Palazzo-Spada

La massima

1. Solo in presenza di provvedimento meramente confermativo non è necessaria una specifica impugnativa giudiziale e il ricorso continua ad essere rivolto avverso l’originario provvedimento. Quando, infatti, il provvedimento amministrativo è caratterizzato, in via sostanziale, dalla contemplazione di nuovi interessi valutati in sede di rinnovo del procedimento ovvero di nuove valutazioni degli stessi interessi, mentre in via formale il rinnovo procedimentale comporta un nuovo iter istruttorio, come nella specie, il nuovo provvedimento non può essere definito come provvedimento meramente confermativo, con la conseguenza della sua necessaria impugnazione.

2. In via generale il provvedimento amministrativo adottato in esecuzione di un’ordinanza cautelare del giudice amministrativo non implica di per sé il ritiro dell’atto impugnato ed oggetto della pronuncia stessa e ha una rilevanza solo provvisoria in attesa che la decisione di merito accerti se l’atto stesso sia, o no, legittimo; la misura cautelare, infatti, non configura di norma una radicale consumazione della potestà amministrativa e l’effetto caducante dell’eventuale sentenza definitiva si estende comunque a tutti gli ulteriori atti adottati dalla pubblica amministrazione a seguito dell’adozione dell’ordinanza cautelare.

3. In taluni casi l’attività di riemanazione del provvedimento impugnato, conseguente in modo inderogabile all’ordine cautelare del G.A. di riesaminare la vicenda e di provvedervi, può determinare una fattispecie estintiva della controversia cui la cautela accede. Ciò, infatti, si verifica non se la P.A. emani l’atto richiesto anche a seguito dell’obbligatoria istruttoria che il procedimento amministrativo sostanziale richiede, ma se siffatta statuizione intervenga senza riserve e senza condizioni, cioè alla luce d’una valutazione autonoma e non collegata all’oggetto del giudizio di merito.

4. Il piano di gestione non può costituire valida dichiarazione di impegno ai sensi di quanto previsto dal bando in quanto, avendo la funzione di evidenziare tutti i costi e gli eventuali ricavi generati dalle infrastrutture presenti sull’area PIP allo scopo di valutare la complessiva sostenibilità economico-finanziaria della gestione delle stesse, deve necessariamente riferirsi a tutte le infrastrutture dell’area, anche cioè a quelle esistenti o da realizzarsi con capitale privato. Infatti, anche per queste ultime, una volta che siano state realizzate, deve essere garantita l’integrale copertura dei costi di esercizio, dimostrando al contempo che gli oneri da esse derivanti non avrebbero pregiudicato la sostenibilità economico-finanziaria di quelle realizzate tramite un progetto finanziato con fondi comunitari.

CONSIGLIO DI STATO

SEZIONE V

SENTENZA 11 aprile 2013, n.1970

SENTENZA

sul ricorso numero di registro generale 7928 del 2012, proposto da:
Comune di Molfetta, in persona del sindaco in carica, rappresentato e difeso dall’avv. Gennaro Notarnicola, con domicilio eletto presso l’avv. Alfredo Placidi in Roma, via Cosseria, 2;

contro

Regione Puglia, in persona del presidente in carica, rappresentata e difesa dall’avv. Maddalena Torrente, con domicilio eletto presso gli uffici della Delegazione Romana della Regione Puglia in Roma, via Barberini, 36;

nei confronti di

Puglia Sviluppo s.p.a., Comune di Otranto, Comune di Canosa di Puglia, Comune di Pieramontecorvino, Comune di Botrugno, Comune di Bagnolo del Salento, Comune di Carovigno, Comune di Monteroni di Lecce, Comune di Andrano, Comune di Francavilla Fontana, Comune di Rocchetta Sant’Antonio, Comune di Supersano, Comune di Maruggio, Comune di Veglie, Comune di Lizzano, Comune di Sannicandro di Bari, Comune di Trinitapoli, Comune di Toritto, Comune di Erchie, Comune di Matino, Comune di Putignano, Comune di Castellana Grotte;

per la riforma

della sentenza del T.A.R. PUGLIA – BARI: SEZIONE II n. 01726/2012, resa tra le parti, concernente graduatorie finanziamenti per le infrastrutture di supporto degli insediamenti produttivi.

