Corte di Cassazione, sezione seconda penale, sentenza 22 gennaio 2018, n. 2653. In casi di truffa ai danni dello Stato è confiscabile l’intera somma percepita e non soltanto i costi sovrafatturati.

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3. Il ricorso e’ fondato e merita accoglimento. Dall’imputazione provvisoria elevata risulta che i partecipanti al consorzio attuatore delle attivita’ di formazione, incentivate ai sensi del Decreto del Ministero dei Trasporti ed Infrastrutture n. 138/2012, avevano in anticipo determinato la ripartizione del contributo erogando, prevedendo la rettificazione degli importi di spesa e la conseguente emissione di note di credito in funzione dell’effettivo ammontare dello stesso, in guisa da adeguare artificiosamente i costi dell’attivita’ formativa e mantenere integre le percentuali di ricavo fissate ex ante. L’accordo criminoso faceva leva sull’approvazione di un mero progetto di formazione da parte del Ministero mentre l’erogazione del contributo per le iniziative formative era previsto al termine della realizzazione del progetto, previa specifica rendicontazione dei costi sostenuti, “secondo il preventivo allegato alla domanda, risultanti dalle fatture in originale quietanzate indicate in apposito elenco, ovvero con fatture in originale unitamente ad una garanzia fideiussoria..” con allegata una “relazione di fine attivita’ sottoscritta dall’impresa o da soggetto munito di espressa delega, dalla quale si evinca la corrispondenza con il piano formativo presentato e con i costi preventivati ovvero i motivi della mancata corrispondenza” (articolo 3, n. 4).

A norma dell’articolo 4 il Ministero delle infrastrutture e dei trasporti – Direzione generale per il trasporto stradale e per l’intermodalita’ – si riservava la facolta’ di verificare il corretto svolgimento dei corsi di formazione, anche durante la loro effettuazione, e di controllare l’esatto adempimento dei costi sostenuti per l’iniziativa e, in caso di accertamento di irregolarita’ o violazioni, di procedere alla revoca del contributo per la formazione con obbligo di restituzione degli importi erogati e dei relativi interessi, come nella specie accaduto.

3.1 L’ordinanza impugnata ha ritenuto di ravvisare nella specie un’ipotesi di ” reato in contratto” con la conseguenza che ” ai fini della determinazione del profitto illecito percepito non puo’ non tenersi conto dei costi vivi legittimamente affrontati che devono necessariamente essere detratti dall’importo penalmente illecito da assoggettare a sequestro”, enucleando il profitto confiscabile nella misura di Euro 350 mila, pari “all’importo ingiustificatamente concesso”.

Secondo il fondamentale arresto in materia costituito dalla pronunzia delle Sez. U, n. 26654 del 27/03/2008, (OMISSIS) Spa e altri, Rv. 239924, in tema di responsabilita’ da reato degli enti collettivi, il profitto del reato oggetto della confisca di cui al Decreto Legislativo n. 231 del 2001, articolo 19 si identifica con il vantaggio economico di diretta e immediata derivazione causale dal reato presupposto, ma, nel caso in cui questo venga consumato nell’ambito di un rapporto sinallagmatico, non puo’ essere considerato tale anche l’utilita’ eventualmente conseguita dal danneggiato in ragione dell’esecuzione da parte dell’ente delle prestazioni che il contratto gli impone. In motivazione si e’ precisato, tuttavia, che a) il contratto stipulato in violazione di norme penali e’ nullo se la norma violata ha ad oggetto la stessa stipula del contratto (reato contratto), mentre e’ efficace, ancorche’ annullabile, se la norma violata e’ si’ imperativa ma attiene al comportamento dei contraenti, che puo’ al piu’ essere fonte di responsabilita’;

b) nel caso di reato-contratto il profitto confiscabile e’ costituito dal ricavo lordo;

c) nel caso di reati in contratto a prestazioni corrispettive, il profitto viene identificato con il vantaggio economico derivato dal reato al netto dell’effettiva utilita’ eventualmente conseguita dal danneggiato, nell’ambito del rapporto sinallagmatico con l’ente.

3.2 Questa Corte, in linea con i principi fissati dalle Sezioni Unite (OMISSIS), reputati di generale portata interpretativa, ha ritenuto in fattispecie di truffa ai danni dello Stato che la confisca per equivalente ex articolo 322-ter c.p., ed il relativo sequestro preventivo, nei cosiddetti “reati-contratto”, possono avere ad oggetto l’intero prezzo del reato, senza necessita’ di distinzione tra questo ed il profitto (Sez. 2, n. 20976 del 22/02/2012, Pravadelli e altro, Rv. 252842) e ha precisato che il profitto del reato previsto dall’articolo 640-bis c.p., ai fini dell’applicazione della confisca per equivalente, coincide con l’intero ammontare del finanziamento qualora il rapporto contrattuale non si sarebbe perfezionato ed il progetto non sarebbe stato approvato senza le caratteristiche falsamente attestate dal percettore, mentre corrisponde alla maggiore quota dei fondi non dovuti nel caso in cui siano rappresentati dal beneficiario operazioni o costi riportati in fatture o relazioni ideologicamente false (Sez. 3, n. 17451 del 04/04/2012, Mele e altri, Rv. 252546). Nel segno del dualismo tracciato dalle Sez. Unite richiamate si e’ affermato che in tema di responsabilita’ da reato degli enti collettivi, il profitto del reato oggetto della confisca di cui al Decreto Legislativo n. 231 del 2001, articolo 19 si identifica con il vantaggio economico di diretta e immediata derivazione causale dal reato presupposto, ma, nel caso in cui questo venga consumato nell’ambito di un rapporto sinallagmatico, non puo’ essere ricompresa nel profitto anche l’utilita’ eventualmente conseguita dal danneggiato in ragione dell’esecuzione da parte dell’ente delle prestazioni che il contratto gli impone (Sez. 6, n. 23013 del 22/04/2016, Gigli e altro, Rv. 267065), ribadendo che, nel caso in cui il reato presupposto sia riconducibile ad un’ipotesi di cd. reato in contratto, il profitto confiscabile ex Decreto Legislativo 8 giugno 2001, n. 231, articolo 19, deve essere determinato da un lato, assoggettando ad ablazione i vantaggi di natura economico-patrimoniale costituenti diretta derivazione causale dell’illecito cosi’ da aver riguardo esclusivamente dell’effettivo incremento del patrimonio dell’ente conseguito attraverso l’agire illegale e, dall’altro, escludendo i proventi eventualmente conseguiti per effetto di prestazioni lecite effettivamente svolte in favore del contraente nell’ambito del rapporto sinallagmatico, pari alla “utilitas” di cui si sia giovata la controparte (Sez. 6, n. 53430 del 05/11/2014, G-risk S.r.l., Rv. 261841).

4. Osserva la Corte che la sentenza ” (OMISSIS)” pervenne all’impostazione dualistica richiamata dalla citata giurisprudenza di legittimita’ sulla base del rilievo che non puo’ ritenersi profitto del reato, e come tale non e’ suscettibile di confisca, il “corrispettivo di una prestazione lecita… regolarmente eseguita dall’obbligato”, sebbene nell’ambito di un rapporto contrattuale segnato, nella fase di formazione o in quella di esecuzione, dalla commissione di un reato.

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