Palazzo-Spada

Consiglio di Stato

sezione V

sentenza 5 dicembre 2014, n. 6026

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

IL CONSIGLIO DI STATO

IN SEDE GIURISDIZIONALE

SEZIONE QUINTA

ha pronunciato la presente

SENTENZA

sul ricorso numero di registro generale 5850 del 2005, proposto dal Comune di Castel Volturno, rappresentato e difeso dall’avvocato Vi.Co., con domicilio eletto presso il signor Cl.Pa. in Roma, via (…);

contro

I signori Ma.Fr. e Ma.Gi., rappresentati e difesi dagli avvocati An.To. e Fr.Ta., con domicilio eletto presso la signora L.Ro., in Roma, via (…);

per la riforma

della sentenza del T.A.R. Campania- Napoli, Sez. VII, n. 4559/2005, resa tra le parti, concernente un diniego del comune ad avviare le procedure per l’acquisto di aree demaniali.

Visti il ricorso in appello e i relativi allegati;

Viste le memorie difensive;

Visti tutti gli atti della causa;

Relatore nell’udienza pubblica del giorno 12 novembre 2014 il Cons. Fabio Franconiero e uditi per la parte appellante l’avvocato D.Ve. per Vi.Co.;

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.

FATTO

1. Con ricorsi iscritti rispettivamente ai nn. di r.g. 2453 e 2456 del 2005, i sig.ri Gi. e Fr.Ma. impugnavano davanti al TAR Campania, Sede di Napoli, la delibera consiliare n. 31 del 16 dicembre 2004, con cui il Comune di Castel Volturno respingeva la loro richieste, formulate in qualità di titolari di due stabilimenti balneari (denominati “lido Felice” e “lido turistico Domitiano”), affinché l’amministrazione attivasse le procedure previste dalle leggi n. 177 del 1992 (“Norme riguardanti aree demaniali nelle province di Belluno, Como, Bergamo e Rovigo, per il trasferimento al patrimonio disponibile e successiva cessione a privati”) e n. 579 del 1993 (“Norme per il trasferimento agli enti locali ed alle regioni di beni immobili demaniali e patrimoniali dello Stato”), per il trasferimento in loro favore delle aree demaniali marittime sulle quali insistono le rispettive strutture fisse dei lidi balneari da loro gestite.

2. Riunite le impugnative, il giudice adito le giudicava fondate, ritenendo che l’amministrazione non avesse ottemperato alle proprie sentenze n. 1396 e 1397 del 22 febbraio 2003, con le quali, in accoglimento di altrettanti ricorsi dei due medesimi sig.ri Ma., aveva annullato i dinieghi originariamente loro opposti dal Comune sulle istanze di attivazione delle procedure ai sensi delle leggi citate e, con le sentenze nn. 15073 e 15704 del 21 ottobre 2004, rese su altrettanti ricorsi per l’ottemperanza alle pronunce del 2003, promossi dagli stessi ricorrenti, aveva conseguentemente ordinato di rideterminarsi.

3. Con la sentenza oggetto del presente appello, il TAR per la Campania ha in particolare censurato la mancata esplicitazione del diniego successivamente emesso con la delibera consiliare qui impugnata, statuendo che il Comune, “pur godendo di una facoltà ampiamente discrezionale in ordine all’acquisto di aree del demanio statale (come chiarito nelle suddette sentenze), non ha tuttavia concretamente esplicitato le ragioni del diniego, in relazione agli specifici argomenti indicati nelle medesime sentenze (di carattere finanziario, ambientale, paesistico, urbanistico, o alla luce di altri interessi, anche morali, del comune e della collettività di cui l’Ente Territoriale è esponente)”.

4. Per la riforma di questa statuizione propone appello il Comune di Castel Volturno.

5. Si sono costituiti in resistenza i sig.ri Ma..

All’udienza del 12 novembre 2014 la causa è stata trattenuta per la decisione.

DIRITTO

1. Nel presente appello il Comune di Castel Volturno si duole del fatto che il TAR non si sia avveduto che “l’area demaniale marittima per la quale gli appellati hanno diffidato il Comune a determinarsi è caratterizzata dalla presenza di manufatti abusivi che per il tempo di realizzazione e le caratteristiche strutturali non sono sanabili”.

L’amministrazione appellante soggiunge al riguardo che tra le stesse parti pende separato contenzioso davanti al medesimo TAR della Campania (r.g. n. 4086/2000), avente ad oggetto la propria ordinanza di demolizione delle strutture balneari (n. 65/2000), la cui efficacia è stata sospesa dal giudice adito, ai soli fini dell’esame della domanda di condono presentata dai sig.ri Ma. (ordinanza cautelare n. 845/2000) e successivamente respinta dall’amministrazione “per evidenti contrasti con la normativa urbanistica e paesaggistica locale e nazionale”.

