Palazzo-Spada

Consiglio di Stato

sezione VI

sentenza 28 gennaio 2016, n. 340

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Consiglio di Stato

in sede giurisdizionale

Sezione Sesta

ha pronunciato la presente

SENTENZA

sul ricorso numero di registro generale 9224 del 2015, proposto da:

Ente Parco Regionale del Partenio;

contro

B. s.r.l., anche in qualità di mandataria di r.t.p. con Se. s.r.l., St. K. e As. s.r.l. e l’ing. Do. Tr., in persona del legale rappresentante arch. F. Br.;

nei confronti di

arch. Lu. Pi., anche in qualità di mandatario di r.t.p. con l’ing. Ni. Sa., l’ing. St. Se., l’arch. Am. Ca., il prof. Ca. Gi. D’A., l’arch. Fr. De Ma., l’ing Ri. De Me., l’arch. Ma. Ga. Er. e l’arch. Gi. Pi.;

per la riforma

della sentenza del T.A.R. CAMPANIA – SEZIONE STACCATA DI SALERNO, SEZIONE II, n. 01560/2015, resa tra le parti e concernente: affidamento dei servizi di direzione lavori, misura, contabilità, coordinamento sicurezza in fase di esecuzione ed assistenza al collaudo dei lavori di restauro conservativo, riqualificazione valorizzazione, del patrimonio storico-culturale e naturale dell’Abbazia di (omissis) quale polo di attrazione e accoglienza del flusso turistico religioso;

Visti il ricorso in appello e i relativi allegati;

Visti gli atti di costituzione in giudizio delle parti appellate con relativi appelli incidentali;

Viste le memorie difensive;

Visti tutti gli atti della causa;

Visti gli artt. 74 e 120, comma 10, cod. proc. amm.;

Relatore, nell’udienza pubblica del giorno 21 gennaio 2016, il Consigliere Bernhard Lageder e uditi, per le parti, gli avvocati Lopiano, Migliarotti, Ingrosso e Lentini, quest’ultimo per delega dell’avvocato Liccardo;

1. Premesso che al presente giudizio di appello trova applicazione la disciplina di cui all’art. 120 cod. proc. amm. come novellato dall’art. 40 d.-l. 24 giugno 2014, n. 90, convertito dalla legge 11 agosto 2014, n. 114, sicché la sentenza, a norma dei commi 10 e 6 del citato art. 120, va redatta in forma semplificata, si osserva, in linea di fatto, che:

– la presente controversia inerisce alla gara d’appalto, indetta dall’Ente Parco Regionale del Partenio con bando pubblicato il 6 giugno 2014 per l’affidamento del «Servizio di Direzione Lavori, Misura, Contabilità, Coordinamento Sicurezza in fase di esecuzione e Assistenza al collaudo dei lavori di “Restauro conservativo, riqualificazione, valorizzazione del patrimonio storico-culturale e naturale dell’Abbazia di (omissis) quale polo di attrazione e accoglienza del flusso turistico religioso” » (v. così, testualmente, il bando), secondo il criterio dell’offerta economicamente più vantaggiosa ed al prezzo base d’asta di euro 776.179,00 (esclusi gli oneri previdenziali al 4% e l’IVA al 22%);

– la gara, alla quale erano stati ammessi dieci concorrenti, era sfociata nell’aggiudicazione, in favore del raggruppamento temporaneo di professionisti (r.t.p.) arch. Pi., classificatosi al primo posto con 78,400 punti, seguito dal r.t.p. B. s.r.l., classificatosi al secondo posto con 78,320 punti, davanti ad altri otto concorrenti ammessi alla gara (a partire dal terzo classificato r.t.p. 3TI Italia s.p.a. che aveva conseguito 76,160 punti).

2. Con la sentenza in epigrafe, il T.a.r. per la Campania, Sezione staccata di Salerno, pronunciava definitivamente sul ricorso n. 574 del 2015, proposto dal secondo classificato (r.t.p. B.) avverso l’ammissione alla gara del primo classificato e aggiudicatario (r.t.p. Pi.), per mancanza dei requisiti economico-finanziari, tecnico-organizzativi e di qualificazione professionale, nonché sul ricorso incidentale, proposto dal controinteressato r.t.p. Pi. avverso l’ammissione alla gara del ricorrente principale r.t.p. B. per speculari motivi escludenti, pure attinenti ai requisiti economico-finanziari, tecnico-organizzativi e di qualificazione, provvedendo come segue:

(i) respingeva il ricorso incidentale, affidato a due motivi (di cui il primo articolato in due profili di censura);

