pensilina

Consiglio di Stato

sezione V

sentenza  14 ottobre 2013, n. 4997

Fatto

Con il ricorso introduttivo del giudizio, la signora Lucchi ha impugnato dinanzi al Tar Veneto il provvedimento 7 marzo 2000, n. 43940/1999, con cui il Comune di Verona ha rigettato la domanda per l’accertamento di conformità in sanatoria di una pensilina di circa 50 mq., posta a copertura del distributore di carburanti di cui è titolare.
Le ragioni del diniego consistono nel mancato rispetto della disciplina di piano regolatore generale (P.R.G.) per la zona 14 H ove ricade il manufatto, che prevede una distanza minima di 10 metri tra costruzioni.
La pensilina in questione, invero, è stata realizzata a distanza di mt. 1,20 dal fabbricato retrostante preesistente.
Con un secondo ricorso, la signora Lucchi ha poi impugnato il provvedimento 26 ottobre 2000, n. 1137, con cui il Comune di Verona le ha conseguentemente ingiunto la demolizione del manufatto.
Con sentenza n. 2218/2001, dopo aver riunito i ricorsi, il Tar adito ne ha disposto l’accoglimento rilevando la natura pertinenziale della pensilina che, in quanto tale, doveva considerarsi sottoposta al regime autorizzatorio e non a quello concessorio.
Quindi, sul presupposto che non si sarebbe trattato di una nuova autonoma costruzione, il Tar ha concluso per la non applicabilità alla pensilina del regime delle distanze fissato dallo strumento urbanistico comunale.
Avverso tale pronuncia il Comune di Verona ha quindi interposto l’odierno appello, chiedendone l’integrale riforma.
Non si è costituita in giudizio alcuna delle controparti, ancorché ritualmente intimate.
Alla pubblica udienza del 23 aprile 2013 la causa è stata trattenuta per la decisione.

Diritto

1. Deduce il Comune appellante l’erroneità della gravata sentenza in quanto:
– la classificazione della pensilina quale “pertinenza” sarebbe del tutto irrilevante, posto che la riconduzione della fattispecie al regime autorizzatorio, piuttosto che a quello concessorio, avrebbe conseguenze solo sul regime sanzionatorio dell’abuso edilizio e non sul provvedimento di diniego di sanatoria del manufatto, emesso a causa della sua difformità dal regime delle distanze fissato dalla disciplina urbanistica di zona;
– in ogni caso, per le sue rilevanti dimensioni (50 mq di superficie – 4,50 mt. di altezza – 0,70 mt. di spessore), la pensilina non avrebbe potuto considerarsi pertinenza, bensì una nuova costruzione a tutti gli effetti soggetta, come tale, al regime giuridico proprio di tali interventi edilizi;
– erroneamente, quindi, il Tar avrebbe accolto il primo ricorso non ritenendo nella specie applicabile il regime delle distanze, ed accolto il secondo relativo all’ordine di demolizione in ragione dei vizi dedotti in via derivata.

2. I rilievi sono fondati.

3. Osserva, preliminarmente, il Collegio come la riconduzione dell’opera nell’ambito del regime concessorio o autorizzatorio (quale nuova costruzione o pertinenza) non sia essenziale ai fini della decisione, quantomeno con riferimento al primo dei ricorsi (diniego di sanatoria).
Infatti, come correttamente dedotto dal Comune appellante, la declaratoria di rigetto dell’istanza di sanatoria si fonda sul mancato rispetto della disciplina urbanistica della zona 14 H in tema di distanze tra manufatti che, in linea di principio, deve essere osservata indipendentemente dalla natura pertinenziale o meno dell’intervento edilizio.
4. Ciò premesso, va comunque rilevato come nella specie la pensilina per cui è causa rientri oggettivamente, in ragione delle sue caratteristiche e dimensioni, nel novero delle “nuove costruzioni” e non in quello delle “pertinenze”, con conseguente necessaria applicazione ad essa della disciplina in materia di distanze.
Infatti, come costantemente affermato dalla giurisprudenza anche della Sezione, perché un’opera possa rientrare nel regime delle pertinenze in senso edilizio deve assumere un rilievo oggettivamente marginale, tale da comportare una pressoché irrilevante alterazione dello stato dei luoghi.
I beni che hanno civilisticamente natura pertinenziale, invero, non sono necessariamente tali ai fini dell’applicazione delle regole proprie dell’attività edilizia.
In altri termini, la nozione di pertinenza in ambito edilizio ha un significato più circoscritto, e si fonda non solo sulla mancanza di autonoma utilizzazione e di autonomo valore del manufatto, ma anche sulle ridotte dimensioni dello stesso, tali da non alterare in modo significativo l’assetto del territorio o incidere sul carico urbanistico, caratteristiche queste la cui sussistenza deve essere peraltro dimostrata dall’interessato (cfr. Cons. Stato, Sez. V, 11 giugno 2013 n. 3221).
Del resto, proprio tale regime differenziato ha indotto la Sezione a ribadire, anche di recente, che laddove una tettoia sia di consistenza oggettivamente notevole e quindi tale ex se da alterare in modo significativo l’assetto del territorio, essa, quand’anche si trovi in rapporto con altro bene (c.d. principale) e sia in potenza facilmente smontabile, si sottrae per ciò solo ad una definizione in termini di pertinenza, restando di conseguenza soggetta al regime concessorio proprio delle nuove costruzioni (cfr. Cons. Stato, Sez. V, 19 luglio 2013 n. 3939).
Ciò posto, non v’è dubbio come la pensilina per cui è causa, per le sue caratteristiche e la sua notevole consistenza ( 50 mq. di superficie – 0,70 mt. di spessore – 4,50 mt. di altezza – posizionata a mt. 1,20 dal fabbricato retrostante), determini oggettivamente una significativa alterazione del territorio, tale da escluderne la natura pertinenziale in senso edilizio
E ciò ancor più, se la si rapporta con il bene c.d. principale (il distributore di carburanti cui accede), rispetto al quale assume una consistenza tutt’altro che marginale, se non pressoché paritaria.
Ne consegue, in definitiva, che la pensilina per cui è causa, diversamente da quanto ritenuto dal primo giudice, deve essere considerata una “nuova opera”, come tale certamente sottoposta al regime delle distanze tra fabbricati, di cui alla richiamata disciplina urbanistico-edilizia comunale.
5. Per quanto sopra l’appello si appalesa fondato e come tale da accogliere, con conseguente riforma della sentenza impugnata.
Sussistono giusti motivi, anche in considerazione del tempo trascorso, per compensare tra le parti le spese dei due gradi di giudizio.

P.Q.M.

Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale (Sezione Quinta) definitivamente pronunciando sull’appello, come in epigrafe proposto, lo accoglie e, per l’effetto, in riforma della sentenza impugnata, respinge i ricorsi nn. 1768/2000 e 75/2001 proposti in primo grado dagli odierni appellati.
Spese compensate dei due gradi di giudizio.
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.

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