Consiglio di Stato, sezione terza, sentenza 16 gennaio 2018, n. 221. In occasione del ricorso proposto per l’annullamento dell’atto di diniego di rinnovo del permesso di soggiorno

In occasione del ricorso proposto per l’annullamento dell’atto di diniego di rinnovo del permesso di soggiorno, non può farsi valere un’allegazione documentale, o comunque di fatto, relativa agli oneri di allegazione e di produzione che le norme in tema di permesso di soggiorno configurano a carico dell’interessato, in quanto il giudizio introdotto con il ricorso dinnanzi al giudice amministrativo ha natura impugnatoria e ha per oggetto un provvedimento autoritativo la cui legittimità va verificata sulla base degli elementi acquisiti nella fase istruttoria procedimentale, e non il rapporto che si instaura tra organo pubblico e soggetto che intende permanere nel territorio dello Stato.

Sentenza 16 gennaio 2018, n. 221
Data udienza 14 dicembre 2017

REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Consiglio di Stato
in sede giurisdizionale
Sezione Terza
ha pronunciato la presente
SENTENZA
sul ricorso numero di registro generale 1274 del 2017, proposto da:
-OMISSIS-, rappresentata e difesa dall’Avvocato Fu. Ru., con domicilio eletto presso lo studio dell’Avvocato Fe. Di. in Roma, via (…);
contro
Ministero dell’Interno e Questura -OMISSIS-, in persona dei rispettivi legali rappresentanti p.t., rappresentati e difesi per legge dall’Avvocatura generale dello Stato, e presso la stessa domiciliati in Roma, via (…);
per la riforma
della sentenza del Tribunale amministrativo regionale per la CAMPANIA – sede di -OMISSIS-, SEZIONE VI, n. -OMISSIS-, resa tra le parti, concernente il provvedimento, -OMISSIS-/-OMISSIS-/1^sez/Dinieghi/A.A/-OMISSIS-, di diniego di rinnovo del permesso di soggiorno n. -OMISSIS-, emesso in data -OMISSIS-;
Visti il ricorso in appello e i relativi allegati;
Visti gli atti di costituzione in giudizio del Ministero dell’Interno e della Questura -OMISSIS-;
Viste le memorie difensive;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore nell’udienza pubblica del giorno 14 dicembre 2017 il Cons. Solveig Cogliani e uditi per le parti gli Avvocati Fe. Di. su delega dichiarata dell’Avvocato Fu. Ru. e l’Avvocato dello Stato Ti. Va.;
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.
FATTO e DIRITTO
I – Con il ricorso in appello, l’istante – cittadina extracomunitaria di nazionalità cinese – propone appello avverso la sentenza del Tribunale amministrativo regionale per la Campania n. -OMISSIS-, con cui era respinto il ricorso originariamente presentato per ottenere l’annullamento del decreto n. -OMISSIS- del 2015 emesso dalla Questura di -OMISSIS-, di reiezione dell’istanza del 23 marzo 2015 di rinnovo di permesso di soggiorno per motivi di lavoro autonomo.
L’appellante ripropone integralmente le censure di illegittimità dedotte in primo grado, così di seguito riassunte: violazione e falsa applicazione art. 3 24 e 97 Cost; violazione dell’art. 1 e 3, 10 bis e 21 octies della l. 241 del 1990; violazione e falsa applicazione degli artt. 4 comma 3 e 5 comma 5, 22 co. 11, 26 comma 3 del d.lgs 286 del 1998; violazione e/o falsa applicazione degli artt. 9, 13 co. 2 e 2 bis del d.P.R. 394 del 1999; eccesso di potere per difetto di istruttoria, carenza dei presupposti in fatto, carenza dei presupposti in diritto, erronea valutazione dei fatti, carente contraddittoria ed illogica motivazione, violazione dei principi generali dell’azione amministrativa, manifesta ingiustizia.
Deduce, inoltre, l’appellante i seguenti motivi avverso la sentenza di prime cure.
Error in iudicando; errata identificazione dei presupposti di fatto e di diritto; omessa e/o erronea valutazione di tutte le risultanze istruttorie; motivazione erronea ed insufficiente, illogicità, apoditticità, contraddittorietà, manifesta ingiustizia della sentenza nella parte in cui ritiene provato il fatto che la ditta vantata dalla appellante come propria fosse non operativa e strumentale all’assunzione fittizia di altri cittadini extracomunitari.
