Consiglio di Stato, sezione VI, sentenza 19 giugno 2017, n. 2977

Dall’art. 49 del D.Lgs. 163/2006, s’evince l’obbligo che l’oggetto del contratto di avvalimento sia determinato mediante la compiuta indicazione delle risorse e dei mezzi prestati, oppure che tali elementi siano facilmente determinabili dal contesto in cui è maturato l’accordo; pertanto, non è possibile giungere ad un’interpretazione volta a sancire la nullità del contratto, se non mercé una previa un’indagine circa gli elementi essenziali del contratto di avvalimento sulla base delle generali regole interpretative sancite dal codice civile, ed in particolare sulla scorta degli artt. 1363 e 1367 c.c.

Consiglio di Stato

sezione VI

sentenza 19 giugno 2017, n. 2977

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Consiglio di Stato

in sede giurisdizionale

Sezione Sesta

ha pronunciato la presente

SENTENZA

sul ricorso n. 2242/2017 RG, proposto dalla Te. Re. e Se. s.r.l., corrente in Siena, in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentata e difesa dagli avvocati Fa. Pi. e Do. Ia., con domicilio eletto in Roma, corso (…), presso lo studio Gr. & As.s.r.l.,

contro

l’Università degli studi di Siena, in persona del Rettore pro tempore, rappresentata e difesa per legge dall’Avvocatura generale dello Stato, domiciliata in Roma, via (…) e

nei confronti di

Te. It. s.p.a., corrente in Milano, in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentata e difesa dagli avvocati An. Li. e Ma. Ma., con domicilio eletto in Roma, via (…),

per la riforma

della sentenza del TAR Toscana, sez. II, n. 1802/2016, resa tra le parti e concernente la determina dirigenziale recante l’aggiudicazione definitiva all’appellante incidentale del servizio di connettività della rete metropolitana universitaria;

Visti il ricorso in appello e i relativi allegati;

Visti gli atti di costituzione in giudizio delle parti intimate;

Visti tutti gli atti della causa;

Visti gli artt. 74 e 120, c. 10, c.p.a.;

Relatore all’udienza pubblica dell’8 giugno 2017 il Cons. Silvestro Maria Russo e uditi altresì, per le parti, gli avvocati Co. (per delega dell’avv. Pi.) e Li. e l’Avvocato dello Stato Al. Ur. Ne.;

Ritenuto in fatto e considerato in diritto quanto segue:

FATTO e DIRITTO

1. Con bando del 24 dicembre 2015, l’Università degli studi di Siena ha indetto la procedura aperta, da aggiudicare all’offerta economicamente più vantaggiosa, per la realizzazione e l’affidamento triennale (rinnovabile fino a due volte) del servizio di connettività dati Layer 2 destinato al trasporto di traffico dati e voce tra le sedi universitarie, compresi il supporto, la garanzia e la manutenzione con intervento on site entro il giorno lavorativo, per un importo complessivo a base d’asta pari a € 1.575.000,00, oltre IVA.

A tal procedura hanno partecipato, proponendo offerta, la Te. s.p.a., corrente in Milano e la Te. Re. e Se. s.r.l., corrente in Siena. In esito alla gara, la Te. s’è collocata al primo posto della graduatoria di merito, onde ad essa il 22 marzo 2016 l’Università degli studi di Siena ha aggiudicato l’appalto de quo.

2. Avverso tal provvedimento e gli atti di gara la Te. è insorta innanzi al TAR Toscana, col ricorso n. 606/2016 RG, deducendo: 1) – l’esclusione dalla gara per incongruità dell’offerta tecnica Te. rispetto al requisito essenziale della ridondanza (capacità del sistema di mantenere costante l’efficienza del servizio anche in caso di guasto), poiché essa, a differenza di quella attorea, in caso d’avaria d’un canale non garantirebbe la velocità minima prescritta per la trasmissione dati; 2) – l’esclusione dalla gara per incompletezza della prescritta descrizione dettagliata delle opere da effettuare o riutilizzare, all’uopo non potendo bastare il mero rinvio alle risorse già installate dalla Te. quale appaltatrice uscente dell’Università; 3) – la manifesta erroneità del punteggio assegnato dal seggio di gara all’offerta tecnica Te., nonostante le numerose carenze; 4) – in via subordinata, sei articolati mezzi di gravame miranti all’annullamento dell’intera procedura.