Visti il ricorso in appello e i relativi allegati;

Visto l’atto di costituzione in giudizio della Regione Puglia;

Viste le memorie difensive;

Visti tutti gli atti della causa;

Relatore nell’udienza pubblica del giorno 22 marzo 2013 il Cons. Paolo Giovanni Nicolo’ Lotti e uditi per le parti gli avvocati Iossa, per delega dell’Avv. Notarnicola, e Torrente;

FATTO

Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Puglia, Bari, Sez. II, con la sentenza n. 1726 del 3 ottobre 2012, ha dichiarato improcedibile per sopravvenuto difetto di interesse il ricorso principale proposto dal Comune attuale appellante per l’annullamento della determinazione 6 agosto 2010, n. 187 del dirigente del servizio energia, reti e infrastrutture materiali per lo sviluppo, con cui la Regione Puglia ha approvato le graduatorie definitive delle domande di finanziamento di “iniziative per le infrastrutture di supporto degli insediamenti produttivi”, nella parte in cui non ha collocato quella presentata dal comune ricorrente in posizione utile per ottenere, allo stato, il contributo richiesto; nonché di ogni altro atto presupposto, connesso e/o consequenziale, ivi compresi tutti gli atti istruttori, i verbali della commissione, le schede di valutazione tecnico-economica ed, ove occorra, il bando della procedura nei limiti di seguito indicati; il TAR ha, poi, rigettato il ricorso per motivi aggiunti con cui il Comune attuale appellante chiedeva l’annullamento della determinazione n. 568 del 14 gennaio 2011, a firma congiunta del dirigente del servizio energia, reti e infrastrutture materiali per lo sviluppo e del dirigente dell’ufficio infrastrutture aree industriali e aree produttive, depositata in giudizio in data 26 gennaio 2011 dalla Regione Puglia, con cui è stata riesaminata la proposta presentata dal Comune ricorrente per il finanziamento delle iniziative per le infrastrutture di supporto degli insediamenti produttivi a valere sulle risorse del P.O.FESR 2007-2013, asse VI, linea di intervento 6.2, azione 6.2.1, nonché di ogni altro atto presupposto, connesso e/o consequenziale, ancorché non conosciuto, ivi compresa la “memoria tecnica” di Puglia Sviluppo s.p.a. richiamata nella predetta determina.

Il TAR fondava la sua decisione rilevando, sinteticamente, in via preliminare, che il ricorso principale era diventato improcedibile per carenza di interesse, in quanto il nuovo rigetto adottato dall’Amministrazione regionale a seguito dell’ordinanza cautelare del TAR n. 913/2010 non era meramente esecutivo del dictum cautelare nella parte decisionale, che non risultava in alcun modo vincolata dai limiti conformativi dell’ordinanza sospensiva.

Quanto al merito, per il TAR il primo motivo doveva ritenersi infondato, poiché buona parte delle reti indicate come tecnologiche, in realtà è rappresentata da opere di urbanizzazione primaria, sicché le restanti non raggiungono la quota del 30% richiesta per ottenere l’attribuzione di 10 punti che gli consentirebbero di raggiungere 30 punti complessivi, con conseguente posizionamento al 17° posto, invece che al 39°, in posizione utile per ottenere il finanziamento riconosciuto per le proposte classificatesi fino al 21° posto.

Per il TAR, anche la doglianza per la mancata attribuzione di 10 punti previsti per le proposte di finanziamento contemplanti la realizzazione di servizi ed infrastrutture per la conciliazione (nidi, centri diurni per l’infanzia, mense, attività sociali etc.), in aree comuni all’interno di quelle industriali in prossimità delle imprese e di facile accesso per lavoratori/lavoratrici, era da ritenersi infondata poiché nella scheda di sintesi le strutture per la conciliazione non rientrano tra le opere per cui è stato chiesto il finanziamento, come esattamente chiarito nella delibera n. 568/2011: infatti, l’importo dei lavori per le strutture per la conciliazione è espressamente indicato in Euro 0,00.

