Consiglio di Stato, sezione terza, sentenza 24 novembre 2017, n. 2737. Mancata sottoscrizione del capitolato speciale

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Se così è, dunque, la clausola così come sopra proposta, in quanto rivolta in maniera indifferenziata a tutte le amministrazioni appare fuori misura e va annullata nella parte in cui non circoscrive la sua portata al rapporto con la stazione appaltante.
Consegue che la dichiarazione resa dalla Unipol, secondo la quale “al momento” sussisterebbe il requisito richiesto appare sufficiente (in attesa di un eventuale eccezionale potere di soccorso istruttorio, corretto nel senso di circoscrivere la portata della clausola nel senso sopra indicato), non essendo contrariamente dirimente la precisazione, invero espressiva di lealtà e anche di difficoltà di una indagine esorbitante, per quanto detto, non dovuta, secondo la quale “tenuto conto dell’elevato numero dei soggetti che svolgono tali attività per conto della scrivente impresa, più approfondite verifiche sono tutt’ora in corso”.
Consegue il rigetto del motivo di ricorso.
Sempre con la terza censura, parte ricorrente si duole che sia la dichiarazione resa dalla Unipol che il protocollo di legalità non sarebbero stati accompagnati da idoneo documento di riconoscimento del firmatario.
In caso sovrapponibile, questo Tribunale (cfr. T.A.R. Palermo Sez. III, 06/07/2010, n. 8268) ha condivisibilmente chiarito che << nel contesto di una medesima procedura concorsuale, la serietà ed autenticità di una pluralità di dichiarazioni rese da un medesimo soggetto (anche con riguardo alle responsabilità di natura penale conseguenti al mendacio ed alla falsità delle dichiarazioni), sono sufficientemente coperti dalla produzione anche di un unico documento di identità valido o di una sua copia autentica o autenticata, idonea a comprovare, mediante il confronto della sottoscrizione, la provenienza della dichiarazione e, ove si tratti di atto negoziale, dell’appartenenza all’autore della volontà manifestata.
<<E’ nella stessa logica di semplificazione e non aggravamento, nell’ambito di operatività del D.P.R. n. 445/2000, con l’obbligo di produrre il documento di identità (o una sua copia autentica o autenticata) al fine di comprovare l’autenticità della sottoscrizione, l’esonero da tale obbligo nel caso in cui la prova dell’autenticità sia già nella disponibilità della medesima amministrazione, nello stesso, identico contesto procedimentale (cfr., in termini, C.g.a. 14 settembre 2009, n. 802): in difetto, peraltro, nel caso di specie, di specifiche prescrizioni in ordine alla materiale allegazione del documento di identità all’istanza di partecipazione alla gara ovvero agli altri documenti a corredo della stessa. Poiché è incontestato che altri documenti allegati all’istanza di partecipazione fossero corredati da copie dei documenti di riconoscimento dei soggetti interessati, dette copie, poiché tutte contenute in una medesima busta (busta “A”) vanno ritenute idonee e sufficienti a garantire certezza della provenienza dell’istanza in argomento, perché in tal caso l’unicità della busta consente, comunque, di riferire la copia del documento ad ogni dichiarazione>>.
Deriva il rigetto anche della detta censura.
Sempre con il terzo motivo di ricorso parte ricorrente lamenta la mancata indicazione da parte di Unipol dei componenti del Consiglio di amministrazione, del Collegio sindacale e dell’Organo di vigilanza.
La censura appare generica, posto che non evidenzia i motivi di illegittimità di tale omissione.
Comunque, la detta carenza, per quanto sopra chiarito, potrebbe essere oggetto di soccorso istruttorio, non già di esclusione dalla gara.
Con il quarto motivo di gravame la ricorrente deduce l’assoluta indeterminatezza dell’offerta economica della Unipol, poiché nel formularla sarebbero state calcolate in maniera errata le relative imposte, applicando l’aliquota del 16.5%, anziché del 16%.
L’osservazione è priva di rilievo, posto che parte ricorrente non deduce quale sia la refluenza di siffatto errore sull’aggiudicazione della gara.
Inoltre, avrebbe errato la controinteressata a indicare la percentuale di ribasso, pari al 51,7711%, che, ove rettamente applicato, determinerebbe l’importo dell’offerta in € 354.000 e non € 380.000.
Le parti resistenti non smentiscono l’assunto, ma sostengono, comunque, che è presente la somma relativa al ribasso (€ 380.000), in cifre e in lettere, sicché nessun dubbio sussiste circa la portata della offerta, che, per altro, nella determina di aggiudicazione, riporta detta ultima cifra.
La censura non può essere condivisa, posto che il modello di offerta allegato al bando non prevede alcuna indicazione circa la percentuale di ribasso.
Inoltre, il bando, alle pagg. 8 e 9, nella sezione busta B) – Offerta economica, vero è che stabilisce che l’offerta sia proposta secondo un ribasso percentuale, ma, poi, conclude che “Quando in un’offerta vi sia discordanza fra il prezzo indicato in lettere e quello indicato in cifre, sarà presa in considerazione l’indicazione più vantaggiosa per l’Amministrazione”. E non vi è dubbio che il prezzo (concorde in cifre e in lettere) è stato indicato in € 380.000 e che tale è l’offerta della controinteressata.
Pertanto, anche detto ultimo motivo di ricorso è infondato.
L’infondatezza delle censure rivolte alla prima graduata consentono di assorbire quelle relative alla seconda.
Conclusivamente il ricorso è infondato e, dunque, va rigettato.
Le spese del giudizio seguono la soccombenza e vanno liquidate come da dispositivo.
P.Q.M.
Il Amministrativo Regionale per la Sicilia – Sezione staccata di Catania
Sezione Terza -, definitivamente pronunciando sul ricorso, come in epigrafe proposto, lo rigetta.
Condanna parte ricorrente alle spese di giudizio, che vengono liquidate in € 1500,00, oltre accessori, per ciascuna delle parti resistenti.
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.
Così deciso in Catania nella camera di consiglio del giorno 18 ottobre 2017 con l’intervento dei magistrati:
Pancrazio Maria Savasta, Presidente, Estensore
Francesco Bruno – Consigliere
Giuseppa Leggio – Consigliere

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