Dal canto suo, la Te. ha proposto gravame incidentale, contestando l’ammissione a gara di Te., perché: I) – i due contratti di avvalimento di essa con le ausiliare SI. s.r.l. e IN. s.r.l. erano generici ed imprecisi; II) – queste ultime erano sprovviste a loro volta dei requisiti oggetto di avvalimento (ossia l’idoneità alla fornitura ed all’installazione delle apparecchiatura risultante dalla dichiarazione del produttore); III) – in subordine, l’inammissibilità dell’offerta tecnica della ricorrente principale proprio in base all’interpretazione della lex specialis sostenuta nel 3° motivo.

Nelle more di quel giudizio, con nota prot. 23511-x/4 del 21 giugno 2016, la stazione appaltante, in esito alla verifica ex art. 48 del Dlg 12 aprile 2006 n. 163, ha disposto l’esclusione di Te. dalla gara. Tanto a causa dell’omessa dimostrazione circa l’effettivo possesso dei requisiti oggetto di avvalimento dalle due ausiliarie SI. s.r.l. e IN. s.r.l. Sicché il 19 luglio successivo la ricorrente ha notificato un atto per motivi aggiunti, impugnando tal sua esclusione e deducendo l’illegittimità in sé di quello stesso requisito di capacità tecnica che essa ha dichiarato di non possedere e ha così dedotto in avvalimento, nonché l’erroneità di tal esclusione con riguardo al pieno soddisfacimento, da parte di entrambe le imprese ausiliarie e ciascuna per suo conto, dei requisiti imprestati mediante l’avvalimento. La ricorrente incidentale ha concluso per l’inammissibilità del I motivo aggiunto (in quanto rivolto a contestare solo ora l’illegittimità di regole di ammissione alla gara) e, nel merito, l’infondatezza dei due motivi aggiunti.

3. Con la sentenza n. 1802 del 20 dicembre 2016, l’adito TAR ha dichiarato tardivo il I motivo aggiunto principale (l’impugnata esclusione avendo preso le mosse da una clausola ben chiara, di semplice interpretazione, immediatamente lesiva e fondata sull’art. 42 del Dlg 163/2006, cioè sulla facoltà della stazione appaltante di fissare i requisiti di capacità tecnica e professionale), ha respinto il II motivo aggiunto (essendosi verificato, nella specie, un caso di avvalimento c.d. “a cascata” tra la Te. e l’ausiliaria SI. s.r.l.) e ha assorbito ogni altra questione (stante la conferma della disposta esclusione di essa dalla gara).

Appella quindi detta Società, col ricorso in epigrafe, deducendo l’erroneità dell’impugnata sentenza in base a tre articolati gruppi di motivi, rivolti a far constare: a) – il primo l’erronea applicazione dei principi sull’impugnazione delle clausole immediatamente escludenti, nonché la non corretta individuazione delle norme della lex specialis che fissano i requisiti speciali di partecipazione alla gara de qua; b) – il secondo la declaratoria d’improcedibilità del ricorso principale pure nella parte in cui aveva proposto motivi per ottenere l’esclusione della Te. dalla gara stessa; c) – il terzo l’integrale ribadizione di tutti e nove motivi di primo grado.

Resiste in giudizio l’intimato Ateneo, concludendo per il rigetto dell’appello. Pure la Te. si è costituita nel presente giudizio, eccependo anzitutto l’omessa intimazione delle imprese ausiliarie, nonché l’inammissibilità e l’infondatezza dell’appello.

Alla pubblica udienza dell’8 giugno 2017, su conforme richiesta delle parti, il ricorso in epigrafe è assunto in decisione dal Collegio.

4. Non convince affatto la questione preliminare che l’aggiudicataria solleva in questa sede, al fine di contestare l’omessa intimazione, da parte dell’appellante, delle proprie imprese ausiliarie e ciò, appunto, il principio di diritto sancito dalla Sezione (cfr. Cons. St., VI, 31 luglio 2014 n. 4056).

