Consiglio di Stato, sezione sesta, sentenza 27 febbraio 2018, n. 1200. In presenza di abusivismo edilizio, ai sensi degli artt. 22 e 37, comma 1, d.P.R. n. 380/2001 (T.U. Edilizia), l’applicabilità della sanzione pecuniaria è limitata ai soli interventi astrattamente realizzabili previa denuncia d’inizio attività che siano, altresì, conformi agli strumenti urbanistici vigenti

Il mutamento di destinazione d’uso in contrasto con il PRG determina una violazione dello strumento urbanistico che consente di ordinare la demolizione, in deroga alla regola generale di applicazione della sola sanzione pecuniaria agli illeciti commessi in relazione ad interventi sottoponili a DIA/SCIA ex art. 37, comma 1, d.P.R. n. 380/2001.
In altri termini, in presenza di abusivismo edilizio, ai sensi degli artt. 22 e 37, comma 1, d.P.R. n. 380/2001 (T.U. Edilizia), l’applicabilità della sanzione pecuniaria è limitata ai soli interventi astrattamente realizzabili previa denuncia d’inizio attività che siano, altresì, conformi agli strumenti urbanistici vigenti.

 

Sentenza 27 febbraio 2018, n. 1200
Data udienza 11 gennaio 2018

REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Consiglio di Stato
in sede giurisdizionale
Sezione Sesta
ha pronunciato la presente
SENTENZA
sul ricorso numero di registro generale 1629 del 2012, proposto dal signor Br. Ma., rappresentato e difeso dall’avvocato Vi. Fa., con domicilio eletto presso lo studio dell’avvocato Mo. Sc. in Roma, via (…);
contro
Il Comune di (omissis), in persona del Sindaco pro tempore, non costituito in giudizio;
per la riforma
della sentenza del T.A.R. per la Toscana, Sez. III, n. 1840/2011, resa tra le parti, concernente un diniego di concessione in sanatoria.
Visti il ricorso in appello e i relativi allegati;
Viste le memorie difensive;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore nell’udienza di smaltimento del giorno 11 gennaio 2018 il Cons. Alessandro Verrico e udito l’avvocato Vi. Fa.;
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.
FATTO
1. Il sig. Ma. in data 9 ottobre 2001 acquistava dalla società Fu. un annesso agricolo in località Riotorto, in relazione al quale il Comune di (omissis) in data 30 aprile 1999, atteso che la costruzione veniva effettuata in assenza di permesso edilizio, rilasciava la concessione in sanatoria S/96/13060, nonché, per la sua demolizione e ricostruzione, la concessione edilizia C/98/821.
1.1. Con provvedimento del 14 giugno 2002, il Comune ordinava al sig. Ma. la demolizione del manufatto, sul presupposto della realizzazione, in variazione essenziale dalla concessione in sanatoria, in area classificata dal PRG come “Zona E.1 – aree agricole produttive, non soggette ad alcun vincolo”:
a) di alcune opere esterne (tettoie e piccoli manufatti di corredo dell’annesso);
b) di un volume interrato con accesso dall’esterno tramite scala in muratura;
c) di variazione di destinazione d’uso dell’annesso, da agricolo ad abitativo.
1.2. Pendenti le impugnazioni avverso il provvedimento di demolizione e atti conseguenziali, il sig. Ma. il 24 marzo 2004 presentava istanza di condono ex d.l. n. 269/2003, che tuttavia il Comune negava con provvedimento prot. 4/008264 del 26 marzo 2008, salvo che per i piccoli manufatti di corredo dell’annesso.
Il Comune riteneva infatti che:
– il locale interrato, soggetto a permesso di costruire ex art. 78, comma 1, lett. a) l.r. 1/05 in quanto “nuova edificazione”, non è condonabile ex art. 2, 2° comma, l.r. 53/2004, perché “non realizzato durante la validità del titolo abilitativo”;
– il mutamento di destinazione d’uso, soggetto a d.i.a. ex art. 78 lett. c), l.r. cit., non è condonabile, perché in contrasto con le destinazioni ammesse dal PRG e quindi non rientra nella tipologia di abusi ammessi a condono ex art. 5, lett. c), l. 53/2004.
Con il medesimo atto, peraltro, il Comune calcolava in euro 21.879,99 l’oblazione dovuta a fronte dell’istanza di sanatoria, in aumento rispetto al calcolo del richiedente.