(ii) accoglieva il primo motivo del ricorso principale – con cui era stata dedotto che i singoli componenti del r.t.p. aggiudicatario non fossero stati in possesso, nel periodo di riferimento, di due c.d. ‘servizi di puntò ai sensi dell’art. 263, comma 1, lett. c), d.P.R. n. 207 del 2010, che, in relazione a ciascuna classe e categoria, dovevano essere posseduti da un singolo componente senza possibilità di cumulo tra più componenti -, ritenendo che il r.t.p. aggiudicatario fosse incorso nel divieto di frazionamento sancito dall’art. 261, comma 8, d.P.R. n. 207 del 2010 in relazione al requisito di cui al citato art. 263, comma 1, lett. c);

(iii) in accoglimento del menzionato motivo di ricorso principale, annullava gli impugnati atti di gara;

(iv) respingeva, invece, la domanda di declaratoria dell’inefficacia del contratto stipulato con l’aggiudicatario, tenuto conto dello stato di avanzamento dei lavori, da concludere entro il 31 dicembre 2015 pena la perdita del finanziamento con i fondi europei.

3. Avverso tale sentenza interponeva appello la stazione appaltante, in particolare aggredendo le statuizioni sub 2.(ii) e 2.(iii), sostenendo la legittimità del cumulo dei c.d. “servizi di punta” riferiti ad una determinata classe e categoria di lavori, tra i vari componenti del raggruppamento, e censurando pertanto l’erroneo accoglimento del primo motivo del ricorso principale di primo grado proposto dalla seconda classificata.

4. Si costituiva in giudizio l’originario controinteressato r.t.p. Pi., interponendo appello incidentale sia avverso le statuizione sub 2.(ii) e 2.(iii), di accoglimento dell’avversario ricorso principale, sia avverso la statuizione sub 2.(i), di reiezione del proprio ricorso incidentale, nonché deducendo il vizio di omessa pronuncia su uno dei profili di censura dedotti con il primo motivo di ricorso incidentale, chiedendo la consequenziale riforma dell’appellata sentenza.

5. Si costituiva, altresì, in giudizio l’originario ricorrente principale r.t.p. B., contestando la fondatezza degli avversari appelli e proponendo a sua volta appello incidentale avverso la statuizione sub 2.(iv), reiettiva della domanda dichiarativa dell’inefficacia del contratto, chiedendo in parte qua la riforma dell’appellata sentenza.

6. All’odierna udienza pubblica la causa è stata trattenuta in decisione.

7. È fondato il primo motivo dell’appello incidentale proposto dall’originario controinteressato r.t.p. Pi., nella parte in cui censura l’erronea reiezione del primo motivo del ricorso incidentale proposto in prima istanza, di valenza escludente con riferimento alla posizione dell’originario ricorrente principale r.t.p. B..

7.1. Occorre al riguardo premettere, in linea processuale, che per ragioni di ordine logico s’impone il preliminare esame della censura escludente dedotta dal r.t.p. aggiudicatario con il primo motivo del ricorso incidentale di primo grado (devoluto in appello con l’appello incidentale interposto dallo stesso aggiudicatario), conseguendo al suo accoglimento la declaratoria di inammissibilità del ricorso principale, in quanto si versa in fattispecie di gara, alla quale sono stati ammessi più di due concorrenti (dieci), ed in fattispecie processuale, in cui i motivi escludenti speculari (relativi alla stessa fase di gara) sono state dedotti reciprocamente solo dai primi due concorrenti (parti processuali unitamente alla stazione appaltante), restando con ciò in ogni caso intatta la posizione dei concorrenti postergati in graduatoria, rimasti estranei al giudizio. In altri termini, non essendo l’aggiudicatario e il secondo classificato i soli concorrenti rimasti in gara, il ricorrente principale, in caso di esclusione reciproca, non sarebbe titolare di un interesse strumentale alla riedizione della gara, poiché vi subentrerebbero i concorrenti successivi, la cui ammissione alla gara è rimasta inoppugnata.

Ritiene il Collegio che, in siffatta costellazione, riprenda incondizionato vigore il principio generale che presiede alla disciplina processuale dell’ordine logico di esame delle questioni dedotte in giudizio, quale enunciato dall’Adunanza Plenaria con sentenza n. 4 del 2011 (confermata in parte qua dall’Adunanza Plenaria n. 9 del 2014), non avendo modo di operare la regula iuris, di carattere eccezionale, di cui alla sentenza Fa. della Corte di Giustizia (4 luglio 2013, C-100/12) – relativa ad una fattispecie, in cui erano rimasti in gara solo due concorrenti, i quali avevano dedotto in giudizio, in via principale e rispettivamente incidentale, reciproci motivi escludenti speculari, il cui accoglimento avrebbe comportato la diserzione della gara e, come unica possibile conseguenza, una sua eventuale riedizione -, basata sul rilievo centrale che «ciascuno dei concorrenti può far valere un analogo interesse legittimo all’esclusione dell’offerta degli altri, che può indurre l’amministrazione aggiudicatrice a constatare l’impossibilità di procedere alla scelta di un’offerta regolare», presupponendo, invero, tale ratio decidendi che fossero dedotte in giudizio, in via reciproca, cause escludenti speculari da tutti i partecipanti rimasti in gara.