Al riguardo, la regola è: perlopiù, in un giudizio amministrativo sull’aggiudicazione di un contratto ad evidenza pubblica, l’impresa ausiliaria, di cui il partecipante alla gara s’è voluto avvalere, non è comunque da considerare un litisconsorte o un controinteressato. L’eccezione, che subito dopo la Sezione predica, è invece: vi sono casi particolari, ove le censure poste in ricorso e le conseguenti statuizioni recate dalla sentenza non si limitano a com’è fatto il contratto di avvalimento, investendo direttamente la posizione e la capacità stessa dell’impresa ausiliaria a “prestare” i suoi requisiti alla impresa che intende avvalersene.

In primo grado, dice Te., s’è verificata proprio tal ultima vicenda. Il ricorso incidentale, la disposta esclusione dell’odierna appellante ed i motivi aggiunti di essa hanno appunto dibattuto (per vero più per SI. s.r.l. che per l’altra impresa – ND.) sulla carenza in proprio del requisito oggetto d’avvalimento da parte delle ausiliarie stesse. Tant’è che Te. ha notificato il proprio ricorso incidentale, ribadito in questa sede ai sensi dell’art. 101, c. 2, c.p.a., anche alle due ausiliarie, al fine di tenere integro il contraddittorio processuale.

Ma questo era un suo onere, appunto perché essa ha fatto constare le carenze specifiche di queste ultime. Per contro, l’appellante afferma il contrario, onde, nei confronti delle sue ausiliarie, si pone come cointeressata e non come contradditrice e, quindi, agisce per suo esclusivo interesse, al di là di ogni altro o diverso atteggiamento delle ausiliarie stesse.

5. Nel merito, l’appello non ha pregio e va disatteso, per le ragioni qui di seguito indicate.

Circa il primo motivo d’appello, la Te. s.r.l. lamenta che la lex specialis avrebbe violato l’art. 39 del Dlg 163/2006 nell’inserire, tra i requisiti speciali di capacità professionale, l’idoneità tecnica alla fornitura ed all’installazione, requisito, questo, neppure contemplato dalla legge.

Al riguardo, una precisazione preliminare è d’obbligo: la lex specialis di gara aveva indicato in un modo ben chiaro e, ad una sua serena lettura, non equivocabile i requisiti soggettivi d’idoneità professionali, tra cui, in particolare, proprio l’esser “…idonei alla fornitura, all’installazione e alla configurazione degli apparati…”.

Parimenti chiaro è stato fin da subito l’obbligo delle imprese partecipanti di produrre, a pena di esclusione, “… una dichiarazione… rilasciata dalla Ditta produttrice… all’Operatore concorrente…”, che attestasse tale idoneità specifica. Come si vede, non è revocabile in dubbio che la regola di partecipazione comminasse la sanzione espulsiva il mancato possesso, debitamente attestato dal produttore, della capacità di fornire, installare e configurare gli apparati richiesti. Non v’è spazio per interpretazioni differenti, non v’è appiglio giuridico per evitare la sanzione applicabile ove non si possieda tal requisito, non vi sarebbe potuto esser altro rimedio che l’immediata impugnazione di detto requisito ove fosse stato reputato irrazionale, sproporzionato o discriminatorio.

Sia pur in modo secco e contrariamente a quanto asserisce l’appellante, l’impugnata sentenza ha giustamente ritenuto tardiva l’impugnazione in sede di gravame contro l’aggiudicazione e corretta l’apposizione della clausola d’idoneità tecnica stante la discrezionalità della stazione appaltante al riguardo. Tal statuizione sulla tardività, ben lungi dall’assecondare un’interpretazione rigidamente capziosa della lex specialis o dal legittimare una clausola “nulla”, non ha fatto se non ribadire la consolidata giurisprudenza sull’impugnazione di clausole del bando.

5.1. E si badi: l’appalto de quo può anche esser considerato nel suo complesso come di servizi, ma in realtà esso è misto, di forniture di apparati e di servizi di telecomunicazioni, poiché l’appaltatore non si limita a gestire il servizio di connessione e ad effettuarne la manutenzione, ma è tenuto anche a realizzarne l’infrastruttura occorrente.