2. Con il ricorso R.G. 1138/2008, il sig. Ma. impugnava il provvedimento del 26 marzo 2008 sia per quanto attiene al parziale diniego di condono, sia per il calcolo dell’oblazione, chiedendo, per l’ipotesi di conferma del diniego di condono, la condanna dell’Ente alla restituzione delle somme versate per oblazione e contributo, per euro 13.978,30.
3. In data 7 gennaio 2009 il Comune adottava un provvedimento (prot. 4/008624) sostitutivo del precedente, con cui sosteneva, ritenendo – contrariamente al passato – “i due abusi sopra menzionati realizzati nel corso dei lavori della suddetta concessione edilizia C/98/821, e non dopo la sua chiusura”:
– quanto al locale interrato, per il quale sarebbe stato necessario il permesso di costruire trattandosi di nuova edificazione ex art. 78, 1° comma, lett. a), l.r. 1/2005, per aumento superiore al 30% della volumetria originaria dell’unità immobiliare, pur essendo stato l’abuso realizzato in durante il periodo di efficacia del permesso;
– quanto al mutamento di destinazione d’uso, l’inapplicabilità del condono perché il mutamento di destinazione d’uso, “realizzato in difformità dal titolo abilitativo”, risulterebbe in contrasto con le destinazioni ammesse dal PRG.
4. Tale nuovo provvedimento sostitutivo veniva impugnato dal sig. Ma. con ricorso R.G. 482/09, che ribadiva le domande con riferimento alla determinazione di oblazione ed oneri, ed alla restituzione.
5. Con motivi aggiunti veniva poi impugnata, con richiesta di sospensiva, la conseguenziale ingiunzione a demolire (prot. J/08/00052 del 7 maggio 2009), avente ad oggetto, oltre alle opere realizzate in assenza di titolo, anche quelle realizzate in asserita variazione essenziale alla concessione in sanatoria C/98/821 del 30 aprile 1999, cioè:
– il “piano interrato a uso locale di sgombero con relativa scala di accesso”;
– l’annesso agricolo fuori terra, a causa della relativa “trasformazione” della destinazione d’uso da annesso agricolo a residenziale.
Nel provvedimento si prevedeva altresì che, in caso di inottemperanza, si sarebbe acquisita a titolo gratuito un’area pari a mq. 1160, cioè dieci volte la superficie delle opere abusive.
6. Il TAR Toscana, Sezione III, con ordinanza del 22 ottobre 2009, respingeva l’istanza incidentale di sospensiva, ma il Consiglio di Stato, Sezione IV, con ordinanza 13 gennaio 2010 accoglieva l’appello avverso l’ordinanza cautelare.
6.1. Con sentenza n. 1840 del 28 novembre 2011, il TAR Toscana, Sezione III, dopo aver riunito ex art. 70 c.p.a. i ricorsi R.G. 1136/2008 e R.G. 482/2009, dichiarava improcedibile per sopravvenuta carenza di interesse l’impugnativa del diniego di condono del 26 marzo 2008 (R.G. 1136/2008), attesa la sostituzione di tale provvedimento con il nuovo diniego di condono del 7 gennaio 2009, e respingeva il ricorso avverso quest’ultimo atto (R.G. 482/2009), nonché i motivi aggiunti (R.G. 482/2009) avverso l’ordinanza di demolizione del 7 maggio 2009, in quanto infondati.
7. Con ricorso in appello il Ma. ha impugnato tale sentenza, chiedendone l’annullamento sulla base dei seguenti motivi:
I) violazione dell’art. 32, 37° comma, d.l. n. 269/03; falsa applicazione della l.r. n. 53/2004: formazione del silenzio assenso sull’istanza a suo tempo presentata;
II) quanto al mutamento di destinazione d’uso del manufatto fuori terra: violazione dell’art. 32 d.l. n. 269/2003 e della l.r. n. 53/2004 in relazione agli artt. 58 e 79 l.r. 1/2005 ed all’art. 29 delle n. t.a. del p.r.g. vigente all’entrata in vigore della l.r. n. 53/2004. Travisamento di fatto e violazione del divieto di integrazione postuma del provvedimento impugnato. Vizio di omessa pronuncia;
III) quanto al volume interrato: violazione dell’art. 32 d.l. n. 269/2003 e della l.r. n. 53/2004 in relazione agli artt. 78 e 79 l.r. 1/2005; violazione dell’art. 65 del r.e. approvato con delibera C.C. del 2.7.2007, n. 110; falsa applicazione dell’art. 100 del r.e. approvato con delibera C.C. del 16.6.2001; violazione dell’art. 3 l. n. 241/1990; eccesso di potere per difetto di motivazione ed istruttoria;