A conferma della propria tesi, l’appellante evidenzia che:
– sarebbe provata l’esistenza della ditta, ubicata all’indirizzo dichiarato, di fatto visitata dagli agenti dell’Ufficio immigrazione (cfr documento denominato “annotazione”, camera di commercio, dichiarazioni apertura e variazione partita IVA);
– sarebbe, altresì, provata la presenza degli operai della ditta stessa, tutti di nazionalità cinese, alcuni dei quali, rintracciati ed identificati dai medesimi agenti, nello stabile dove era ubicata la ditta (cfr.: documenti depositati dalla Questura di -OMISSIS- e buste paga operai di febbraio 2015, depositate dall’appellante);
– sarebbe provata l’operosità della ditta, (cfr.: fatturazione EN. che attesta l’elevato consumo di energia elettrica proprio di un opificio e non di una semplice abitazione e fattura ditta smaltimento rifiuti speciali da lavorazione);
– sarebbe provata la presenza della titolare -OMISSIS-sul luogo di lavoro, all’atto dell’accesso degli agenti (cfr.: documenti depositati dall’amministrazione), e la sua disponibilità a collaborare con le autorità, (cfr.: verbale di sommarie informazioni e annotazione);
– sarebbe provato il mancato seguito in sede penale della notizia di reato, ex art 12 comma 1 e 5 del d.lgs 286 del 1998 (v. certificati di casellario giudiziale, carichi pendenti, ed ex art. 335 c.p.p. rilasciati presso la Procura della Repubblica di -OMISSIS- e di -OMISSIS-, del novembre 2015 nonché quelli aggiornati, depositati in data 20 ottobre 2016).
2) Error in iudicando; errata identificazione dei presupposti di fatto e di diritto; omessa e/o erronea valutazione di tutte le risultanze istruttorie; motivazione erronea ed insufficiente, contraddittorietà, illogicità, apoditticità, manifesta ingiustizia nella parte in cui la sentenza statuisce che “Le risultanze degli accertamenti esperiti dall’ufficio Immigrazione non possono dirsi apertamente smentite dalla scarna documentazione allegata a sostegno del presunto reddito prodotto dalla ditta in questione”.
Infatti, in primo grado, contrariamente a quanto sostenuto dal giudice di prime cure, le deduzioni di parte appellante circa la produzione di reddito nell’anno di imposta 2014 sarebbero state puntualmente provate così come sarebbero state spiegate le ragioni per le quali l’amministrazione non ha potuto verificare l’intervenuto inoltro all’agenzia delle Entrate della dichiarazione dei redditi.
L’appellante evidenzia, pertanto, il possesso di un reddito, nell’anno di imposta precedente alla richiesta di rinnovo, ossia: 2014, pari a oltre E. 10.000,00 sufficiente ad ottenere il rinnovo del permesso di soggiorno per lavoro autonomo (essendo stati versati in atti in primo grado, modello unico 2015 per l’anno 2014 della ditta -OMISSIS-, fatture anno 2014, conto economico). Inoltre, la dichiarazione dei redditi prodotti, nell’anno di imposta 2014, dalla ditta della sig.ra -OMISSIS-inoltrata all’Agenzia delle Entrate, in data 29 settembre 2015, sarebbe stata presentata nei termini di legge e non in ritardo. Le verifiche web effettuate dalla Questura di -OMISSIS- sarebbero avvenute prima del 22 luglio 2015, data di emanazione del provvedimento di rigetto.
3) Error in iudicando; errata identificazione dei presupposti di fatto e di diritto; omessa e/o erronea valutazione di tutte le risultanze istruttorie; motivazione erronea ed insufficiente, contraddittorietà, illogicità, apoditticità, manifesta ingiustizia della sentenza nella parte in cui ritiene “inconferente ? la violazione dell’art. 10 bis della legge n. 241 del 1990, stante l’operatività del principio di cui all’art. 21 octies, secondo cui la mancata comunicazione dell’avviso di avvio del procedimento non comporta l’annullamento dei provvedimenti amministrativi, il cui contenuto non avrebbe potuto essere diverso da quello in concreto adottato”.
Su punto, la parte ritiene che la Questura di -OMISSIS- avrebbe apoditticamente rifiutato il rinnovo del permesso di soggiorno all’appellante sulla base dei soli accertamenti esperiti in fase pre-procedimentale senza valutare diligentemente ed accuratamente la documentazione dalla stessa prodotta in costanza di procedimento di rinnovo e senza darle la possibilità di contro dedurre agli elementi ostativi emersi dalle predette indagini, e di poter far rilevare elementi sopravvenuti di segno positivo idonei ad una positiva rivalutazione dell’istanza in violazione del disposto dell’at.5 co. 5 del d.lgs 286 del 1998 e di quanto disposto dall’art. 10 bis della legge 241 del 1990.
Si è costituita l’Amministrazione per resistere all’appello.
La domanda cautelare era accolta con ordinanza n. -OMISSIS-.
