; non è dato riscontrare, nel ricorso introduttivo del giudizio alcun passaggio nel quale è evocato il conflitto di interessi dell’arch. Lanza, così come in precedenza esposto.
5. Con il secondo motivo gli appellanti lamentano la violazione di legge (artt. 97 Cost., 20, commi 3 e 4 l. 109/1994; 46, 47, 48, 49 e 63 comma 7, 66 commi 3 e 4 d.P.R. 554/1999, 252 d.lgs. 163/06; 168, comma 11 e 263 comma 2 e 357 comma 9 d.P.R. 207/2010) nonché eccesso di potere per difetto di motivazione, carenza di istruttoria, erroneità dei presupposti, travisamento.
5.1. Gli appellanti propongono come motivo di appello un motivo di ricorso (il secondo) rimasto assorbito dalla sentenza di primo grado.
5.2. Il giudice di primo grado, infatti, ha dichiarato assorbito il secondo motivo di ricorso – di censura del provvedimento di esclusione per aver ritenuto non valutabile quale requisito di qualificazione in favore del arch. Ma. il progetto da questi predisposto per la procedura di appalto integrato indetta dal Comune di Capua al fine di progettazione e riqualificazione del Museo Campano – dopo aver ritenuto infondato il quarto motivo di ricorso; il provvedimento di esclusione impugnato contiene una duplice ragione (ratio decidendi), il Tribunale ha ritenuto che, infondato il motivo riguardante una delle due, non residuava più alcun interesse del ricorrente all’esame dell’altra poiché non avrebbe potuto comunque ottenere la rimessione in gara.
6. Il motivo di appello è inammissibile.
6.1. Gli appellanti non contestano la scelta del giudice di primo grado di procedere all’assorbimento del secondo motivo di ricorso per aver respinto il quarto, ma ne ripropongono il contenuto come motivo di appello.
6.2. Ciò comporta che l’assorbimento operato dal primo giudice va tenuto fermo e, di conseguenza, il motivo di appello, convertito in motivo di ricorso riproposto ex art. 101, comma 2, Cod. proc. amm., va esaminato solo se ritenuti fondati gli altri motivi di appello.
7. Con il terzo motivo gli appellanti lamentano la violazione di legge (artt. 3 comma 8 d.P.R. 34/2000, 17, comma 1, lett. d) e L. 109/1994 e della normativa di gara) nonché difetto di motivazione e di istruttoria, violazione del favor partecipationis.
7.1. Gli appellanti contestano la sentenza di primo grado per aver respinto il quarto motivo del ricorso di primo grado rivolto a censurare il provvedimento di esclusione dalla procedura in quanto il RUP aveva ritenuto non provata la quota di progettazione eseguita dall’arch. Ma. nell’ambito dell’appalto integrato per la progettazione definitiva ed esecutiva dei lavori di riqualificazione del Museo Campano di Capua.
7.2. Nella domanda di partecipazione era stato dichiarato che la precedente progettazione dell’arch. Ma. aveva avuto ad oggetto un’opera del valore di € 1.800.000,00, per la categoria 1E, tale da integrare il requisito richiesto dal bando di € 600.000,00 per la progettazione di categoria 1E; dalla documentazione presentata, tuttavia, era emerso che l’attività di progettazione era stata svolta insieme all’arch. Rosa Carafa, senza che fosse possibile evincere la quota eseguita dall’uno e dall’altro. Ai chiarimenti richiesti era seguita la trasmissione di ulteriore documentazione, ritenuta dal RUP non idonea a dimostrare con evidenza la quota di progettazione riferibile a ciascuno degli architetti firmatari del progetto.
7.3. La sentenza impugnata ha confermato il provvedimento di esclusione: per utilizzare ai fini curriculari il pregresso servizio di progettazione svolto congiuntamente, la ricorrente avrebbe dovuto dimostrare la quota eseguita da ciascun architetto e i documenti a tal fine prodotti, peraltro solo successivamente alla richiesta di chiarimenti formulata dal RUP, – la certificazione rilasciata dall’impresa Pa. Ma. del 3 settembre 2008 capogruppo dell’Ati che aveva eseguito i lavori presso il Museo Campano e l’atto notarile di costituzione dell’Ati del 24 settembre 2007 – non erano a tal fine idonei; l’affermazione per la quale la quota di esecuzione è stata del 50% cadauno, conclude la sentenza, resta senza prova.
7.4. Gli appellanti contestano la sentenza: la documentazione versata in atti dimostra che “I due professionisti hanno svolto la prestazione professionale redigendo compiutamente e sottoscrivendo, il progetto ed assumendone la “integrale paternità”, come risulta del resto dalla certificazione rilasciata dall’impresa Ma.”; le attività sono state, dunque, affidate per intero ai due professionisti che hanno operato congiuntamente (come co-progettisti) e, dunque, deve ritenersi imputabile a ciascuno di essi il 100% della progettazione eseguita o, quanto meno, il 50% della stessa (nel caso sufficiente ad integrare il requisito richiesto dal bando).