Sicché non bastano i requisiti di fatturato per analoghi servizi di telecomunicazioni per qualificare i partecipanti alla gara per cui è causa. In linea di principio, rientra nella discrezionalità della stazione appaltante fissare i requisiti, anche tecnici, di partecipazione ad una gara ad evidenza pubblica, negli ovvi e noti limiti della ragionevolezza (in sé) e della proporzionalità (o, meglio, congruenza) rispetto ai fini perseguiti con la gara stessa. Il rigoroso rispetto di tali principi rappresenta il punto di equilibrio tra tutte le esigenze coinvolte in tale tipo di gara, affinché non si restringa oltre modo la platea dei potenziali concorrenti e non si precostituiscano rendite di posizione (specie ad indebito vantaggio dell’appaltatore uscente), ma sia pure rassicurata la stazione appaltante a contrarre con imprese qualificate anche sull’infrastruttura di rete.

5. 2. Ma anche ad ammettere che fosse illegittima, la clausola de qua è stata assistita dalla sanzione espulsiva (poi irrogata) e, per la sua efficacia con ogni evidenza escludente, andava contestata ab initio.

È invero jus receptum (cfr. Cons. St., III, 16 ottobre 2013 n. 5035; id., 1° agosto 2014 n. 4067; id., 2 maggio 2017 n. 2014) che l’onere di immediata impugnazione delle clausole di un bando di gara sussiste in tutti i casi in cui le stesse impediscono per i concorrenti la partecipazione alla gara e siano lesive dei principi essenziali della evidenza pubblica, tra cui l’alterazione della concorrenza e della par condicio (cfr.Cons. St., V, 18 giugno 2015 n. 3104), la fissazione di indebiti requisiti d’ammissione (la cui carenza impedisca da subito la partecipazione) o la determinazione di oneri manifestamente incomprensibili o del tutto sproporzionati o tali da impedire la stessa formulazione dell’offerta (cfr. Cons. St., III, 10 giugno 2016 n. 2507).Rettamente, quindi, le parti intimate in varia guisa eccepiscono, proprio per quanto attiene all’omessa produzione della dichiarazione del produttore circa la predetta idoneità tecnica, che l’appellante, ove avesse voluto partecipare alla gara senza siffatta dichiarazione (direttamente o per tramite l’avvalimento di un’impresa terza), non avrebbe potuto sottrarsi all’onere d’impugnarla allora e non all’esito di un provvedimento che, instaurata la gara, costituisce atto dovuto in esecuzione dell’ormai indiscutibile clausola espulsiva.

È appena da soggiungere che, in ogni caso, la predicata “nullità” di detta clausola ex art. 46, c. 1-bis del Dlg 163/2006, affermata essenzialmente per sfuggire alla decadenza per l’impugnazione tardiva, è mera petizione di principio.

Non sfugge certo che la norma pone il ben noto principio di tassatività delle cause di esclusione che, ammesse solo “… in caso di mancato adempimento alle prescrizioni previste dal presente codice e dal regolamento…”, di talché “… i bandi e le lettere di invito non possono contenere ulteriori prescrizioni a pena di esclusione…”, le quali sono comunque nulle. Ma neppure va sottaciuto che, nel caso in esame, si controverte del mancato e non provato possesso dei requisiti speciali ex artt. 39/42 del Dlg 163/2006, in sede di verifica di cui al successivo art. 48. La relativa vicenda integra il caso del “… mancato adempimento alle prescrizione previste…” dal decreto n. 163 stesso ed un tal risultato non è revocato in dubbio dall’assunto attoreo per cui il requisito d’idoneità tecnica, com’è posto dal disciplinare di gara, non rientra tra quelli “tassativamente” consentiti dagli artt. 39 e 42 del decreto n. 163.

6. Vano è, dunque, il tentativo dell’appellante di reputare nulla la clausola de qua, non solo perché non sussiste tal nullità, ma per la tranciante ragione che detta Società vi ha prestato piena e ben consapevole acquiescenza, pur a fronte dell’effetto lesivo escludente che essa ha assecondato per concludentia, onde inammissibile è la doglianza avverso un requisito di tal fatta dopo aver cercato di ottenerlo senza riserve.

Infatti, l’appellante, essendo sprovvista appunto di tal requisito ben noto e solo ora contestato, s’è avvalsa dei requisiti all’uopo posseduti dalla SI. s.r.l. (per le apparecchiature di marca RA. Data Communication) e dalla IN. s.r.l. (per quelle di marca Hu.), fornendo sul punto la prescritta dichiarazione. È accaduto, però, che entrambi gli avvalimenti si son rivelati fallaci e hanno condotto l’appellante stessa all’esclusione.