E’ ben vero, ha osservato il TAR in proposito, che nella relazione tecnica si indica la realizzazione di centri sanitari, assistenziali, ricreativi etc., ma la relazione tecnica in questione riguarda l’intero PIP e, pertanto, anche opere che non rientrano tra quelle oggetto di richiesta di finanziamento; infatti, le strutture in questione non sono state indicate tra quelle da realizzare con i finanziamenti regionali, bensì tra quelle che prenderanno posto nell’area oggetto di PIP.

Infine, per il TAR anche il terzo motivo di ricorso è infondato, relativamente alla mancata attribuzione di 40 punti previsti dal bando (art.7.1) per la sostenibilità finanziaria dell’opera, poiché l’impegno all’integrale accollo da parte delle imprese insediate, delle spese per mantenere in esercizio le strutture esistenti e quelle realizzande, non ha valore cogente ed obbligatorio in quanto non proviene da imprese.

L’appellante contestava la sentenza del TAR, sostenendo:

– l’erroneità della statuizione di improcedibilità per sopravvenuto difetto di interesse del ricorso introduttivo, ma soltanto del primo motivo del ricorso introduttivo;

– erroneità della statuizione di infondatezza del terzo motivo di ricorso introduttivo, riproposto con i motivi aggiunti, con cui il Comune odierno appellante ha dedotto la violazione degli artt. 5, lett. q), e 7, punto 7.1, del bando;

– erroneità della statuizione di infondatezza del secondo motivo di ricorso introduttivo, reiterato con i motivi aggiunti, con cui il Comune odierno appellante ha dedotto l’illegittimità dei provvedimenti impugnati per la mancata attribuzione dei 10 punti previsti dall’art. 7.6 del bando;

– omessa pronuncia in relazione al primo dei motivi aggiunti, con cui il Comune odierno appellante ha dedotto l’illegittimità dei provvedimenti gravati anche nella parte in cui avevano stabilito l’obbligo di produrre il parere dell’Autorità di Bacino anteriormente alla stipula del disciplinare di finanziamento.

Con l’appello in esame si chiedeva l’accoglimento del ricorso di primo grado.

Si costituiva la parte appellata chiedendo il rigetto dell’appello.

All’udienza pubblica del 22 marzo 2013 la causa veniva trattenuta in decisione.

DIRITTO

Rileva il Collegio, quale premessa di fatto, che la presente controversia è stata introdotta con ricorso principale di primo grado e con successivi motivi aggiunti dal Comune odierno appellante in relazione ad una vicenda concernente il finanziamento di “Iniziative per le infrastrutture di supporto degli insediamenti produttivi” avviato con deliberazione di G.R. n. 244 del 25 febbraio 2009, con cui la Regione Puglia aveva approvato lo schema di bando, contestualmente determinando in € 60.000.000,00 la complessiva dotazione finanziaria dell’intervento (da destinare per il 50% ad interventi in aree con indice di insediamento superiore al 75% e per il restante 50% ad interventi in aree con indice di insediamento inferiore al 75%).

Contestualmente si conferiva mandato al Dirigente competente di curare la predisposizione e l’approvazione degli allegati e di provvedere alla pubblicazione del bando; con determinazione n. 469 del 20 luglio 2009 del Dirigente del Servizio Artigianato, PMI e Internalizzazione veniva, quindi, emanato il predetto bando e con successive determinazioni dirigenziali nn. 514 del 4 agosto 2009 e 531 del 2 ottobre 2009 il bando veniva rettificato, prevedendosi in particolare, quale termine per la presentazione delle domande di ammissione al finanziamento, la data del 30 ottobre 2009.

Entro tale data il Comune odierno appellante aveva inoltrato la propria istanza di partecipazione, unitamente alla documentazione richiesta dall’art. 5, comma 1, del bando, lett. a)—q).

Con determinazione n. 124 del 21.5.2010 il Dirigente del Servizio Energia Reti e Infrastrutture materiali per lo sviluppo della Regione Puglia approvava le graduatorie provvisorie delle domande di finanziamento, distinte per interventi in aree con indice di insediamento pari almeno al 75% e per quelli in aree con indice di insediamento inferiore al 75% (nuove aree).