Su questa base, il Comune di Castel Volturno evidenzia che l’unico interesse sotteso alla presente impugnativa dai sig.ri Ma. consiste nel conseguire in questo modo la sanatoria degli abusi da loro commessi e critica quindi la decisione di primo grado, in cui è stata giudicata inadeguata la motivazione del provvedimento impugnato e degli atti presupposti, il quali, tuttavia, secondo l’amministrazione appellante, offrono un quadro completo di tutta la vicenda e danno adeguato conto delle ragioni ostative all’accoglimento delle istanze dei ricorrenti.

2. Con un’ulteriore censura, il Comune di Castel Volturno si duole dell’errata interpretazione della legge n. 579/1993 da parte del TAR. Sul punto, l’amministrazione osserva che la normativa in essa contenuta consente la cessione di beni del demanio dello Stato ai privati, ed in particolare dei beni facenti parte del litorale nel proprio territorio, richiedendo tuttavia il necessario coinvolgimento dei Comuni nel cui territorio i beni sono situati, al fine di consentire a questi ultimi una valutazione caso per caso dei presupposti per addivenire ad una simile operazione.

3. Così riassunta la prospettazione alla base dell’appello, la stessa è pienamente condivisa dal Collegio.

4. Deve innanzitutto essere ricostruito il contenuto della delibera impugnata nel presente giudizio e gli atti ad essa connessi.

In particolare, nella proposta dell’assessore competente, fatta propria dalla delibera impugnata nel presente contenzioso, si dà atto delle sentenze del TAR Campania sopra citate, emesse nei giudizi di cognizione ed all’esito dei successivi ricorsi per l’ottemperanza da parte dei sig.ri Ma., comportanti l’obbligo di adottare un provvedimento espresso sulle istanze di questi ultimi.

Ciò nondimeno, nella narrativa del parere l’assessore premette che “il Comune non ha un obbligo ma una facoltà ampiamente discrezionale di acquistare le aree demaniali marittime di cui alle citate sentenze” e conclude per l’inopportunità della cessione del demanio marittimo dello Stato a privati, richiamando infine “tutte le precedenti forme di diniego già espresse da questo Comune in merito all’applicazione delle procedure di cui alle Leggi n. 177/92 e 579/93”. Il dispositivo della proposta reca quindi l’espressione del dissenso dell’amministrazione al trasferimento agli odierni appellati delle aree demaniali marittime sulle quali sorgono i loro stabilimenti balneari, “poiché trattasi di demanio necessario dello Stato la cui destinazione non può che essere quella prevista da esigenze normative statali, regionali, paesaggistiche, demaniali e militari”.

5. Ciò precisato in fatto, il Collegio reputa opportuno svolgere una ricognizione della normativa rilevante nella presente fattispecie, la quale è costituita dal combinato della l. n. 579/1993 con la precedente l. n. 177/1992, concernente la vendita di aree demaniali ricadenti nei territori delle province di Belluno, Como, Bergamo e Rovigo, ma richiamata dalla prima all’art. 8, comma 1, lett. c), relativamente al compendio immobiliare su cui sorgono gli stabilimenti balneari gestiti dagli odierni appellati.

Ebbene, l’art.1 comma 1, della prima delle leggi in questione stabilisce che il Ministro delle finanze “è autorizzato a trasferire, con propri decreti, agli enti locali territoriali i beni del demanio pubblico e del patrimonio indisponibile dello Stato dei quali gli enti suddetti facciano richiesta per la realizzazione di opere o per lo svolgimento di attività di interesse pubblico di propria competenza e che risultano alla data di emanazione del decreto non utilizzati in conformità al soddisfacimento degli interessi pubblici cui sono destinati”.

Il successivo art. 3 demanda al Ministro delle finanze, in sede di autorizzazione alla cessione a trattativa privata, di valutare “i presupposti di cui alla presente legge e la compatibilità della richiesta con i vincoli urbanistici e con quelli a tutela di interessi ambientali, paesaggistici, storici e artistici gravanti sul bene da trasferire”, mentre gli artt. 4 e 5 prevedono rispettivamente, che all’atto di cessione sia allegato “il progetto di massima dell’opera o dell’attività che l’ente cessionario si impegna a realizzare o a svolgere”, e che i beni così ceduti “restano assoggettati ai vincoli urbanistici e a quelli a tutela di interessi ambientali, paesaggistici, storici e artistici”.

6. E’ dunque evidente, in primo luogo, che le uniche finalità in presenza delle quali è consentita la cessione sono date dalla realizzazione di opere pubbliche o di pubblico interesse.

A diversa conclusione non può pervenirsi per il fatto che l’art. 6, comma 1, lett. c), della legge in esame prevede che in sede di prima applicazione sia ceduto il “compendio demaniale e patrimoniale insistente sul litorale e a ridosso del lido compreso nel territorio del comune di Castel Volturno (Caserta)”, perché la disposizione ha cura di specificare che tale cessione debba avvenire “secondo le disposizioni e alle condizioni di cui agli articoli 2, 3, 4, 5 e 8”.