6.1. Per quanto attiene al rapporto con la SI. s.r.l., è facile verificarne due serie di anomalie, tali da rendere inutilizzabile tal avvalimento.

Per un verso, infatti, s’è avuto un avvalimento c.d. “a cascata”, poiché l’appellante ha dichiarato sì (doc. n. A3 all. al motivo agg. in I grado) di volersi avvalere della SI. s.r.l. e ha prodotto il relativo contratto (doc. n. A4, ibid.), con il quale questa si è impegnata a fornire i requisiti e a mettere a disposizione le risorse necessarie per tutta la durata dell’appalto. Ma la CI. Te. s.r.l., nella sua qualità (certificata dalla Casa Madre il 29 gennaio 2016) di distributore autorizzato per vendere in Italia soluzioni RA. Da. Co. Ltd., il 4 febbraio 2016 ha dichiarato che la SI. s.r.l. “… è stata certificata per eseguire la fornitura l’installazione e la configurazione degli apparati RA. Da. Co. e dovrà avvalersi della CI. Te. S.r.l. per gli acquisti degli apparati RA. e di tutte le attività relative ai servizi di pre – post vendita…”. Il che è come dire che la SI. s.r.l. non è se non un mero rivenditore di beni e servizi della RA. e non può disporre degli apparati, né fornirli, né far assistenza se non per mezzo della CI. Te. s.r.l. In tal caso, quest’ultima è di fatto la vera ausiliaria dell’appellante (o, almeno, lo sarebbe, se, per la fornitura, non dipendesse a sua volta dalla Casa Madre), ma senza aver preso alcun impegno con essa o con la stazione appaltante. Per contro, la SI. s.r.l. è un mero schermo, non potendo garantire a sua volta alcunché dell’attività ausiliaria, posto che essa dipende in tutto, nell’esecuzione di un appalto che non è di mero servizio, dal suo fornitore / installatore.

È ben noto che, a differenza dell’avvalimento c.d. “frazionato” in base all’art. 49 del Dlg 163/2006 (cfr. Cons. St., V, 22 gennaio 2015 n. 277), non è possibile l’avvalimento c.d. “a cascata”, che elide il necessario rapporto tra ausiliaria ed ausiliata. Infatti, la deroga al principio di personalità dei requisiti di partecipazione alla gara è strettamente collegata alla possibilità di avere un rapporto diretto e immediato con l’ausiliaria, da cui l’ausiliata è legata in virtù della dichiarazione di responsabilità resa dalla prima, cui consegue la responsabilità solidale delle due imprese per l’intera prestazione dedotta nel contratto da aggiudicare (cfr. Cons. St., IV, 24 maggio 2013 n. 2832).

6.2. Per altro verso, è noto il principio, ormai fermo in giurisprudenza (cfr., per tutti, Cons. St., ad. plen., 4 novembre 2016 n. 23; id., V, 30 marzo 2017 n. 1456), per cui ai fini della validità del contratto di avvalimento nelle gare ad evidenza pubblica, è necessario che questo abbia un oggetto che, seppur non determinato, sia tuttavia quantomeno agevolmente determinabile in base al tenore complessivo dell’atto.

Infatti, dall’art. 49 del Dlg 163/2006, s’evince l’obbligo che l’oggetto del contratto di avvalimento sia determinato mediante la compiuta indicazione delle risorse e dei mezzi prestati, oppure che tali elementi siano facilmente determinabili dal contesto in cui è maturato l’accordo. Pertanto, non è possibile giungere ad un’interpretazione volta a sancire la nullità del contratto, se non mercé una previa un’indagine circa gli elementi essenziali del contratto di avvalimento sulla base delle generali regole interpretative sancite dal codice civile, ed in particolare sulla scorta degli artt. 1363 e 1367 c.c. (cfr., da ultimo, Cons. St., ad. plen., n. 23/2016; id., IV, 2 dicembre 2016 n. 5052; id., V, 13 febbraio 2017 n. 601).