Con successiva determinazione 6 agosto 2010, n. 187 il medesimo Dirigente approvava le graduatorie definitive; in particolare, in quella degli interventi da realizzarsi in aree con indice di insediamento inferiore al 75% venivano individuate come finanziabili le proposte classificatesi fino al 21° posto (fino, dunque, a quella del Comune di Castellana Grotte, ventunesimo con punti 27).

Il Comune odierno appellante si classificava in 39° posizione con punti 20.

Il Collegio ritiene che l’appello sia infondato.

Infatti, con riferimento alla statuizione del TAR di improcedibilità del ricorso di primo grado, si deve evidenziare che solo in presenza di provvedimento meramente confermativo non è necessaria una specifica impugnativa giudiziale e il ricorso continua ad essere rivolto avverso l’originario provvedimento (cfr., ex multis, Consiglio di Stato, sez. IV, 15 settembre 2010, n. 6878).

Quando, infatti, il provvedimento amministrativo è caratterizzato, in via sostanziale, dalla contemplazione di nuovi interessi valutati in sede di rinnovo del procedimento ovvero di nuove valutazioni degli stessi interessi, mentre in via formale il rinnovo procedimentale comporta un nuovo iter istruttorio, come nella specie, il nuovo provvedimento non può essere definito come provvedimento meramente confermativo, con la conseguenza della sua necessaria impugnazione: infatti, il grado di dettaglio con cui nel provvedimento dirigenziale n. 568 del 14 gennaio 2011 si chiariscono le ragioni della conferma del punteggio è tale da superare quanto contenuto nel provvedimento originario e mostrare, con il riesame degli elementi d’istruttoria, l’assunzione e l’adozione di una nuova ed autonoma decisione in ordine alle ragioni per cui l’Amministrazione Regionale ha stabilito il punteggio inizialmente assegnato al Comune appellante.

Peraltro, nella specie, il nuovo provvedimento, pur scaturito dall’ordinanza cautelare del TAR n. 913/2010, non risultava in alcun modo vincolato dai limiti conformativi dell’ordinanza sospensiva, confermando la sua necessaria impugnazione.

E’ pur vero, infatti, che in via generale il provvedimento amministrativo adottato in esecuzione di un’ordinanza cautelare del giudice amministrativo (G.A.) non implica di per sé il ritiro dell’atto impugnato ed oggetto della pronuncia stessa e ha una rilevanza solo provvisoria in attesa che la decisione di merito accerti se l’atto stesso sia, o no, legittimo; la misura cautelare, infatti, non configura di norma una radicale consumazione della potestà amministrativa e l’effetto caducante dell’eventuale sentenza definitiva si estende comunque a tutti gli ulteriori atti adottati dalla pubblica amministrazione (P.A.) a seguito dell’adozione dell’ordinanza cautelare (Cfr., per tutti, Consiglio di Stato, sez. III, 4 luglio 2011, n. 4000; id., sez. V, 16 gennaio 2013, n. 240).

Tuttavia, in taluni casi, come quello in esame, l’attività di riemanazione del provvedimento impugnato, conseguente in modo inderogabile all’ordine cautelare del G.A. di riesaminare la vicenda e di provvedervi, può determinare una fattispecie estintiva della controversia cui la cautela accede (cfr. Consiglio di Stato, sez. III, 14 marzo 2013, n. 1534).

Ciò, infatti, si verifica non se la P.A. emani l’atto richiesto anche a seguito dell’obbligatoria istruttoria che il procedimento amministrativo sostanziale richiede, ma se siffatta statuizione intervenga senza riserve e senza condizioni, cioè alla luce d’una valutazione autonoma e non collegata all’oggetto del giudizio di merito.

Nella specie, come detto, il provvedimento amministrativo è caratterizzato, in via sostanziale, dalla contemplazione di nuovi interessi valutati in sede di rinnovo del procedimento, mentre in via formale il rinnovo procedimentale ha comportato un nuovo, più ampio ed articolato iter istruttorio, in nessun modo collegato all’esecuzione del provvedimento cautelare.

I relativi motivi d’appello devono, dunque, essere respinti.

Anche gli altri motivi d’appello, con cui in sostanza il Comune appellante ripropone le censure del ricorso originario, reiterate nei motivi aggiunti di primo grado, sono da ritenersi infondati.

