Consiglio di Stato, sezione V, sentenza 18 aprile 2017, n. 1812

E’ inammissibile la domanda di revocazione di una sentenza fondata non già sull’erroneo apprezzamento del fatto da parte di quest’ultimo, bensì sulla contestazione della qualificazione giuridica che egli ne ha dato nella sua decisione

Consiglio di Stato

sezione V

sentenza 18 aprile 2017, n. 1812

 

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Consiglio di Stato

in sede giurisdizionale

Sezione Quinta

ha pronunciato la presente

SENTENZA

sul ricorso per revocazione iscritto al numero di registro generale 3877 del 2015, proposto da:

Ru. Gi. s.n. c., in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentato e difeso dagli avvocati Ca. Co., Ni. Di Mo., con domicilio eletto presso lo studio Ca. Co. in Roma, via (…);

contro

An. Ma. ed altri, rappresentati e difesi dall’avvocato Vi. Ca. Ia., con domicilio eletto presso il suo studio in Roma, via (…);

nei confronti di

Comune di Bari, non costituito in giudizio;

Regione Puglia, non costituita in giudizio;

Adisu Agenzia per il diritto allo Studio, non costituito in giudizio;

per la revocazione

della sentenza del CONSIGLIO DI STATO – SEZ. V n. 04933/2014, resa tra le parti, concernente rilascio concessione edilizia per edificazione di residenze universitarie;

Visti il ricorso per revocazione e i relativi allegati;

Visti gli atti di costituzione in giudizio di An. Ma., An. Ma. Ma., Fr. Ca., Ed. Ca., St. Pa. Re. Ca., Al. Ca., An. Gi. Be., Ro. Gr. Be. e di Re. Pa. Be.;

Viste le memorie difensive;

Visti tutti gli atti della causa;

Relatore nell’udienza pubblica del giorno 23 marzo 2017 il Cons. Roberto Giovagnoli e uditi per le parti gli avvocati Ca. Co. e Vi. Ca. Ja.;

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.

FATTO e DIRITTO

1. La società Ru. Gi. s.n. c. ha impugnato per revocazione la sentenza, di estremi indicati in epigrafe, con la quale il Consiglio di Stato, accogliendo l’appello proposto dagli odierni resistenti, ha annullato le concessioni edilizie n. 255 del 18 novembre 1991 e n. 88 del 29 gennaio 1993, nonché in parte qua (limitatamente alla ritipizzazione delle particelle n. (omissis) e (omissis)) la delibera regionale di approvazione della variante al piano regolatore generale del Comune di Bari.

2. Secondo la ricorrente, l’errore di fatto revocatorio attiene alla particella catastale (omissis) (poi (omissis)) alla quale la sentenza revocanda ha attribuito prima la destinazione ad “area di viabiità di P.R.G.” e poi “la destinazione di area a verde pubblico”.

Deduce la ricorrente che la particella n. (omissis) non avrebbe mai avuto destinazione a verde pubblico, bensì ad area per attrezzatura universitarie dal 1976, di viabilità di P.R.G. dal 1981 al 1988, per attrezzatura universitarie dal 1988 in poi.

L’errore sarebbe altresì decisivo in quanto, la superficie della particella (omissis) pari a 1.248 mq consente il raggiungimento dell’unità operativa minima, pari a 20.000 q, come stabilto dalle N.T.A., art. 32, lett. c) del P.R.G. del Comune di Bari.

3. Si sono costituiti in giudizio per resistere al ricorso An. Ma., An. Ma. Ma., Fr. Ca., Ed. Ca., St. Pa. Re. Ca., Al. Ca., An. Gi. Be., Ro. Gr. Be. e Re. Pa. Be.

4. Alla pubblica udienza del 23 marzo 2017, la causa è stata trattenuta per la decisione.

5. Il ricorso per revocazione è inammissibile.

6. L’errore lamentato non possiede, infatti, i caratteri dell’errore di fatto revocatorio, così come descritto dall’art. 395, n. 4, c.p.c.

Ai sensi degli artt. 395 n. 4), c.p.c. e 106, c.p.a., la revocazione di una sentenza può esservi quando l’errore di fatto: a) deriva da una pura e semplice, errata o mancata percezione del contenuto meramente materiale degli atti del giudizio, che ha indotto l’organo giudicante a decidere sulla base di un falso presupposto di fatto, facendo cioè ritenere esistente un fatto documentalmente escluso ovvero inesistente un fatto documentalmente provato; b) attiene ad un punto non controverso e sul quale la decisione non ha espressamente motivato; c) è stato un elemento decisivo della decisione da revocare, necessitando perciò di un rapporto di causalità tra l’erronea presupposizione e la pronuncia stessa; l’abbaglio dei sensi sussiste invece quando il giudice, per l’erronea percezione degli atti di causa, ha ritenuto esistente un fatto palesemente escluso dal materiale acquisito al fascicolo ovvero inesistente un fatto che palesemente emerge dagli atti di causa; ricorre invece un errore di giudizio, avverso il quale non è ammesso il rimedio revocatorio, quando si sostiene che il giudice sia incorso nel valutare il materiale del quale abbia compiutamente preso conoscenza; l’errore revocatorio va dunque escluso, quando il punto relativo sia stato espressamente preso in considerazione dal giudice, poiché la parte soccombente non può chiedere, col ricorso per revocazione, che vi sia un non consentito terzo grado di giudizio (cfr., ex multis, Cons. Stato, sez. III, 15 dicembre 2016, n. 5303).

7. Nel caso di specie, risulta dirimente la considerazione che, la questione concernente la corretta qualificazione giuridica della destinazione della particella n. (omissis) è stato un punto controverso sul quale la sentenza impugnata ha espressamente statuito.

Proprio risolvendo tale punto controverso – e, quindi, qualificando la particella n. (omissis) come area destinata a verde pubblico di quartiere -, infatti, la sentenza impugnata ha ritenuto non raggiunta l’estensione minima necessaria di 20.000 metri quadrati per il rilascio della concessione edilizia.

L’errore dedotto attiene, peraltro, più che ad un fatto, alla sua qualificazione giuridica ed integra, dunque, in ipotesi, un errore di giudizio, non un errore di fatto revocatorio. Come la giurisprudenza ha già avuto modo di affermare, invero, è inammissibile la domanda di revocazione di una sentenza fondata non già sull’erroneo apprezzamento del fatto da parte di quest’ultimo, bensì sulla contestazione della qualificazione giuridica che egli ne ha dato nella sua decisione (cfr., fra le altre, Cons. Stato, sez. V, 13 gennaio 1999, n. 9).

8. Alla luce delle considerazioni che precedono il ricorso deve essere dichiarato inammissibile.

9. Le spese del giudizio seguono la soccombenza e sono liquidate in complessivi € 2.000, oltre agli accessori di legge.

P.Q.M.

Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale

(Sezione Quinta), definitivamente pronunciando sul ricorso per revocazione, come in epigrafe proposto, lo dichiara inammissibile.

Condanna la società ricorrente al pagamento delle spese di giudizio che liquida in complessivi € 2000, oltre agli accessori di legge.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.

Così deciso in Roma nella camera di consiglio del giorno 23 marzo 2017 con l’intervento dei magistrati:

Roberto Giovagnoli – Presidente FF, Estensore

Paolo Giovanni Nicolò Lotti – Consigliere

Raffaele Prosperi – Consigliere

Valerio Perotti – Consigliere

Stefano Fantini – Consigliere

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