Corte di Cassazione, sezione sesta civile, ordinanza 15 gennaio 2018, n. 711. La contestazione dell’autenticità di un testamento olografo

La contestazione dell’autenticità di un testamento olografo, comporta la proposizione in sede giudiziale della domanda di accertamento negativo della provenienza della scrittura, gravando sull’attore l’onere della relativa prova, secondo i principi generali dettati per l’accertamento negativo. All’uopo, l’espletamento della CTU, se richiesta, è sufficiente per assolvere tale obbligo.

Ordinanza 15 gennaio 2018, n. 711
Data udienza 19 ottobre 2017

Integrale

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SESTA CIVILE

SOTTOSEZIONE 2

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. MANNA Felice – Presidente

Dott. CORRENTI Vincenzo – Consigliere

Dott. FALASCHI Milena – Consigliere

Dott. ABETE Luigi – Consigliere

Dott. CRISCUOLO Anna – rel. Consigliere

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA
sul ricorso 16374/2016 proposto da:
(OMISSIS), (OMISSIS), domiciliati in ROMA, presso la Cancelleria della Corte di Cassazione, e rappresentati e difesi dall’avvocato (OMISSIS) in virtu’ di procura a margine del ricorso;
– ricorrenti –
contro
(OMISSIS), (OMISSIS), (OMISSIS), quale procuratore generale di (OMISSIS), (OMISSIS), (OMISSIS), (OMISSIS), (OMISSIS), (OMISSIS), (OMISSIS) E (OMISSIS), gli ultimi tre quali eredi di (OMISSIS), domiciliati in ROMA, presso la Cancelleria della Corte di Cassazione, e rappresentati e difesi dall’avvocato (OMISSIS) in virtu’ di procura in calce al controricorso;
– ricorrenti incidentali –
avverso la sentenza n. 2968/2015 della CORTE D’APPELLO di VENEZIA, depositata il 22/12/2015;
udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del 19/10/2017 dal Consigliere Dott. MAURO CRISCUOLO;
Letta la memoria depositata dai ricorrenti.
MOTIVI IN FATTO ED IN DIRITTO DELLA DECISIONE
Gli odierni ricorrenti incidentali convenivano in giudizio dinanzi al Tribunale di Verona, (OMISSIS) e (OMISSIS), premettendo che erano eredi legittimi del defunto (OMISSIS), deceduto in data (OMISSIS), chiedendo accertarsi la nullita’ e falsita’ del testamento olografo del (OMISSIS) con il quale aveva nominato i convenuti unici eredi in relazione alle somme di denaro investite presso (OMISSIS) da (OMISSIS), con la conseguente condanna alla restituzione delle somme in questione.
Nella resistenza dei convenuti, il Tribunale adito con la sentenza n. 2756/2013 del 3 dicembre 2013, all’esito dell’espletamento di una CTU grafologica, accoglieva la domanda e dichiarava la nullita’ del testamento in quanto apocrifo, condannando i convenuti alla restituzione della somma di Euro 1.199.582,99, oltre interessi legali e danno da svalutazione monetaria a far data dal 6 dicembre 2006, dichiarando inammissibile la domanda di scioglimento della comunione ereditaria.
La Corte d’Appello di Venezia con la sentenza n. 2968 del 22 dicembre 2015, rigettava i restanti motivi di appello, accogliendo unicamente quello concernente la decorrenza degli interessi legali sulle somme da restituire, che individuava nella data della domanda.
In dettaglio, escludeva che fosse necessario proporre istanza di verificazione, dovendosi aderire alla tesi che ritiene che l’accertamento dell’inesistenza dell’atto, come in caso di testamento apocrifo, soggiace allo stesso regime probatorio di cui alla nullita’ ex articolo 606 c.c., sicche’ all’erede legittimo basta disconoscere l’autenticita’ del testamento, essendo invece onere dell’erede testamentario avanzare istanza di verificazione.
In merito alla doglianza concernente l’espletamento della CTU grafologica solo su di una fotocopia, rilevava che dalla relazione d’ufficio emergeva piuttosto che l’esame fosse stato esperito sull’originale presso lo studio del notaio che ne aveva curato la pubblicazione.
Infine, ritenuto generico il motivo di appello concernente le contestazioni alle conclusioni della perizia contabile, riteneva meritevole di accoglimento il motivo di appello riguardante la concreta individuazione della data di decorrenza degli interessi legali sull’obbligazione restitutoria degli appellanti, osservando che in applicazione della presunzione di buona fede, non era stata offerta la prova della mala fede degli accipientes alla data in cui era stato effettuato il prelievo (dicembre 2006), essendo stata anche esclusa la loro responsabilita’ in sede penale per la falsificazione del testamento.
Gli interessi andavano quindi calcolati a partire dalla domanda, dovendosi altresi’ escludere il diritto al maggior danno da svalutazione, che presuppone la antigiuridicita’ della condotta, non solo sul piano oggettivo, ma anche sul piano soggettivo.
Per la cassazione di tale sentenza hanno proposto ricorso (OMISSIS) e (OMISSIS) sulla base di due motivi.
(OMISSIS), (OMISSIS), (OMISSIS), quale procuratore generale di (OMISSIS), (OMISSIS), (OMISSIS), (OMISSIS), (OMISSIS), (OMISSIS), (OMISSIS) e (OMISSIS), gli ultimi tre quali eredi di (OMISSIS) hanno resistito con controricorso, proponendo a loro volta ricorso incidentale affidato a due motivi.
Con il primo motivo di ricorso si denunzia la violazione e falsa applicazione degli articoli 214 e 216 c.p.c., nonche’ la nullita’ della sentenza per omessa pronuncia su di un punto decisivo per la controversia.
Si sostiene che la sentenza gravata avrebbe omesso di fare corretta applicazione dei principi espressi dalle Sezioni Unite di questa Corte nella sentenza n. 12307/2015, in quanto sarebbe stato necessario proporre da parte degli eredi legittimi una espressa domanda di accertamento negativo della validita’ del testamento, con l’assunzione del conseguente onere probatorio.
Inoltre, avrebbe omesso di fornire risposta ad un punto decisivo della controversia, che aveva costituito anche oggetto di uno specifico motivo di appello, in merito all’inammissibilita’ delle domande attoree, stante il mancato disconoscimento del testamento quale presupposto prescritto dall’articolo 214 c.p.c..

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