Infatti, per quanto riguarda le ragioni ostative all’attribuzione del punteggio relativo al parametro 7.6 del bando, il Collegio rileva che nell’allegato “A “(scheda di sintesi) inviato e sottoscritto dall’Arch. Lazzaro Pappagallo, RUP dell’intervento, e, precisamente nel quadro economico dettagliato (sezione B, B. 1), si dichiara che tutte le opere rientrano nella macrovoce a) e, cioè, quella relativa alle infrastrutture primarie e nella sottovoce a1), nuove opere, per un totale di euro 11.481.222,93.

L’importo della macrovoce “e)” relativa alle opere per la conciliazione come anche quella relativa alle reti tecnologiche (macrovoce b) sono, invece, dichiarate come pari a zero.

Trattandosi di dichiarazione direttamente sottoscritta dal RUP, sulla base delle istruzioni indicate nel bando, a nulla rileva la contemplazione di tali opere in altri elaborati come il piano di gestione, posto che l’assenza nel quadro economico dell’allegato A ha indotto l’Ufficio procedente a ritenere correttamente che il progetto da finanziare contemplasse esclusivamente infrastrutture primarie.

Il piano di gestione, peraltro, non può costituire valida dichiarazione di impegno ai sensi di quanto previsto dal bando in quanto, avendo la funzione di evidenziare tutti i costi e gli eventuali ricavi generati dalle infrastrutture presenti sull’area PIP allo scopo di valutare la complessiva sostenibilità economico-finanziaria della gestione delle stesse, doveva necessariamente riferirsi a tutte le infrastrutture dell’area, anche cioè a quelle esistenti o da realizzarsi con capitale privato.

Infatti, anche per queste ultime, una volta che siano state realizzate, deve essere garantita l’integrale copertura dei costi di esercizio, dimostrando al contempo che gli oneri da esse derivanti non avrebbero pregiudicato la sostenibilità economico-finanziaria di quelle realizzate tramite un progetto finanziato con fondi comunitari.

Pertanto, l’inclusione di tale voce nel piano di gestione è del tutto equivoca e sfornita di ogni idoneità a fondare un’attribuzione del punteggio nel senso voluto dall’appellante.

Peraltro, il Quadro economico contenuto nell’allegato A (scheda di sintesi) ha valore di dichiarazione sottoscritta digitalmente e l’obbligatorietà della sua produzione a pena di esclusione era dovuta al fatto che il documento informatico costituiva l’unico che le strutture impegnate nell’istruttoria avessero l’obbligo di esaminare per poter condurre l’istruttoria in maniera sinergica, standardizzata ed uniforme, in conformità al principio di efficienza e di speditezza dell’azione amministrativa.

Il bando, in quanto, come noto, lex specialis della procedura selettiva, vincolava l’Ufficio procedente quanto i partecipanti al puntuale rispetto di ognuna delle sue prescrizioni, pena l’impossibilità di attribuire i punteggi che, come nella specie, non fossero stati indicati nei modi e con le forme stabilite e che, anzi, risultavano indicati in modo assolutamente divergente rispetto a quanto sostenuto nel presente giudizio [come detto, l’importo della macrovoce “e)” relativa alle opere per la conciliazione come anche quella relativa alle reti tecnologiche (macrovoce b) sono state dichiarate come pari a zero].

Pertanto, ogni altro documento, soprattutto cartaceo, non previsto come obbligatorio o redatto secondo moduli non standardizzati e non caratterizzati da assunzione di responsabilità in ordine alla natura delle varie parti dell’intervento, non obbligava in alcun modo l’Ufficio al rispettivo esame né all’attivazione di un soccorso istruttorio ex art. 6 l. n. 241/1990, anche in considerazione delle esigenze di rispetto della par condicio.

Nell’atto di riesame impugnato con i motivi aggiunti di primo grado, l’Amministrazione rilevava, inoltre, come dagli atti prodotti dal Comune di Molfetta non emergesse la garanzia della copertura integrale dei costi di gestione degli interventi da parte delle imprese.