8. Il motivo non è fondato e va respinto.
8.1. Non è in discussione l’assunto della sentenza di primo grado che in caso di precedenti servizi ex art. 263, comma 2, d.P.R. 207 cit. svolti congiuntamente ad altri professionisti il requisito sussiste solo per la quota di esecuzione imputabile a chi intenda spenderlo per partecipare ad altra gara; si discute, invece, se sia possibile trarre dalla documentazione versata in atti convincimento nel senso che la quota di esecuzione del precedente servizio corrisponda al 100% per aver gli architetti incaricati operato come co-progettisti o, quanto meno, al 50% per ciascuno di essi.
8.2. Ritiene il Collegio che la sentenza impugnata merita conferma sul punto.
I documenti richiamati dagli appellanti dimostrano che l’arch. Ma. e l’arch. Carafa hanno svolto una serie di attività riconducibili alla progettazione definitiva ed esecutiva dei lavori di riqualificazione del Museo campano di Capua, ma non definiscono in quote l’attività dell’uno e dell’altro, né il 100% del servizio può automaticamente conseguire alla qualifica di co-progettista, come pretenderebbero gli appellanti, trattandosi di definizione che non implica la necessaria esecuzione dell’intero progetto o di una percentuale preminente.
In questo senso, è corretto affermare, come fatto dalla sentenza appellata, che i documenti presentati a seguito della richiesta di chiarimenti formulata dal RUP non sono idonei a dimostrare che ciascuno degli architetti ha eseguito il 50% dell’attività di progettazione.
9. Con l’ultimo motivo gli appellanti contestano la sentenza di primo grado “con riferimento all’escussione della cauzione provvisoria e alla segnalazione all’Anac: violazione degli artt. 6, comma 11, 48, comma 1 e 75, comma 6, d.lgs. 163/2006 – violazione del principio di proporzionalità”.
9.1. Il motivo di appello è rivolto a contestare la sentenza di primo grado per aver respinto il quinto motivo di ricorso con il quale le imprese si dolevano dell’avvenuta escussione della cauzione provvisoria a seguito del provvedimento di esclusione dalla procedura; secondo gli appellanti l’escussione della polizza di gara in seguito a provvedimento di esclusione può avvenire solo a condizione che la stazione appaltante rilevi nelle ragioni dell’esclusione una qualche forma di responsabilità dell’offerente/dichiarante; responsabilità che, nel caso di specie, si assume del tutto mancante.
9.2. La sentenza impugnata ha respinto il motivo di ricorso sulla base dell’orientamento giurisprudenziale per il quale l’incameramento della cauzione discende in maniera automatica dalla previsione dell’art. 75, comma 6, d.lgs. 12 aprile 2006, n. 163 per il quale la “garanzia copre la mancata sottoscrizione del contratto per fatto dell’affidatario”; è, infatti, chiaro – ribadisce il giudice di primo grado – che il concorrente che partecipa alla gara in carenza dei requisiti richiesti, a prescindere dal fatto che tale carenza sia ascrivibile a sua colpa, ha pregiudicato la possibilità di stipulare il contratto per fatto proprio.
9.3. Secondo gli appellanti la sentenza avrebbe, in questo modo, avallato un forma di sanzione “automatica” che non ha riscontro nell’art. 75 cit., e che, comunque, è in contrasto con i principi di diritto comune quali l’art. 2043 Cod. civ. e gli artt. 2 e ss. T.U. 689/81, che richiedono la responsabilità del soggetto sanzionato.
10. Il motivo è infondato e va respinto.
10.1. L’art. 48, comma 1, d.lgs. 12 aprile 2006, n. 163 prevede che: “Quando tale prova non è fornita (si intende: quella dei requisiti che sono stati precedentemente dichiarati dall’impresa in sede di offerta, n. d.s.) ovvero non confermi le dichiarazioni contenute nella domanda di partecipazione o nell’offerta, le stazioni appaltanti procedono all’esclusione del concorrente dalla gara, all’escussione della relativa cauzione provvisoria e alla segnalazione del fatto all’autorità per i provvedimenti di cui all’art. 6, comma 11.”.
Contrariamente a quanto sostenuto dagli appellanti, la disposizione instaura una precisa correlazione tra una condotta imputabile al concorrente – di non aver fornito la prova delle dichiarazioni rese o dato una prova idonea – e l’escussione della cauzione.
La cauzione (e la correlativa escussione) non è una sanzione che colpisce il concorrente per il comportamento tenuto, ma una garanzia per il corretto adempimento degli obblighi assunti dagli operatori economici in relazione ad una partecipazione ad una gara di appalto, ivi compresi, naturalmente, la dimostrazione del possesso dei requisiti dichiarati in sede di offerta e per i quali è avvenuta la ammissione alla gara.
