Corte di Cassazione, sezione sesta civile, ordinanza 10 gennaio 2018, n. 392. Se il giudice di merito ha liquidato il danno non patrimoniale da lesione della salute senza applicare i criteri c.d. “milanesi”, la ricorribilità per cassazione della sentenza d’appello è subordinata a due condizioni

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la circostanza, poi, che la Corte d’appello abbia ritenuto di qualificare il pregiudizio da essa preso in esame come “morale cd esistenziale”, piuttosto che altrimenti, non cambia la sostanza delle cose;
questa Corte, infatti, ha gia’ ripetutamente affermato che il nostro ordinamento non prevede altra distinzione giuridica che quella tra danno patrimoniale e danno non patrimoniale; che il danno non patrimoniale e’ categoria unitaria ed omnicomprensiva, e le varie formule definitorie coniate dalla prassi hanno il solo scopo di descrivere pregiudizi, non di fondare categorie giuridiche (Sez. U, Sentenza n. 26972 del 11/11/2008; piu’ di recente, nello stesso senso, Sez. 6 – 3, Ordinanza n. 10403 del 27.4.2017);
pertanto sostenere che il giudice di merito avrebbe errato, per avere tenuto conto “solo del danno morale od esistenziale, ma non di quello biologico”, o viceversa, e’ affermazione giuridicamente insignificante, se non si precisa quali e quanti pregiudizi concreti la vittima abbia patito, ulteriori e diversi rispetto a quelli gia’ presi in esame dal giudicante; e va da se’ che questi in tanto puo’ tenere conto delle peculiarita’ del caso concreto al fine di incrementare il risarcimento, in quanto tali peculiarita’ siano state ritualmente allegate e provate;
nel nostro caso, tuttavia, come gia’ accennato l’odierno ricorrente, quando propose il suo appello, non sottopose alla Corte d’appello, per invocare un maggiore risarcimento, altre circostanze di fatto che quelle effettivamente esaminate dalla sentenza impugnata;
non vi e’ stata, dunque, alcuna erronea interpretazione dell’atto d’appello;
a conclusione dell’esame di questo primo motivo di ricorso, sara’ utile far presente che esso non sarebbe restato assorbito dall’accoglimento del secondo e del terzo motivo, per quanto si dira’ tra breve; infatti il giudice di rinvio, anche se dovra’ procedere a liquidare il danno non patrimoniale con un diverso criterio, nel procedere alla personalizzazione del risarcimento non potra’ prendere in esame alcun fatto ulteriore e diverso rispetto a quelli sinora dedotti in giudizio, ed indicati supra, alle lettera da (a) a (c);
il secondo ed il terzo motivo di ricorso possono essere esaminati congiuntamente, perche’ pongono questioni analoghe;
con essi il ricorrente deduce in sostanza che la sentenza impugnata sarebbe affetta da un vizio di violazione di legge; e’ denunciata, tra gli altri, la violazione degli articoli 1226, 2056 e 2059 c.c.;
deduce, al riguardo, che la Corte d’appello ha erroneamente liquidato il danno non patrimoniale con criteri diversi da quelli uniformi suggeriti dal Tribunale di Milano, ed indicati da questa Corte come il criterio equitativo per eccellenza, ex articolo 1226 c.c.;
la censura e’ fondata;
con sentenza n. 12408 del 07/06/2011, seguita da numerose altre conformi (ex plurimis, Sez. 3, Sentenza n. 9950 del 20/04/2017; Sez. 1, Sentenza n. 17678 del 07/09/2016; Sez. 3, Sentenza n. 12397 del 16/06/2016; Sez. 3, Sentenza n. 20895 del 15/10/2015; Sez. L, Sentenza n. 13982 del 07/07/2015; Sez. 3, Sentenza n. 24205 del 13/11/2014; Sez. 3, Sentenza n. 23778 del 07/11/2014; Sez. 3, Sentenza n. 5243 del 06/03/2014; Sez. 3, Sentenza n. 14402 del 30/06/2011), questa Corte ha stabilito che nella liquidazione del danno non patrimoniale derivante da una lesione della salute il principio di equita’, di cui all’articolo 1226 c.c., e’o’garantito preferibilmente dall’adozione dei criteri uniformi (c.d. “Tabelle”) predisposti e diffusi dal Tribunale di Milano;
nella sentenza “capostipite” di tale orientamento (la gia’ ricordata decisione n. 12408 del 2011). questa Corte ha altresi’ stabilito a quali condizioni ed entro quali limiti la mancata adozione, da parte del giudice di merito, dei criteri suddetti possa essere fatta valere in sede di legittimita’;
a tal riguardo, la suddetta decisione ha distinto tra le sentenze d’appello depositate prima del 7.6.2011 (data di pubblicazione della sentenza n. 12408/11 di questa Corte), e quelle depositate dopo;
nel primo caso (sentenze d’appello pronunciate prima del 7.6.2011), se il giudice di merito ha liquidato il danno non patrimoniale da lesione della salute senza applicare i criteri c.d. “milanesi”, la ricorribilita’ per cassazione della sentenza d’appello e’ subordinata a due condizioni:
(a) che la parte interessata abbia espressamente invocato, almeno in grado di appello, ed anche solo in fase di precisazione delle conclusioni, l’applicazione delle c.d. “Tabelle di Milano” (Sez. 3, Sentenza n. 7768 del 20/04/2016);
(b) “che copia delle suddette tabelle sia stata depositata al piu’ tardi in appello (cosi’ la ricordata sentenza pronunciata da Sez. 3, Sentenza n. 12408 del 07/06/2011, Rv. 618048, § 3.2.6 dei “Motivi della decisione”; cfr. altresi’ Sez. 3, Sentenza n. 23778 del 07/11/2014);
nel caso, invece, di decisioni d’appello pronunciate dopo il 7.6.2011, e’ sufficiente che l’applicazione del criterio “milanese” sia stata invocata dalla parte interessata, ma non vi per essa alcun obbligo di deposito in giudizio di tali tabelle: infatti, dovendo di regola il giudice di merito – salvo motivato dissenso – attenersi ai principi interpretativi dettati da questa Corte, deve ritenersi che egli sappia di dover liquidare il danno alla salute applicando i valori risultanti dalle “Tabelle” del Tribunale di Milano, peraltro facilmente reperibili sulle riviste specializzate, nella trattatistica o sul web;
nel caso di specie, la sentenza d’appello e’ stata depositata il 6.10.2014 (quando ormai non solo questa Corte si era gia’ espressa circa l’obbligo di applicazione delle tabelle milanesi, ma anzi si era consolidato in tal senso un imponente orientamento giurisprudenziale), e risulta altresi’ dagli atti che (OMISSIS) in grado di appello invoco’ espressamente l’applicazione di quelle tabelle: e tanto bastava perche’ la Corte d’appello avesse l’obbligo o di fare applicazione di quel criterio, ovvero di indicare analiticamente le ragioni per le quali lo riteneva, nel caso specifico, iniquo;
infondate vanno dichiarate, invece, le eccezioni con le quali le controricorrenti hanno eccepito l’inammissibilita’ del secondo e del terzo motivo di ricorso;
tale eccezione e’ stata motivata con tre argomenti:

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