Corte di Cassazione, sezione I civile, sentenza 27 giugno 2017, n. 15936

Nel caso in cui nel corso di un giudizio proposto per il risarcimento del danno da occupazione legittima sopravvenga il rituale e tempestivo decreto di espropriazione, la domanda risarcitoria si converte automaticamente in quella di opposizione alla stima

Suprema Corte di Cassazione

sezione I civile

sentenza 27 giugno 2017, n. 15936

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE PRIMA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. SALVAGO Salvatore – Presidente

Dott. CAMPANILE Pietro – rel. Consigliere

Dott. DI VIRGILIO Rosa Maria – Consigliere

Dott. SAMBITO Maria Giovanna – Consigliere

Dott. VALITUTTI Antonio – Consigliere

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA

sul ricorso n. 19931/2012 R. G. proposto da:

(OMISSIS), n. il (OMISSIS) – (OMISSIS) – (OMISSIS) – (OMISSIS) – (OMISSIS) – (OMISSIS), eredi di (OMISSIS) elettivamente domiciliati in (OMISSIS), nello studio dell’avv. (OMISSIS), che li rappresenta e difende, unitamente agli avv.ti (OMISSIS) e (OMISSIS), giusta procura speciale a margine del ricorso.

– ricorrenti –

contro

COMUNE DI VERONA elettivamente domiciliato in (OMISSIS), nello studio dell’avv. (OMISSIS), che lo rappresenta e difende, unitamente all’avv. (OMISSIS), giusta procura speciale a margine del controricorso.

– controricorrente –

nonche’ sul ricorso proposto in via incidentale da:

COMUNE DI VERONA come sopra rappresentato;

– ricorrente in via incidentale –

contro

(OMISSIS) – (OMISSIS);

– intimati –

avverso la sentenza della Corte di appello di Venezia, n. 260, depositata in data 7 febbraio 2012;

sentita la relazione svolta all’udienza pubblica del 22 novembre 2016 dal consigliere dott. Pietro Campanile;

Sentito per i ricorrenti l’avv. (OMISSIS), munita di delega;

Udite le richieste del Procuratore Generale, in persona del sostituto dott. Pepe Alessandro, che ha concluso per l’inammissibilita’ o per il rigetto del ricorso.

FATTI DI CAUSA

1. Con atto di citazione notificato in data 28 marzo 1993 i signori (OMISSIS) e (OMISSIS), comproprietari di un’area di mq 7.550 sottoposta a procedimento espropriativo per la realizzazione di parcheggi, chiedevano la condanna del Comune di Verona al risarcimento dei danni per l’occupazione illegittima e l’irreversibile trasformazione di detto terreno, ed a tal fine rappresentavano che l’immissione in possesso era avvenuta in data 11 aprile 1988 e che durante il periodo di occupazione legittima non era intervenuto il decreto di espropriazione.

2. In data 1 agosto 1994 veniva notificato il decreto di espropriazione: il Tribunale di Verona accoglieva l’istanza di sospensione del procedimento fino alla definizione del giudizio davanti TAR del Veneto avente ad oggetto l’impugnazione proposta dai proprietari avverso detto atto ablatorio.

3. Respinto il suddetto ricorso con sentenza del TAR n. 2002 del 2006, ed essendosi il Tribunale di Verona dichiarato incompetente in relazione alla domanda di determinazione dell’indennita’ di espropriazione proposta dai proprietari, in sede di riassunzione della causa, ai sensi della L. n. 685 del 1971, articolo 19 la Corte di appello di Venezia, con la decisione indicata in epigrafe, ha dichiarato inammissibile detta domanda, ritenendo che con l’introduzione della stessa, a fronte dell’iniziale richiesta risarcitoria, i proprietari avessero operato una vera e propria mutato libelli.

4. Sotto altro profilo, vale a dire nell’ipotesi che con la riassunzione davanti alla corte di appello fosse stato intrapreso un nuovo giudizio, i signori (OMISSIS) avrebbero in ogni caso violato il termine decadenziale di trenta giorni previsto dalla L. n. 865 del 1971, articolo 19 in relazione alla notifica e alla pubblicazione sul FAL della stima definitiva, avvenute nel mese di ottobre dell’anno 1991.

5. A diverse conclusioni la corte di appello e’ pervenuta in merito all’indennita’ di occupazione, osservando che, poiche’ la relativa domanda era stata validamente proposta con l’originario atto di citazione, non essendo intervenuta al riguardo alcuna stima ai sensi della L. n. 865 del 1971, articolo 20 non si era verificata alcuna decadenza.

6. L’indennita’ di occupazione, movendo da quella di espropriazione cosi’ come determinata dalla commissione provinciale e non opposta, e’ stata quindi liquidata nella somma di Lire 52.850.000, della quale e’ stato ordinato il deposito, al netto di quanto gia’ versato, sugli interessi da calcolarsi sulle singole annualita’.

7. Avverso tale decisione i signori (OMISSIS) propongono ricorso, affidato ad unico motivo, illustrato da memoria; il Comune resiste con controricorso, interponendo ricorso incidentale, con tre motivi.

RAGIONI DELLA DECISIONE

1. Con il ricorso principale si deduce, ai sensi dell’articolo 360 c.p.c., comma 1, n. 5, la violazione della L. n. 865 del 1971, articolo 19 sostenendosi che erroneamente la Corte di appello di Venezia avrebbe rilevato l’inammissibilita’ della domanda di determinazione della stima facendo riferimento al termine iniziale decorrente dalla comunicazione e dalla pubblicazione della stima effettuata dalla competente commissione provinciale. Si osserva che solo successivamente a tali adempimenti era stato emesso e notificato il decreto di espropriazione, quando era stata gia’ proposta la domanda risarcitoria fondata sull’illegittimita’ dell’occupazione.

2. La censura e’ fondata per le seguenti ragioni, non del tutto coincidenti con quelle esposte dai ricorrenti, ma comunque operanti in virtu’ del principio secondo cui in virtu’ della funzione del giudizio di legittimita’ di garantire l’osservanza e l’uniforme interpretazione della legge, nonche’ per omologia con quanto prevede la norma di cui all’articolo 384 cod. proc. civ., comma 2 deve ritenersi che, nell’esercizio del potere di qualificazione in diritto dei fatti, la Corte di cassazione puo’ ritenere fondata la questione, sollevata dal ricorso, per una ragione giuridica diversa da quella specificamente indicata dalla parte e individuata d’ufficio, con il solo limite che tale individuazione deve avvenire sulla base dei fatti per come accertati nelle fasi di merito ed esposti nel ricorso per cassazione e nella stessa sentenza impugnata, senza cioe’ che sia necessario l’esperimento di ulteriori indagini di fatto, fermo restando, peraltro, che l’esercizio del potere di qualificazione non deve inoltre confliggere con il principio del monopolio della parte nell’esercizio della domanda e delle eccezioni in senso stretto, con la conseguenza che resta escluso che la Corte possa rilevare l’efficacia giuridica di un fatto se cio’ comporta la modifica della domanda per come definita nelle fasi di merito o l’integrazione di una eccezione in senso stretto (Cass., 14 febbraio 2014, n. 3437; Cass., 17 maggio 2011, n. 10841; Cass., 22 marzo 2007, n. 6935).

2.1. Del pari irrilevante e’ l’erroneo riferimento, nella rubrica del motivo, al vizio di motivazione, in quanto, secondo un consolidato orientamento di legittimita’, l’erronea indicazione della norma processuale violata nella rubrica del motivo non ne determina “ex se” l’inammissibilita’, se la Corte possa agevolmente procedere alla corretta qualificazione giuridica del vizio denunciato sulla base delle argomentazioni giuridiche ed in fatto svolte dal ricorrente a fondamento della censura, in quanto la configurazione formale della rubrica del motivo non ha contenuto vincolante, ma e’ solo l’esposizione delle ragioni di diritto della impugnazione che chiarisce e qualifica, sotto il profilo giuridico, il contenuto della censura (Cass., 3 agosto 2012, n. 14026; Cass., 29 agosto 2013, n. 19882; Cass., 30 marzo 2007, n. 7981, proprio in relazione alle ragioni in diritto desumibili dall’esposizione del motivo formulato ai sensi dell’articolo 360 c.p.c., comma 1, n. 5).

3. Tanto premesso, deve rilevarsi che, come emerge dalla ricostruzione operata nella decisione impugnata e richiamata in narrativa, i signori (OMISSIS), nel presupposto dell’illegittimita’ dell’occupazione e della trasformazione del loro terreno, avevano avanzato la loro pretesa risarcitoria davanti al Tribunale di Verona nel marzo del 1993, prima dell’emanazione del decreto di esproprio, che sarebbe avvenuta in corso di causa nell’agosto dell’anno successivo e che sarebbe stato poi giudicato valido e tempestivo, anche a seguito di impugnazione davanti al giudice amministrativo, in considerazione di una serie di proroghe del periodo di occupazione legittima.

3.1. L’affermazione della Corte distrettuale secondo cui l’opposizione alla stima sarebbe tardiva in relazione alla pubblicazione della stima della commissione provinciale sul FAL in data 17 ottobre 1991 contrasta con il consolidato orientamento di questa Corte secondo cui nei casi di anomalia procedimentale di un decreto espropriativo, che segua e non preceda la pubblicazione sul F.A.L. dell’avviso di deposito della stima dell’indennita’ di espropriazione definitiva della Commissione provinciale espropri, dalla notifica di tale provvedimento ablatorio decorre il dies a quo del termine di decadenza di trenta giorni previsto dalla L. 22 ottobre 1971, n. 865, articolo 19 per l’opposizione alla stima, in quanto solo con l’espropriazione sorge il diritto di chiedere la determinazione dell’indennita’ relativa, come effetto della necessita’ di reintegrare la perdita della proprieta’ ad opera dell’atto ablatorio (Cass., 17 febbraio 2012, n. 2329; Cass., 8 settembre 2011, n. 18450, Cass., 8 novembre 2005, n. 21640; Cass., 29 maggio 1997, 4748).

3.2. L’applicazione di tale principio, correttamente invocato dai ricorrenti in via principale, deve essere integrata, in relazione alle sequenze processuali che caratterizzano la vicenda in esame, dalla considerazione che, essendo consentito – in virtu’ della nota pronuncia della Corte costituzionale n. 67 del 1990 – agire in giudizio per chiedere la determinazione dell’indennita’ di espropriazione anche in mancanza della liquidazione amministrativa, costituendo in tale procedimento l’emanazione del decreto di espropriazione una mera condizione dell’azione, la stima ad opera della Commissione provinciale, ove intervenuta nel corso del giudizio, e’ inidonea ad influenzare l’azione giudiziaria gia’ intrapresa e non puo’ acquistare carattere definitivo, per cui non abbisogna della proposizione di alcuna opposizione, ne’ incidere sulle autonome determinazioni da operarsi in sede giudiziaria, e che lo stesso giudice puo’ liquidare l’indennita’ in misura inferiore a quella pretesa (o con criteri meno favorevoli) senza incorrere nel vizio di ultrapetizione (Cass., 27 gennaio 2005, n. 1701).

4. Attesa l’evidenziata irrilevanza della sopravvenienza della stima definitiva rispetto al giudizio, gia’ intrapreso, per la determinazione giudiziale dell’indennita’, deve esaminarsi la questione relativa alla proposizione da parte dei proprietari di una domanda intesa ad ottenere il ristoro per la perdita del loro bene, anteriore alla liquidazione da parte della Commissione provinciale, e quindi immune dalle preclusioni rilevate dalla Corte veneta, ma avente ad oggetto una pretesa risarcitoria e non indennitaria.

4.1. Non potendosi dubitare della tempestivita’ della riassunzione davanti alla Corte di appello del giudizio gia’ pendente davanti al giudice scaligero, dichiaratosi incompetente proprio a seguito dell’emersione di un’ipotesi di espropriazione legittima e, quindi, in virtu’ della natura prosecutoria dello stesso (Cass., 23 gennaio 2012, n. 888; Cass., 10 luglio 2008, n. 19030), della salvezza degli effetti sostanziali e processuali dell’originaria domanda, va esclusa la ricorrenza, pure ipotizzata nella sentenza impugnata, della instaurazione davanti alla Corte di appello di un nuovo giudizio. Deve quindi procedersi all’esame del tema fondamentale che il presente procedimento pone, incentrato sulla verifica della possibilita’ o meno della conversione della domanda risarcitoria, avanzata in relazione ad occupazione ritenuta illegittima, in domanda di determinazione dell’indennita’, allorche’, come nella specie, nel corso del giudizio sopravvenga il tempestivo decreto di espropriazione.

4.2. In ordine a tale aspetto nella giurisprudenza di questa Corte si era formato un orientamento assolutamente negativo, fondato sull’innegabile diversita’, sotto i distinti profili del “petitum” e della “causa petendi”, fra la domanda di risarcimento del danno e quella di determinazione dell’indennita’ di espropriazione, ovvero di opposizione alla stima (Cass., 5 maggio 1998, n. 4485; Cass., 28 agosto 1999, n. 9055; Cass., 30 agosto 2001, n. 11344; Cass. 7 ottobre 2005, n. 19644; Cass., 1 agosto 2008, n. 21944).

4.3. L’esigenza di assicurare una sostanziale tutela al principio della garanzia costituzionale della proprieta’, che non tollera il sacrificio della stessa ad opera della pubblica amministrazione senza ristoro per il titolare, ha determinato la formazione e il successivo consolidamento di un nuovo indirizzo, che il Collegio condivide ed al quale, anzi, intende dare continuita’, secondo cui, nel caso in cui nel corso di un giudizio proposto per il risarcimento del danno da occupazione legittima sopravvenga il rituale e tempestivo decreto di espropriazione, la domanda risarcitoria si converte automaticamente in quella di opposizione alla stima (Cass., 7 ottobre 2014, n. 21115; Cass., 9 gennaio 2014, n. 339; Cass., 16 settembre 2011 n. 18975; Cass., 7 ottobre 2005., n. 19644; Cass. 25 marzo 2003, n. 4358; Cass., 25 gennaio 2001, n. 1061 in motivazione).

5. In relazione all’indennita’ di occupazione legittima, erroneamente – per le indicate ragioni – commisurata all’indennita’ di espropriazione liquidata in sede amministrativa, non risulta proposta alcuna censura da parte dei proprietari: sotto tale profilo la statuizione non puo’ essere oggetto di valutazione in questa sede. In proposito deve rilevarsi che le opposizioni alla stima dell’indennita’ di occupazione e dell’indennita’ di espropriazione sono domande distinte ed autonome, avuto riguardo alle diversita’ delle relative “causae petendi”, costituite l’una dalla ablazione del bene espropriato e l’altra dalla privazione del godimento di quello occupato, nonche’ alla possibilita’ della mancanza di una delle due vicende, nell’ambito del procedimento ablatorio (Cass., 29 aprile 2010, n. 10292).

6. Deve quindi procedersi all’esame del ricorso incidentale.

6.1. Con il primo motivo il Comune di Verona deduce violazione e falsa applicazione della L. 22 ottobre 1971, n. 865, articolo 20 in relazione all’articolo 1282 cod. civ.: si sostiene che, attribuendo gli interessi legali sulle singole somme maturate dalla data di immissione in possesso fino a quella di emanazione del decreto di esproprio, avrebbe parzialmente duplicato la condanna al pagamento degli interessi.

6.2. La censura non appare condivisibile. In realta’, la corte distrettuale, dato atto del versamento della somma di Lire 244.991,698 a titolo di indennita’ di occupazione in data 2 giugno 1994, inferiore a quella determinata in sede giudiziale, pari a Lire 264.500.000, ha determinato la differenza ancora dovuta in Euro 9.946,00, e nel dispositivo ha dettato una disciplina generale circa il conteggio degli interessi conforme a quanto indicato in motivazione (da effettuarsi anno per anno a partire dalla somma maturata in data 11 aprile 1989). Premesso che deve trovare applicazione il principio secondo cui nell’ordinario giudizio di cognizione la portata precettiva della sentenza va individuata tenendo conto non solo del dispositivo, ma anche integrando questo con la motivazione, sicche’, ove manchi un vero e proprio contrasto tra dispositivo e motivazione, deve ritenersi prevalente la statuizione contenuta in una delle due parti del provvedimento, che va interpretato secondo l’unica statuizione in esso contenuta (Cass., 17 luglio 2015, n. 15088; Cass., 26 giugno 2014, n. 14499), la statuizione che sulla somma ancora dovuta sono dovuti gli interessi dall’11 agosto 1994 fino al deposito, interpretata alla luce del criterio generale esposto nella parte motiva, esclude che ci si trovi in presenza di una duplice attribuzione degli interessi, essendo evidente che l’affermazione con cui si ribadisce che in relazione a un credito sono dovuti gli interessi moratori non va interpretata nel senso che gli stessi debbano essere calcolati due volte in riferimento alla medesima somma.

6.3. Alla luce di quanto teste’ evidenziato, le ulteriori doglianze relative alla medesima statuizione, prospettata sotto i distinti profili della violazione del principio contenuto nell’articolo 112 cod. proc. civ. e del vizio motivazionale, non possono trovare accoglimento.

7. L’impugnata decisione, pertanto, va cassata in relazione al motivo accolto, con rinvio alla Corte di appello di Venezia che applichera’ il principio sopra richiamato, provvedendo altresi’ in merito alla spese del presente giudizio di legittimita’.

P.Q.M.

Accoglie il ricorso principale, rigetta l’incidentale; cassa la sentenza impugnata e rinvia, anche per le spese, alla Corte di appello di Venezia, in diversa composizione.

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