Infatti, dai documenti in atti non emerge in alcun modo un impegno da parte delle imprese ad accollarsi tutti i costi di gestione, perché con la deliberazione non si prendeva atto di una situazione già in essere formalizzata in atti sottoscritti ma ci si limitava a fissare delle linee d’azione per il futuro.

Infatti, la deliberazione del Comune di Molfetta 26 ottobre 2009, n. 295 approva semplicemente una relazione redatta da funzionari comunali con cui si specificano, unilateralmente e in maniera del tutto scollegata dal sistema-imprese presente su quel territorio, una serie di criteri per l’accollo dei costi di gestione alle aziende insediate.

Inoltre, come osserva puntualmente la Regione, nel ricorso e nell’atto di appello emerge un’inammissibile commistione, operata dal Comune, tra i costi di gestione, da prendere in considerazione nella deliberazione richiesta per procedere all’assegnazione del punteggio ex punto 7.1, e i costi di acquisizione dei suoli e di urbanizzazione dei quali il Comune dimostra l’accollo alle imprese tramite un riparto, pur essendo tale aspetto del tutto irrilevante.

Infine, ad ostare all’attribuzione dei 40 punti di cui al paragrafo 7.1 del bando, anche se si volesse ritenere sufficiente l’intento unilaterale e programmatico contenuto negli atti prodotti dal Comune appellante, si deve rilevare che l’impegno posto a carico delle imprese copre la sola manutenzione ordinaria e straordinaria rimanendo escluso il costo di rinnovo delle apparecchiature e dei macchinari.

La lett. q) dell’art. 5 del bando di selezione e, in particolare, la puntualizzazione contenuta nella nota 2, precisa invece, esplicitamente, quali costi di gestione le imprese avrebbero dovuto assicurare perché fosse possibile assegnare al progetto il punteggio ex par. 7.1 del bando.

Tale clausola del bando stabilisce, infatti, che il calcolo del corrispettivo per l’erogazione dei servizi deve assicurare almeno la corrispondenza tra costi e ricavi in modo da assicurare la copertura dei costi di manutenzione ordinaria e straordinaria delle opere e di rinnovo delle apparecchiature e macchinari.

Tale clausola è evidentemente violata dalla delibera prodotta dal Comune di Molfetta con l’istanza di partecipazione alla selezione che, invece, dispone che: “la gestione verrà affidata al Consorzio obbligatorio, da costituirsi tra tutte le imprese assegnatarie, di cui all’art. 17 della convenzione, approvata definitivamente con Deliberazione del Commissario straordinario n. 34/2008 tra Comune e imprese assegnatarie, per la copertura dei costi di manutenzione ordinaria e straordinaria…”; rimane, dunque, fuori, la copertura da parte delle imprese del costo di rinnovo delle apparecchiature e dei macchinari individuabile e quantificabile nelle quote annue di ammortamento (per logorio ed obsolescenza) degli stessi evidentemente non contemplate nella delibera.

Quindi, è indubitabile che la produzione della deliberazione ex art. 5, lett. q), del bando costituiva condizione necessaria per l’assegnazione del punteggio in parola, ma non sufficiente perché l’Ufficio istruttore attribuisse il relativo punteggio, dovendo il medesimo vagliarne, ovviamente, il contenuto.

Anche il motivo d’appello rubricato sub E) del ricorso in appello è infondato, oltreché privo di concreto ed attuale interesse per l’appellante, poiché non si obietta che il progetto del Comune possa e debba figurare legittimamente in graduatoria; semplicemente, una volta che con le risorse disponibili si giunga a finanziare quella posizione, l’effettiva ammissione a finanziamento non può che essere subordinata al parere favorevole dell’Autorità di Bacino sul progetto definitivo.

Conclusivamente, alla luce delle predette argomentazioni, l’appello deve essere respinto, in quanto infondato.

Le spese di lite del presente grado di giudizio possono essere compensate sussistendo giusti motivi, tra le parti costituite.

Nulla spese con riferimento ai Comuni controinteressati non costituiti.

P.Q.M.

Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale (Sezione Quinta), definitivamente pronunciando sull’appello come in epigrafe proposto, lo respinge.

Compensa le spese del presente grado di giudizio tra le parti costituite.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.

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