Consiglio di Stato, sezione V, sentenza 3 novembre 2016, n. 4606

È legittima l’esclusione di una società da una gara se questa società, alla quale era stato consentito il pagamento rateale di un debito tributario superiore a euro 10.000.000, non aveva pagato una rata. La sentenza ha esattamente richiamato l’art. 38, del precedente d.lgs. n. 163/2006, che si doveva applicare alla fattispecie per ragioni temporali, e che prevedeva la sanzione dell’espulsione di cui al comma 1, lett. g).

Consiglio di Stato

sezione V

sentenza 3 novembre 2016, n. 4606

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Consiglio di Stato

in sede giurisdizionale

Sezione Quinta

ha pronunciato la presente

SENTENZA

sul ricorso in appello iscritto al numero di registro generale 2497 del 2016, proposto dal

Comune di (omissis), in persona del Sindaco pro tempore, rappresentato e difeso dall’avvocato Ma. Fo. – C.F. (omissis), con domicilio eletto presso Gu. Le.in Roma, via (…);

contro

De. Co. S.r.l., in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentata e difesa dall’avvocato Ma. Ba. – C.F. (omissis), con domicilio eletto presso Al. Ma. in Roma, via (…)

nei confronti di

Co. S. Me. di To. Ag. & C. Sas, in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentata e difesa dall’avvocato Lo. Le. – C.F. (omissis), con domicilio eletto presso A. Pl. in Roma, via (…)

per la riforma della sentenza del T.A.R. della Campania – Sezione staccata di Salerno, Sezione II, n. 172/2016;

Visti il ricorso in appello e i relativi allegati;

Visti gli atti di costituzione in giudizio di De. Co. Srl e di Co. S. Me. di To. Ag. & C. Sas;

Viste le memorie difensive;

Visti tutti gli atti della causa;

Relatore nell’udienza pubblica del giorno 6 ottobre 2016 il Cons. Claudio Contessa e uditi per le parti l’avvocato De. Fe., su delega dell’avvocato Fo., e l’avvocato Lo. Le.;

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue

FATTO

Con ricorso proposto dinanzi al TAR della Campania – Sezione staccata di Salerno, recante il n. 2020/2014, la De. Co., premesso di aver partecipato alla gara di appalto indetta dal Comune di (omissis) per l’aggiudicazione di lavori di ristrutturazione degli impianti termini nelle scuole comunali e per la realizzazione di un impianto di riscaldamento da fonte geotermica e di essere stata esclusa dalla gara (dopo essersi collocata al secondo posto della graduatoria finale), impugnava gli atti conclusivi della procedura e, segnatamente: a) il provvedimento in data 8 luglio 2014 con cui la gara stessa era stata aggiudicata alla Co. S. Me. s.a.s.; b) il provvedimento in data 14 gennaio 2015 con cui essa ricorrente in primo grado era stata esclusa dalla gara.

Con la sentenza in epigrafe il Tribunale amministrativo adito ha accolto il ricorso e ha conseguentemente annullato i provvedimenti impugnati, altresì condannando il Comune di (omissis) a risarcire la ricorrente in primo grado del danno correlato alla mancata esecuzione dell’appalto.

La sentenza in questione è stata impugnata in appello dal Comune di (omissis) il quale ne ha chiesto la riforma articolando i seguenti motivi:

A) Sulla legittimità degli atti impugnati in primo grado e, quindi, sulla erroneità della statuizione resa sul punto dal T.A.R.

I – Error in iudicando – Violazione di legge (artt. 38 e 48 del d.lgs. n. 163/2006 – art. 97. Cost.) – Eccesso di potere (Difetto assoluto del presupposto, di istruttoria – Erroneità manifesta);

II – Error in iudicando – Violazione di legge (art. 49 d.lgs. 163/2006 – art. 88 d.P.R. n. 207/2010 – art. 97 Cost.) – Eccesso di potere (Difetto assoluto del presupposto, di istruttoria – Erroneità manifesta);

B) Sulla condanna al risarcimento del danno.

III – Error in procedendo – Violazione di legge (art. 124 c.p.a. – Violazione dell’art. 2607 c.c.).

Si è costituita in giudizio la ricorrente in primo grado De. la quale ha concluso nel senso della reiezione dell’appello.

Si è altresì costituita in giudizio la Co. S. Me. la quale ha concluso nel senso dell’accoglimento dei primi due motivi di appello e della reiezione del terzo, “nella parte in cui è diretto ad affermare una pretesa corresponsabilità dell’aggiudicataria nell’evento dannoso e, dunque, una sua responsabilità solidale nei confronti della De.”.

Alla pubblica udienza del 6 ottobre 2016 il ricorso è stato trattenuto in decisione.

DIRITTO

1. Giunge in decisione l’appello proposto al Comune di (omissis) (AV) (il quale aveva indetto una gara per lavori di ristrutturazione degli impianti termini nelle scuole comunali e per la realizzazione di un impianto di riscaldamento da fonte geotermica) avverso la sentenza del T.A.R. della Campania – Sezione staccata di Salerno – con cui è stato accolto il ricorso proposto dalla De. esclusa dalla gara e, per l’effetto, è stato disposto l’annullamento del provvedimento di esclusione e la condanna del Comune al ristoro del danno patito dalla società ricorrente in primo grado per non aver potuto eseguire l’appalto.

