Consiglio di Stato, sezione terza, sentenza 2 novembre 2017, n. 5082. Ai fini del rilascio e del rinnovo del permesso di soggiorno

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v) lo straniero, residente nel Comune di Omissis, non ha provveduto al cambio di residenza, come previsto dagli arti. 7, 13 e 14 del D.P.R. 223/89, in quanto – come da comunicazione di ospitalità 18/03/2016 sottoscritta da un connazionale e da autocertificazione 21/03/2016 del richiedente – egli sarebbe ora residente in Verona, anche se ciò non risulta all’Anagrafe di quel Comune;

vi) sia dall’autocertificazione di residenza sia dal kit postale emerge, altresì, che lo straniero non ha costituito un proprio nucleo familiare in Italia.

2. Con l’appellata sentenza n. 227/2017, il Tar Veneto ha respinto il ricorso di primo grado, ritenendo in primo luogo che “la tardività della presentazione della domanda di rinnovo e il mancato spostamento della residenza in comune di Verona risultano circostanze non determinanti e sicuramente subordinate alla questione reddito” (donde la irrilevanza delle corrispondenti seconda e terza censura, in quanto non appaiono autonomamente in grado di inficiare la legittimità del provvedimento impugnato); dando così priorità, nell’ambito dei quattro mezzi di impugnazione proposti, all’esame dei motivi primo e quarto, e concludendo per l’infondatezza di entrambi per le seguenti argomentazioni:

– la comunicazione di avvio di procedimento del 22.06.2016 (di cui il primo motivo di ricorso deduce l’inidoneità) risponde ai requisiti di legge in quanto appare barrata la casella “insufficienza dei mezzi di sussistenza”, ovvero la motivazione fondamentale poi riportata nel provvedimento del Questore di Verona;

– circa la questione della sufficienza reddituale e dell’invocata valutazione prognostica nei confronti del richiedente (quarto motivo di ricorso), il Tar ha reputato inattendibile l’ulteriore e (a sua volta) “prognostica” dichiarazione del datore di datore di lavoro in data 15.03.2016, riportante un reddito presunto di ? 7.150,00, nel rilievo che lo stesso ricorrente ha dichiarato nel ricorso giurisdizionale di essere, in realtà, rimasto occupato presso la ditta “Us. 2 srl” solo fino all’aprile 2016, con un reddito effettivo di euro 1.608,12;

– per quanto concerne la successiva assunzione da parte di un nuovo datore di lavoro (Hu. Ta.) non vi è prova in atti che essa sia stata comunicata alla Questura anteriormente all’adozione del provvedimento impugnato (7.11.2016) e financo della sua notificazione (17.11.2016), per cui è evidente che al riguardo l’amministrazione non è stata posta in grado di esercitare il proprio potere/dovere di valutazione e che tale mancanza non può inficiare la legittimità del provvedimento;

– per quanto riguarda la valutazione di non sufficienza reddituale, il Tar adito ha costantemente affermato la legittimità del ricorso al parametro dell’assegno sociale, indicato nell’art. 29 comma 3 del D. Lgs. 286/98 che fornisce un’indicazione imparziale e legittima nel valutare la capacità del cittadino straniero di provvedere al proprio sostentamento, con valutazione temperata, ovviamente, da un possibile utilizzo del criterio prognostico qualora lo straniero metta comunque l’amministrazione in situazione di potervi fare ricorso in maniera esaustiva e tranquillizzante;

– il possesso di adeguati mezzi di sussistenza, richiesto espressamente dall’art. 4 comma 3 del D.Lvo. 286/98, è una garanzia non solo per lo straniero ma anche per tutta la collettività, sia in quanto finalizzato a garantire la sua fattiva partecipazione al reddito nazionale, sia in quanto può fornire indicazione del fatto che lo straniero è in grado di mantenersi con mezzi leciti e quindi senza subire la tentazione di ricorrere ad attività illecite o criminose.