Esaminati gli artt. 3, 4 e 5, l’art. 8 parimenti citato prevede quale ulteriore condizione per la cessione del litorale compreso nel Comune odierno appellante la realizzazione del “fine di conservare la destinazione che hanno i beni nel demanio e nel patrimonio dello Stato”, richiamandosi sul punto la l. n. 177 del 1992.

L’art. 1 di quest’ultima legge prevede a sua volta il trasferimento ai Comuni ivi espressamente elencati la cessione di aree demaniali su cui siano state eseguite in epoca antecedente al 31 dicembre 1983 “opere di urbanizzazione da parte di enti o privati cittadini, a seguito di regolare concessione o anche in assenza di titolo alcuno, e quelle ancorché non edificate, ma comunque in possesso pacifico di privati”, mentre l’art. 6 fa conseguire dalla cessione prevista l’effetto di “sanatoria agli effetti urbanistici”.

7. In base alla ricognizione finora svolta emerge la fondatezza dell’appello del Comune di Castelvolturno, sotto un duplice profilo.

8. In primo luogo, nel caso di specie le istanze degli odierni appellati sig.ri Ma. volte ad avviare le procedure di cui alla l. n. 579/1993 non sono finalizzate dall’esigenza di stimolare l’amministrazione civica a promuovere la realizzazione sui beni demaniali di opere di interesse collettivo, al fine di conseguire la sanatoria abusi commessi, oggetto dal parallelo contenzioso tra le parti in causa, ma solo ed esclusivamente per conseguire il beneficio in questione, senza alcuna “contropartita” per la collettività.

9. Inoltre, diversamente da quanto ritenuto dal TAR, la motivazione dei provvedimenti impugnati è più che adeguata a dare conto dell’insussistenza dei presupposti di legge per avviare le procedure di cessione, mediante il richiamo ai precedenti dinieghi già opposti ed all’esigenza, chiaramente espressa, di salvaguardare la destinazione dei beni del demanio marittimo ed impedire in questo modo la legalizzazione di violazioni di carattere non solo urbanistico, ma anche paesaggistico, non inclusi nell’effetto di sanatoria disposto dall’art. 6 l. n. 177/1992, richiamato dall’art. 8, comma 1, lett. c), l. n. 579/1993.

10. Con ciò, l’amministrazione ha quindi esplicitato dirimenti ragioni ostative – effettivamente sussistenti – all’accoglimento delle istanze degli originari ricorrenti, in modo del tutto conforme con la portata dell’obbligo di motivazione del provvedimento amministrativo ex art. 3 l. n. 241/1990. Infatti, secondo l’orientamento ormai consolidato di questo Consiglio di Stato, puntualmente citato dal Comune in memoria conclusionale, l’art. 3 citato è ormai inteso in un’accezione funzionale, in virtù della quale, rifuggendosi da posizioni di carattere formalistico, sono rispettosi della disposizione in esame i provvedimenti contenenti l’esternazione di ragioni in misura e con modalità tali da consentire al cittadino la ricostruzione dell’iter logico e giuridico attraverso cui l’amministrazione si è determinata ad adottare un dato provvedimento (da ultimo: Sez. IV, 14 maggio 2014, n. 2502, 16 gennaio 2014, n. 137, 10 luglio 2013, n. 3670, 4 giugno 2013, n. 3070, 26 marzo 2013, n. 1715; Sez. V, 21 giugno 2013, n. 3402; Sez. VI, 15 ottobre 2013, n. 5008).

11. In conclusione, in accoglimento dell’appello, la sentenza di primo grado deve essere riformata, dovendosi respingere i ricorsi riuniti dei sig.ri Ma. (nn. di r.g. 2453 e 2456 del 2005).

Le spese del presente grado di giudizio (il Comune non si è infatti costituito davanti al TAR) seguono la soccombenza e sono liquidate in dispositivo.

P.Q.M.

Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale – Sezione Quinta – definitivamente pronunciando sull’appello n. 5850 del 2005, come in epigrafe proposto, lo accoglie e per l’effetto, in riforma della sentenza impugnata, respinge i ricorsi di primo grado nn. di r.g. 2453 e 2456 del 2005.

Condanna gli appellati sig.ri Gi. e Fr.Ma. a rifondere al Comune di Castel Volturno le spese di causa, liquidate in Euro 7.000,00, oltre al contributo unificato ed agli altri accessori di legge.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.

Così deciso in Roma nella camera di consiglio del giorno 12 novembre 2014 con l’intervento dei magistrati:

Luigi Maruotti – Presidente

Carlo Saltelli – Consigliere

Fabio Franconiero – Consigliere, Estensore

Luigi Massimiliano Tarantino – Consigliere

Raffaele Prosperi – Consigliere

Depositata in Segreteria il 5 dicembre 2014.

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