Con successiva memoria l’Amministrazione ha evidenziato che i fatti sopravvenuti alla presentazione della domanda di rinnovo non possono costituire elemento di valutazione favorevole, che anzi avrebbero comportato la necessità per l’istante di regolarizzare la propria posizione e rivolgere una conseguente istanza.
Quanto alla veridicità delle affermazioni di cui all’avanzata richiesta di rinnovo di permesso quale titolare di ditta individuale, l’amministrazione ha evidenziato le seguenti circostanze:
la Sig.ra -OMISSIS-aveva inoltrato alla competente Camera di Commercio di -OMISSIS- solo in
data 8 gennaio 2015 (e per via telematica) richiesta di iscrizione presso di essa con la qualifica di piccolo imprenditore;
l’impresa di cui ella si era dichiarata titolare è la stessa che, secondo quanto risultante dalla
banca dati INPS dall’1 giugno 2009 al 23 giugno 2011 recava quale denominazione -OMISSIS-e dal 30 giugno 2011 al 4 luglio 2013 recava la denominazione di -OMISSIS-poi mutata, per l’appunto, in -OMISSIS-.
Ribadiva, ancora che quale dipendente di ciascuna di esse figurava sempre il Sig. -OMISSIS-cioè colui che sia al momento del sopralluogo che allorquando l’appellante si era recata in Questura aveva svolto le funzioni di interprete (avendola accompagnata) e che nelle difese iniziali aveva negato di aver mai conosciuto.
Questi fatti avevano, dunque, indotto la Questura a svolgere gli accertamenti che hanno condotto al sopralluogo ed al diniego. Irrilevanti sarebbero le bollette EN. che riguardano l’intero stabile, né vi sarebbero dati delle commesse relativi i periodi precedenti. Mentre assumerebbe significato il fatto che l’iscrizione alla camera di commercio sia avvenuta solo in prossimità della richiesta di rinnovo di permesso.
L’attività di impresa lasciata successivamente al provvedimento cautelare sarebbe altresì indizio della inconsistenza della predetta titolarità della ditta.
Con ulteriore deposito, l’appellante ha prodotto il documento Unico 2016, nonché la bolletta EN. 8 ottobre 2015 e di smaltimento dei rifiuti 11 febbraio 2014.
La causa è stata trattenuta in decisione all’udienza del 14 dicembre 2017.
II – Osserva il Collegio che l’appello va respinto perché infondato in considerazione della consolidata giurisprudenza di questo Consiglio che ha costantemente affermato che “In occasione del ricorso proposto per l’annullamento dell’atto di diniego di rinnovo del permesso di soggiorno, non può farsi valere un’allegazione documentale, o comunque di fatto, relativa agli oneri di allegazione e di produzione che le norme in tema di permesso di soggiorno configurano a carico dell’interessato, in quanto il giudizio introdotto con il ricorso dinnanzi al giudice amministrativo ha natura impugnatoria e ha per oggetto un provvedimento autoritativo la cui legittimità va verificata sulla base degli elementi acquisiti nella fase istruttoria procedimentale, e non il rapporto che si instaura tra organo pubblico e soggetto che intende permanere nel territorio dello Stato” (da ultimo, VI 21 maggio 2007, n. 2552; VI 19 ottobre 2006, n. 6257).
Nella specie che occupa, il diniego – e la conseguente pronunzia del giudice di prime cure – è motivato compiutamente sulla base delle risultanze istruttorie dell’indagine condotta dal Questura di -OMISSIS- che hanno portato a smentire l’esistenza dell’attività individuale condotta dall’appellante e posta a fondamento dell’istanza di rinnovo. Sicché il diniego si fonda non solo sulla base dell’insufficienza del reddito ma anche sulla non veridicità delle circostanze allegate.
Né la documentazione prodotta successivamente è idonea a smentire le conclusioni della Questura, ma è piuttosto relativa a supportare la nuova condizione della appellante, rispetto alla quale non è precluso rivolgere le relative richieste di permesso di soggiorno.
La natura della controversia giustifica la compensazione delle spese del presente grado di giudizio.
P.Q.M.
Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale
(Sezione Terza), definitivamente pronunciando sull’appello, come in epigrafe proposto, lo respinge.
Spese compensate.
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.
Ritenuto che sussistano i presupposti di cui all’art. 52, comma 1 D. Lgs. 30 giugno 2003 n. 196, a tutela dei diritti o della dignità della parte interessata, manda alla Segreteria di procedere all’oscuramento delle generalità nonché di qualsiasi altro dato idoneo ad identificare l’appellante.
Così deciso in Roma nella camera di consiglio del giorno 14 dicembre 2017 con l’intervento dei magistrati:
Lanfranco Balucani – Presidente
Umberto Realfonzo – Consigliere
Giovanni Pescatore – Consigliere
Giorgio Calderoni – Consigliere
Solveig Cogliani – Consigliere, Estensore

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