2. Con il primo motivo di appello il Comune di (omissis) chiede la riforma della sentenza in epigrafe per la parte in cui i primi giudici hanno ritenuto che il provvedimento di esclusione in data 14 gennaio 2015, impugnato con i motivi aggiunti di primo grado, fosse violativo dell’articolo 38, comma 1, lettera g) del decreto legislativo 12 aprile 2006, n, 163 (ratione temporis applicabile alla vicenda per cui è causa), secondo cui l’esclusione dalla gara viene disposta quando il concorrente ha commesso “violazioni gravi, definitivamente accertate, rispetto agli obblighi relativi al pagamento delle imposte e tasse, secondo la legislazione italiana o quella dello Stato in cui sono stabiliti”.

Il T.A.R. ha ritenuto, in particolare, che nel caso in esame difettasse il presupposto della definitività dell’accertamento, il quale mancherebbe nelle ipotesi in cui – come nel caso in esame – siano ancora pendenti i termini per la presentazione del rimedio giurisdizionale (il quale, nel caso in parola, era stato oltretutto proposto).

L’assenza di un accertamento dotato del carattere di definitività risulterebbe inoltre confermato dal sopravvenuto provvedimento di annullamento di iscrizione a ruolo dell’Eq. Su. s.p.a. in data 3 marzo 2015.

Il Comune appellante lamenta che, in tal modo decidendo, i primi giudici avrebbero omesso di considerare che, al contrario, la documentazione in atti deponesse in modo univoco nel senso della sussistenza di violazioni gravi e definitivamente accertate agli obblighi tributari che avrebbero impedito alla De. di partecipare alla gara.

2.1. Il motivo è fondato.

In punto di fatto giova osservare:

– che, con nota in data 17 ottobre 2014, il competente Ufficio territoriale dell’Agenzia delle Entrate ebbe ad attestare che nei confronti della De. sussistessero “violazioni rispetto agli obblighi relativi al pagamento di imposte e delle tasse definitivamente accertate”;

– che, se è vero che in favore dell’appellata era stata disposta in data 3 ottobre 2011 la sospensione del carico tributario residuo (pari ad euro 148.383,51), è parimenti vero che in data 6 novembre 2014 la disposta sospensione era stata revocata dallo stesso Ufficio territoriale con provvedimento notificato il successivo 12 novembre;

– che il tardivo pagamento da parte dell’appellata della rata n. 7 disposta in suo favore in relazione al pregresso carico tributario aveva comportato in suo danno la decadenza dal beneficio della rateizzazione (articolo 3-bis, comma 4 del decreto legislativo 18 dicembre 1997, n. 462), con effetto del tutto automatico e non ulteriormente deducibile in giudizio (in tal senso, l’articolo 19 del decreto legislativo 31 dicembre 1992, n. 546). Pertanto, alla data del 12 novembre 2014 la violazione in questione doveva considerarsi “definitivamente accertata” ad ogni effetto di legge. Né depone in senso opposto (e diversamente da quanto affermato dalla De.) la circostanza per cui alla data del 4 dicembre 2014 il richiamato provvedimento di revoca non risultasse ancora ‘caricatò sui sistemi informativi dell’Agenzia delle Entrate. Si osserva al riguardo che, pacifico essendo il dato storico relativo a tale revoca, la sua mancata presenza nei sistemi informativi dell’amministrazione debba essere spiegato sulla base di un fisiologico ritardo (di alcune settimane) nelle attività di caricamento. Al contrario, il mancato tempestivo aggiornamento dei sistemi informatici non può deporre nel senso di privare di rilievo il richiamato dato storico e la sua univoca valenza ai fini del decidere;

– che l’effetto decadenziale connesso al mancato pagamento di una rata assumeva carattere di definitività e di sostanziale inoppugnabilità sulla base delle disposizioni dinanzi richiamate (si tratta dell’articolo 3-bis, comma 4 del decreto legislativo n. 462 del 1997 e dell’articolo 19 del decreto legislativo n. 546 del 1992), non potendo lo stesso carattere essere revocato in dubbio sulla base della proposizione di un ricorso di impugnazione in data 12 gennaio 2015;

– che la cartella di pagamento sottesa all’iniziale rateizzazione non risulta ab initioimpugnata;

– che, in definitiva, nei confronti dell’appellante risultava carente il necessario requisito della regolarità fiscale quanto meno per il periodo che va dal 12 novembre 2014 (data in cui era divenuta efficace la revoca della sospensione del carico tributario già disposta in favore dell’appellata data 3 ottobre 2011) sino al 19 novembre 2014 (data in cui era stata concessa una nuova rateizzazione). Ne risultava in tal modo compromesso, oltretutto, il necessario carattere di continuità nel possesso del requisito in questione.