IV) quanto alla disposta demolizione della parte di fabbricato fuori terra già oggetto di concessione in sanatoria: illegittimità derivata;
V) violazione dell’art. 7 l. 47/85 e degli artt. 79, 132 e 136 l.r. 1/2005. Violazione dell’art. 134 l.r. 1/2005. Travisamento di fatto e violazione del divieto di integrazione postuma del provvedimento impugnato. Vizio di omessa pronuncia;
VI) violazione dell’art. 7 l. n. 47/85 e dell’art. 132 l.r. n. 1/2005 in relazione alla quantificazione dell’area da acquisire gratuitamente in caso di inottemperanza;
VII) sulla quantificazione dell’oblazione. Vizio di omessa pronuncia. Violazione del d.l. n. 269/03, tabella c) allegata; travisamento di fatto e difetto di motivazione;
VIII) sulla domanda (svolta in ipotesi) di accertamento e condanna: vizio di omessa pronuncia.
7.1. Il Comune di (omissis) non si è costituito in giudizio.
8. All’udienza dell’11 gennaio 2018 la causa è stata trattenuta in decisione dal Collegio.
DIRITTO
9. L’appello – quanto alla domanda di annullamento – non è fondato e pertanto deve essere respinto.
10. Ad avviso del Collegio i provvedimenti impugnati non sono affetti dai vizi dedotti.
Devono quindi essere ritenuti infondati i motivi di appello, ad eccezione di quello, svolto in via subordinata, relativo alla domanda di accertamento del diritto alla ripetizione delle somme versate a titolo di oblazione e contributo.
10.1. Invero, non può, in primo luogo, trovare accoglimento il motivo sulla mancata applicazione del silenzio-assenso.
Per l’art. 32, comma 37, del d.l. 269/03 “il pagamento degli oneri di concessione, la presentazione della documentazione di cui al comma 35, della denuncia in catasto, della denuncia ai fini dell’imposta comunale degli immobili di cui al d.lgs. 30 dicembre 1992, n. 504, nonché, ove dovute, delle denunce ai fini della tassa per lo smaltimento dei rifiuti solidi urbani e per l’occupazione del suolo pubblico, entro il 31 ottobre 2005, nonché il decorso del termine di ventiquattro mesi da tale data senza l’adozione di un provvedimento negativo del comune, equivale a titolo abilitativo edilizio in sanatoria”.
Ebbene, considerato che – come ricordato dall’appellante – la Corte Costituzionale ha affermato che “la legge regionale può disciplinare diversamente gli effetti del prolungato silenzio del comune” (sentenza 80/2008, con richiamo alla precedente decisione 196/2004), si osserva che la l.r. Toscana n. 53/2004, all’art. 5, comma 5, non specifica nulla al riguardo, anzi, prevedendo che il provvedimento finale debba essere adottato nel termine di due anni dalla presentazione della domanda, implicitamente nega l’operare del silenzio-assenso, richiedendo l’adozione di un provvedimento conclusivo espresso.
10.2. Quanto al volume interrato, questo Collegio osserva che l’ampliamento ad esso connesso fa escludere che l’intervento possa essere qualificato come ristrutturazione, con la conseguenza che lo stesso non può essere fatto rientrare nelle destinazioni di uso disciplinate dall’art. 28 delle N.T.A. del PRG.
Ne deriva, inoltre, che l’intervento deve essere qualificato come “di nuova edificazione” ex art. 78 l.r. n. 1/2005, in relazione al quale è richiesto il permesso di costruire.
Peraltro, non sono fondate al riguardo le argomentazioni di parte appellante secondo cui il locale interrato dovrebbe avere una mera funzione isolante, in quanto la realizzazione di una scala esterna per accedere allo stesso fa escludere la limitazione a tale utilizzo.
Del resto, in generale, i lavori edilizi subordinati al titolo abilitativo non possono essere limitati solo alle costruzione di un manufatto che si eleva al di sopra del suolo, ma anche quelli in tutto o in parte interrati perché trasformano durevolmente l’area impegnata.