Ebbene, la serena lettura del contratto d’avvalimento tra l’appellante Te. s.r.l.e la SI. s.r.l. porta a concludere, proprio con riferimento specifico agli artt. 1363 (interpretazione delle clausole le une per mezzo delle altre) e 1367 (interpretazione nel senso che le clausole ambigue abbiano un qualche effetto utile), che le clausole siano generiche, anzi di stile. Infatti, leggendo il contratto in una con la dichiarazione attorea di avvalimento (che è parimenti generica), si limitano a precisare l’obbligo della SI. s.r.l., consapevole dell’oggetto dell’appalto, a “… mettere a disposizione… per tutta la durata del Contratto il Requisito nonché tutte le risorse di qualsiasi natura relative e necessarie alla corretta esecuzione dei servizi oggetto della Gara…”.

Ora, già tal dichiarazione è tautologica in sé, in quanto essa non dice altro che l’ausiliaria farà quel che deve fare, con riguardo alla gara, per cui indica un oggetto in sé vago e non facilmente e subito determinabile. A dimostrare tale indeterminatezza è ancor più dirimente l’analisi congiunta di tutte le dichiarazioni connesse, cioè quelle da cui s’evince che l’ausiliaria SI. s.r.l. non è affatto in grado di fornire direttamente alcunché all’appellante. Sicché la genericità testuale dell’impegno vago, peraltro afferente ad un appalto che implica fornitura, installazione e gestione di impianti complessi, serve a dissimulare la necessità dell’ausiliaria di avvalersi a sua volta di un’impresa terza.

6.3 Non a diversa conclusione deve il Collegio pervenire con riguardo al contratto con la IN. s.r.l., in ordine alla fornitura del materiale Hu..

Ebbene, il tenore della dichiarazione attorea ex art. 49, c. 2 del Dlg 163/2006 e del relativo contratto d’avvalimento con detta ausiliare è del tutto identico a quello con la SI. s.r.l.

È vero che la posizione della IN. s.r.l. s’appalesa alquanto diversa da quest’ultima, in quanto dalla documentazione versata agli atti del primo grado si nota che la IN. stessa è certificata GOLD Hu. fin dal 2014 e senza soluzione di continuità al momento del contratto ed oltre. Ma è del pari indubbio che tal precisazione, al di là della tempestività o meno di essa della relativa dimostrazione davanti la stazione appaltante ai sensi del citato art. 48, è già in sé generica e non riesce a provare, in modo soddisfacente e serio, l’idoneità di IN. s.r.l. ad effettuare l’installazione e la gestione di apparecchiature Hu.. Il che vuol dire che IN. s.r.l. è inidonea a dedurre in avvalimento detto requisito nel suo complesso, il quale così resta ambiguo e non supera neppure la vaghezza della corrispondente clausola del citato contratto con l’appellante.

6.4. Si duole quest’ultima di non aver potuto aver accesso a rapporti con le grandi imprese di settore e di non esser vincolata ad una metodologia predefinita di prova sulla disponibilità dei requisiti, che a suo dire sarebbe una prova atipica, non limitata a particolari mezzi.

Quanto al primo aspetto, non è chi non veda come l’appellante abbia avuto rapporti con entrambi i produttori, tra le più grandi imprese mondiali dei rispettivi settori, delle apparecchiature da fornire. L’esito, più o meno felice, di tali rapporti non è dipeso né dalla stazione appaltante, né dal suo competitor in gara, onde la doglianza appare più ad colorandum che di sostanza.

Circa poi il secondo aspetto, l’appellante non vuol considerare che, a torto o a ragione, è stata la lex specialis a richiedere che il requisito fosse comprovato secondo la scelta, ormai inoppugnabile, colà effettuata. Pertanto, s’è consolidata in capo ad essa la modalità voluta dal disciplinare di gara, che non ha ammesso equipollenti, onde ogni altro o diverso argomento addotto pretende in pratica una inammissibile disapplicazione di tal lex specialis. Tanto non volendo considerare che quanto da essa prospettato, cioè la possibilità di una “prova atipica”, al più avrebbe potuto concernere la prova non del possesso del requisito, peraltro pacificamente da essa non posseduto, ma del rapporto tra essa e le imprese ausiliarie. Ma ciò è una cosa per vero irrilevante, poiché, come s’è visto, nella specie si discute non già dell’esistenza dei due contratti di avvalimento, ma della capacità di dette imprese di prestare alcunché d’utile, ai fini della partecipazione all’appalto, all’appellante stessa.