Infatti, l’esercizio reciproco, da parte dei soli primi due classificati, dello speculare interesse all’esclusione delle rispettive offerte, in caso di accoglimento dei reciproci motivi escludenti, non comporta l’esito obbligato, per l’amministrazione aggiudicatrice, di prendere atto dell’impossibilità di procedere alla scelta di un’offerta regolare – che, a sua volta, radica l’interesse strumentale del ricorrente principale alla riedizione della gara (rispettivamente alla sua rinnovazione a partire dalla fase cui ineriscono i reciproci motivi escludenti) -, residuando ulteriori concorrenti aventi titolo all’aggiudicazione. In simile ipotesi è inconfigurabile, in capo al ricorrente principale colpito da una causa escludente, un interesse strumentale, differenziato e giuridicamente pregnante, alla riedizione della gara, se non a livello di mero interesse di fatto all’esercizio dell’autotutela amministrativa (che verrebbe a scontrarsi con la posizione qualificata acquisita dai concorrenti rimasti in gara), insufficiente ad incardinare la legittimazione a ricorrere in giudizio da parte di un operatore privo dei requisiti a partecipare alla gara.

Pertanto nel caso di specie s’impongono le seguenti conclusioni (in conformità agli insegnamenti della sentenza dell’Adunanza Plenaria n. 9 del 2014):

– la controversia, ai sensi del combinato disposto degli artt. 76, comma 4, cod. proc. amm. e 276, comma 2, cod. proc. civ., dovrà essere decisa secondo l’ordine logico che pone la priorità della definizione delle questioni di rito (tra cui le condizioni dell’azione) rispetto alle questioni di merito;

– deve essere esaminato prioritariamente, rispetto al ricorso principale, il ricorso incidentale escludente, il cui accoglimento comporta la carenza di legittimazione del ricorrente principale r.t.p. B. che (per le ragioni che saranno esposte di seguito sub 7.2.) avrebbe dovuto essere escluso, ma non lo è stato per un errore dell’amministrazione.

7.2. Affrontando dunque, in ordine logico prioritario, il ricorso incidentale proposto in primo grado dal r.t.p. Pi., devoluto al presente grado con l’appello incidentale interposto dallo stesso raggruppamento avverso la correlativa statuizione reiettiva [di cui sopra sub 2.(i)], si osserva che è fondato il profilo di censura dedotto con il primo motivo del ricorso incidentale, secondo cui uno dei componenti del r.t.p. B. (precisamente, la mandataria B. s.r.l., rappresentata dall’arch. F. Br.) aveva dichiarato lo svolgimento di un servizio che al momento della presentazione della domanda non era ancora ultimato, con conseguente mancata dimostrazione, in capo al r.t.p. B., del possesso dei «Requisiti economico-finanziari e tecnici di partecipazione» quali delineati sub lettere b) e c) a pp. 5 e 6 del bando di gara (ossia, di aver svolto, nel decennio precedente la data di pubblicazione del bando, servizi relativi ad opere della classe e categoria E.22 per un importo di euro 5.040.766,00, rispettivamente due c.d. “servizi di punta”, per la medesima classe e categoria, per un importo di euro 3.024.459,60).

Il T.a.r. ha respinto la censura sulla base del testuale rilievo che «il paragrafo 6 del disciplinare di gara espressamente ricomprende, tra i lavori valutabili, anche quelli ancora in corso», potendo il «disciplinare di gara ben (…) determinare i requisiti di partecipazione, ampliandone l’ambito applicativo, al fine di perseguire il favor partecipationis» (v. così, testualmente, l’impugnata sentenza).

