Corte di Cassazione, sezione quarta penale, sentenza 26 gennaio 2018, n. 3900. Nel procedimento di riparazione per ingiusta detenzione, il principio dispositivo

Nel procedimento di riparazione per ingiusta detenzione, il principio dispositivo, per il quale la ricerca del materiale probatorio necessario per la decisione e’ riservata alle parti, tra le quali si distribuisce in base all’onere della prova, e’ temperato dai poteri istruttori del giudice, il cui esercizio d’ufficio, eventualmente sollecitato dalle parti, si svolge non genericamente ma in vista di un’indagine specifica, secondo un apprezzamento della concreta rilevanza al fine della decisione, insindacabile in sede di legittimita’ se non sotto il profilo della correttezza del procedimento logico. Corollario di tale principio non puo’ che essere l’onere della parte di allegare l’esistenza del danno, la sua natura ed i fattori che ne sono causa e, d’altro canto, il dovere del giudice di prendere in esame tutte le allegazioni della parte in merito alle conseguenze della privazione della liberta’ personale e, dunque, di esaminare se si tratti di danni causalmente correlati alla detenzione e se sia stata fornita la prova, anche sulla base del fatto notorio o di presunzioni, di dette conseguenze.

Sentenza 26 gennaio 2018, n. 3900
Data udienza 19 dicembre 2017

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE QUARTA PENALE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. BLAIOTTA Rocco Marco – Presidente

Dott. CIAMPI Francesco Mari – Consigliere

Dott. SERRAO Eugenia – rel. Consigliere

Dott. CAPPELLO Gabriella – Consigliere

Dott. MICCICHE’ Loredana – Consigliere

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA

sul ricorso proposto da:

(OMISSIS), nato il (OMISSIS);

avverso l’ordinanza del 19/11/2015 della CORTE APPELLO di ROMA;

sentita la relazione svolta dal Consigliere Dott.ssa SERRAO EUGENIA;

letta la requisitoria scritta del Sostituto Procuratore Generale Dott. PINELLI MARIO, che ha concluso per il rigetto del ricorso.

RITENUTO IN FATTO

1. La Corte di Appello di Roma, con l’ordinanza in epigrafe, ha parzialmente accolto la domanda di equa riparazione per ingiusta detenzione presentata da (OMISSIS), liquidando in suo favore la somma di Euro 6.604,08 in relazione alla misura cautelare degli arresti domiciliari subita dal giorno 26 giugno 2002 al 23 luglio 2002, ossia per ventotto giorni, con l’accusa di falso ideologico e corruzione in pregiudizio dell’Amministrazione militare per aver sottoscritto un falso verbale di collaudo di un lavoro in realta’ mai eseguito nonostante l’avvenuta erogazione del corrispettivo in favore dell’aggiudicatario dell’appalto.

2. (OMISSIS) ricorre per cassazione censurando l’ordinanza impugnata per vizio di motivazione con riferimento alla quantificazione in via equitativa dell’indennizzo in relazione alle conseguenze pregiudizievoli subite. Il ricorrente si duole che la Corte territoriale abbia liquidato l’indennizzo seguendo il criterio aritmetico pur avendo riconosciuto specifica rilevanza alle notevoli conseguenze subite dal (OMISSIS) in relazione al ruolo da lui ricoperto ed alla svalutazione della sua carriera e personalita’. Deduce che la Corte ha fornito motivazione apparente perche’ si e’ discostata in via equitativa dal criterio matematico senza fornire una spiegazione adeguata e logicamente congrua. In data 11 dicembre 2017 ha depositato memoria sottoscritta personalmente.

3. Il sostituto Procuratore generale, in persona del Dott. Pinelli Mario, nella sua requisitoria scritta ha concluso per il rigetto del ricorso.

4. Con memoria depositata il 9 giugno 2017 il Ministero dell’Economia e delle Finanze ha chiesto che il ricorso sia rigettato, con il favore delle spese.

CONSIDERATO IN DIRITTO

1. Il ricorso e’ infondato.

2. I principi fondamentali ai quali aver riguardo nella determinazione dell’indennizzo dovuto a colui che abbia subito una detenzione ingiusta, sono stati chiariti con due pronunce rese dalle Sezioni Unite della Corte di Cassazione, la prima delle quali (Sez. U, n. 1 del 13/01/1995, Castellani, Rv. 20103501) ha svincolato la liquidazione dall’esclusivo riferimento a parametri aritmetici o comunque da criteri rigidi, stabilendo che essa si deve basare su una valutazione equitativa che tenga globalmente conto non solo della durata della custodia cautelare, ma anche, e non marginalmente, delle conseguenze personali e familiari scaturite dalla privazione della liberta’; la seconda (Sez. U n. 24287 del 9/05/2001, Caridi, Rv. 21897501) ha chiarito le modalita’ di calcolo del parametro matematico al quale riferire, in uno con quello equitativo, la liquidazione dell’indennizzo, nel senso che esso e’ costituito dal rapporto tra il tetto massimo dell’indennizzo di cui all’articolo 315 c.p.p., comma 2, e il termine massimo della custodia cautelare, di cui all’articolo 303 c.p.p., comma 4, lettera c), espresso in giorni, moltiplicato per il periodo, anch’esso espresso in giorni, di ingiusta restrizione subita.

3. Al fine di delineare l’oggetto della decisione risulta, poi, necessario premettere che il controllo sulla congruita’ della somma liquidata a titolo di riparazione e’ sottratto al giudice di legittimita’, che puo’ soltanto verificare se il giudice di merito abbia logicamente motivato il suo convincimento, senza sindacare la sufficienza o insufficienza dell’indennita’ liquidata, a meno che, discostandosi sensibilmente dai criteri usualmente seguiti, lo stesso giudice non abbia adottato criteri manifestamente arbitrari o immotivati ovvero abbia liquidato in modo simbolico la somma dovuta (Sez. 4, n. 10690 del 25/02/2010, Cammarano, Rv. 24642401).

4. Con specifico riguardo al giudizio di riparazione per ingiusta detenzione, la Corte di legittimita’ ha, poi, costantemente affermato che, qualora la perdita di liberta’, pur limitata nel tempo, abbia avuto effetti devastanti e le conseguenze personali e familiari abbiano assunto rilievo preponderante, dovra’ darsi prevalenza al criterio equitativo e non al solo criterio nummario (Sez. 4, n. 49832 del 14/02/2012, Bagnolini, Rv. 25408301). Secondo un principio piu’ volte affermato dalla Corte di Cassazione, il criterio aritmetico individuato dalla giurisprudenza di legittimita’ costituisce solo una base utile per sottrarre la determinazione dell’indennizzo ad un’eccessiva discrezionalita’ del giudice e garantire una tendenziale uniformita’ di giudizi; tale criterio, pertanto, puo’ subire variazioni in aumento o in diminuzione in ragione di specifiche circostanze che devono essere prese in esame per adattare la liquidazione al caso concreto (Sez. 4, n. 10123 del 17/11/2011, Amato, Rv. 25202601; Sez. 4, n. 34857 del 17/06/2011, Giordano, Rv. 25142901).

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