7. Il rigetto dei primi due motivi d’appello implica la conferma sia della sentenza impugnata su tale aspetto, sia l’estromissione dell’appellante dalla gara.

Il TAR ha, ad avviso del Collegio, giustamente ritenuto: a) di stabilire il corretto ordo questionum partendo dall’esame dei motivi aggiunti proposti da Te. s.r.l.; b) una volta respinti questi ultimi, di non procedere ad ulteriore disamina delle doglianze sulla gara, poiché “… il concorrente che sia escluso legittimamente da una gara di appalto non ha un interesse giuridicamente tutelato a contestane gli esiti…”. Tanto perché tal esclusione “… produce l’effetto di ‘cristallizzaré la posizione sostanziale del concorrente ponendolo nelle stesse condizioni di colui che sia rimasto estraneo alla gara…”.

Obietta l’appellante che detta conclusione contrasta con i principi affermati dalla giurisprudenza comunitaria (cfr. C. giust. UE, gr. sez., 5 aprile 2016 n. C-689/13 -Puligienica), nonché di questo Consiglio (p. es., Cons. St., III, 26 agosto 2016 n. 3708; ma cfr. pure id., VI, 29 gennaio 2016 n. 327; id., V, 31 agosto 2016 n. 3752). Sicché, a suo dire, il TAR avrebbe dovuto trattare le censure escludenti poste dal ricorso principale, ai fini della riedizione della gara.

7.1. Ora, la giurisprudenza ha inteso chiarire l’effettiva portata applicativa del principio enunciato dalla citata sentenza della Corte di giustizia, circa l’ordine dell’esame dei ricorsi reciprocamente escludenti, principale e incidentale, nelle liti sugli appalti pubblici. Il significato di tal principio, pur se formulato in termini generali e pur apparendo inderogabile, va considerato tenendo conto della concreta fattispecie esaminata e, quindi, dei contenuti del quesito formulato dal Giudice nazionale.

Si può verificare che, nonostante l’accoglimento del ricorso incidentale escludente esaminato con priorità (come in effetti è accaduto nel caso in esame), dalla fondatezza del suo gravame principale, parimenti escludente, il ricorrente principale potrebbe ritrarre la soddisfazione del proprio interesse strumentale alla rinnovazione della gara. Sicché le esigenze d’effettività della tutela, di derivazione europea, delle posizioni soggettive impongono l’esame pure del ricorso principale, quantunque tale obbligo non sussista nei casi in cui dal suo accoglimento il ricorrente principale non sia in grado di ottenere, con assoluta certezza, alcun vantaggio, neppure strumentale. L’interesse strumentale, alla luce degli argomenti di cui al § 28) della sentenza Puligienica, si configura sì quando le imprese in gara siano due, ma pure quando nei casi in cui, a prescindere dal numero dei concorrenti e dalla identità/divergenza delle censure escludenti incrociate, il vizio dedotto contro un’offerta sia comune anche alle offerte di tutte le imprese rimaste estranee al giudizio. Tanto perché, dall’accertamento di tal interesse, potrebbe derivare l’esclusione di queste ultime, in via d’autotutela, con la conseguente rinnovazione della gara.

7.2. Ebbene, in linea di mero principio, il Collegio non ha motivo di discostarsi da tali arresti e, in particolare, dagli approdi, tuttora in divenire, della giurisprudenza di questo Consiglio, tant’è che, se la premessa dell’appellante fosse corretta, perlomeno non potrebbe il Collegio esimersi dall’esame dei due motivi escludenti contenuti nel ricorso principale.

Reputa nondimeno il Collegio che la questione in esame sia alquanto diversa da come l’appellante la prospetta, perché la sua vicenda espulsiva non è derivata, né è stata condizionata dal gravame incidentale di Te. s.p.a. L’esclusione, che il TAR ha reputato legittima e che il Collegio ha testé confermato rigettando nel merito i tre motivi d’appello, è stata decisa, in esito alla verifica ex art. 48 del Dlg 163/2006, direttamente dalla stazione appaltante.