2.2. Si osserva inoltre che, anche a non voler tenere conto del contenuto dell’atto dell’Agenzia delle Entrate – Direzione Provinciale di Napoli in data 12 settembre 2016 (depositato in atti dal Comune appellante il successivo 20 settembre e del quale la De. ha chiesto lo stralcio), risulta comunque confermato che, dalla data del 6 novembre 2014 sino al 18 novembre 2014, la società appellata risultasse in effetti priva del requisito della regolarità fiscale per effetto del richiamato provvedimento di revoca del precedente atto di sospensione del carico fiscale (sospensione dalla quale, peraltro, l’appellata era decaduta a causa del ritardato pagamento di una delle rate).

2.3. Ora, ai sensi del comma 2 dell’articolo 38 del decreto legislativo n. 163 del 2006, la previsione espulsiva di cui al comma 1, lettera g) deve essere intesa nel senso: a) che si intendono gravi le violazioni che comportano un omesso pagamento di imposte e tasse per un importo superiore all’importo di cui all’articolo 48-bis, commi 1 e 2-bis, del decreto del Presidente della Repubblica 29 settembre 1973, n. 602 (i.e.: per oltre diecimila euro); b) che costituiscono violazioni definitivamente accertate quelle relative all’obbligo di pagamento di debiti per imposte e tasse certi, scaduti ed esigibili.

La giurisprudenza di questo Consiglio ha chiarito che la predeterminazione legale dei richiamati parametri di gravità e definitività priva il giudice della possibilità di apprezzarne il contenuto concreto, una volta che le violazioni medesime siano state in concreto accertate (in tal senso -ex multis -: Cons. Stato, V, 20 febbraio 2012, n. 907).

2.3.1. Ebbene, quanto al primo aspetto è pacifico in atti che l’insoluto tributario riferibile alla società appellata fosse superiore al ridetto ammontare di diecimila euro.

2.3.2. Per quanto riguarda, poi, il secondo aspetto, risulta in atti che, a seguito della revoca della sospensione del carico tributario precedentemente accordata (provvedimento in data 6 novembre 2014), la società appellata risultasse inadempiente rispetto agli obblighi tributari da considerarsi – appunto – “certi, scaduti ed esigibili”.

2.4. Concludendo sul punto, il primo motivo di appello deve essere accolto e, conseguentemente, deve essere respinto il ricorso per motivi aggiunti di primo grado con il quale era stata disposta l’esclusione della De. dalla gara per la ragione ostativa di cui all’articolo 38, comma 1, lettera g) del previgente Codice dei contratti.

3. Ma se la ricorrente in primo grado avrebbe dovuto essere esclusa dall’appalto per cui è causa (rectius: non avrebbe neppure potuto chiedere di parteciparvi, in carenza di una specifica condizione legittimante), non sussiste in capo ad essa uno specifico interesse a contestare l’aggiudicazione che il Comune appellante ha disposto in favore della Co. Sa. Me..

Anche sotto tale aspetto, quindi, la sentenza in epigrafe deve essere riformata e deve essere dichiarata l’inammissibilità del ricorso di primo grado.

4. Da quanto sin qui esposto emerge anche la necessità di riformare la sentenza in epigrafe per la parte in cui ha condannato il Comune di (omissis) al ristoro del danno asseritamente patito della De. in conseguenza degli atti impugnati in primo grado.

Al riguardo ci si limita ad osservare che, in base a quanto appena rappresentato, difettano nel caso di specie i presupposti per configurare un illecito foriero di danno e, segnatamente, gli elementi costitutivi della fattispecie oggettiva di un illecito potenzialmente risarcibile.

5. In base a quanto esposto l’appello in epigrafe deve essere accolto e conseguentemente, in riforma della sentenza appellata, deve essere respinto il ricorso per motivi aggiunti proposto avverso il provvedimento di esclusione (il quale risulta esente dai rubricati profili di illegittimità), deve essere dichiarato inammissibile (stante l’assenza di uno specifico interesse alla sua proposizione) il ricorso principale di primo grado e deve essere respinta, in quanto carente dei necessari presupposti, la domanda risarcitoria.

Sussistono tuttavia giusti ed eccezionali motivi per disporre l’integrale compensazione delle spese di lite fra le parti.

P.Q.M.

Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale (Sezione Quinta) definitivamente pronunciando sull’appello, come in epigrafe proposto, lo accoglie e per l’effetto, in riforma della sentenza in epigrafe: i) respinge il ricorso per motivi aggiunti di primo grado; ii) dichiara inammissibile il ricorso principale di primo grado e la domanda risarcitoria in tale sede proposta.

Spese del doppio grado compensate.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.

Così deciso in Roma nella camera di consiglio del giorno 6 ottobre 2016 con l’intervento dei magistrati:

Carlo Saltelli – Presidente

Claudio Contessa – Consigliere, Estensore

Paolo Giovanni Nicolò Lotti – Consigliere

Luigi Massimiliano Tarantino – Consigliere

Oreste Mario Caputo – Consigliere

Leave a Reply

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *