Corte di Cassazione, sezione quinta penale, sentenza 10 gennaio 2018, n. 629. Il principio “dell’oltre ragionevole dubbio”

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2.2. La Corte ha motivato ampiamente sulle ragioni che sostenevano la prognosi sfavorevole formulata e non ha affatto ritenuto che la fruizione del perdono giudiziale rappresentasse una causa ostativa, limitandosi a ricordare il furto del gennaio 2013, oggetto del perdono, fra i precedenti che caratterizzavano il passato dell’imputata; le plurime segnalazioni per furti e truffa sono stati rappresentati come elementi integrativi alla base del giudizio prognostico e del resto trovavano corrispondenza nei vissuti della minore riferiti dalla madre ai Servizi Sociali; la Corte territoriale ha dato inoltre rilievo al parere espresso dai Servizi circa la mancanza di motivazione di (OMISSIS) a cogliere l’opportunita’ di collaborare con i Servizi e ha ritenuto la mancanza di spazi di riflessione e confronto su eventuali ipotesi di riparazione e l’insussistenza dei presupposti per una progettualita’ condivisa con la minore.

La sentenza citata dalla ricorrente si limita ad affermare il principio assolutamente condivisibile, che la prognosi relativa alla commissione di ulteriori reati, ai fini della sospensione condizionale della pena, deve tener conto quando si tratta di minori – della personalita’ in formazione, valorizzando ogni sintomo di evoluzione in positivo ed utilizzando con cautela le fonti di accertamento aspecifiche e non perfettamente aggiornate (Sez. 5, n. 3310 del 08/02/1996, Manuli, Rv. 204249).

2.3. Secondo la ricorrente, la Corte di appello aveva formulato un giudizio sulla personalita’ dell’imputata assolutamente tranciante senza tener conto del lavoro part time in corso, della mancanza di atteggiamenti di sfida verso l’autorita’ e della linea difensiva di assoluta estraneita’ al reato che giustificava l’indisponibilita’ alla revisione critica della sua condotta.

La circostanza del rapporto di lavoro in atto e’ prospettata in modo a-specifico, senza indicare l’evidenza probatoria sottoposta alla Corte da cui la circostanza sarebbe stata desumibile; la mancanza di atteggiamenti di sfida verso l’autorita’ non e’ una circostanza positiva ma semmai denota mera esclusione di una ulteriore circostanza negativa; non rileva neppure la linea difensiva assunta dall’imputata, stante l’accertata responsabilita’ per la commissione di un reato su cui non ha manifestato un atteggiamento di rielaborazione critica: l’argomento sviluppato presuppone un’innocenza concretamente esclusa.

3. Al rigetto del ricorso non consegue la condanna al pagamento delle spese processuali, trattandosi di imputato minorenne all’epoca dei fatti, ai sensi della Decreto Legislativo 28 luglio 1989, n. 272, articolo 29.

La ratio cui e’ ispirata la norma, finalizzata ad esonerare il minore dalle negative conseguenze che gli deriverebbero dall’applicazione della regola della soccombenza, vale anche in sede di legittimita’ (Sez. 3, n. 5754 del 16/01/2014, S, Rv. 259134; Sez. 4, n. 11194 del 1/06/1999, M. P., Rv. 214385; Sez. unite, n. 15 del 31/05/2000, R., Rv. 216704).

4. L’eta’ minore dell’imputata all’epoca dei fatti impone di ordinare, in caso di diffusione del presente provvedimento, l’omissione delle generalita’ e degli altri dati identificativi a norma del Decreto Legislativo n. 196 del 2003, articolo 52.

P.Q.M.

Rigetta il ricorso.

In caso di diffusione del presente provvedimento omettere le generalita’ e gli altri dati identificativi a norma del Decreto Legislativo n. 196 del 2003, articolo 52, in quanto imposto dalla legge.

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