Tali considerazioni spiegano i principi consolidati della giurisprudenza amministrativa in ordine alla cauzione provvisoria:
– la finalità dell’istituto è quella di responsabilizzare i partecipanti in ordine alle dichiarazioni rese, di garantire la serietà e l’affidabilità dell’offerta (cfr. Cons. Stato, sez. V, 31 agosto 2016, n. 3751);
– l’incameramento della cauzione provvisoria è conseguenza automatica del provvedimento di esclusione, e, come tale, non suscettibile di valutazioni discrezionali da parte dell’amministrazione in relazione ai singoli casi concreti (cfr. Cons. Stato, sez. V, 11 dicembre 2017, n. 5806; sez. V, 4 dicembre 2017, n. 5709; sez. V, 28 agosto 2017, n. 4086; Adunanza plenaria, 29 febbraio 2016, n. 5);
– in particolare, l’incameramento della cauzione è insensibile ad eventuali valutazioni volte ad evidenziare la non imputabilità a colpa della violazione che ha dato causa all’esclusione.
10.2. La mancanza di responsabilità dell’offerente/dichiarante nel caso dei requisiti dichiarati dall’arch. Ma. in sede di presentazione dell’offerta è, dunque, profilo irrilevante ai fini dell’escussione della polizza, cui la stazione appaltante può procedere per il solo fatto di aver legittimamente deciso l’esclusione per mancanza dei requisiti dichiarati.
11. A chiusura del discorso, e senza recedere dai principi richiamati, rileva, comunque, il Collegio che, nel caso di specie, le ragioni a sostegno del provvedimento di esclusione sono direttamente riconducibili ad un comportamento dell’operatore.
In sede di presentazione dell’offerta, infatti, è stato speso quale requisito professionale un pregresso servizio – la progettazione dei lavori di riqualificazione del Museo campano di Capua – non utilizzabile in base al chiaro dettato normativo.
Il suddetto progetto, nella procedura in cui era stato presentato, risultava sì valutato dalla commissione di gara, ma non aggiudicato, laddove invece, l’art. 263, comma 2, d.P.R. 5 ottobre 2010 n. 207 richiede che, per valere ai fini curriculari, il progetto deve essere “iniziato, ultimato ed approvato” nel decennio o nel quinquennio la data di pubblicazione del bando; né è corretta la tesi delle appellante (esposta nel secondo motivo di appello dichiarato inammissibile) per la quale è sufficiente che il progetto sia stato esaminato dalla commissione aggiudicatrice perché possa essere utilizzato a fini curriculari.
È vero, invece, che il chiaro riferimento all’”approvazione” può spiegarsi nel senso che il progetto può essere speso quale requisito professionale in successive procedure solamente se esaminato e preferito agli altri dalla commissione aggiudicatrice (come chiarito con ampiezza di argomenti da Cons. Stato, sez. V, 22 maggio 2015, n. 2567: “La disposizione da ultimo riportata, come risulta all’esito di una interpretazione letterale e teleologica, contiene due diversi precetti. Il primo precetto riguarda i servizi di progettazione che, inseriti nell’ambito di una procedura amministrativa, siano stati formalmente “approvati” dal committente pubblico che, ad esempio, si è determinato nel senso di aggiudicare la gara al soggetto cui quei servizi si riferiscono. In questo caso non rileva che successivamente all’approvazione i lavori relativi alla progettazione non siano stati realizzati.”).
12. In conclusione, l’appello deve essere respinto e la sentenza di primo grado integralmente confermata, ivi compresa la statuizione in ordine alla inammissibilità del ricorso con il quale era richiesto l’annullamento del provvedimento di aggiudicazione a favore di Br. costruzioni s.p.a.
12.1. L’appello incidentale proposto dalla Br. costruzioni s.p.a., in quanto condizionato all’accoglimento dell’appello principale – e, comunque, rivolto a riproporre i motivi già esposti in primo grado in via incidentale – resta assorbito dal rigetto dell’appello principale.
13. Le spese seguono la soccombenza e si liquidano come da dispositivo.
P.Q.M.
Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale
(Sezione Quinta), definitivamente pronunciando sull’appello, come in epigrafe proposto, lo respinge.
Condanna Re. consorzio stabile s.c.a.r.l., Sc. & C. s.p.a. e arch. Ma. in solido tra loro al pagamento delle spese del presente grado del giudizio, che liquida in complessivi € 5.000,00 oltre accessori e spese di legge, da corrispondere in parti uguali a favore della Mo. D’Ol. s.p.a. e della Br. costruzioni s.p.a.
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.
Così deciso in Roma nella camera di consiglio del giorno 22 marzo 2018 con l’intervento dei magistrati:
Francesco Caringella – Presidente
Claudio Contessa – Consigliere
Fabio Franconiero – Consigliere
Valerio Perotti – Consigliere
Federico Di Matteo – Consigliere, Estensore

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