Orbene, tale statuizione, come correttamente dedotto dall’appellante incidentale r.t.p. Pi., si fonda su un’incompleta e travisata lettura del bando di gara, il quale a p. 8, al punto b.5), prevede che «l’importo utile dei singoli lavori da considerare ai fini dei requisiti è (…) quello posto in appalto qualora il lavoro sia ancora in corso», ed al precedente punto b.4) stabilisce che «i lavori valutabili sono esclusivamente quelli per i quali i servizi tecnici sono iniziati e ultimati negli anni considerati utili nel periodo indicato in precedenza, oppure la parte di essi ultimata nello stesso periodo per il caso di servizi iniziati in epoca non computabile». Le citate previsioni combaciano con la disposizione dell’art. 263, comma 2, d.P.R. n. 207 del 2010, che testualmente recita: «I servizi di cui all’articolo 252 (attinenti all’architettura e all’ingegneria; n.d.e.) valutabili sono quelli iniziati, ultimati e approvati nel decennio o nel quinquennio antecedente la data di pubblicazione del bando, ovvero la parte di essi ultimata e approvata nello stesso periodo per il caso di servizi iniziati in epoca precedente. Non rileva al riguardo la mancata realizzazione dei lavori ad essa relativi. Ai fini del presente comma, l’approvazione dei servizi di direzione lavori e di collaudo si intende riferita alla data della deliberazione lavori e di collaudo si intende riferita alla data della deliberazione di cui all’art. 234, comma 2. (…)».

Pertanto, i servizi di cui all’art. 252 d.P.R. n. 207 del 2010, valutabili ai fini dell’integrazione dei menzionati requisiti, sebbene potessero riferirsi ad appalti di lavori ancora in corso, dovevano essere iniziati, ultimati e approvati nel decennio o nel quinquennio antecedente la data di pubblicazione del bando, e, in caso di inizio dei lavori in epoca precedente, era valutabile la parte del servizio ultimata e approvata nello stesso periodo.

La prescrizione dell’ultimazione dei servizi (o di parte degli stessi, qualora iniziati prima) nel periodo di riferimento risponde alla ratio che solo i servizi ultimati – sebbene relativi ad appalti di lavori ancora in corso – ed attestati nelle forme di legge danno la garanzia dell’idoneità e dell’affidabilità tecnico-organizzativa e professionale del concorrente, mentre le prestazioni professionali non ultimate (da non confondere – come invece avvenuto nell’impugnata sentenza – con i lavori ancora in corso cui le prestazioni di ingegneria o architettura si riferiscono) potrebbero risultare svolte in modo irregolare o non conforme alle regole d’arte o alle condizioni contrattuali.

Ne discende che non era valutabile il servizio direzione lavori e sicurezza in fase di esecuzione, dichiarato dall’arch. Br. del r.t.p. B. in relazione ai lavori di recupero del Mu. Gi., I° modulo, su incarico della stazione appaltante Comunità (omissis), emergendo dal relativo attestato – peraltro, senza riferimento alla data della deliberazione di cui all’art. 234, comma 2, relativa al all’approvazione del certificato di collaudo – che dette attività professionali sarebbero «tutt’ora in corso», e trattandosi dunque di servizio soltanto iniziato, ma non ultimato, nel periodo di riferimento, con conseguente mancata dimostrazione del requisito in esame da parte del r.t.p. B..

7.3. Per le esposte ragioni, di natura assorbente – con conseguente superfluità di esaminare gli altri motivi dedotti dall’appellante incidentale r.t.p. Pi. -, in riforma dell’impugnata sentenza s’impongono l’accoglimento del primo motivo del ricorso incidentale di primo grado, la conseguente dichiarazione di inammissibilità del ricorso principale di primo grado per carenza di legittimazione attiva in capo al r.t.p. B. e la declaratoria d’improcedibilità dell’appello principale proposto dalla stazione appaltante e di quello incidentale proposto dal r.t.p. B., per assorbimento dei relativi motivi.

8. Tenuto conto di ogni circostanza connotante la presente controversia, si ravvisano i presupposti di legge per dichiarare le spese del doppio grado di giudizio interamente compensate tra tutte le parti.

P.Q.M.

Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale

(Sezione Sesta), definitivamente pronunciando sugli appelli come in epigrafe proposti (sub r.g. n. 9224 del 2015), in via principale ed incidentale, provvede come segue:

– accoglie l’appello incidentale proposto dal r.t.p. Pi. e, per l’effetto, in riforma dell’impugnata sentenza, accoglie il primo motivo del ricorso incidentale di primo grado e dichiara inammissibile il ricorso principale di primo grado;

– dichiara improcedibile l’appello incidentale proposto dal r.t.p. B.;

– dichiara improcedibile l’appello principale proposto dall’Ente Parco Regionale del Partenio;

– dichiara le spese del doppio grado di giudizio interamente compensate tra tutte le parti.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.

Così deciso in Roma, nella camera di consiglio del giorno 21 gennaio 2016, con l’intervento dei magistrati:

Luciano Barra Caracciolo – Presidente

Roberto Giovagnoli – Consigliere

Bernhard Lageder – Consigliere, Estensore

Marco Buricelli – Consigliere

Francesco Mele – Consigliere

Depositata in Segreteria il 28 gennaio 2016.

 

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