Corte di Cassazione

Suprema Corte di Cassazione

sezioni unite

sentenza 23 luglio 2015, n. 15478

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONI UNITE CIVILI

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. ROVELLI Luigi Antonio – Primo Presidente f.f.

Dott. RORDORF Renato – Presidente di Sez.

Dott. DI PALMA Salvatore – Consigliere

Dott. BANDINI Gianfranco – Consigliere

Dott. VIVALDI Roberta – Consigliere

Dott. DI IASI Camilla – Consigliere

Dott. PETITTI Stefano – Consigliere

Dott. FRASCA Raffaele – rel. Consigliere

Dott. GIUSTI Alberto – Consigliere

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA

sul ricorso 7554/2015 proposto da:

(OMISSIS), elettivamente domiciliato in ROMA, 2015 presso la CANCELLERIA DELLA CORTE DI CASSAZIONE, rappresentato e difeso dall’avvocato (OMISSIS), per delega in calce al ricorso;

– ricorrente –

contro

PROCURATORE GENERALE PRESSO LA CORTE DI CASSAZIONE, MINISTERO DELLA GIUSTIZIA;

– intimati –

avverso l’ordinanza n. 20/2015 del CONSIGLIO SUPERIORE DELLA MAGISTRATURA, depositata il 20/02/2015;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del 07/07/2015 dal Consigliere Dott. RAFFAELE FRASCA;

udito l’Avvocato (OMISSIS);

udito il P.M. in persona dell’Avvocato Generale Dott. APICE Umberto, che ha concluso per il rigetto del ricorso.

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

p.1. Il dottor (OMISSIS), magistrato ordinario in servizio con funzioni di Presidente di sezione del Tribunale di Monza, ha proposto ricorso per cassazione avverso l’ordinanza del 20 febbraio 2015, con la quale la Sezione Disciplinare del Consiglio Superiore della Magistratura, pronunciando ai sensi del Decreto Legislativo n. 109 del 2006, articolo 13, comma 2, e articolo 22 sulla richiesta di misura cautelare formulata dal Procuratore Generale presso la Corte di cassazione nel procedimento disciplinare iscritto al n. 187 del 2014 R.G.C., a suo carico pendente in relazione ad undici illeciti disciplinari, ha disposto il suo trasferimento presso il Tribunale di Novara con funzioni di giudice.

p.2. Il ricorso, che prospetta due motivi, e’ stato ritualmente depositato presso il Consiglio Superiore della Magistratura ed e’ stato proposto nei confronti del Procuratore Generale presso la Corte di cassazione e del Ministero della Giustizia.

p.3. Il ricorrente ha depositato memoria.

MOTIVI DELLA DECISIONE

p.1. Con un primo motivo si denuncia “violazione e falsa applicazione del Decreto Legislativo 23 febbraio 2006, n. 109, articolo 13, comma 2 e articolo 22, comma 1, , nonche’ vizio di carenza o contraddittorieta’ della motivazione, in relazione all’articolo 606 c.p.p., comma 1, lettera b) e c)”.

p.1.1. Una prima censura viene svolta riguardo alla motivazione con cui la Sezione Disciplinare ha affermato che “la natura ed i profili di rilevanza degli addebiti nonche’ la loro correlazione e all’esercizio delle funzioni giudiziarie rendono incompatibile il perdurare della permanenza dell’incolpato nell’attuale ufficio ed il mantenimento delle sue attuali funzioni di Presidente di sezione del Tribunale di Monza”.