Sicché ha ragione l’aggiudicataria ad eccepire che, sotto i profili logico-giuridico ed argomentativo e sotto quello della funzione amministrativa e delle forme di tutela nei suoi confronti, una cosa è il rapporto tra l’atto per motivi aggiunti proposto da Te. s.r.l. contro la propria esclusione e le censure da essa a suo tempo proposte nel suo gravame introduttivo. Ben altra cosa è il rapporto tra il ricorso principale di essa, comprese le censure preordinate all’annullamento (e, quindi, all’integrale rifacimento) della gara ed il ricorso incidentale della Te. s.p.a. Infatti, i principi, accennati dianzi, della giurisprudenza della Corte UE e di questo Consiglio, con i loro vari approdi evolutivi, riguardano esclusivamente il predetto rapporto e, dunque, l’ordo questionum tra il ricorso principale e quello incidentale, con le loro censure reciprocamente escludenti. Tutto ciò nulla ha a che vedere con il caso in esame, governato da un autonomo provvedimento espulsivo della stazione appaltante in esito ad un sub-procedimento sì connesso, ma funzionalmente ben distinto dall’aggiudicazione, da cui sono scaturiti il gravame principale e, in risposta, quello incidentale.

7.3. Da ciò discende che i predetti principi sarebbero stati facilmente applicabili nella specie, solo se, in riforma della sentenza impugnata, l’impugnazione attorea contro l’espulsione, che ha con ogni evidenza natura pregiudiziale, fosse stata accolta.

Ma così non è, onde rettamente è stata esaminata per prima la questione dell’esclusione e son stati poi assorbiti i motivi del gravame introduttivo attoreo. Invero, qualunque ne fosse stato l’esito nel merito (vale a dire, al di là della loro fondatezza, o meno), essi non sarebbero mai stati in grado di superare la definitività della sanzione espulsiva autonoma (cioè, disgiunta da ogni controversia attuale o pregressa). L’esclusione ha avuto effetto retroattivo fin dall’inizio della gara e ha deprivato il concorrente escluso, facendolo diventare come ogni altro quisque de populo, cioè un terzo rispetto alla procedura di gara, da ogni titolo legittimante a far constare gli errori subiti in sede di gara, la mancata aggiudicazione e l’erronea o indebita posizione degli altri concorrenti.

Ma pure a seguire la tesi attorea, il risultato concreto non potrebbe mai cambiare, ché l’appellante non riesce a dimostrare l’esistenza della reale e certa utilità ritraibile dall’eventuale accoglimento delle censure del ricorso principale con effetto caducante e, in particolare, non attraverso i motivi attinenti ai criteri di attribuzione del punteggio, proprio quelli, cioè, che già le han fatto ottenere un punteggio superiore rispetto alla Te. s.p.a.

8. In definitiva l’appello va respinto, con legittimo assorbimento d’ogni questione di prime cure, sia principale che incidentale nei sensi di cui in motivazione. Tutte le censura vagliate esauriscono la vicenda sottoposta al Collegio, essendo stati toccati tutti gli aspetti rilevanti a norma dell’art. 112 c.p.c., in aderenza al principio sostanziale di corrispondenza tra il chiesto e pronunciato (come si evince dalla giurisprudenza costante: cfr., ex plurimis, Cass., II, 22 marzo 1995 n. 3260 e, più di recente, id., V, 16 maggio 2012 n. 7663). Gli argomenti di doglianza, non espressamente esaminati, sono stati dal Collegio ritenuti non rilevanti ai fini della decisione e comunque inidonei a supportare una conclusione di segno diverso.

Le spese del presente giudizio seguono, come di regola, la soccombenza e sono liquidate come da dispositivo.

P.Q.M.

Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale (sez. VI), definitivamente pronunciando sull’appello (ricorso n. 2242/2017 RG in epigrafe), lo respinge.

Condanna l’appellante al pagamento, a favore delle parti resistenti e costituite e in misura uguale tra loro, delle spese del presente giudizio, che sono nel complesso liquidate in € 8.000,00 (Euro ottomila/00), oltre IVA ed accessori come per legge.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’Autorità amministrativa.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio dell’8 giugno 2017, con l’intervento dei sigg. Magistrati:

Sergio Santoro – Presidente

Bernhard Lageder – Consigliere

Silvestro Maria Russo – Consigliere, Estensore

Marco Buricelli – Consigliere

Oreste Mario Caputo – Consigliere

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