Corte di Cassazione, sezione seconda civile, ordinanza 31 gennaio 2018, n. 2417. Al fine della validità dell’accertamento della violazione del divieto di sosta

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L’essenza della doglianza di cui al motivo qui in esame e’ relativa alla violazione delle succitate norme in materia di valutazione ed apprezzamento delle prove e, quindi, del principio per cui e’, ex lege, attribuita efficacia fidefacente all’atto pubblico (verbale di accertamento) redatto dall’agente accertatore di infrazione al C.d.S..

In particolare, secondo la prospettazione dell’Amministrazione ricorrente che invoca il dictum di cui alla decisione delle S.U. n. 17355/2009, l’unica contestazione ammissibile avverso i verbali di accertamento di infrazioni e’ quella relativa alle “circostanze di fatto della violazione che non sono attestate nel verbale di accertamento come avvenute alla presenza del pubblico ufficiale”.

Verrebbe, quindi e conseguentemente, meno tutto il valore decisivamente attribuito dal Giudice di appello alle percezioni in ordine alla visibilita’ della segnaletica da parte della teste (OMISSIS) (che, fra l’altro, era nella fattispecie proprio la verbalizzante).

Il motivo di ricorso e’, anche s’e per ragioni collegate indirettamente a quanto esposto, fondato.

In effetti Cass. S.U. n. 17355/2009 esclude “la contestazione e la prova unicamente sulle circostanze di fatto della violazione che non sono attestate nel verbale di accertamento”.

Pertanto la possibilita’ di verificare la sussistenza di ogni adeguata segnaletica non poteva ritenersi del tutto esclusa.

L’impugnata sentenza rifacendosi – poi – a Cass. 3660/2009 (affermante la necessarieta’ della visibile apposizione del corrispondente segnale specificamente previsto dalla legge) ha valorizzato in modo preponderante le risultanze della deposizione della suddetta (OMISSIS).

Senonche’ la “scarsa visibilita’ della segnaletica orizzontale”, riferita da tale teste, non poteva – essa sola e tenuto conto delle altre risultanze – apparire decisiva al fine della riforma dell’appellata decisione e, quindi, dell’accoglimento della proposta opposizione.

Infatti – stante le stesse affermazioni della succitata teste riportate espressamente nella sentenza oggi gravata innanzi a questa Corte – la segnaletica di divieto di parcheggio verticale “era visibile”.

E, per converso, gia’ datata giurisprudenza di questa Corte ha avuto modo di affermare che la semplice “attenuazione della visibilita’ di un segnale non comporta l’automatico venir meno del relativo obbligo o divieto” (Cass. civ., Sez. Terza, Sent. 3 maggio 1976, n. 1569).

Esplicitandosi e ribadendosi’ – in modo piu’ approfondito – quanto innanzi riportato, puo’ oggi affermarsi il principio per cui, “al fine della validita’ dell’accertamento della violazione del divieto di sosta, e’ sufficiente che vi sia la visibilita’ di un sol tipo di segnaletica (verticale o orizzontale) anche in difetto della compiuta e contemporanea visibilita’ di entrambi i detti tipi di segnaletica”.

Proprio in ragione del principio cosi’ ribadito ed affermato il motivo deve ritenersi fondato e va, quindi, accolto.

2.- Il ricorso deve essere, pertanto, accolto.

3.- L’accoglimento del ricorso comporta, conseguentemente, la cassazione della impugnata sentenza e, decidendosi nel merito ai sensi dell’articolo 384 c.p.c., il rigetto della proposta opposizione.

4.- Le spese, attesa l’oggettiva controvertibilita’ e la particolarita’ della fattispecie, vanno integralmente compensate.

P.Q.M.

LA CORTE

accoglie il ricorso, cassa l’impugnata sentenza e, decidendo nel merito, rigetta l’opposizione compensa integralmente le spese del giudizio.

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