Corte di Cassazione, sezione terza penale, sentenza 18 gennaio 2018, n. 1958. In capo all’amministratore di diritto una responsabilita’ quantomeno a titolo di dolo eventuale in relazione alle condotte illecite poste in essere dall’amministratore di fatto

In capo all’amministratore di diritto una responsabilita’ quantomeno a titolo di dolo eventuale in relazione alle condotte illecite poste in essere dall’amministratore di fatto, della cui verificazione il primo abbia accettato il rischio, coscientemente, omettendo di esercitare i relativi poteri di controllo.
Il “verbale di costatazione” redatto da personale della Guardia di Finanza o dai funzionari degli Uffici Finanziari e’ qualificabile come documento extraprocessuale ricognitivo di natura amministrativa e, in quanto tale, acquisibile ed utilizzabile ai fini probatori, nel processo penale, ai sensi dell’articolo 234 cod. proc. pen.. Si e’, infatti, osservato che non si tratta di un atto processuale, poiche’ non e’ previsto dal codice di rito o dalle norme di attuazione (ex articolo 207 disp. att. c.p.p.); ne’ puo’ essere qualificato quale “particolare modalita’ di inoltro della notizia di reato” (ex articolo 221 disp. att. c.p.p.), in quanto i connotati di quest’ultima sono diversi.
Nondimeno, quando nel corso di attivita’ ispettive o di vigilanza previste da leggi o decreti emergono indizi di reato e non meri sospetti, l’articolo 220 disp. att. c.p.p. stabilisce che “gli atti necessari per assicurare le fonti di prova e raccogliere quant’altro possa servire per l’applicazione della legge penale sono compiuti con l’osservanza delle disposizioni del codice”. Ne consegue che la parte di documento, compilata prima dell’insorgere degli indizi, ha sempre efficacia probatoria ed e’ utilizzabile, mentre non e’ tale quella redatta successivamente, qualora non siano state rispettate le disposizioni del codice di procedura penale.
Dalla semplice lettura della norma, emerga che essa presuppone, per la sua applicazione, un’attivita’ di vigilanza o ispettiva in corso di esecuzione specificamente prevista da disposizioni normative e la sussistenza di indizi di reato emersi nel corso dell’attivita’ medesima, non essendo necessario che ricorra una prova indiretta quale indicata dall’articolo 192 cod. proc. pen., quanto, piuttosto, la sussistenza della mera possibilita’ di attribuire comunque rilevanza penale al fatto che emerge dall’inchiesta amministrativa e, nel momento in cui emerge, a prescindere dalla circostanza che esso possa essere riferito ad una persona determinata. Ove le richiamate condizioni si verifichino, sara’ dunque necessario che, a pena di inutilizzabilita’, vengano osservate le disposizioni del codice di rito, ma soltanto per il compimento degli atti necessari all’assicurazione delle fonti di prova ed alla raccolta di quant’altro necessario per l’applicazione della legge penale.

Sentenza 18 gennaio 2018, n. 1958
Data udienza 22 giugno 2017

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TERZA PENALE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. CAVALLO Aldo – Presidente

Dott. ROSI Elisabetta – Consigliere

Dott. ACETO Aldo – Consigliere

Dott. GAI Emanuela – Consigliere

Dott. RENOLDI Carlo – rel. Consigliere

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA
sul ricorso proposto da:
(OMISSIS), nata a (OMISSIS);
(OMISSIS), nato a (OMISSIS);
avverso la sentenza del 12/09/2016 della Corte d’appello di Brescia;
visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso;
udita la relazione svolta dal Consigliere Dott. RENOLDI Carlo;
udito il Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore Generale, Dott. SALZANO Francesco, che ha concluso chiedendo il rigetto dei ricorsi;
uditi, per gli imputati, l’avv. (OMISSIS) e (OMISSIS), che hanno concluso chiedendo l’accoglimento dei ricorsi.
RITENUTO IN FATTO
1. (OMISSIS) e (OMISSIS) erano stati tratti a giudizio davanti al Tribunale di Bergamo in composizione monocratica per rispondere: la prima del reato previsto dagli articoli 81 cpv., 110 cod. pen., Decreto Legislativo n. 74 del 2000, articolo 8, per avere, in concorso con (OMISSIS), in qualita’ di amministratrice di diritto della (OMISSIS) S.r.l., al fine di consentire a terzi l’evasione delle imposte sui redditi e sul valore aggiunto, emesso nei confronti della (OMISSIS) S.r.l., negli anni di imposta 2008 e 2009, fatture relative a operazioni soggettivamente inesistenti per un ammontare complessivo di 2.487.500 Euro di imponibile e 20.000 Euro di Iva nel 2008 nonche’ di 2.838.392 Euro di imponibile nel 2009 (capo C); il secondo del reato previsto dagli articoli 81 cpv., 110 cod. pen., Decreto Legislativo n. 74 del 2000, articolo 8, per avere, in concorso con (OMISSIS), in qualita’ di amministratore di diritto della (OMISSIS) S.r.l., al fine di consentire a terzi l’evasione delle imposte sui redditi e sul valore aggiunto, emesso nei confronti della (OMISSIS) S.r.l., negli anni di imposta 2007, 2008, 2009 e 2010, numerose fatture relative a operazioni soggettivamente inesistenti, per gli importi meglio specificati in imputazione (capo D), nonche’ del reato previsto dagli articoli 81 cpv., 110 cod. pen., Decreto Legislativo n. 74 del 2000, articolo 2, per avere, in concorso con (OMISSIS), nella qualita’ gia’ illustrata al capo precedente, al fine di evadere le imposte sui redditi e sul valore aggiunto, indicato nelle dichiarazioni fiscali relative agli anni di imposta 2007, 2008, 2009 e 2010, elementi passivi fittizi avvalendosi di fatture emesse per operazioni soggettivamente inesistenti dalla (OMISSIS) S.r.l. e, nel solo anno 2010, dalla (OMISSIS) S.r.l. per gli importi meglio specificati in imputazione (capo E).
All’esito del giudizio dibattimentale, il Tribunale di Bergamo, con sentenza in data 23/03/2016, aveva riconosciuto la responsabilita’ penale dei due imputati in relazione ai suddetti reati (con esclusione, soltanto per (OMISSIS), delle imputazioni relative all’anno di imposta 2007), i quali erano stati conseguentemente condannati: (OMISSIS) alla pena di due anni e tre mesi di reclusione e (OMISSIS) di due anni e dieci mesi di reclusione, unificati i reati, per quest’ultimo, dal vincolo della continuazione.
2. Con sentenza in data 12/09/2016, la Corte d’appello di Brescia, in parziale riforma della sentenza di primo grado, dichiaro’ non doversi procedere nei confronti della (OMISSIS) in ordine ai reati alla stessa ascritti al capo C) sino alla fattura n. (OMISSIS) del 28/07/2009, compresa; e nei confronti di (OMISSIS) in relazione ai reati allo stesso ascritti al capo D) sino alla fattura n. (OMISSIS) del 28/02/2009 compresa, per essere gli stessi estinti per intervenuta prescrizione; e, per l’effetto, ridetermino’ la pena inflitta alla stessa (OMISSIS) in un anno e nove mesi di reclusione e, quella inflitta a (OMISSIS), in due anni e otto mesi di reclusione, concedendo, solo alla prima, la sospensione condizionale della pena. Nel resto, la pronuncia di primo grado fu, invece, confermata.

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