Sulla premessa che con tale motivazione si sarebbe esaminato un duplice profilo, quello della incompatibilita’ della permanenza nell’ufficio ricoperto attualmente e quello del mantenimento delle funzioni di presidente di sezione, si sostiene:

a) innanzitutto che sarebbe “immotivata ed indimostrabile” l’incompatibilita’ della permanenza nell’ufficio ricoperto all’atto della misura cautelare con le funzioni di giudice, giacche’ esso risultava diverso da quello – il Tribunale di Como – in cui risultavano commessi gli illeciti oggetto dell’incolpazione disciplinare, rappresentati da fatti avvenuti nel periodo feriale di luglio e settembre del 2014, laddove il ricorrente aveva preso servizio a (OMISSIS) il 22 settembre 2014;

b) che l’essere stato trasferito a (OMISSIS) con le funzioni di presidente di sezione avrebbe dovuto escludere l’esistenza delle condizioni per disporre in via cautelare e provvisoria il trasferimento, atteso che esse erano venute meno proprio con il trasferimento da (OMISSIS), onde viene evocata Cass. sez. un. n. 25815 del 2007 il trasferimento disposto in via disciplinare risultava essere stato un “ritrasferimento”, adottato in violazione del Decreto Legislativo n. 109 del 2006, articoli 13, comma 2, e articolo 22, comma 1;

c) che la carenza di motivazione si configurerebbe, in primo luogo, perche’ la Sezione Disciplinare non avrebbe “minimamente argomentato la ragione per la quale fatti avvenuti presso una sede dalla quale il ricorrente era stato appena trasferito, e che non interessavano minimamente la nuova sede nella quale” il ricorrente “si era insediato da tre mesi” avrebbero imposto il suo “ritrasferimento”;

d) che la carenza di motivazione dell’impugnata decisione riguarderebbe altresi’ l’essere stato disposto il trasferimento senza mantenimento delle funzioni di presidente di sezione e sussisterebbe perche’ i fatti oggetto dell’incolpazione afferivano non all’organizzazione dell’ufficio, bensi’ ad attivita’ giurisdizionali, peraltro compiute “quanto al luglio del 2014” quale componente di collegio e non quale presidente.

p.1.2. Il motivo non e’ fondato con riferimento ad alcuna delle censure prospettate.

Queste le ragioni.

p.1.2.1. Con riferimento alle censure relative alla violazione di norme di diritto vanno svolte le seguenti considerazioni.

Rispetto al punto indicato sopra sub a) si deve osservare che la critica alla sussistenza dei presupposti in iure della misura cautelare sembra sottendere, in buona sostanza, un’erronea sussunzione da parte della sezione disciplinare della fattispecie concreta, considerata cioe’ con riferimento alle funzioni esercitate dal ricorrente, sotto la norma dell’articolo 13, comma 2, in quanto tale norma, per giustificare la misura del trasferimento ad altro ufficio e, quindi, la negazione della permanenza del magistrato nella sede ricoperta, esigerebbe che la valutazione cautelare venga compiuta in una situazione nella quale l’attuale posizione di servizio dell’incolpato sia la stessa in cui egli avrebbe commesso gli illeciti ascrittigli.

L’assunto non puo’ essere condiviso.

p.1.2.2. Va premesso che, cosi’ prospettata, la questione sollecita l’esame del se nella specie ricorra il presupposto giustificativo per l’adozione del provvedimento cautelare di cui al Decreto Legislativo n. 109 del 2006, articolo 13, comma 2, rappresentato dal periculum in mora.

In proposito si deve ricordare che esso si deve ravvisare nel positivo riscontro che la permanenza del magistrato nell’ufficio e/o nelle funzioni esercitate, durante l’iter dello svolgimento del procedimento disciplinare, sarebbe dannosa per la preservazione del corretto svolgimento dell’amministrazione della giustizia, cioe’ del suo buon andamento, cui fa riferimento il comma 1 dell’articolo 13 e che certamente rappresenta il presupposto necessario per l’adozione della misura cautelare del comma 2 di tale norma. Infatti, in essa, accanto ai gravi elementi di fondatezza dell’incolpazione (fumus), sono richiesti i motivi di particolare urgenza, i quali appunto sottendono il periculum nel senso appena indicato.

Ebbene, questo tipo di valutazione suppone necessariamente la valutazione delle funzioni esercitate in concreto dall’incolpato al momento in cui il giudice disciplinare e’ chiamato a compiere le sue valutazioni cautelari, cioe’ l’apprezzamento della possibilita’ che, durante lo svolgimento del procedimento disciplinare, il magistrato possa continuare ad esercitarle in modo che sia preservato il buon andamento dell’amministrazione della giustizia.

Ne segue che, se l’esigenza cautelare, in ragione del momento di insorgenza e sviluppo del procedimento disciplinare, debba essere apprezzata in un momento in cui si e’ determinata una nuova situazione di servizio in cui e’ venuto a trovarsi l’incolpato per essere stato a domanda trasferito – nel caso di specie per ragioni del tutto estranee ai fatti oggetto del procedimento disciplinare ed integranti non solo un trasferimento a domanda, ma addirittura l’attribuzione di funzioni semidirettive e, dunque, una promozione – presso altro ufficio, chiaramente l’apprezzamento del buon andamento dell’amministrazione della giustizia in relazione alla compatibilita’ con esso della permanenza nel nuovo ufficio e’ oggettivamente giustificato per la ragione che la posizione del magistrato in relazione all’oggetto di quell’apprezzamento e’ e deve essere necessariamente quella che egli riveste in quel momento.

La considerazione di quella posizione e’, del resto, giustificata innanzitutto dalla circostanza che correlandosi l’adozione della misura cautelare alla natura e all’oggetto degli illeciti contestati e’ pienamente possibile che tale natura e tale oggetto possano indurre una prognosi per cui, se l’incolpato a livello di fumus risulta aver commesso quei fatti, e’ possibile che egli possa ripetere comportamenti similari anche nella nuova sede di destinazione e nelle nuove funzioni.

Ebbene, essendo i fatti oggetto dell’incolpazione relativi al confezionamento di provvedimenti collegiali senza che vi fosse stata la pronuncia del collegio, in taluni casi quando il ricorrente sarebbe stato componente, in altri quando sarebbe stato presidente, la permanenza nel nuovo ufficio monzese, in quanto le funzioni esercitate erano quelle di presidente di sezione, e, dunque, funzioni semidirettive, con la conseguente assunzione di ovvi poteri di direzione ed organizzazione del lavoro altrui, appariva ed appare incompatibile ai fini delle valutazioni cautelari con la preservazione del buon andamento della giustizia, in quanto proprio quelle funzioni potrebbero rendere possibile la reiterazione degli stessi illeciti, cioe’ la pretermissione delle prerogative collegiali, ed anzi potrebbero renderla piu’ facile in connessione con le implicazioni della funzione presidenziale.

Si deve, dunque, rilevare che, allorquando il magistrato nei cui confronti sia stato introdotto un procedimento disciplinare concernente fatti addebitatigli nell’esercizio delle funzioni presso un determinato ufficio, risulti, nel momento in cui la sezione disciplinare viene sollecitata all’esercizio del potere cautelare di cui al Decreto Legislativo n. 109 del 2006, articolo 13, comma 2, trasferito ed in servizio presso altro ufficio, la valutazione ai fini di detto esercizio del presupposto della esigenza di un trasferimento ad altra sede in funzione della preservazione del buon andamento dell’amministrazione della giustizia dev’essere fatta con riferimento alla nuova sede in atto ricoperta dal magistrato, dovendosi escludere che il gia’ avvenuto trasferimento dalla sede di commissione dei pretesi illeciti disciplinare precluda di per se’ l’esigenza cautelare.

p.1.2.3. Le svolte osservazioni sono idonee a respingere anche la censura di violazione di norme di diritto svolta dal ricorrente con la prospettazione che la misura cautelare si sarebbe concretata in quello che Egli chiama un “ritrasferimento”.

p.1.2.4. Si osserva ancora che non e’ fondata nemmeno la censura di carenza di motivazione, poiche’ l’espresso riferimento che la sezione disciplinare ha fatto (pag. 11) alla “natura” ed ai “profili di rilevanza degli addebiti ascritti” e’ chiaramente, sebbene in modo stringato (e certamente poco in sintonia con la delicatezza dell’utilizzo della misura cautelare quando essa incide sulla garanzia della inamovibilita’ seppur provvisoriamente), evocativo proprio di quanto appena sopra ipotizzato in ordine al metus che proprio nelle funzioni di presidente di sezione l’incolpato possa reiterare illeciti similari a quelli contestatigli.

In altri termini, avuto riguardo alle funzioni di presidente di sezione esercitate a (OMISSIS), quelli che la sezione disciplinare ha evocato come “natura” e come “profili di rilevanza degli addebiti ascritti”, in precedenza nella motivazione della decisione ampiamente descritti, integrano sul piano della valutazione cautelare i referenti giustificativi della motivazione circa il presupposto del trasferimento cautelare rappresentato dalla preservazione del buon andamento dell’amministrazione della giustizia.

p.1.3. Una seconda censura prospettata nel primo motivo viene mossa alla motivazione della decisione impugnata nella quale si e’ detto che “la vicenda ha indubbiamente cagionato un danno al prestigio del predetto magistrato, la cui immagine e’ rimasta gravemente pregiudicata”.

Essa e’ articolata con il solo assunto che non si sarebbe motivato perche’ l’immagine del (OMISSIS) potesse essere stata risultata pregiudicata gravemente con riguardo all’ufficio di (OMISSIS).

p.1.3.1. Anche questa censura – peraltro espressa in modo del tutto assertorio – muove dall’idea che la valutazione cautelare riferita al pregiudizio dell’immagine del magistrato dovesse svolgersi con riferimento a tale immagine nella sede di servizio al momento delle incolpazioni.

Senonche’, e’ sufficiente per evidenziarne l’erroneita’ osservare che l’immagine di un magistrato e’ un valore il cui grado positivo o negativo rappresenta nient’altro che un aspetto del valore del buon andamento dell’amministrazione della giustizia. Essa non esprime una posizione individuale del magistrato come tale, ma una posizione che gli e’ riconosciuta in quanto esercente le funzioni.

Ne segue che la censura non e’ fondata proprio per l’approccio che la muove: il prestigio del ricorrente, in quanto ricollegato alle funzioni in atto esercitate, doveva dalla sezione disciplinare essere necessariamente apprezzato con riferimento alla posizione occupata a (OMISSIS) ed e’ evidente che i fatti di cui e’ incolpato, per quanto sopra rilevato, sono idonei a livello di fumus a pregiudicare oggettivamente il suo prestigio nelle funzioni di presidente di sezione a (OMISSIS) per il pericolo che divengano, se non lo sono gia’ divenuti, noti a (OMISSIS).

Vertendosi in ambito di valutazione cautelare era, poi, naturalmente sufficiente il pericolo del pregiudizio all’immagine e, dunque, il pericolo che i fatti disciplinari divenissero noti nella sede monzese e pregiudicassero l’immagine dell’incolpato nelle funzioni semidirettive esercitate.

p.1.4. Una terza censura, proposta sempre dal primo motivo, concerne congiuntamente l’affermazione della Sezione Disciplinare che “il disordine ed il caos organizzativo prodotto dalle vicende” oggetto di incolpazione “rendono incompatibile il Dott. (OMISSIS) a svolgere le funzioni organizzative di Presidente di sezione, con conseguente pregiudizio al buon andamento dell’amministrazione della giustizia nella sede attuale di servizio”, nonche’ quella ulteriore che egli non poteva “utilmente continuare a svolgere le funzioni in un ufficio dove e’ necessario assicurare una efficace organizzazione del lavoro altrui”.

La censura e’ svolta adducendosi:

aa) che oggetto dell’incolpazione sarebbero “provvedimenti legittimi, resi nel rispetto delle norme sostanziali” ed in ogni caso non sarebbe dato comprendere perche’ essi sarebbero stati produttivi di caos organizzativo e disordine”;

bb) che l’incompatibilita’ a svolgere funzioni organizzative di presidente di sezione, con conseguente pregiudizio al buon andamento dell’amministrazione della giustizia nella sede ricoperta non sarebbe giustificata, in quanto: bb1) non erano stati ne’ dedotti ne’ dimostrati elementi in tal senso; bb2) gli addebiti non sarebbero stati riconducibili ad attivita’ organizzative; bb3) i fatti addebitati si erano collocati in un brevissimo arco temporale, come aveva riconosciuto nell’atto di incolpazione il Procuratore Generale, e in un momento di intensa attivita’ lavorativa a ridosso del trasferimento da (OMISSIS), onde non si sarebbe potuto ritenerli significativi di inadeguatezza allo svolgimento delle funzioni direttive, tanto piu’ in sede cautelare ed a carico di un magistrato che nell’arco della sua carriera aveva avuto sempre pareri lusinghieri e nel giugno del 2014 era stato nominato dal C.S.M. presidente di sezione.

p.1.4.1. L’assunto sub aa) non e’ in alcun modo spiegato e cio’ nemmeno con l’indicazione di elementi apprezzabili e non apprezzati a livello del fumus che contraddistingue il procedimento cautelare e cui si correla il controllo cui e’ sollecitata questa Corte.

Ove, poi, si volesse reputare – con operazione che tradirebbe, pero’, la logica di un motivo di impugnazione, che, pure in sede processualpenalistica, dev’essere quella di indicare in modo chiaro e specifico le ragioni che lo sorreggono – che il ricorrente, pur senza dirlo espressamente, abbia inteso riferirsi a quanto nel ricorso, sotto l’intestazione “fatto”, prima dell’esposizione dei motivi, si scrive nelle ultime tre righe della pagina 7 e nella prima meta’ della pagina successiva, si dovrebbe rilevare che:

a1) ivi nulla si dice delle contestazioni penali di falso ideologico evocate dai capi di incolpazione;

a2) il rilievo che le somme liquidate si sarebbero sostanzialmente collocate a meta’ fra i minimi ed i massimi e’ del tutto assertivo e, in disparte ogni rilievo sulla decisivita’ o meno della circostanza in questa sede, appare anche contraddetto dalla motivazione della decisione impugnata, della quale ci si disinteressa;

a3) la mancanza di supposto vantaggio e di favoritismo sara’ naturalmente oggetto di verifica nel procedimento disciplinare ed in questa sede dev’essere apprezzata solo la circostanza che se ne sia ingenerato il sospetto, il che e’ connaturato alla dinamica della vicenda, trattandosi di liquidazione di anticipazioni.

p.1.4.2. Quanto agli assunti sub bb) si osserva:

bb1) il confezionamento di provvedimenti collegiali senza formale deliberazione collegiale, apprezzato con il criterio del fumus e del periculum in mora proprio della sede cautelare, e’ certamente sintomatico di disordine e caos organizzativo, come ha detto la sezione disciplinare, giacche’ la violazione della regola formale della collegialita’, inerendo alla stessa legittimazione a provvedere, induce una situazione di palese mancanza di osservanza dell’ordine processuale e, quindi, evidenzia un problema dell’organizzazione della macchina giudiziaria;

bb2) l’avere confezionato – a livello di valutazione di mero fumus – provvedimenti collegiali senza deliberazione del collegio s’e’ gia’ detto essere del tutto incompatibile con l’espletamento delle funzioni di presidente di sezione, che suppongono l’assicurazione e preservazione proprio della collegialita’;

bb3) il significato del pregiudizio al buon andamento nel senso che esso deve intendersi solo potenziale e’ stato gia’ evidenziato, sicche’ non si comprende come possa ragionarsi di mancata dimostrazione, questione che, peraltro, apparterra’ al giudizio disciplinare ordinario;

bb4) l’essersi svolti i fatti in un periodo di intensa attivita’ lavorativa e per un arco temporalmente limitato non e’ dato comprendere come e perche’ dovrebbe incidere sulla valutazione cautelare facendo aggio sull’oggettiva, sebbene accertando, gravita’ delle incolpazioni, allo stato di possibile rilievo penale.

Anche la terza censura del primo motivo e’, dunque, rigettata.

p.2. Con il secondo motivo si deduce “violazione e falsa applicazione del Decreto Legislativo 23 febbraio 2006, n. 109, articolo 13, comma 2 e articolo 22, comma 1, nonche’ vizio di carenza o contraddittorieta’ della motivazione, in relazione all’articolo 606 c.p.p., comma 1, lettera b) ed e)”.

Il motivo si articola in due censure.

p.2.1. Su quello che dovrebbe essere il versante del vizio motivazionale, dopo avere enunciato che “relativamente al disposto trasferimento d’ufficio al Tribunale di Novara, e’ assente nel provvedimento impugnato ogni motivazione e non e’ dato comprendere quali elementi potrebbero supportarla”, si premette che il trasferimento d’ufficio postulerebbe la necessita’ di garantire il buon andamento della giustizia e di evitare lesioni alla sua immagine, nonche’ che i fatti addebitati determinino il rischio di discredito per l’amministrazione della giustizia derivante dalla prosecuzione dell’attivita’ nella sede di commissione delle condotte sanzionagli e dove esse siano divenute di comune dominio.

Quindi, si dice che nella decisione impugnata “vanno comunque sottolineate” le carenze motivazionali: 1a) sulla sussistenza di una abnormita’ tale dei provvedimenti incriminati da arrecare pregiudizio al buon andamento nel detto senso; a2) sulla inidoneita’ dei fatti, in quanto svoltisi in breve arco temporale, a poter essere considerati “espressione di abituale e inescusabile negligenza”, mancando la prova dell’inescusabilita’ ed abitualita’;

a3) sull’insussistenza di una qualsiasi incompatibilita’ con l’ambiente di (OMISSIS); a4) sull’assenza di risalto o anche solo segnalazioni della vicenda sui mass-media a (OMISSIS) come a (OMISSIS); a5) sull’assenza di disagio dei colleghi monzesi; a6) sull’assenza di elementi idonei ad evidenziare una irreversibile perdita di prestigio e credibilita’ nel tribunale monzese.

p.2.1.1. Le pretese carenze motivazionali sono smentite dalle parti della motivazione della decisione impugnata presenti nella sua pagina 11, che il ricorrente ha sottoposto a critica riproducendole nell’illustrazione del primo motivo e che hanno occasionato le considerazioni con cui sono state rigettate le tre censure con esso proposte.

p.2.2. Con una seconda censura si assume ancora che, secondo il Decreto Legislativo n. 109 del 2006, articolo 13, comma 2, il trasferimento e’ previsto in alternativa alla destinazione ad altre funzioni e si conclude che il trasferimento disposto in aggiunta alla privazione delle funzioni semidirettive sarebbe stato disposto in violazione di detta norma sia per la carenza di motivazione, sia per l’assenza di periculum in ragione dell’aver avuto corso il trasferimento a (OMISSIS) da (OMISSIS) solo tre mesi prima.

p.2.2.1. La censura e’ prospettata in modo meramente assertivo e del tutto generico, il che, quindi, la renderebbe inammissibile.

Se il rilievo di genericita’ si volesse superare leggendolo al lume dell’affermazione che nel ricorso (pag. 8), nella parte premessa ai motivi e dedicata al “fatto”, si fa, adducendo che la sezione disciplinare avrebbe assunto un duplice provvedimento disciplinare, il trasferimento provvisorio d’ufficio ad altra sede e la sospensione parimenti provvisoria delle funzioni semidirettive, e, dunque, si intendesse il primo rilievo nel senso che l’articolo 13, comma 2, sarebbe stato violato perche’ poteva giustificare o l’una o l’altra misura, allora si giustificherebbero le seguenti considerazioni.

Queste Sezioni Unite, nell’ordinanza n. 5942 del 2013 si sono cosi’ espresse nella motivazione: “Non miglior sorte merita il terzo profilo di censura, con il quale si lamenta un subito illegittimo demansionamento, considerato anzitutto che nella specie non si e’ trattato di irrogazione, a titolo definitivo, di una sanzione disciplinare, sicche’ inconferente si rivela il richiamo al relativo principio di tassativita’ o tipicita’, bensi’ di applicazione di una misura cautelare, per sua natura provvisoria e destinata ad operare fino alla definizione del giudizio di merito e rinveniente il suo referente normativo nell’articolo 13, comma 2, che non pone alcuna necessaria relazione tra la misura cautelare e la sanzione disciplinare di cui l’incolpato risulti astrattamente passibile (salva la condizione che quella irrogabile risulti comunque diversa dall’ammonimento o dalla rimozione), in termini tali da configurare la prima quale una sorta di espiazione anticipata della seconda, con conseguente esigenza di corrispondenza dell’una all’altra. Detta disposizione consente, in presenza delle condizioni in precedenza riferite, il trasferimento del magistrato incolpato ad altra sede o la destinazione del medesimo ad altre funzioni, ma non implica necessariamente, nel caso che si sia ritenuto di adottare la misura del trasferimento ad altra sede con le precedenti funzioni (giudicanti o requirenti, di primo o di secondo grado, oppure di legittimita’), anche la conservazione, sul versante interno dell’ufficio, di quelle direttive o semidirettive eventualmente esplicate nell’ambito della sede originaria. Diversamente opinando, il trasferimento di ufficio, a parte le evidenti ragioni di inopportunita’, derivanti dalla natura provvisoria dello stesso, risulterebbe nella maggior parte dei casi impossibile, tenuto conto del limitato numero dei posti vacanti disponibili”.

La riportata motivazione implica che la lettura che il ricorrente parrebbe voler dare della decisione impugnata non e’ corretta, la’ dove egli sostiene che gli sarebbero state irrogate due misure cautelari.

Viceversa, gli e’ stata irrogata soltanto la misura cautelare del trasferimento ad altro ufficio e nell’individuare, in via del tutto provvisoria e conforme alla natura cautelare e non anticipatoria della misura, quali funzioni egli deve esercitare presso l’ufficio sede del trasferimento provvisorio, gli sono state assegnate le funzioni di giudice, perche’ e’ nella logica del trasferimento cautelare che l’incolpato, in ragione della natura del tutto temporanea del provvedimento non si trascini le funzioni direttive o semidirettive esercitate presso l’ufficio di provenienza.

E’ palese del resto che sarebbe del tutto contraddittorio, una volta ravvisate le condizioni per il trasferimento cautelare a carico di chi eserciti le funzioni direttive o semidirettive, pretendere che automaticamente egli se le trascini nel nuovo ufficio e cio’ anche se in ipotesi vi sia una disponibilita’ di un posto corrispondente.

Invero, il ravvisare esigenze cautelari giustificative di un allontanamento provvisorio di un magistrato con funzioni direttive o semidirettive, implicando, come s’e’ veduto, la positiva valutazione del periculum del pregiudizio per il buon andamento dell’amministrazione della giustizia nell’ufficio di servizio esige che nella nuova sede egli non eserciti, sebbene in via provvisoria, funzioni semidirettive o direttive e cio’ perche’ nel loro esercizio, a differenza che nell’esercizio di funzioni prive di quelle caratteristiche, egli dovrebbe svolgere attivita’ organizzazione e di direzione che, nella sua veste di destinatario di misura cautelare, lo porrebbe nella condizioni di doverle esercitare coinvolgendo l’immagine del nuovo ufficio e, quindi, del buon andamento dell’amministrazione non gia’ nella sola sua veste di magistrato singolo, bensi’ quale esercente attivita’ coinvolgenti attivita’ direttiva o semidirettiva e, quindi, potenzialmente rilevanti per l’immagine dell’ufficio in modo molto piu’ ampio. Tanto piu’ che la stessa natura provvisoria della misura mal si concilierebbe con lo svolgimento delle funzioni semidirettive o direttive.

La censura e’, pertanto, rigettata.

p.2.2.2. L’ulteriore censura sulla insussistenza del periculum per essere stato il ricorrente trasferito a (OMISSIS) solo tre mesi prima e per esser gli addebiti relativi a fatti commessi nella sede precedente, ripropone del tutto genericamente una prospettazione gia’ esaminata riguardo al primo motivo.

p.3. Il ricorso e’, conclusivamente, rigettato.

P.Q.M.

La Corte rigetta il ricorso.

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