3. Nell’atto di appello avverso la suddetta sentenza, lo straniero ripropone le censure dispiegate in primo grado, sostenendo in particolare che:

a) nel kit di rinnovo era stata inserita anche una dichiarazione del legale rappresentante della Us. 2 srl affermante che il reddito annuale sarebbe stato di ? 7.150,00; che in data 23.06.2017 era stata consegnata in Questura la comunicazione di ospitalità e che era presente il reddito del 2015 di ? 3.025,95: per cui la situazione reddituale del sig. Gh. sarebbe stata analizzata in modo incompleto, con conseguente erroneità del giudizio prognostico formulato dalla Questura, che non ha la minimamente preso in considerazione la dichiarazione di reddito presunto, mentre avrebbe potuto richiedere le buste paga successive alla presentazione del Kit postale o eventuale nuova documentazione lavorativa aggiornata; da questo punto di vista, quindi, la comunicazione inviata al sig. Gh. sarebbe stata in realtà una mera richiesta di integrazione documentale;

b) la presentazione dell’istanza non potrebbe essere considera tardiva, in quanto l’art. 5 co. 9 bis lett. a) del D.Lgs. 286/98 consentirebbe detta presentazione, in caso di rinnovo, entro 60 giorni dalla scadenza del titolo precedente;

c) per rinnovare il permesso di soggiorno non servirebbe la residenza, in quanto tale requisito sarebbe richiesto espressamente solo per il rilascio del permesso CE di lungo soggiornante;

d) mancherebbe la previsione legislativa di un limite reddituale minimo che deve essere dimostrato dallo straniero in fase di rinnovo del permesso di soggiorno, per cui il limite dell’assegno sociale, non potrebbe assumere valenza di soglia rigida e vincolante; mentre la Questura avrebbe auto l’onere di valutare gli elementi sopravvenuti favorevoli allo straniero ed effettuare una conseguente, compiuta valutazione prognostica.

4. Il Ministero appellato si è costituito in giudizio con memoria di stile.

5. Nell’imminenza dell’odierna camera di consiglio, l’appellante ha prodotto busta paga del mese di settembre 2017 emessa dalla ditta Hu. Ta., da cui risulta l’assunzione in data 10 maggio 2016 e un importo stipendiale netto di 776 euro.

6. Ciò premesso, la Sezione ritiene che le argomentazioni svolte dal Giudice di primo grado meritino conferma in questa sede di appello.

6.1. In primo luogo, costituisce pacifico principio giurisprudenziale che laddove un provvedimento negativo sia sorretto da una pluralità di motivazioni fra loro autonome, ciascuna delle quali da sola sufficiente a sostenere il diniego, la fondatezza di una sola di esse priva di utilità – e quindi di interesse – la decisione sulle altre (così, da ultimo, Consiglio di Stato, sez. IV, 29/12/2016, n. 5527): correttamente, pertanto, il Tar ha ritenuto di poter prescindere dalle censure rivolte avverso talune carenze formali (residenza) e temporali (tardività) dell’istanza presentata dallo straniero, così come rilevate nel decreto questorile, per concentrarsi sulla fondamentale ragione di diniego in esso addotta (carenza reddituale) e sui profili procedimentali della vicenda amministrativa (modalità di comunicazione dei motivi ostativi).

Facendo applicazione della medesima regola iuris, anche questo Collegio può, dunque e per ragioni di economia processuale, prescindere al momento dall’esame dei motivi di appello con cui si ripropongono le anzidette censure non trattate dal Giudice di primo grado (sopra rubricate alle lettere del “b” e “c” del punto 3) per soffermarsi su quelle residue, corrispondenti alle lettere a) e d) del medesimo pinto.

6.2. Sotto il profilo procedimentale, va premesso che in fattispecie identiche alla presente questa Sezione ha già avuto modo di affermare (cfr. di recente 6/02/2017, n. 525) in via generale “che in applicazione dell’art. 21 octies della legge 7 agosto 1990, n. 241, l’irregolarità denunciata (cioè la mancata comunicazione del preavviso di rigetto) non possa inficiare il provvedimento quando il suo contenuto sia vincolato, come nel caso di specie nel quale l’appellante non ha dimostrato il possesso di mezzi leciti di sussistenza”.

Invero, “una volta acclarato il carattere necessitato e doveroso del diniego a cagione della carenza dei requisiti di legge, ogni considerazione in ordine a possibili vizi procedimentali del tipo che qui rileva può ritenersi superata in virtù della possibile applicazione del disposto dell’art. 21-octies della stessa legge nr. 241 del 1990” (così il capo 5 della sentenza 14/02/2017, n. 651).

Tali considerazioni valgono a maggior ragione per la presente controversia in cui la Questura ha inviato una comunicazione preventiva all’appellante, indicando – seppur sinteticamente e mediante modulo prestampato – il fondamentale motivo ostativo all’accoglimento della sua istanza, cioè la “insufficienza dei mezzi di sussistenza”.

E’, dunque, questa (il possesso o meno, da parte dell’appellante di adeguata capacità reddituale) la questione fondamentale da risolvere.

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