Infine, sul punto si rileva che la motivazione del provvedimento impugnato è sufficiente e congrua, avendo l’Amministrazione dato atto degli elementi che hanno portato a ritenere sussistente l’aumento del carico urbanistico.
10.3. Con riferimento al mutamento di destinazione d’uso del manufatto fuori terra, il relativo motivo di appello risulta parimenti infondato, anche nel caso in cui l’intervento si ritenga – in ipotesi – sottoponibile meramente a D.I.A. ex art. 79, comma 1, lett. c), l.r. n. 1/2005.
Invero, in conformità alla giurisprudenza amministrativa (ex multis, Cons. Stato Sez. VI, 24-05-2013, n. 2873), il Collegio ravvisa che il mutamento di destinazione d’uso in contrasto con il PRG determina una violazione dello strumento urbanistico che consente di ordinare la demolizione, in deroga alla regola generale di applicazione della sola sanzione pecuniaria agli illeciti commessi in relazione ad interventi sottoponili a DIA/SCIA ex art. 37, comma 1, d.P.R. n. 380/2001.
In altri termini, in presenza di abusivismo edilizio, ai sensi degli artt. 22 e 37, comma 1, d.P.R. n. 380/2001 (T.U. Edilizia), l’applicabilità della sanzione pecuniaria è limitata ai soli interventi astrattamente realizzabili previa denuncia d’inizio attività che siano, altresì, conformi agli strumenti urbanistici vigenti.
10.4. In merito al motivo relativo alla base di calcolo utilizzata dal Comune ai fini della quantificazione dell’area da sottoporre ad acquisizione gratuita prevista nell’impugnata ordinanza di demolizione, il Collegio ritiene condivisibile la declaratoria di inammissibilità resa dal TAR.
La sanzione dell’acquisizione gratuita, invero, risulta essere attivabile dall’Amministrazione comunale solo nell’eventualità dell’inottemperanza all’ingiunzione di demolizione, così risultando ad oggi assenti i caratteri dell’attualità e dell’immediatezza che debbono necessariamente caratterizzare l’interesse ad agire.
10.5. Risulta, infine, infondata, in quanto supportata da deduzioni generiche, la censura attinente alla rideterminazione in aumento dell’oblazione disposta nel primo provvedimento di diniego di condono. L’appellante, infatti, si limita a criticare la misurazione effettuata dal Comune, senza fornire elementi contrari al riguardo.
11. Il Collegio, atteso l’avvenuto accertamento della legittimità del diniego, rileva la fondatezza dell’ottavo motivo, con cui si deduce che sussiste il diritto dell’appellante alla restituzione, quale ripetizione dell’indebito, delle somme versate a titolo di oblazione ed a titolo di contributo (per tale principio, Cons. Stato, Sez. IV, 29 settembre 2011, n. 5417).
In sede di esame dell’istanza di rimborso, il Comune dovrà tener conto del principio di cui all’art. 39 della legge n. 47 del 1985, per il quale ‘Le sanzioni amministrative consistenti nel pagamento di una somma di danaro sono ridotte in misura corrispondente all’oblazione versata se l’interessato dichiari di rinunciare al rimborsò.
12. In considerazione della reciproca soccombenza, appare equo disporre la compensazione delle spese del doppio grado di giudizio.
P.Q.M.
Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale
Sezione Sesta,
definitivamente pronunciando sull’appello n. 1629 del 2012, come in epigrafe proposto:
rigetta la domanda principale, nei sensi di cui in motivazione;
accoglie parzialmente la domanda di restituzione delle somme versate a titolo di oblazione ed a titolo di contributo, nei limiti indicati in motivazione, salvi gli ulteriori provvedimenti dell’Amministrazione.
Compensa tra le parti le spese del doppio grado di giudizio.
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio del giorno 11 gennaio 2018, con l’intervento dei magistrati:
Luigi Maruotti – Presidente
Oreste Mario Caputo – Consigliere
Francesco Gambato Spisani – Consigliere
Alessandro Verrico – Consigliere, Estensore
Davide Ponte – Consigliere

Trova parola

Leave a Reply

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *