Corte di Cassazione, sezione I penale, sentenza 11 novembre 2016, n. 47940

Accolta la richiesta di affidamento in prova per il giovane che abbia commesso una rapina aggravata e che sia tossicodipendente. Questo perchè il Tribunale non ha fornito ulteriori elementi sulla pericolosità del soggetto visto che non ha dimostrato l’appartenenza alla criminalità organizzata ed essendo il giovane anche di buona famiglia

Suprema Corte di Cassazione

sezione I penale

sentenza 11 novembre 2016, n. 47940

REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE PRIMA PENALE
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. SIOTTO Maria Cristina – Presidente
Dott. ROCCHI Giacomo – rel. Consigliere
Dott. BONI Monica – Consigliere
Dott. ESPOSITO Aldo – Consigliere
Dott. MAGI Raffaello – Consigliere
ha pronunciato la seguente:

SENTENZA

sul ricorso proposto da:

(OMISSIS), N. IL (OMISSIS);

avverso l’ordinanza n. 1337/2015 TRIB. SORVEGLIANZA di ANCONA, del 28/10/2015;

sentita la relazione fatta dal Consigliere Dott. ROCCHI Giacomo;

lette le conclusioni del PG Dott. PINELLI Mario, che ha chiesto il rigetto del ricorso.

RITENUTO IN FATTO

1. Con l’ordinanza indicata in epigrafe, il Tribunale di Sorveglianza di Ancona rigettava le istanze di affidamento in prova ai sensi del Decreto del Presidente della Repubblica n. 309 del 1990, articolo 94 e di detenzione domiciliare avanzate da (OMISSIS), condannato per rapina aggravata ed altri reati e in detenzione domiciliare ex articolo 656 c.p.p., comma 10.

Il Tribunale osservava che non era possibile escludere contatti con la criminalita’ organizzata, come dimostrava il coinvolgimento del condannato in inchieste per traffico di sostanze stupefacenti, e che sussisteva il fondato dubbio che la commissione di reati non fosse esclusivamente conseguenza della tossicodipendenza, ma anche del desiderio di provare emozioni dal crimine, trattandosi di soggetto appartenente a famiglia agiata.

In definitiva, il Tribunale riteneva necessario sperimentare la personalita’ del (OMISSIS) prima in un percorso intramurario, soprattutto al fine di appurare se la sua elevata pericolosita’ derivasse esclusivamente dalla tossicodipendenza.

2. Ricorre per cassazione il difensore di (OMISSIS), deducendo violazione di legge e vizio di motivazione.

Il ricorrente ricorda che (OMISSIS) si trova nelle condizioni previste dal Decreto del Presidente della Repubblica n. 309 del 1990, articolo 89, essendo stato rilasciato certificato di tossicodipendenza e di idoneita’ del programma terapeutico da parte della ASL e lamenta che l’ordinanza, con una apodittica valutazione concernente i motivi del ricorso al crimine, non aveva preso in alcuna analisi la serieta’ del programma terapeutico predisposto, disponendone l’interruzione: eppure, la scelta della struttura terapeutica era stata effettuata dal SERT della Casa Circondariale di (OMISSIS), a riprova della non strumentalita’ del percorso riabilitativo.

L’ordinanza aveva valorizzato il coinvolgimento di (OMISSIS) in un’indagine per il delitto di cui al Decreto del Presidente della Repubblica n. 309 del 1990, articolo 74, senza dare atto che, all’esito del giudizio di primo grado, egli era stato condannato alla modesta pena di anni uno e mesi sei di reclusione per l’ipotesi minore di cui al Decreto del Presidente della Repubblica n. 309 del 1990, articolo 74, comma 6.

In definitiva l’ordinanza eludeva lo spirito delle misure alternative; la sua attuazione avrebbe interrotto il percorso terapeutico in atto.

3. Il Procuratore Generale, nella requisitoria scritta, conclude per il rigetto del ricorso.

CONSIDERATO IN DIRITTO

Il ricorso e’ fondato e deve essere accolto.

La motivazione del provvedimento impugnato appare ondivaga e congetturale e non permette di comprendere adeguatamente i motivi del rigetto delle istanze.

Il Decreto del Presidente della Repubblica n. 309 del 1990, articolo 94 prevede che, pur in presenza delle certificazioni previste, il Tribunale possa respingere l’istanza di affidamento in prova in casi particolari in due ipotesi: quando accerta che lo stato di tossicodipendenza o l’esecuzione del programma di recupero sono preordinati al conseguimento del beneficio (Decreto del Presidente della Repubblica n. 309 del 1990, articolo 94, comma 3) e quando ritiene che il programma di recupero e le prescrizioni non contribuiscano al recupero del condannato e non assicurino la prevenzione del pericolo che egli commetta altri reati (comma 4).

Nel caso in esame, lo stato di tossicodipendenza del condannato e’ ammesso espressamente dall’ordinanza, ne’ il Tribunale afferma che esso sia preordinato al conseguimento del beneficio richiesto; tuttavia l’istanza viene rigettata per la gravita’ delle modalita’ esecutive dei reati, per l’impossibilita’ di escludere rapporti con la criminalita’ organizzata e – parrebbe di comprendere – soprattutto per il dubbio sulle reali motivazioni che spingerebbero (OMISSIS) al crimine: provare “emozioni”.

In verita’, il Tribunale non chiarisce affatto quale sia la fonte di questo dubbio e perche’ esso non possa essere risolto: il fatto che la famiglia di origine del condannato sia “agiata” non comporta, di per se’, che egli potesse avere la disponibilita’ di tutto il denaro necessario per acquistare la droga (o, quanto meno, cio’ non e’ affermato nemmeno dall’ordinanza); d’altro canto, lo stesso provvedimento fa cenno ad un problema familiare di tossicodipendenza.

Ma questo argomento – come si e’ detto, solo accennato e nemmeno chiarito – non puo’ che essere ricondotto ai criteri di legge: quindi il Tribunale avrebbe dovuto giungere ad affermare che il programma terapeutico non era idoneo a recuperare il condannato o a prevenire il pericolo di commissione di altri reati.

Questa valutazione manca del tutto, come esattamente rileva il ricorrente: piuttosto, e’ presente l’affermazione che la personalita’ di (OMISSIS) debba essere “vagliata”, messa alla prova dalla durezza del percorso intramurario; solo questa “sperimentazione” (questo e’ il termine utilizzato dall’ordinanza) dovrebbe permettere di valutare adeguatamente il programma di recupero.

Si tratta di criteri di valutazione diversi da quelli indicati dal legislatore – che prevede che la misura alternativa possa essere disposta anche senza la previa carcerazione – e, comunque, non chiaramente manifestati.

Occorre, quindi, una nuova valutazione, con l’adozione di un provvedimento che segua i criteri indicati dal legislatore ed espliciti le ragioni delle scelte adottate.

P.Q.M.

Annulla l’ordinanza impugnata e rinvia per nuovo esame al Tribunale di Sorveglianza di Ancona

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